Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31119 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31119 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a San Giuseppe Vesuviano il 19/08/1968
NOME nato a Torino il 24/11/1964
NOME COGNOME nato a Torino il 06/05/1976
COGNOME nato a Torino il 12/10/1963
NOME COGNOME nato a Torino il 06/05/1965
avverso la sentenza del 30/04/2024 della Corte di Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi degli imputati nonché le conc depositate dalle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore gener NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi, ad eccezione del motivo proposto NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione a 25 abbonamenti destinati agli striscionisti per il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza oggetto di rico udite le conclusioni del difensore delle parti civili NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALEa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi e depositato comparsa conclusionale e n spese;
udite le conclusioni del difensore delle parti civili NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi e deposit comparsa conclusionale e nota spese;
udite le conclusioni dei difensori del ricorrente NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME ed A NOME COGNOME che hanno insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento d provvedimento impugnato;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME ch ha insistito nei motivi di ricorsi e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME che insistito nei motivi di ricorsi e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME che h insistito nei motivi di ricorsi e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME che insistito nei motivi di ricorsi e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 aprile 2024, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma de sentenza emessa dal Tribunale di Torino in data 20 ottobre 2021, ha condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nei termini indicati nel dispositivo di sentenza.
In particolare, la Corte territoriale, in riforma della statuizione con cui il primo giudi assolto NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di estorsione consumata di cui al capo A) perché il fatto non sussiste, ha dichiarato penale responsabilità degli odierni ricorrenti anche in relazione a tale fattispecie criminosa
Il primo giudice aveva ritenuto integrata nell’ambito delle contestazioni riportate nel A) dell’imputazione la sola estorsione tentata consistente nel compimento di atti idonei dir in modo non equivoco a costringere la società Juventus a concedere, quale ingiusto profitto 25 biglietti gratuiti a partita, un borsone con materiale sportivo ed inviti alle feste ist della società per ogni gruppo ultrà.
In relazione all’ulteriore addebito avente ad oggetto la concessione in favore dei gruppi di 25 abbonamenti a pagamento a favore dei cd. striscionisti e di 300 biglietti a pagament per le trasferte nazionali ed internazionali il tribunale aveva, invece, ritenuto non integ delitto di estorsione.
NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, propone ricorso avverso la sentenza con cui è stato ritenuto responsabile dei reati di associazione a delinquere, violenza privata estorsione aggravata di cui ai capi A), B), C), D), G), I) ed M) e per l’effetto è condannato alla pena di anni 8 di reclusione e 2.350,00 di multa.
2.1. Con il primo motivo del ricorso è stata eccepita violazione dell’art. 603 cod. proc. p travisamento della deposizione del teste NOME COGNOME
La difesa ha, preliminarmente, rimarcato l’assoluta inconciliabilità tra quanto affermato Tribunale in ordine alla volontà della Juventus di mantenere la consuetudine di vendere biglietti per le partite fuori casa e le partite Uefa ai gruppi ultras al di fuori dei cana quanto sostenuto nella sentenza di appello in ordine alla dazione di tali biglietti a seguit pressione estorsiva subita dal Pairetto.
La deliberazione della Corte di appello sarebbe conseguenza di una erronea interpretazione delle dichiarazioni testimoniali rese da NOME COGNOME il quale -a giudizio della avrebbe chiarito che la scelta di riservare parte dei biglietti per le trasferte era fondata congiunta volontà della società e della Questura di tenere sotto controllo gli spostamenti d ultras ed essere certi che gli stessi avrebbero occupato solo il settore ospiti grazie al si delle “liste per le trasferte” introdotto dalla Juventus nel 2016 a seguito del processo Piemonte”.
Diversamente da quanto erroneamente affermato dai giudici di appello, il management della Juventus non avrebbe mai avuto l’intenzione di interrompere tale prassi, concordata con l Questura, con conseguente travisamento delle dichiarazioni testimoniali del Pairetto. particolare, è stato eccepito che il riferimento effettuato da quest’ultimo alla richi ottenere ulteriori biglietti, avanzata dai gruppi ultras nel corso dell’incontro del 07 2018, avrebbe ad oggetto la dazione di biglietti per le partite casalinghe della Juventus ripristinando una prassi interrotta nel 2016- e non la vendita dei tagliandi per le g trasferta (affermazione che troverebbe conferma nella lettura delle pagine 70 e 135 del deposizione del 3 marzo 2021).
