Etichetta Ingannevole: Anche con un’Avvertenza la Condanna è Legittima
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale a tutela dei consumatori: una semplice avvertenza sulla confezione non basta a sanare una situazione di etichetta ingannevole, soprattutto quando i nomi di marchi famosi sono usati in modo predominante per attirare l’attenzione. Questa decisione chiarisce che l’informativa sulla non originalità di un prodotto deve essere efficace e non può essere neutralizzata da una presentazione complessiva che induce in errore l’acquirente.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da una persona condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello per la commercializzazione di profumi non originali. Le confezioni di questi prodotti riportavano in modo evidente nomi che richiamavano note marche del settore della profumeria. A difesa, l’imputata sosteneva che sulle stesse confezioni era presente un’avvertenza che specificava la non originalità del prodotto, ritenendo tale dicitura sufficiente a garantire la trasparenza dell’offerta.
La difesa, tuttavia, non ha convinto i giudici di merito, e il caso è approdato dinanzi alla Suprema Corte per la valutazione della legittimità della condanna.
La Decisione della Corte e l’etichetta ingannevole
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati giudicati una mera riproposizione di argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata. Questo vizio procedurale, definito come ‘pedissequa reiterazione’, rende il ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile.
In secondo luogo, e più importante per il merito della questione, la Corte ha confermato la correttezza della valutazione della Corte d’Appello riguardo all’etichetta ingannevole.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e giuridicamente corretta. I giudici di secondo grado avevano stabilito che i nomi dei marchi noti apposti sulle confezioni dei profumi avevano un impatto visivo e comunicativo ‘del tutto predominante’ rispetto alla piccola avvertenza sulla non originalità.
In pratica, la forza attrattiva del marchio famoso era talmente superiore da rendere l’avvertenza di fatto irrilevante. Quest’ultima, secondo i giudici, appariva ‘del tutto inidonea ad assolvere ad un’effettiva informativa’. L’impostazione grafica e comunicativa della confezione era studiata per confondere il consumatore, sfruttando la notorietà di marchi altrui, e la piccola nota a margine non era sufficiente a correggere questa impressione fuorviante.
Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione offre un importante insegnamento: la lotta alla contraffazione e alla concorrenza sleale si basa su una valutazione complessiva della presentazione del prodotto. Un’etichetta ingannevole non può essere ‘sanata’ da un disclaimer nascosto o minimizzato. L’informazione al consumatore deve essere chiara, trasparente e leale. Quando elementi grafici o testuali evocano marchi noti in modo predominante, si crea un inganno che nessuna clausola scritta in piccolo può risolvere. La responsabilità penale, in questi casi, è una conseguenza diretta della scelta di privilegiare l’ambiguità a scapito della correttezza informativa.
Basta inserire un’avvertenza sulla confezione per vendere legalmente un prodotto che imita marchi noti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se i nomi di marchi noti sono usati in modo predominante e fuorviante sulla confezione, una semplice avvertenza sulla non originalità del prodotto è considerata inidonea a fornire una corretta informazione al consumatore e non esclude la responsabilità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. Inoltre, la Corte ha ritenuto corrette e logiche le motivazioni della sentenza di secondo grado.
Cosa significa che i richiami ai marchi noti erano ‘predominanti’?
Significa che i nomi e gli elementi grafici che richiamavano i marchi famosi avevano un impatto visivo e comunicativo molto più forte rispetto alla piccola avvertenza sulla non originalità. Questa sproporzione rendeva l’avviso inefficace e ingannava il consumatore sull’origine e la natura del prodotto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4238 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4238 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 29/10/1975
avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME ritenuto che il motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione e la violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
osservato che con motivazione congrua e priva di illogicità la Corte d’appello, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici, ha ritenuto che le denominazioni apposte sulle confezioni di profumo, che rimandavano alle note marche, risultassero del tutto predominanti rispetto all’avvertenza apposta sulla confezione, che, pertanto, quest’ultima appariva del tutto inidonea ad assolvere ad un’effettiva informativa sulla non originalità del prodotto;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024
GLYPH
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente