Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37759 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37759 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 21/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME DI COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME, nato a Lima (Perø) il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 11/09/2025 della Corte d’appello di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, il quale conclude per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna disponeva la consegna di COGNOME su richiesta dell’autorità giudiziaria peruviana, in virtø di richiesta di estradizione emessa in relazione al reato di omicidio, previsto dall’art. 108 del codice penale peruviano.
Avverso tale pronuncia la difesa del ricorrente ha formulato tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce l’omessa motivazione in ordine all’individuazione del termine di prescrizione, premettendo che, in base all’art. 4 del Trattato estradizionale, la consegna deve essere negata qualora il reato per la quale Ł richiesta risulti prescritto nell’ordinamento interno, ovvero in quello dello Stato richiedente.
Sostiene il ricorrente che la Corte di appello, errando, avrebbe indicato il termine di prescrizione in 30 anni, applicando il raddoppio della pena prevista per il reato in questione.
Tale affermazione risulterebbe del tutto priva di motivazione e non fondata sull’esame della normativa peruviana che, all’epoca di commissione del reato (2006), prevedeva il termine massimo di prescrizione pari a 15 anni che, evidentemente, risulterebbe ad oggi decorso.
Sottolinea la difesa che l’omessa motivazione deriverebbe dall’incompleta acquisizione della documentazione inviata a sostegno della richiesta di estradizione, nella quale si legge che l’autorità peruviana avrebbe inviato un documento composto da 350 pagine, mentre risultano acquisite e tradotte solo 102 pagine.Sulla base dell’indice, tra le parti mancanti vi sarebbero anche il testo degli articoli di legge disciplinanti la prescrizione, sicchŁ la Corte di appello non ha potuto materialmente consultare la normativa applicabile.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione di legge relativamente alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, resa oggettivamente parziale stante la
mancanza di alcuni dei documenti, pur asseritamente inviati, rilevanti ai fini della verifica del fatto.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione dell’art.4, comma 2, lett.a) del Trattato di estradizione, non essendosi accertato il rispetto dei diritti minimi di difesa.
Tra i documenti inviati, infatti, risulta la nomina di tre difensori di fiducia da parte del ricorrente, ma tale atto Ł sicuramente falso, in quanto la sottoscrizione – disconosciuta dal ricorrente – risulterebbe apposta nel 2007, allorquando il predetto si trovava già in Italia.
Ulteriori dubbi in ordine alle modalità di svolgimento del processo emergono anche dalla sentenza del 16 settembre 2008, nella quale NOME viene dichiarato assente e assistito da un difensore d’ufficio.
Il ricorrente, inoltre, censura anche l’avvenuta esclusione del rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, sostenendo che le informazioni acquisite dalla Corte di appello sarebbero insufficienti e smentite dalle risultanze di fonti attendibili, dalle quali risulta una cronica situazione di sovraffollamento carcerario in Perø. Le rassicurazioni fornite dall’autorità richiedente, pertanto, sarebbero del tutto generiche e insufficiente ad escludere il paventato rischio.
Infine, si sottolinea lo stabile radicamento temporale del ricorrente in Italia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Il primo motivo di ricorso censura la motivazione resa dalla Corte di appello in merito all’individuazione del termine di prescrizione previsto, nell’ordinamento peruviano, per il reato contestato al ricorrente.
Occorre premettere che in tema diestradizioneper l’estero, non spetta allo Stato richiesto, in base alle prassi internazionali connesse all’applicazione dei trattati che prevedono laprescrizionedel reato quale motivo di rifiuto della consegna, stabilire autonomamente la maturazione deltermineprescrizionale, trattandosi di verifica che può implicare complesse valutazioni giuridiche riservate allo Stato richiedente, il quale, se sollecitato, può fornire indicazioni utili al riguardo, che lo Stato richiesto non ha facoltà di sindacare (Sez.6, n. 19473 del 8/4/2025, Rv.288098).