La difesa ha, quindi, rimarcato la correttezza della sentenza di primo grado nella parte in veniva affermato che la richiesta avanzata il 7 giugno 2018 non è mai stata accolta dal Juventus e non è stata oggetto di ulteriori interlocuzioni tra il Pairetto ed i ricorrenti.
Il ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado sarebbe conseguenza, quindi, d una diversa interpretazione della deposizione del COGNOME con conseguente necessità di procedere alla rinnovazione dibattimentale della sua audizione ai sensi dell’art. 603 cod. pr pen.
La motivazione con cui la Corte distrettuale ha respinto la richiesta di rinnovazione sareb meramente apparente e contraddittoria rispetto ai fatti di causa; la discrasia tra l deliberazioni non verterebbe sulla diversa valutazione di un fatto storico ma su una differe
interpretazione delle dichiarazioni del COGNOME in ordine alle ragioni che avrebbero spi società a riservare parte dei biglietti per le trasferte ai gruppi ultras.
La riconducibilità di tale scelta del management della Juventus ad una precisa volontà di monitorare e controllare gli spostamenti degli ultrà troverebbe, peraltro, conferma n deposizione del NOME COGNOME, il quale avrebbe riferito di essere pienamente a conoscenz di tale prassi contra legem, attuata e mantenuta in accordo con la Questura per ragioni di ordine pubblico (vedi pag. 15 della deposizione resa da NOME COGNOME all’udienza del 15 marz 2021).
La rinnovazione dell’esame del teste COGNOME sarebbe stata ancora più necessaria i considerazione del difetto di attendibilità delle sue dichiarazioni lamentato dalla dif motivi di impugnazione (ed in particolare a pag. 71 dell’atto di appello).
La Corte di merito avrebbe ritenuto il Pairetto attendibile con motivazione minima sommaria e superficiale e, quindi, apparente e contraddittoria; i giudici di appello, per avrebbero ignorato le doglianze difensive con cui veniva evidenziata l’inattendibilità dichiarazioni del predetto (evidente contraddizione tra il narrato del Pairetto e q dichiarato da NOME COGNOME in relazione ai reati di cui ai capi B ed H; assenza trascrizione della registrazione dell’incontro del 21 giugno 2018 delle richieste di borso inviti alle feste sociali che il Cava avrebbe avanzato in occasione di tale incontro no inesistenza dell’incontro tra gruppi ultras -organizzato dal Mocciola- tra 7 ed il 21 giugno di cui fa menzione il solo COGNOME in contrasto con quanto dichiarato da tutti gli a escussi in dibattimento) e che avrebbero avuto risposta in caso di rinnovazione dell’istrut ex art. 603 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente chiede l’annullamento del condanna per il reato di estorsione consumata di cui al capo A) in considerazione dell’assenz della necessaria motivazione rafforzata.
La Corte territoriale non avrebbe in alcun modo confutato specificamente gli argomenti dell motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza incoerenza tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato, limitand all’apodittica affermazione “questa Corte non condivide la pronuncia assolutoria del tribunale con riferimento all’ottenimento dei biglietti per le partite fuori casa e per le competizi fuori dai canali ufficiali”.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la manifesta illogicità della motivazione in ordin sussistenza del reato di estorsione consumata di cui al capo A) nonché la contraddittorie della stessa con gli atti di causa.
2.3.1. L’istruttoria dibattimentale avrebbe dimostrato che la società Juventus fin dal avrebbe, in violazione della normativa vigente ed in accordo con la Questura, riservato pa dei biglietti per le partite di campionato giocate in trasferta ai gruppi ultrà al fine di
gli spostamenti dei tifosi in occasione degli incontri a rischio per l’ordine pubblico e conseguenza, sarebbe del tutto illogica l’affermazione dei giudici di appello secondo cui decisione di riservare tali biglietti ai gruppi di ultrà sarebbe conseguenza delle con estorsive degli imputati.
La difesa ha, inoltre, evidenziato che la Juventus riservava per sé il 90% dei tagliand settore ospiti; in più occasioni il COGNOME avrebbe riferito che solo 300 biglietti riservati agli ultras mentre 900 tagliandi veniva assegnati ai Club ufficialmente riconos dalla società.
Ancora una volta emergerebbe, quindi, che la Juventus, spontaneamente ed in violazione di legge, riservava i biglietti delle partite in trasferta ad ultras e Club riconosciuti, i rendendo di fatto impossibile agli altri tifosi acquistare i tagliandi sui canali uf conseguente azzeramento del libero mercato. I giudici di appello non si sarebbero confrontat in alcun modo con tali argomentazioni con conseguente carenza di motivazione.
2.3.2. La difesa ha, quindi, rimarcato che la normativa per la vendita delle trasferte euro prevede, al contrario di quella vigente per le partite del campionato italiano, che la so ospitante ceda direttamente i biglietti del settore ospiti alla squadra ospitata, la qu provvede alla cessione ai propri tifosi.
La Corte territoriale avrebbe travisato il fatto laddove afferma che NOME COGNOME avrebb proposto, in occasione della partita Atletico Madrid-Juventus, di mandare cinquanta ultras nel curva dei tifosi avversari, senza accorgersi che nelle partite internazionali non possono ess venduti biglietti ai tifosi avversari fuori dal settore ospiti.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta totale carenza di motivazione in ordine sussistenza del reato di estorsione tentata di cui al capo A) in relazione alla richiesta di d di 25 biglietti destinati ai Drughi oltre ad un borsone ed inviti per le feste sociali.
La difesa, nell’atto di appello, aveva evidenziato che il gruppo dei Drughi non avrebbe avu alcun interesse ad ottenere tali 25 biglietti in considerazione del fatto che gli striscio già menzionato gruppo ultrà erano già praticamente tutti abbonati e, quindi, erano già possesso del titolo per entrare allo stadio.
È stato, inoltre, rimarcato che la richiesta di ottenere borsoni e inviti per le feste socia fa menzione il COGNOME non sarebbe mai stata avanzata da alcuno e che l’affermazione de relato resa dallo SLO della Juventus sarebbe stata smentita dalla fonte diretta (il coimputato COGNOME), argomentazione difensiva del tutto ignorata dai giudici di appello con conseguent ulteriore vizio di motivazione.
2.5. Con il quinto motivo si eccepisce carenza ed apparenza della motivazione in ordine all riferibilità al Mocciola delle condotte di cui al capo di imputazione.
La motivazione con cui la Corte di merito, in poche righe, afferma che il ricorrente rives una posizione di supremazia su Cava, COGNOME e COGNOME e che nessuna decisione veniva presa
dai COGNOME senza l’avvallo del COGNOME, sarebbe meramente apparente e priva di alcun esame critico delle condotte del ricorrente, facendo mero richiamo alle deposizioni testimoniali ed conversazioni intercettate nel corso delle indagini preliminari.
La difesa ha evidenziato, peraltro, che il COGNOME non entra allo stadio da anni in qua destinatario di COGNOME, che il ricorrente non ha avuto alcun contatto con il COGNOME ovvero altri dirigenti della Juventus e che le intercettazioni valorizzate dai giudici di merito (ci nota 37 della sentenza di appello) non contengono alcuna prova della direzione o della supremazia del ricorrente sugli altri membri dei Drughi.
I giudici di appello, limitandosi al mero richiamo a tali intercettazioni, non avr espresso le ragioni sulla base delle quali le conversazioni in esame avrebbero valenz accusatoria nei confronti del COGNOME ed avrebbero omesso di confutare le specifiche deduzioni difensive.
L’unica volta in cui la sentenza impugnata fa menzione di una condotta che sarebbe stata tenuta direttamente dal COGNOME (in particolare la richiesta di fissare una riunione tra t ultras citata a pag. 41), travisa completamente il fatto in quanto tutti i testi escussi -co il COGNOME– riferiscono che il ricorrente non ha mai partecipato ad una riunione tra ultras nessun incontro si è svolto nel periodo ricompreso tra il 7 ed il 15 giugno 2018.
