Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1930 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a GARDONE VAL TROMPIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME C:COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 12 gennaio 2023 la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale con sentenza in data 10.3.2022 aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), 2 bis e 2 sexies d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui all’art. 186, comma 2 bis, operato l’aumento per la residua aggravante, lo aveva condanNOME alla pena condizionalmente sospesa di mesi sei di arresto ed Euro 1000,00 di ammenda oltre alla sanzione accessoria della revoca della patente di guida.
Dalla ricostruzione offerta dalle sentenze di merito si evince che il 13.12.2019 alle ore 4 circa gli agenti della Polizia Stradale transitando sulla INDIRIZZO si avvedevano di un veicolo TARGA_VEICOLO a bordo strada il cui conducente era seduto al posto guida e di altri veicoli in sosta. Dagli accertamenti effettuati e dai danni riscontrati alle auto emergeva che il conducente identificato nell’odierno imputato aveva perso il controllo della vettura ed era andato ad urtare le vetture parcheggiate a bordo strada. Lo stesso, apparso in evidente stato di ebbrezza alcolico desumibile dall’alito alcolico, dalla difficoltà di espressione e di deambulazione, veniva sottoposto ad accertamenti qualitativi preliminari a mezzo precursore con esito positivo e quindi, previo avviso al difensore, all’esame Eilcolimetrico che dava esito positivo
con g/ 1,86 alla prima prova e g/I 1,77 alla seconda.
Il giudice di primo grado ha ritenuto pienamente accertato lo stato di ebbrezza alcolica penalmente rilevante sulla scorta dei rilevati dati alcolimetrici; inoltre ritenuto sussistente sia l’aggravante di aver commesso il fatto dopo le ore 22 e prima delle ore 7, sia l’aggravante dell’aver determiNOME un incidente stradale in quanto dalle risultanze istruttorie era emerso che la determinazione dello stesso era da attribuirsi alla condotta di guida I:enuta dal prevenuto in stato di alterazione da sostanze alcoliche.
Il giudice d’appello nel respingere le doglianze , difensive ha confermato l’impianto motivatorio della sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Con il primo deduce la violazione ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme
giuridiche di cui si dovrebbe tenere conto nella applicazione della legge penale (art. 533,.605, 603 comma 3 cod.proc.pen.).
Rileva che nella fattispecie l’apparecchio alcolimetrico non era in regola con le prescrizioni atteso che diverse visite periodiche non erano state effettuate nell’anno bensì oltre ed il giudice d’appello avrebbe dovuto attivarsi per accertare il corretto funzionamento dell’apparecchio.
Con il secondo motivo deduce ex art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugNOME ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.
Rileva che assolto l’onere di allegazione da parte dell’imputato, né il giudice di primo grado, né quello di appello, hanno motivato sulla affidabilità dell’apparecchio se non rifacendosi alla data dell’ultima revisione.
Non essendo avvenuta la regolare revisione periodica con cadenza annuale, non é possibile dimostrare il regolare funzionamento dell’apparecchio.
Con il terzo motivo deduce ex art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento irnpugNOME ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.
Rileva la mancanza della motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. 175 cod.pen.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegNOME conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
La difesa dell’imputato ha depositato memoria difensiva di replica
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi, da scrutinarsi congiuntamente, in quanto afferenti al medesimo profilo, sono manifestamente infondati.
Va premesso che l’omologazione e le verifiche periodiche dell’apparecchio etilometro sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8, reg. esec. cod. strada. A questo proposito, la più recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, quando la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro assume rilievo (come avviene nei giudizi penali per guida in stato d’ebbrezza ex art. 186, comma 2, cod. strada), all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, fa riscontro un onere di
allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, Santini, Rv. 278032). La circostanza che il citato art. 379 prescriva l’omologazione e la periodica verifica dell’etilcimetro, dunque, non comporta che, a sostegno dell’imputazione, l’accusa debba irnmediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica coi dati relativi all’esecuzione di tali operazio perché si tratta di dati riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico che «non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, COGNOME, Rv. 281828 in motivazione).
La verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 reg. esec. cod. strada deve quindi essere sollecitata dall’imputato, sul quale grava un onere di allegazione volto a contestare la validità dell’accertannentp eseguito. Come opportunamente specificato, tuttavia (oltre a Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, COGNOME, Rv. 281828 già citata, cfr. anche: Sez. 4, n. 3939 del 12/01/2021, COGNOME, non nnassimata; Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020, COGNOME, non massimata), tale onere non può risolversi nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento e deve concretizzarsi nell’allegazione di . un qualche dato che-possa far dubitare che l’omologazione o la revisione possano essere avvenute.
In linea generale, va osservato che la violazione delle disposizioni attinenti alla disciplina dell’etilometro non implica automaticamente la conseguenza del malfunzionamento dell’apparecchio adoperato per il controllo alcolemico sulla persona dell’odierno imputato.
