Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 45825 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 45825 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sui ricorso proposto da: COGNOME nato a NOVARA il 11/06/1965
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 30 gennaio 2024, GLYPH ha confermato la sentenza del Tribunale di Genova di condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di cui agli artt. 186, comma 2 lett. c) e comma 2 bis , d.lgs 30 aprile 1992 n. 285 (commesso in Ronco Scrivia il 5 marzo 2019) alla pena di mesi 8 di arresto e euro 2000 di ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione, e alla pena accessoria della revoca della patente di guida.
COGNOME è stato ritenuto responsabile per avere guidato l’autovettura Renault Modus in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, accertato tramite apparecchiatura etilometrica che aveva rilevato un tasso alcolemico alla prima prova di 2,41 g/I e alla seconda prova (eseguita dopo dieci minuti) di 2,16 g/I e per avere provocato un incidente stradale, invadendo la opposta corsia di marcia e andando a collidere contro un altro veicolo fermo in sosta sul margine destro della carreggiata.
L’imputato ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione della legge per non avere la Corte di appello disposto perizia al fine di accertare se i dati risultanti dalle d misurazioni effettuate con apparecchio etilometro fossero compatibili con la c.d. curva di Widmark. A fronte della produzione di uno studio dell’Università di Ferrara e delle conclusioni del Consulente Tecnico di parte, in cui si spiegava come i valori rilevati ed, in particolare, la diminuzione del tasso in quel lasso di tempo non fossero compatibili, la Corte aveva rigettato la richiesta di disporre perizia ed aveva reiterato le argomentazioni del primo giudice fondate sulle differenti caratteristiche fisiologiche delle persone, omettendo di considerare che tale dato era già stato valutato dalla curva di Widmark, attraverso la previsione di un delta oltre il quale non è possibile arrivare per qualsiasi essere umano.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la mancata assunzione di una prova decisiva. A fronte della produzione dello studio dell’Università di Ferrara e della consulenza medico legale di parte, la Corte aveva rigettato la richiesta di perizia volta a chiarire come fosse possibile passare nell’arco di dieci minuti da un tasso alcolico di 2,41 g/I ad un tasso di 2,16 g/I.
2.3. Con il GLYPH terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere la Corte affermato la responsabilità penale dell’imputato in
violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio. A fronte delle evidenze scientifiche, in assenza di analisi in grado di rilevare l’eccezionalità del caso clinic l’imputato avrebbe dovuto essere assolto.
2.4. Con il quarto motivo, ha chiesto sollevarsi la questione di illegittimità costituzionale della previsione, per la stessa condotta, di sanzioni penali e sanzioni amministrative. Il difensore ricorda come, per la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, le sanzioni amministrative afflittive e quelle penali devono essere equiparate e, perciò, sia inibita l’instaurazione di procedimenti penali per gli stessi fatti sanzionati in sede amministrativa. Alla luce della sentenza CEDU 4/3/2014 “Grande Stevens contro Italia”, a prescindere dalla qualificazione giuridica che un ordinamento aderente alla convenzione dia ad un determinato tipo di sanzione, è l’afflittività di tale sanzione a determinarne l natura penale. COGNOME era stato già sanzionato dall’autorità amministrativa con la sospensione della patente e poi anche condannato nel processo penale. La sanzione della sospensione della patente di guida ha natura afflittiva, sicchè vi è violazione del principio del ne bis in idem sancito dall’art. 4 del protocollo n. comma 1 della CEDU, secondo il quale nessuno può essere condannato o perseguito penalmente dalla giurisdizione di uno Stato per un reato per il quale è già stato perseguito.
Il Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo e il secondo motivo di ricorso, con cui si censura il mancato espletamento della perizia, sotto il profilo della mancata rinnovazione istruttoria e della mancata assunzione di prova decisiva, sono inammissibili.
2.1. Deve essere ribadito che il principio generale, dettato dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen. è quello per cui, quando una parte ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado, ovvero l’assunzione di nuove prove, il giudice di appello, se non è in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., il giudice dispone di ufficio la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, quando la ritiene assolutamente necessaria ai fini della decisione, perché potenzialmente idonea ad incidere sulla valutazione del
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complesso degli elementi acquisiti. In entrambi i casi l’accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 6 n. 48093 del 10/10/2018, COGNOME, Rv. 274230; Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620; sez. 2, n. 36630 del 15/05/2013, COGNOME, Rv. 257062; sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 228353).
