Evasione dagli Arresti Domiciliari: Anche Andare al Bar Costituisce Reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: qualsiasi allontanamento non autorizzato è considerato evasione dagli arresti domiciliari. La pronuncia chiarisce che la distanza percorsa o la durata dell’assenza sono irrilevanti ai fini della configurazione del reato, confermando una linea interpretativa rigorosa a tutela dell’amministrazione della giustizia.
I Fatti del Caso: Una Breve Uscita dalla Detenzione Domestica
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari che aveva proposto ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il motivo del contendere era la sua condanna per il reato di evasione, commesso per essersi allontanato dalla propria abitazione al fine di recarsi in un bar situato a breve distanza. La difesa sosteneva che un gesto così banale e circoscritto non potesse ledere gli interessi protetti dalla norma incriminatrice. La questione è quindi giunta al vaglio della Cassazione per una decisione definitiva.
La Decisione della Corte e le Implicazioni dell’Evasione dagli Arresti Domiciliari
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti ma collegati: la natura del reato di evasione e il corretto calcolo della prescrizione in presenza di recidiva.
le motivazioni
La Corte ha innanzitutto smontato la tesi difensiva, ribadendo che il reato di evasione dagli arresti domiciliari, previsto dall’art. 385 del codice penale, è un reato di pericolo che tutela l’autorità e il controllo dello Stato sulla persona sottoposta a restrizione della libertà. Secondo la giurisprudenza costante, qualsiasi violazione dell’obbligo di permanere nel luogo indicato, a prescindere dalla sua durata o dalla distanza percorsa, integra il reato. Andare in un bar, anche se vicino, rappresenta un’interruzione del controllo statale e quindi una lesione dell’interesse giuridico protetto.
In secondo luogo, i giudici hanno affrontato un aspetto tecnico relativo al calcolo della prescrizione. La difesa aveva probabilmente eccepito l’estinzione del reato. La Corte ha però precisato che, in presenza di recidiva, questa deve essere sempre considerata per determinare il tempo necessario a prescrivere, ai sensi dell’art. 157, comma 3, del codice penale. Il fatto che la recidiva possa essere considerata equivalente o subvalente rispetto alle attenuanti nel giudizio di bilanciamento finale (ex art. 69 c.p.) non ha alcuna incidenza sul calcolo della prescrizione. Questo perché la legge esclude espressamente che tale bilanciamento possa influire sulla determinazione della pena massima del reato, che è la base per il calcolo della prescrizione stessa.
le conclusioni
L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, consolida un’interpretazione severa del reato di evasione, inviando un chiaro messaggio a chi è sottoposto a misure restrittive: nessuna deviazione, per quanto minima, è tollerata. La fedeltà alle prescrizioni del giudice è assoluta. In secondo luogo, chiarisce un punto tecnico cruciale per gli operatori del diritto, confermando che la recidiva ha un peso autonomo e significativo nel prolungare i tempi della prescrizione, indipendentemente dal suo successivo bilanciamento con le circostanze attenuanti. La condanna finale del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende sancisce la definitività di questi principi.
Andare in un bar vicino casa costituisce reato di evasione dagli arresti domiciliari?
Sì, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione. Qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo degli arresti domiciliari, anche per recarsi in un luogo vicino come un bar, lede gli interessi protetti dalla norma e integra il reato di evasione previsto dall’art. 385 del codice penale.
La recidiva viene considerata nel calcolo della prescrizione anche se è bilanciata con le attenuanti?
Sì. La Corte ha stabilito che la recidiva deve essere sempre tenuta in considerazione per calcolare il tempo necessario a prescrivere il reato. Il giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti (art. 69 cod. pen.) non influisce su questo calcolo, come espressamente escluso dall’art. 157, comma 3, del codice penale.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6144 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6144 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MODICA il 05/10/1975
avverso la sentenza del 06/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile perché, a differenza di quel che vi si deduce, anche l’allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari per recarsi in un b non distante lede, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, gli interessi salvaguarda dei quali è posta la norma incriminatrice ex art. 385 cod. pen.;
ritenuto che, stante la sussistenza della recidiva, essa deve essere tenuta presente fini del calcolo della prescrizione, anche se equivalente o subvalente nel giudizio bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, perché l’art. 157, comma 3, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all’art. 69 cod. pen. abbia incidenza sul determinazione della pena massima del reato (Sez. 4, n. 38618 del 05/10/2021, Rv. 282057);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Prp9Jcfente