Orbene, sulla base della normativa peruviana risulta che il termine di prescrizione Ł pari alla pena massima stabilita per il reato (art.80) e non può in ogni superare il limite di venti anni, salvo restando che in determinate condizioni il termine può essere raddoppiato.
Per il reato di “omicidio qualificato” ex art. 108 del codice penale peruviano, la pena previstsa per il reato Ł pari nel minimo a 15 anni e nel massimo a 35 anni (limite massimo previsto per le pene detentive), sicchŁ nel caso di specie il termine di prescrizione non potrebbe essere in alcun caso inferiore al limite di 20 anni.
Premesso che, in base al principio sopra richiamato, il giudice del merito può legittimamente far affidamento all’attestazione proveniente dall’autorità richiedente secondo cui il reato non Ł prescritto, nel caso di specie la Corte di appello ha ugualmente verificato il termine di prescrizione che, sulla base di quanto sopra enunciato, non risulterebbe effettivamente decorso.
A fronte di tali elementi, era onere della difesa dimostrare in maniera specifica l’erroneità della determinazione del termine di prescrizione, non essendo sufficiente il mero riferimento a presunti diversi e meno elevati minimi edittali applicabili ratione temporis .
Il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato accertamento della gravità indiziaria, Ł manifestamente infondato.
Per consolidata giurisprudenza, in tema di estradizione processuale, in presenza di una convenzione che non preveda la valutazione da parte dello stato richiesto dei gravi indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria italiana, a norma dell’art. 705, comma primo, cod. proc. pen., non deve limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata alla domanda estradizionale, ma deve accertare che in essa risultino evocate le ragioni per le quali Ł stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l’estradando avvia commesso il reato oggetto dell’estradizione. (Fattispecie in tema di estradizione richiesta dal Governo del Perø in adesione al Trattato di estradizione tra Italia e Perø ratificato con legge 3 maggio 2004, n. 135).(Sez.6, n.40959 dell’11/7/2013, Rv.258122 e successive conformi).
La verifica demandata all’autorità giudiziaria, pertanto, non deve assurgere al grado di approfondimento tipicamente richiesto nel caso in cui si debba vagliare la gravità indiziaria, essendo sufficiente che, sulla base della desrizione del fatto, venga rappresentato un fatto costituente reato, corrispondente al titolo per il quale l’estradizione Ł stata chiesta.
Tale valutazione risulta ampiamente svolta dalla Corte di appello, sulla base di elementi idonei ad individuare le modalità di svolgimento del fatto, il contesto in cui il reato Ł stato commesso e il coinvolgimento personale dell’estradando.
Il terzo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato, posto che l’estradizione Ł stata richiesta a fini processuali e, quindi, il giudizio deve ancora svolgersi nei confronti dell’estradando, sicchŁ mal si comprende l’incidenza negativa che potrebbe derivare da pregresse nomine di difensori di fiducia asseritamente non sottoscritte dal ricorrente.
Peraltro, occorre rammentare che per potersi riconoscere una causa ostativa alla consegna non Ł sufficiente ipotizzare la sussistenza di violazioni processuali commesse dinanzi all’autorità giudiziaria richiedente, essendo necessaria l’allegazione e dimostrazione di carenze sistemiche tali da far ritenre l’inidoneità dell’ordinamento giudiziario dello Stato richiedente a garantire i principi fondamentali in tema di difesa dell’imputato.
In merito al rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, le censure sollevate dal ricorrente sono inammissibili, posto che l’autorità giudiziaria procedente ha chiesto adeguate garanzie allo Stato richiedente circa le condizioni di detenzione, senza che emergano elementi idonei a ritenere l’inattendibilità delle rassicurazioni ricevute.
Infine, lo stabile radicamento in Italia dell’estradando non Ł un motivo ostativo alla consegna, non essendo prevista alcuna previsione in tal senso nel Trattato di estradizione tra Italia e Perø.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 21/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME