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Etilometro non revisionato: quando il test è valido?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1930/2024, ha stabilito che un test alcolemico eseguito con un etilometro non revisionato con esatta cadenza annuale è comunque valido. L’imputato, condannato per guida in stato di ebbrezza con l’aggravante di aver causato un incidente notturno, aveva contestato l’affidabilità dell’apparecchio. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che spetta all’imputato non solo contestare, ma anche fornire elementi concreti per dubitare del corretto funzionamento del dispositivo, soprattutto se l’ultima verifica positiva è recente. La semplice richiesta formale non è sufficiente a invalidare la prova.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Etilometro non revisionato: il test è valido? La Cassazione fa chiarezza

La questione della validità del test alcolemico effettuato con un etilometro non revisionato secondo la cadenza annuale prescritta è un tema ricorrente nelle aule di tribunale. Con la recente sentenza n. 1930 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento, offrendo importanti chiarimenti sul riparto degli oneri probatori tra accusa e difesa. La Corte ha stabilito che la mera contestazione formale sulla mancata revisione non è sufficiente a invalidare la prova, se la difesa non fornisce elementi concreti che facciano dubitare del corretto funzionamento dell’apparecchio.

I Fatti del Caso: Guida in Stato di Ebbrezza e Incidente Notturno

Il caso riguarda un automobilista sorpreso alla guida in piena notte in evidente stato di alterazione. Le forze dell’ordine, intervenute sul luogo, lo trovavano all’interno del suo veicolo dopo che quest’ultimo aveva urtato altre auto parcheggiate lungo la strada. L’uomo mostrava i classici sintomi dell’ebbrezza alcolica: alito vinoso, difficoltà di espressione e di deambulazione.

Sottoposto al test con etilometro, i risultati confermavano ampiamente i sospetti: il tasso alcolemico registrato era di 1,86 g/l alla prima prova e 1,77 g/l alla seconda, valori ben al di sopra del limite legale e rientranti nella fascia più grave prevista dal Codice della Strada. Di conseguenza, l’imputato veniva condannato in primo grado e in appello per guida in stato di ebbrezza, con le aggravanti di aver commesso il fatto in orario notturno e di aver provocato un incidente stradale.

I Motivi del Ricorso: L’affidabilità dell’etilometro non revisionato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi principalmente su un argomento: l’inaffidabilità dell’etilometro non revisionato. Secondo la difesa, l’apparecchio utilizzato per il test non era stato sottoposto alla prescritta verifica periodica annuale. Questa omissione, a dire del ricorrente, ne comprometteva l’affidabilità e, di conseguenza, rendeva inutilizzabile la prova principale a suo carico.

Inoltre, la difesa lamentava la mancata motivazione da parte della Corte d’Appello sulla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, richiesto in modo generico negli atti.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa con argomentazioni molto chiare.

In primo luogo, riguardo alla questione dell’etilometro non revisionato, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: sebbene spetti all’accusa dimostrare che l’apparecchio è omologato e verificato, sull’imputato grava un preciso onere di allegazione. Non è sufficiente contestare genericamente il funzionamento dello strumento o la mancata revisione. La difesa deve fornire elementi specifici e concreti che inducano a dubitare della sua affidabilità. Nel caso di specie, la Corte ha sottolineato che l’ultima verifica dell’etilometro era stata effettuata con esito positivo poco più di un mese prima del controllo. Questa circostanza, unita all’assenza di altri indizi di malfunzionamento, rendeva l’attestazione di taratura sufficiente a dimostrare il corretto funzionamento dell’apparecchio al momento del fatto. L’inosservanza della cadenza esattamente annuale, quindi, non comporta automaticamente l’invalidità del test.

In secondo luogo, per quanto riguarda la mancata concessione del beneficio della non menzione, la Corte ha specificato che il giudice d’appello ha il potere di concederlo anche d’ufficio. Tuttavia, l’obbligo di motivare un eventuale diniego sorge solo a fronte di una richiesta specifica e argomentata da parte dell’interessato. Una richiesta generica come “l’applicazione dei benefici di legge nella loro massima estensione”, senza indicare alcun elemento a supporto, non è sufficiente a far scattare tale obbligo. La richiesta era, in questo caso, troppo vaga per essere presa in considerazione come un motivo specifico di doglianza.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante principio in materia di guida in stato di ebbrezza e uso dell’etilometro. La validità della prova alcolemica non può essere messa in discussione da contestazioni puramente formali e pretestuose. L’imputato che intende contestare l’esito del test ha l’onere di sollevare dubbi concreti e specifici sul funzionamento dell’apparecchio, non potendosi limitare a eccepire il mancato rispetto della cadenza annuale delle verifiche, specialmente quando l’ultima revisione è temporalmente vicina al fatto. Questa decisione mira a bilanciare il diritto di difesa con l’esigenza di accertare efficacemente un reato di grave pericolosità sociale.

Un etilometro non revisionato annualmente rende il test nullo?
No, non automaticamente. Secondo la sentenza, la mancata esecuzione della verifica con esatta cadenza annuale non invalida di per sé il test, soprattutto se l’ultima revisione con esito positivo è avvenuta in un periodo di tempo ravvicinato al controllo. L’attestazione della taratura è sufficiente a dimostrare il corretto funzionamento.

Chi deve provare che l’etilometro funziona male?
Spetta alla difesa (l’imputato) sollevare dubbi concreti e specifici sul malfunzionamento dell’apparecchio. Non basta una contestazione generica; occorre un ‘onere di allegazione’, ovvero l’indicazione di elementi fattuali che possano far dubitare dell’affidabilità dello strumento.

Basta chiedere genericamente i ‘benefici di legge’ in appello per obbligare il giudice a motivare il diniego?
No. Una richiesta generica e assertiva di applicazione dei benefici di legge, senza indicare alcun elemento di fatto idoneo a giustificarne l’accoglimento, non fa sorgere in capo al giudice d’appello l’obbligo di motivare specificamente il mancato esercizio dei suoi poteri d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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