Al riguardo, la Corte territoriale ha fornito una motivazione razionale, esente da aporie e da incongruenze logiche, del tutto idonea ad esplicitare le ragioni poste a fondamento della decisione e perciò immeritevole di censura, avendo risposto a tutte le questioni inerenti all’inosservanza delle regole formali previste in tema di omologazione e revisione dell’etilometro.
Nella sentenza impugnata si è dato atto che dal libretto nnetrologico prodotto in giudizio era emersa la prova della sottoposizicine dell’etilometro a verifica in data 5.11.2019, con esito positivo, ovvero appena poco più di un mese prima della sua utilizzazione avvenuta il 13.12.2019.
La deduzione difensiva secondo cui, stante la c.d. taratura obbligatoria annuale degli etilometri, il regolare funzionamento del misuratore potrebbe essere sempre messo in discussione sul mero rilievo formale della mancata esecuzione delle verifiche con esatta cadenza annuale, risulta estranea ad ogni previsione normativa ed alle elementari regole logiche, in quanto l’attestazione dell’avvenuta taratura dell’apparecchio è sufficiente per dimostrare il suo
regolare funzionamento alla data dello svolgimento dell’accertamento sul quale è fondata l’ipotesi accusatoria (Sez. 4, n. 24424 dell’08/06/2021, RAGIONE_SOCIALE, non massinnata).
L’omessa regolare esecuzione di alcuni controlli “intermedi” non implica inequivocabilmente l’alterazione del risultato positivo dei controlli successivi, ma semmai deve essere supportata da ulteriori elementi significativi per assurgere al ruolo di prova idonea a contestare il quadro accusatorio.
Il terzo motivo di COGNOME ricorso é parimenti manifestamente COGNOME infondato. Va premesso che ai sensi dell’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., il giudice di appello può applicare la non menzione della condanna anche d’ufficio.
Come autorevolmente affermato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 10495 del 09/10/1996, COGNOME, Rv. 206175 (nello stesso senso, con particolare riferimento all’applicazione della sospensione condizionale, Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376)ciò non comporta che il giudice di secondo grado sia sempre tenuto a motivare, anche in assenza di richiesta dell’impugnante, il mancato esercizio del potere discrezionale che la legge gli attribuisce. Comporta, però, che una risposta debba essere fornita nel caso in cui una tale richiesta sia stata formulata, anche solo in sede di precisazione delle conclusioni (cfr. Sez. 5, n. 1099 del 26/11/1997, dep. 1998, Pirri, Rv. 209683). Si è osservato in proposito che «il potere del giudice di appello di applicare, anche d’ufficio, la sospensione condizionale della pena, il beneficio della nen menzione della condanna e una o più circostanze attenuanti è un potere eccezionale e discrezionale rispetto al principio generale dettato dal primo comma dell’art. 597 cod. proc. pen., secondo il quale l’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti» e che, ove la parte interessata abbia sollecitato l’esercizio di tale potere nel corso della discussione del giudizio di appello, l’omessa motivazione in merito è sindacabile in cassazione (Sez. 3, n. 21273 del 18/03/2003, Gueli, Rv. 224850; Sez. 6, n. 30201 del 27/06/2011, COGNOME, Rv. 256560). In termini ancora più espliciti, si è affermato che l’obbligo per il giudice di appello di motivare sul mancato esercizio dei poteri officiosi riconosciuti dall art. 597, comma 5, cod. proc. pen., sorge soltanto quando vi sia stata sollecitazione della parte nel corso del giudizio e costituisce sollecitazione idonea in tal senso «anche la presentazione di un motivo nuovo, seppure formulato al di fuori dei termini e dei modi stabiliti dagli artt. 581, 585, ccmma quarto, cod, proc, pen, e 167 disp. att. cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 40997 del 26/06/2013, Petito, Rv. 257234). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ebbene tale sollecitazione non vi è stata nel caso di specie atteso che nell’atto di appello si chiede solo “l’applicazione dei benefici di legge nella loro massima
estensione” senza che quindi la richiesta sia stata accompagnata dall’indicazione di alcun elemento idoneo a giustificarne l’accoglimento. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di sottolineare che il giudice di appello non è tenuto a motivare specificamente sul mancato esercizio dei propri poteri officiosi quando l’interessato si sia limitato, nell’atto di impugnazione e in sede di discussione, «ad un generico e assertivo richiamo dei benefici di legge, senza indicare alcun elemento di fatto astrattamente idoneo a fondare l’accoglimento della richiesta» (Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258487; Sez. 5, n. 2094 del 23/1012009, dep. 2010′ Coluccio, Rv. 245924; Sez. 5, n. 37461 del 20/09/2005, COGNOME, Rv. 232323).
Ne deriva l’inammissibilità del ricorso. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23.11.2023