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Estradizione e trattati: la pena massima conta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino italiano contro la sua estradizione verso l’Uruguay per reati societari. La sentenza stabilisce un principio chiave: nei trattati di estradizione, il requisito della pena minima per concedere il provvedimento si riferisce al massimo della pena prevista dalla legge, non al minimo. La Corte ha inoltre confermato che il nuovo trattato bilaterale si applica anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore e ha riqualificato i fatti come autoriciclaggio, escludendo la prescrizione.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estradizione e Trattati: la Pena Massima Determina l’Estradabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17925/2025, affronta un caso complesso di estradizione, offrendo chiarimenti fondamentali sull’interpretazione dei trattati internazionali e sui principi che regolano la cooperazione giudiziaria. La decisione riguarda la richiesta del governo dell’Uruguay per un cittadino italiano accusato di insolvenza fraudolenta societaria, e stabilisce che, ai fini dell’estradabilità, il requisito della pena si riferisce al massimo edittale e non al minimo.

I Fatti di Causa

Un cittadino italiano, titolare anche di passaporto uruguaiano, era oggetto di una richiesta di estradizione da parte dell’Uruguay per il reato di “insolvenza fraudolenta societaria”. L’accusa si basava sul presunto svuotamento del patrimonio di una società, attraverso la vendita di beni e il successivo trasferimento del ricavato all’estero (in Svizzera), al fine di sottrarsi agli obblighi verso i creditori. La Corte di appello di Brescia aveva dichiarato la sussistenza delle condizioni per l’estradizione, decisione contro cui la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, tra cui:

1. Violazione del Trattato Bilaterale: Si sosteneva che la norma del trattato, che richiede una pena detentiva di “almeno due anni”, dovesse interpretarsi come riferita al minimo della pena prevista dalla legge. Poiché il reato contestato in Uruguay era punito da un minimo di dodici mesi, secondo la difesa non sarebbe stato raggiunto il requisito per l’estradizione.
2. Prescrizione del Reato: La difesa riteneva che il reato, qualificato come appropriazione indebita secondo la legge italiana, fosse ormai prescritto.
3. Violazione del Principio di Non Estradizione del Cittadino: Veniva invocata l’applicazione di un trattato precedente (del 1879) che vietava l’estradizione dei cittadini, sostenendo il principio del tempus regit actum (la legge applicabile è quella del tempo in cui il fatto è stato commesso).
4. Mancanza di Doppia Incriminabilità: La condotta era ritenuta di rilevanza puramente civilistica e non penale.

Estradizione e Interpretazione del Trattato: l’Analisi della Corte

Il punto centrale della decisione della Cassazione riguarda l’interpretazione della clausola sulla pena nel trattato bilaterale del 2017. La Corte ha stabilito che la dicitura “pena detentiva di almeno due anni” deve essere riferita alla pena massima edittale contemplata dalla legge e non a quella minima. Questa interpretazione si basa su diverse ragioni:

* Prassi Internazionale: La Corte richiama la prassi internazionale, inclusi i modelli di trattato delle Nazioni Unite, dove il test della “minimum penalty” mira ad assicurare l’applicazione dei trattati solo a reati di una certa gravità, identificata attraverso la pena massima possibile.
* Logica Sistematica del Trattato: Sarebbe irrazionale richiedere una pena minima edittale di due anni per l’estradizione processuale, per poi ammettere l’estradizione esecutiva (per scontare una pena già inflitta) per pene residue di soli sei mesi. La coerenza del sistema impone di guardare al massimo della pena.

La Qualificazione Giuridica e la Prescrizione

La Corte ha rigettato anche l’eccezione di prescrizione, operando una più ampia qualificazione giuridica dei fatti. Oltre all’appropriazione indebita, la condotta del ricorrente è stata ritenuta configurare anche il delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Il trasferimento all’estero del denaro proveniente dalla vendita dei beni sociali e il suo impiego in fondi di investimento costituiscono infatti una condotta trasformativa idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa. In questo quadro, il termine di prescrizione non era maturato. Inoltre, i fatti sono stati ritenuti sussumibili anche nella fattispecie di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.).

Il Principio del “Tempus Regit Actum” nell’Estradizione

Infine, la Cassazione ha respinto l’argomento basato sul vecchio trattato del 1879. La Corte ha chiarito che l’istituto dell’estradizione ha natura prevalentemente processuale. Il nuovo trattato del 2017 contiene una clausola specifica che ne stabilisce l’applicazione a tutte le richieste presentate dopo la sua entrata in vigore, anche se i reati sono stati commessi in data anteriore. Questa disposizione prevale sul principio generale del tempus regit actum, rendendo irrilevante la cittadinanza dell’estradando ai fini del diniego.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando la natura procedurale della cooperazione giudiziaria internazionale. L’estradizione non è un istituto di diritto penale “sostanziale” e, pertanto, non soggiace rigidamente a principi come l’irretroattività della legge penale più sfavorevole. Le regole sull’estradizione, come la doppia incriminabilità o la prescrizione, sono poste a tutela della sovranità degli Stati e della reciprocità, più che come garanzie dirette per l’individuo. La corretta interpretazione delle norme pattizie, secondo la Corte, deve favorire la collaborazione internazionale, escludendo l’applicazione di formalismi che ne ostacolerebbero l’efficacia, come pretendere un minimo edittale di pena irragionevolmente elevato.

Le Conclusioni

Con il rigetto del ricorso, la Cassazione ha confermato l’ordine di estradizione. La sentenza consolida importanti principi in materia di cooperazione giudiziaria: chiarisce che il criterio per valutare la gravità del reato ai fini dell’estradizione è la pena massima prevista, e afferma la piena applicabilità dei nuovi trattati internazionali anche a fatti pregressi, se così espressamente previsto. Questa decisione rafforza gli strumenti di collaborazione internazionale nella lotta alla criminalità economica transnazionale.

Per concedere l’estradizione, il requisito di pena previsto da un trattato si riferisce al minimo o al massimo della pena prevista dalla legge?
Secondo la Corte di Cassazione, il requisito si riferisce alla pena edittale massima prevista dalla legge per il reato. Lo scopo è assicurare che l’estradizione sia applicata solo a reati di una certa gravità, identificata dalla sanzione massima possibile.

Un nuovo trattato di estradizione si applica anche a reati commessi prima della sua entrata in vigore?
Sì, se il trattato stesso contiene una clausola che ne prevede esplicitamente l’applicazione a tutte le richieste presentate dopo la sua entrata in vigore, indipendentemente dalla data di commissione del reato.

L’estradizione può essere negata se il reato è prescritto secondo la legge italiana?
Sì, la prescrizione secondo la legge italiana è una delle condizioni da verificare. Tuttavia, la Corte ha il potere di qualificare giuridicamente i fatti in modo autonomo e, come nel caso di specie, può ritenere che configurino un reato diverso e non ancora prescritto (es. autoriciclaggio anziché appropriazione indebita).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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