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Etichetta ingannevole e prodotto non originale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per la vendita di profumi non originali. Secondo la Corte, l’etichetta ingannevole, caratterizzata da nomi di marchi noti in posizione predominante, rende inefficace la piccola avvertenza sulla non originalità del prodotto, non assolvendo all’obbligo di corretta informazione del consumatore.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Etichetta Ingannevole: Anche con un’Avvertenza la Condanna è Legittima

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale a tutela dei consumatori: una semplice avvertenza sulla confezione non basta a sanare una situazione di etichetta ingannevole, soprattutto quando i nomi di marchi famosi sono usati in modo predominante per attirare l’attenzione. Questa decisione chiarisce che l’informativa sulla non originalità di un prodotto deve essere efficace e non può essere neutralizzata da una presentazione complessiva che induce in errore l’acquirente.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una persona condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello per la commercializzazione di profumi non originali. Le confezioni di questi prodotti riportavano in modo evidente nomi che richiamavano note marche del settore della profumeria. A difesa, l’imputata sosteneva che sulle stesse confezioni era presente un’avvertenza che specificava la non originalità del prodotto, ritenendo tale dicitura sufficiente a garantire la trasparenza dell’offerta.

La difesa, tuttavia, non ha convinto i giudici di merito, e il caso è approdato dinanzi alla Suprema Corte per la valutazione della legittimità della condanna.

La Decisione della Corte e l’etichetta ingannevole

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati giudicati una mera riproposizione di argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata. Questo vizio procedurale, definito come ‘pedissequa reiterazione’, rende il ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile.

In secondo luogo, e più importante per il merito della questione, la Corte ha confermato la correttezza della valutazione della Corte d’Appello riguardo all’etichetta ingannevole.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e giuridicamente corretta. I giudici di secondo grado avevano stabilito che i nomi dei marchi noti apposti sulle confezioni dei profumi avevano un impatto visivo e comunicativo ‘del tutto predominante’ rispetto alla piccola avvertenza sulla non originalità.

In pratica, la forza attrattiva del marchio famoso era talmente superiore da rendere l’avvertenza di fatto irrilevante. Quest’ultima, secondo i giudici, appariva ‘del tutto inidonea ad assolvere ad un’effettiva informativa’. L’impostazione grafica e comunicativa della confezione era studiata per confondere il consumatore, sfruttando la notorietà di marchi altrui, e la piccola nota a margine non era sufficiente a correggere questa impressione fuorviante.

Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante insegnamento: la lotta alla contraffazione e alla concorrenza sleale si basa su una valutazione complessiva della presentazione del prodotto. Un’etichetta ingannevole non può essere ‘sanata’ da un disclaimer nascosto o minimizzato. L’informazione al consumatore deve essere chiara, trasparente e leale. Quando elementi grafici o testuali evocano marchi noti in modo predominante, si crea un inganno che nessuna clausola scritta in piccolo può risolvere. La responsabilità penale, in questi casi, è una conseguenza diretta della scelta di privilegiare l’ambiguità a scapito della correttezza informativa.

Basta inserire un’avvertenza sulla confezione per vendere legalmente un prodotto che imita marchi noti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se i nomi di marchi noti sono usati in modo predominante e fuorviante sulla confezione, una semplice avvertenza sulla non originalità del prodotto è considerata inidonea a fornire una corretta informazione al consumatore e non esclude la responsabilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. Inoltre, la Corte ha ritenuto corrette e logiche le motivazioni della sentenza di secondo grado.

Cosa significa che i richiami ai marchi noti erano ‘predominanti’?
Significa che i nomi e gli elementi grafici che richiamavano i marchi famosi avevano un impatto visivo e comunicativo molto più forte rispetto alla piccola avvertenza sulla non originalità. Questa sproporzione rendeva l’avviso inefficace e ingannava il consumatore sull’origine e la natura del prodotto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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