2.6. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 597 cod. proc. conseguente alla condanna per il reato di tentata estorsione di cui al capo A) dell’imputazio limitatamente alla richiesta di 25 abbonamenti a pagamento da destinare agli striscionisti gruppo ultrà dei Drughi, in assenza di appello del Pubblico ministero avverso la sentenz assolutoria pronunciata sul punto dal Tribunale di Torino.
I giudici di appello non si sarebbero accorti che l’appello del Pubblico ministero in relazio tale vicenda non avrebbe riguardato il gruppo dei Drughi e, quindi, gli imputati COGNOME COGNOME e COGNOME come espressamente indicato a pag. 13 dell’atto di appello.
La Corte di merito, in assenza di devoluzione da parte della Pubblica Accusa, avrebbe indebitamente valutato la vicenda e condannato il COGNOME per il reato di estorsione tenta (vedi pagg. 46 e 47 della sentenza oggetto di ricorso), condanna ritenuta illegale dalla dif perché emessa in violazione dell’art. 597 cod. proc. pen.
2.7. Con il settimo motivo si eccepisce carenza, apparenza e contraddittorietà dell motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione di capo B) ed alla riferibilità al Mocciola di tale imputazione.
La motivazione sarebbe del tutto apparente ed assertiva in ordine al carattere minatori delle frasi profferite dall’imputato NOME COGNOME in occasione degli incontri con il Pair del 7 e 13 novembre 2018; a giudizio della difesa, infatti, i giudici di appello si sare limitati a ripetere le espressioni riportate nel capo di imputazione senza spiegare perché stesse avessero una valenza minatoria.
La Corte territoriale avrebbe, inoltre, desunto la natura minatoria di tali espressioni caratura criminale dello COGNOME e dal timore che la semplice presenza dell’imputato avrebbe cagionato nel Pairetto. Tale affermazione si porrebbe, secondo il ricorrente, in contra insanabile con quanto affermato alla successiva pagina 56 della sentenza di appello allorquando viene affermato che la semplice presenza di un capo ultrà non può essere da sola idonea a coartare la volontà del soggetto passivo in assenza di concreti elementi idonei provare l’esercizio di una reale forza intimidatrice.
La motivazione è, infine, apparente e contraddittoria laddove viene affermata la riferibili ricorrente delle condotte tenute dallo COGNOME; in particolare i giudici di appello non han alcun modo spiegato per quale motivo la frase pronunciata dallo COGNOME “sai per conto di chi vengo” sarebbe riferibile al solo COGNOME e non al gruppo ultrà dei Drughi, come peralt riferito dallo stesso COGNOME nel corso delle sue spontanee dichiarazioni.
2.8. Con l’ottavo motivo si eccepisce carenza, apparenza e contraddittorietà del motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione di capo C) ed alla riferibilità al Mocciola di tale condotta estorsiva.
Secondo la difesa, il COGNOME avrebbe chiarito che la Uefa ha disposto che la società ospita ceda direttamente i biglietti del settore ospiti alla squadra ospitata, la quale poi provved cessione ai propri tifosi; ne conseguirebbe, pertanto, la piena legittimità della p consolidata seguita dalla Juventus secondo cui 120 biglietti erano destinati ai Drughi, 10 Tradizione e 80 a Nucleo.
In relazione alla partita di Amsterdam, il COGNOME, venendo meno ai precedenti accord avrebbe deciso di ridurre a 50 il numero di biglietti destinati ai Drughi come punizione per esposto striscioni contro il caro-biglietti, in tal modo manifestando la propria supremazi gruppo ultrà, i quali non possono fare altro che “abbozzare, magari protestando” (vedi pag. 3 del ricorso). Tali fondamentali circostanze vengono del tutto ignorate dai giudici di appello correlato vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente sarebbe, pertanto, evidente che lo COGNOME non intendeva costringere i Pairetto a dare biglietti aggiuntivi ai Drughi ma indurlo a rispettare i patti con conseg insussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione.