Alla tesi difensiva per cui il tempo decorso tra le due misurazioni tramite etilometro renderebbe inattendibile l’esito dell’alcoltest, la Corte di Appello h replicato che le tennpistiche di assorbimento e smaltimento dell’alcol non sono valevoli per tutti, ma sono variabili da soggetto a soggetto a seconda delle caratteristiche fisiche e delle peculiarità specifiche, tali da rendere la curva Widmark priva di valore assoluto: nel caso in esame la curva aveva avuto, come di regola, un andamento decrescente e la rapidità della decrescita non era indice di malfunzionamento dello strumento, ma al contrario era legata alle caratteristiche fisiche dell’imputato. In ogni caso – hanno proseguito i giudici- lo stesso COGNOME aveva ammesso di avere assunto alcolici prima di salire in auto e, al momento del controllo conseguente all’incidente da lui creato, presentava chiari sintomi di ebbrezza e alito vinoso, sicché il corretto funzionamento dell’apparecchio era suffragato anche da altri elementi di prova.
Il percorso argomentativo adottato GLYPH è GLYPH perfettamente coerente con l’orientamento della Corte di legittimità per cui «le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscono dati determinabili in astratto e validi per la generalità dei casi, ma, posto un andamento generale basato sulla nota “curva di Widmark” – secondo cui la concentrazione di alcol, in andamento crescente tra i 20 ed i 60 minuti dall’assunzione, assume un andamento decrescente dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento in detto intervallo di tempo – variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilità di astratta previsione» (Sez. 4, n. 3862 del 10/11/2017; sez. 4 n. 4521 del 13/09/2018, non massimate). Il richiamo alle ulteriori circostanze che comprovavano un conclamato stato di ebbrezza vale a rendere non manifestamente illogica l’affermazione per cui non vi era ragione di dubitare della validità dell’esito dell’accertamento effettuato tramite apparecchio etilometro.
A tale percorso argomentativo, il ricorrente ha obiettato la decisività dell’accertamento peritale, muovendo dal rilievo che dal sapere scientifico introdotto nel processo dalla difesa erano emersi l’incompatibilità della decrescita del valore di alcol nel sangue attestata dall’etilometro e, conseguentemente, il non corretto funzionamento dell’etilonnetro stesso. Così articolato, tuttavia, il motivo non è autosufficiente, in quanto non si confronta con la valutazione
effettuata dalla Corte del complessivo compendio probatorio posto alla base della decisione impugnata. I giudici, invero, hanno ritenuto di rigettare la richiesta di espletamento della perizia, sottolineando non solo, in linea astratta, la non significatività dell’andamento della curva di Widmark in ragione della diversa risposta individuale all’assorbimento dell’alcol nel sangue, ma anche, in concreto, l’ammissione dell’imputato di aver assunto bevande alcoliche prima di porsi alla guida, gli indici sintomatici di una ebbrezza significativa (alito vinoso e andatura vacillante) e il sinistro determinato da tale stato. Il ricorrente non spiega, dunque, in modo adeguato le ragioni della necessità dell’accertamento peritale in rapporto alla decisione della Corte di Appello e al complesso degli elementi su cui tale decisione si è fondata.
3.11 terzo motivo, con cui si censura il mancato rispetto della regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, è inammissibile per difetto di specificità .
In linea generale si è affermato che il canone dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” enuncia sia una regola di giudizio che definisce lo standard probatorio necessario per pervenire alla condanna dell’imputato, sia un metodo legale di accertamento del fatto che obbliga il giudice a sottoporre, nella valutazione delle prove, la tesi accusatoria alle confutazioni costituite dalle ricostruzioni antagoniste prospettate dalle difese, sicché la violazione di tali parametri rende la motivazione della sentenza manifestamente illogica (Sez. 6, n. 45506 del 27/04/2023, COGNOME, Rv. 285548 – 15). Ne consegue che la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimit esclusivamente ove la sua violazione si traduca nell’illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245 – 01).
Nel caso di specie, dopo che la Corte ha dato conto del compiendo probatorio su cui si è fondata l’affermazione della penale responsabilità e si è confrontata con l’ipotesi avanzata dalla difesa del non corretto funzionamento dell’etilometro, ritenendola infondata con un percorso argomentativo ragionevole e aderente ai fatti esposti, il ricorrente ha denunciato la violazione della regola dell’oltre og ragionevole dubbio in maniera generica, senza dedurre profili di manifesta illogicità della motivazione nel contenuto attinente alla valutazione delle prove.
5.La questione di illegittimità costituzionale dell’art. 649 cod. proc. pen., nella parte in cui non equipara le sanzioni amministrative previste dal Codice della Strada meramente afflittive a quelle penali, sollevata con il quarto motivo, è manifestamente infondata.
La Corte d’appello ha ritenuto manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale già prospettata in sede di gravame, osservando che la applicazione delle sanzioni amministrative da parte del giudice penale con la sentenza di condanna non comporta alcuna violazione del principio del ne bis in idem. La previsione di sanzioni penali ed amministrative risponde al principio per cui lo stesso fatto può comportare offesa ad un tempo al valore tutelato dalla norma penale e all’interesse pubblico a tale valore correlato. Il sistema binario di deterrenza – ha proseguito la Corte- è volto a dare risposta efficace, contemporaneamente repressiva e preventiva, rispetto a fatti poli-offensivi, ossia dotati di particolare pericolosità per la convivenza sociale per gli interessi pubblici
La questione prospettata è stata già affrontata da questa Corte con la sentenza Sez. 4 n. 23171 del 18/04/2017, COGNOME Rv. 270347 – 01, con cui è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui prevede l’obbligo della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, poichè tale sanzione non ha natura “sostanzialmente penale”, secondo l’interpretazione dell’art. 4 Prot. n. 7 CEDU adottata dalla Corte di Strasburgo nella sentenza 4 marzo 2014, Grande RAGIONE_SOCIALE. Con tale pronuncia si è ricordato che:
-il concetto di nnatière pénale inteso in senso sostanzialistico è stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al precipuo fine di estendere l’applicazione del divieto di bis in idem in conformità all’art.4 prot. n.7 CEDU;
-la Corte Costituzionale (Corte Cost. n.49 del 14 gennaio 2015) ha chiarito che, in relazione al diritto interno, l’autonomia dell’illecito amministrativo d diritto penale attiene al più ampio grado di discrezionalità del legislatore nel configurare gli strumenti migliori per perseguire l’effettività dell’imposizione d obblighi e doveri e ha sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena ai sensi dell’art.7 CEDU al fine di scongiurare che vasti processi di decrinninalizzazione possano avere l’effetto di sottrarre gli illeciti, così depenalizzati, alle garan sostanziali assicurate dagli artt.6 e 7 della Convenzione EDU.
non è possibile affermare che dalla pronuncia della Corte EDU 4/03/2014 Grande RAGIONE_SOCIALE possa trarsi in termini assoluti ed astratti un principio di tendenziale equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, scardinando principi come la riserva assoluta di legge per le norme penali (art. 25 Cost.) e la presunzione di non colpevolezza (pure affermata in Corte EDU 23/09/2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito);
-la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all’esito di un giudizio penale vanifica la stessa preoccupazione di una configurazione amministrativa
dell’illecito al fine precipuo, se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie de processo penale;
-l’obbligatorietà dell’irrogazione della sanzione amministrativa, dunque, deriva da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell’esercizio ragionevole de potere legislativo, più volte considerata dal giudice delle leggi non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalità rispetto alle sanzioni penali.
Tali principi sono stati ribaditi da Sez. 4, n. 12267 del 13/02/2018, COGNOME, Rv. 272533 – 01 con cui si è affermato in astratto che non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 649 cod. proc. pen., qual conseguenza della già avvenuta irrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione amministrativa ma formalmente “penale”, allorquando le due procedure risultino complementari, in quanto dirette al soddisfacimento di finalità sociali differenti, e determinino l’inflizione di una sanzione penale “integrata”, che sia prevedibile e, in concreto, complessivamente proporzionata al disvalore del fatto e si è escluso che possa qualificarsi come “sostanzialmente penale” la sanzione della sospensione della patente di guida, mirando essa ad integrare, quale sanzione amministrativa, l’editto sanzionatorio complessivo.
6.All’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma data 7 novembre 2024
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