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Estradizione USA: il no della Cassazione al ne bis in idem

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino contro la concessione della sua estradizione USA. L’uomo, già condannato in Italia per riciclaggio, era richiesto per il reato di ‘conspiracy’. La Corte ha stabilito che il principio del ‘ne bis in idem’ non si applica, poiché il reato associativo americano è più ampio dei singoli episodi di riciclaggio giudicati in Italia. Inoltre, il precedente rifiuto di estradizione da parte di un altro Stato UE non è vincolante, in quanto non costituisce una sentenza penale definitiva sul merito del reato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estradizione USA: il no della Cassazione al ne bis in idem

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2108 del 2024, ha affrontato un complesso caso di estradizione USA, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del principio del ne bis in idem (divieto di doppio processo) nei rapporti internazionali e sul valore delle decisioni giudiziarie di altri Stati membri dell’Unione Europea. La pronuncia consolida l’orientamento secondo cui le garanzie previste dall’ordinamento italiano ed europeo non sempre ostacolano la consegna di un soggetto a un sistema giuridico straniero.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un cittadino italiano, già condannato in via definitiva in Italia per specifici episodi di riciclaggio di denaro proveniente da traffico di stupefacenti. Le autorità giudiziarie degli Stati Uniti d’America ne chiedevano l’estradizione in relazione a un mandato di arresto per il delitto di “conspiracy” (associazione a delinquere) finalizzata al medesimo tipo di riciclaggio. Secondo l’accusa statunitense, i fatti giudicati in Italia si inserivano in un più vasto e articolato accordo criminale, protrattosi nel tempo e con il coinvolgimento di altre persone.

I Motivi del Ricorso: Ne Bis in Idem e Cooperazione Giudiziaria UE

Il ricorrente si opponeva alla decisione della Corte d’Appello di Firenze, che aveva concesso l’estradizione, basando la sua difesa su tre argomentazioni principali:

1. Violazione del ne bis in idem: Sosteneva che il reato di conspiracy non corrisponde all’associazione per delinquere italiana (art. 416 c.p.), ma piuttosto a un semplice accordo, assimilabile al concorso di persone nel reato. Di conseguenza, essendo già stato giudicato in Italia per i reati di riciclaggio (i cosiddetti ‘reati-scopo’), un nuovo processo negli USA per l’accordo volto a commetterli avrebbe violato il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto.
2. Decisione vincolante di un altro Stato UE: Evidenziava come le autorità ungheresi avessero già negato una precedente richiesta di estradizione statunitense per i medesimi fatti, proprio in applicazione del principio del ne bis in idem. Secondo la difesa, in base agli accordi di estradizione tra UE e USA, tale decisione avrebbe dovuto vincolare anche l’Italia.
3. Rischio di pena inumana e degradante: Lamentava che l’estradizione lo avrebbe esposto a una pena eccessiva, poiché il sistema statunitense non prevede l’istituto della “continuazione”, che in Italia consente di mitigare la sanzione in caso di più reati commessi con un unico disegno criminoso.

L’Analisi della Corte sull’Estradizione USA

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure difensive.

In primo luogo, ha chiarito che i trattati di estradizione tra Italia/UE e USA consentono espressamente la consegna per reati associativi come la conspiracy, anche in assenza di una perfetta corrispondenza con le fattispecie italiane. È sufficiente che vi sia una “base ragionevole” per ritenere che l’estradando abbia commesso il reato, senza che il giudice italiano debba valutare la fondatezza dell’accusa. Nel caso specifico, l’accusa statunitense delineava un accordo criminale più ampio rispetto ai singoli episodi già giudicati in Italia, superando così l’ostacolo del ne bis in idem.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che il divieto di doppio processo sancito dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE si applica solo a sentenze penali definitive di assoluzione o condanna. Una decisione sul rigetto di una domanda di estradizione, come quella ungherese, non è un giudizio sul merito del reato e, pertanto, non ha carattere vincolante per gli altri Stati membri.

Infine, l’argomento relativo al rischio di una pena eccessiva è stato ritenuto generico. La Cassazione ha ribadito che la mera possibilità di una sanzione detentiva molto lunga non è di per sé ostativa all’estradizione verso gli USA, poiché quell’ordinamento prevede istituti che consentono la liberazione anticipata.

Le Motivazioni della Decisione

La sentenza si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme pattizie e dei principi di cooperazione internazionale. Le motivazioni centrali possono essere così sintetizzate:

Specificità degli accordi con gli USA: I trattati di estradizione con gli Stati Uniti contengono norme specifiche che facilitano la consegna per reati associativi come la conspiracy, prevalendo su eventuali discordanze tra gli ordinamenti.
Portata limitata del ne bis in idem internazionale: Il divieto di doppio processo in ambito di cooperazione giudiziaria opera solo in presenza di una decisione straniera che abbia giudicato in via definitiva la responsabilità penale per lo stesso identico fatto storico. Una pronuncia di natura procedurale, come quella sull’estradizione, non rientra in questa categoria.
Onere della prova per il trattamento inumano: Per bloccare un’estradizione sulla base del rischio di una pena contraria al senso di umanità, non basta allegare la potenziale severità della sanzione, ma occorre dimostrare un rischio concreto e attuale di trattamenti inumani o degradanti, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione riafferma un approccio pragmatico e rigoroso in materia di estradizione. In conclusione, la sentenza stabilisce che una precedente condanna in Italia per i reati-fine non preclude l’estradizione verso gli USA per il reato associativo di conspiracy, se quest’ultimo si basa su un contesto criminale più ampio. Inoltre, rafforza il principio che le decisioni in materia di estradizione prese da uno Stato membro dell’UE non creano un ‘giudicato europeo’ vincolante per gli altri Stati, poiché non rappresentano un giudizio di merito sulla colpevolezza dell’imputato.

Una precedente condanna in Italia per riciclaggio impedisce l’estradizione USA per “conspiracy”?
No. Secondo la Corte, se la richiesta di estradizione per “conspiracy” si fonda su un accordo criminale più vasto e protratto nel tempo rispetto ai singoli episodi di riciclaggio già giudicati in Italia, il principio del ‘ne bis in idem’ non opera e l’estradizione può essere concessa.

Il rifiuto di estradizione da parte di un altro Stato UE (come l’Ungheria) è vincolante per l’Italia?
No. La Corte ha chiarito che il divieto di doppio processo previsto dal diritto europeo (art. 50 CDFUE) si applica solo a sentenze penali definitive che decidono sulla colpevolezza o innocenza. Una decisione che rigetta una richiesta di estradizione è un atto procedurale e non un giudizio sul merito, quindi non vincola gli altri Stati membri.

La possibilità di una pena molto lunga negli USA è un motivo valido per negare l’estradizione?
No, non di per sé. La Corte ha ritenuto che la mera possibilità di subire una pena detentiva di lunga durata non costituisce un trattamento inumano o degradante che possa bloccare l’estradizione, specialmente perché l’ordinamento statunitense prevede meccanismi per la liberazione anticipata. È necessario allegare elementi concreti che dimostrino un rischio reale di pena assolutamente sproporzionata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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