2.9. Con il nono motivo è eccepita la violazione dell’art. 266 cod. proc. pen. conseguen all’utilizzazione di intercettazioni dichiarate inutilizzabili dal primo giudice nonché ca motivazione in ordine alle prove documentali dedotte dalla difesa in relazione al capo D).
2.9.1. Il ricorrente ha, preliminarmente, evidenziato che le conversazioni intercettate state dichiarate inutilizzabili dal Tribunale in relazione al reato di violenza privata po tale fattispecie criminosa non consente il ricorso allo strumento delle intercettazioni ai dell’art. 266 cod. proc. pen. con conseguente violazione di legge ed inutilizzabilità d captazioni.
2.9.2. La motivazione sarebbe del tutto apparente in ordine al reato di violenza priva relativamente all’asserita imposizione ai tifosi comuni di attuare il cd. sciopero del tif confrontandosi in alcun modo con le prove emerse nel corso del giudizio; la Corte di merit avrebbe fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni rese dai testi COGNOME e COGNOME nonché sulla conversazione n. 1087 del 9 marzo 2019 in occasione della quale COGNOME e COGNOME avrebbero affermato: “ti devi prendere la briga e picchiare la gente per non far cantare”, senza tenere conto delle deduzioni difensive in ordine all’inidoneità di tali ele probatori a dimostrare la sussistenza del reato di violenza privata. La predetta intercettazi sarebbe, inoltre, stata travisata dalla Corte territoriale in quanto lo stesso COGNOME avr precisato che “picchiare la gente per non farla cantare” è una cosa “che non si può fare” (ve pag. 26 del ricorso).
2.9.3. I giudici di appello non si sarebbero, inoltre, confrontati con i video ama registrati dalla curva sud durante le venti partite in cui si è svolto lo sciopero del tifo, v dimostrerebbero che la curva cantava quando voleva cantare e che nessuno avrebbe imposto lo sciopero del tifo. Tali video, prodotti nel corso del dibattimento, non sarebbero neppure c nelle due sentenze di merito con conseguente carenza assoluta di motivazione.
La circostanza riferita dal teste COGNOME secondo cui i cori duravano poco, a giudizio de difesa, non sarebbe riconducibile a condotte intimidatorie da parte degli ultras, ma dal f che, senza il coordinamento dei “lancia-cori” che coordinano tutti i tifosi della curva, lanciati estemporaneamente da un punto della curva non possono essere seguiti dai tifosi presenti in un punto lontano. Proprio in questa sospensione dell’attività organizzata del consisteva il cd. sciopero del tifo, come peraltro chiarito dallo stesso COGNOME in occasion una conversazione con lo COGNOME captata dagli inquirenti (intercettazione n. 1087 del 9 marzo 2019).
2.10. Con il decimo motivo si lamenta l’apparenza della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di associazione a delinquere di cui al capo G) dell’imputazione.
2.10.1. La motivazione sarebbe del tutto generica in relazione alla sussistenza degl elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416 cod. pen.; i giudici di appello si limitati ad affermare che le intercettazioni e le dichiarazioni dei testi avrebbero dimo l’esistenza di un vertice del gruppo dei Drughi (composto da COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME) che avrebbe imposto comportamenti all’interno dello stadio e gestito la rivendita dei biglie che gli stessi “non potessero non essere consapevoli della diversità che caratterizzava la lo posizione” (vedi pag. 85 della sentenza impugnata), senza però motivare adeguatamente in ordine alla consapevolezza da parte dei ricorrenti di aver costituito una autonoma associazione a delinquere completamente separata da tutti gli altri membri del gruppo dei Drughi e, conseguenza, di partecipare consapevolmente all’esecuzione di un unitario programma criminoso.
2.10.2. Il percorso argomentativo sarebbe, inoltre, illogico ed apodittico nella parte deduce la stabilità dell’associazione a delinquere dalla risalente partecipazione degli imputa gruppo ultrà dei Drughi nonché del tutto carente in relazione al requisito dell’esistenza di minima organizzazione per il perseguimento dei fini illeciti del consesso criminoso.
La Corte di merito avrebbe erroneamente affermato l’assenza di doglianze in relazione al requisito dell’organizzazione dell’associazione a delinquere, senza tenere conto che a pagina 83 dell’atto di appello si era lamentata espressamente la carenza di motivazione in ordine a “minima organizzazione di attività personali e beni economici per il perseguimento del fi illecito comune”.
2.10.3. A giudizio della difesa, inoltre, l’imputazione individuerebbe il ruolo di ca COGNOME e di partecipe del Cava senza indicazione di alcun elemento di distinzione tr medesimi ruoli ricoperti nel gruppo non delinquenziale dei Drughi e non conterrebbe una specifica indicazione del programma criminoso dell’ipotizzata associazione a delinquere.
La medesima genericità contraddistinguerebbe la motivazione con cui la Corte di merito afferma che lo scopo degli imputati era quello di “tenere sotto scacco la società e costringere quest’ultima, nella persona di COGNOME NOME, concedere al gruppo alcune utilità non dovu (vedi pag. 56 della sentenza impugnata), indicazione non rinvenibile nel capo di imputazione con conseguente indebita “attività creativa della fattispecie” da parte dei giudici di appello.
Tale individuazione del programma criminoso è, peraltro, diversa sia da quella prospettat dal Pubblico ministero nel corso della sua requisitoria (“realizzazione e mantenimento di interessi economici e affermazione di un potere assoluto in curva” sia da quella descritta nella sentenza di primo grado “indurre la Juventus a modificare la politica in materia di bigliett favore dei gruppi”.
2.10.4. Il ricorrente ha evidenziato che l’imputazione indicherebbe quali autori dei re fine dei soggetti che agiscono in nome per conto del gruppo ultrà di appartenenza e non per l’interesse particolare di un ristretto vertice; in particolare in relazione al capo A) rimarcato che la contestazione vede coinvolti non solo i presunti vertici dei Drughi ma anch componenti di altri gruppi ultrà e addirittura un soggetto estraneo agli ultras quale NOME. È stato, inoltre, sottolineato che le presunte violenze nei confronti dei t sarebbero avvenute in un settore della curva in cui non sono posizionati i Drughi, ovvero ne primo anello.
2.11. Con l’undicesimo motivo di impugnazione, il COGNOME deduce violazione degli artt. 56 629 cod. pen., travisamento del fatto nonché apparenza e manifesta illogicità del motivazione in ordine alla penale responsabilità per il capo I) dell’imputazione.
La Corte distrettuale ha ritenuto che il COGNOME abbia dato il suo placet alla con intimidatoria tenuta dallo COGNOME nell’incontro del 15 febbraio 2019, tale affermazi troverebbe fondamento nella conversazione telefonica intercorsa tra i due il 2 febbraio 2019
nella soddisfazione manifestata dal ricorrente per l’operato dello COGNOME successivamente all’incontro, soddisfazione che, a dire della difesa, non restituirebbe “in alcun modo approvazione da parte di COGNOME di una minaccia profferita dal solo COGNOME” (vedi pag. 5 del ricorso) e si porrebbe in contrasto con quanto affermato dalla stessa Corte in ordine a necessaria applicazione del criterio della prognosi postuma nella effettuazione del giudizio idoneità ex art. 56 cod. pen.
I giudici di appello non si sarebbero confrontati con le doglianze con cui la difesa av evidenziato che, in occasione delle conversazioni intercettate il 2 febbraio 2019, il ricor non avrebbe dato mandato allo COGNOME di minacciare il COGNOME, essendosi lo stesso limitato a parlare della vicenda dei buoni da incrementare, limitandosi a pronunciare la frase “hai fa come avevamo detto” in risposta alle precedenti espressioni del suo interlocutore. Non v sarebbe, quindi, alcuna traccia di un placet, anche in considerazione del fatto che t espressione sembrerebbe riferibile ad una approvazione per un qualcosa che era già avvenuto mentre l’incontro con il COGNOME doveva ancora intervenire.
Il COGNOME, pertanto, non avrebbe rafforzato in alcun modo la condotta dello COGNOME né gl avrebbe suggerito di tenere un comportamento minaccioso nei confronti del COGNOME con conseguente manifesta illogicità della motivazione.
La difesa ha, inoltre, rimarcato che le due telefonate intercorse tra COGNOME e COGNOME successivo 15 febbraio, nel corso del quale il ricorrente si limita a dire “hai fatto ben conterrebbero alcun riferimento a condotte minatorie poste in essere da quest’ultimo ma ad una mera richiesta di avere un maggior numero di buoni per le consumazioni.
La motivazione sarebbe, infine, contraddittoria nella parte in cui viene affermata la valen intimidatoria delle frasi pronunciate dallo COGNOME senza tenere conto del fatto che lo stesso il COGNOME non sarebbero stati a conoscenza dell’accordo a ribasso raggiunto dal COGNOME, dal COGNOME e dal COGNOME in ordine ai voucher concessi agli ultras come ricompensa per l’attiv di controllo del chiosco sito all’interno dello stadio.
Lo COGNOME, ignaro di tale accordo, era quindi intenzionato ad una nuova negoziazione con il COGNOME rendendosi conto dello squilibrio contrattuale a sfavore dei tifosi, facendo leva s pacifica e riscontrata criticità dell’attività di controllo degli avventori affinché non si abusivamente delle consumazioni e, quindi, si sarebbe limitato a pronunciando la frase “tenere buoni i ragazzi della curva”, espressione che non contiene alcuna prospettazione di un male ingiusto con conseguente insussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione.
2.12. Con il dodicesimo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 192 cod. pr pen., 56 e 629 cod. pen. nonché assenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo M) dell’imputazione.
È stata, in particolare, eccepita l’assenza di motivazione in entrambi i gradi di giudiz ordine alla seconda condotta descritta nel capo B (“a non denunciare condotte estorsive poste in essere da COGNOME e da altri esponenti ultras”).
A giudizio della difesa gli elementi logico-fattuali posti a fondamento della deliberaz della Corte distrettuale (scelta del luogo dell’incontro con il COGNOME, riferimento alla del COGNOME, accenno alla possibilità di divulgare conversazioni private del COGNOME contenute i un faldone nella disponibilità del COGNOME) non sarebbero idonei a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione e, in particolare, a comprovare l’idoneità condotte del COGNOME a generare nel COGNOME un timore tale da coartarne la volontà, anche e soprattutto in considerazione delle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa, il quale riferito che “i toni sono sempre stati tranquilli e non ho subito nessuna minaccia. In pratica è trattato di una richiesta di interessamento” (vedi verbale di s.i.t. datato 08 luglio 2019) e che “i toni furono pacati, poi mi fermai a ragionare capii che non era casuale quindi non m sentii minacciato o comunque disturbato glielo posso garantire” (vedi deposizione resa all’udienza del 17 marzo 2021).
La motivazione sarebbe, pertanto, manifestamente illogica laddove afferma che il contesto in cui si è attuata la condotta del COGNOME “fosse stato intimidatorio e quindi il reato si sia perpetrato per tale motivo ed alla luce, quindi, di una visita al bar e di una digressione ne dalla richiesta di biglietti” (vedi pag. 57 del ricorso).
La Corte di merito, inoltre, avrebbe erroneamente considerato collegati la prospettazione della morte del COGNOME ed il riferimento al faldone, senza considerare che, dalla lett dell’imputazione, emergerebbe che tale ultimo argomento sarebbe riferito all’intento del COGNOME di non essere denunciato per estorsione e non per ottenere un maggior numero di biglietti per le trasferte della squadra con conseguente travisamento del fatto.
2.13. Con il tredicesimo motivo di impugnazione è stata eccepita l’apparenza della motivazione posta a fondamento del rigetto del motivo di appello con cui veniva chiesto i contenimento della misura del Daspo giudiziale.
La Corte distrettuale, a fronte della specifica indicazione delle doglianze descritte a pagg. e 19 dei motivi di appello, si sarebbe limitata a liquidare tali argomentazioni affermando c la richiesta deve essere respinta per la gravità dei fatti oggetto di giudizio.
NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, propone ricorso avverso la sentenza con cui è stato ritenuto responsabile dei reati di associazione a delinquere, violenza privata ed estorsione aggravata di cui ai capi A), D) e G) e per l’effetto è stato condannato alla pena anni 4, mesi 7 di reclusione e 1.350,00 di multa.
I motivi di impugnazione dedotti dal Cava sono del tutto sovrapponibili con i motivi prim secondo, terzo, quarto, sesto, nono, decimo e tredicesimo del ricorso proposto dal COGNOME, i quanto fondati su argomentazioni identiche a quelle prospettate da quest’ultimo che si intendono qui integralmente riportate per evitare inutili ripetizioni.
NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, propone ricorso avverso la sentenza con cui è stato ritenuto responsabile dei reati di associazione a delinquere, violenza privata estorsione aggravata di cui ai capi A), B), C), D) e G) e per l’effetto è stato condannato pena di anni 4, mesi 6 di reclusione e 1.350,00 di multa.
4.1. Con il primo motivo del ricorso è stata eccepita violazione degli artt. 192, 603 cod. p pen., 110, 629 cod. pen., travisamento della prova nonché insufficienza e contraddittoriet della motivazione in ordine alla penale responsabilità del ricorrente in relazione all’estorsio cui al capo A).
4.1.1. La Corte distrettuale avrebbe ribaltato la sentenza assolutoria pronunciata Tribunale, con percorso argomentativo deduttivo e privo di riscontri fattuali oggettivi, fon esclusivamente sulla deposizione della persona offesa NOME COGNOME e degli ufficiali di pol giudiziaria NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali avrebbero espresso le loro personali convinzioni sul fenomeno “ultras” piuttosto che riferire in ordine ai fatti contestati agli i
4.1.2. I giudici di appello avrebbero erroneamente affermato che la richiesta di acquisto biglietti per le trasferte della Juventus, avanzata nel corso dell’incontro del 7 giugno sarebbe stata accettata a seguito della pressione estorsiva subita dal Pairetto, senza tener conto del contenuto della trascrizione della registrazione di tale incontro.
Secondo la difesa, l’esame dei dialoghi intercettati dimostrerebbe, infatti, che l’argome “biglietti per le trasferte” sarebbe stato “escluso” dall’oggetto della discussione, an soprattutto perché lo stesso COGNOME nel corso dell’incontro avrebbe prospettato l’intenzion continuare a garantire il rispetto della consolidata prassi “dei biglietti direttamente acq dalla Juventus” e poi acquistati dai tifosi dietro pagamento dell’intero prezzo (vedi pag. 5 ricorso).
È stato, inoltre, eccepito che la Corte territoriale, affermando che l’intenzione della Juv di rinnegare la prassi di consegnare ai gruppi ultrà i biglietti per le trasferte all’este sarebbe realizzata “in un colpo solo” solo “per il timore delle reazioni” dei tifosi (vedi p della sentenza impugnata) avrebbe travisato l’esame del Pairetto svolto dal Pubblico Ministero all’udienza del 3 marzo 2021 nella parte in cui il teste avrebbe riferito che, a seguito protesta attuata dal gruppo ultrà Viking, la Juventus avrebbe deciso di assegnare i biglietti le partite internazionali riservati alla società ospitata come da regolamento Uefa ai Club e gruppi Ultrà -dietro pagamento del prezzo, indicazione delle generalità e dei dati de trasferta- al fine di monitorarne gli spostamenti, migliorare l’organizzazione della trasfert gestione virtuosa dell’evento nonché di avere la certezza che la “componente ultras fosse all’interno del settore ospiti” (vedi pag. 9 del ricorso).
Ne consegue che la società non avrebbe avuto alcun interesse a rifiutare la richiesta degl ultrà di vendere loro, senza tariffe agevolate, una parte dei biglietti destinate alla sq ospite in occasione delle trasferte internazionali.
Il ricorrente ha, inoltre, denunciato l’erroneità dell’affermazione secondo cui gli imp avrebbero ottenuto, con modalità estorsive, 300 biglietti cumulativi, affermazione smentita quanto dichiarato dallo stesso COGNOME il quale avrebbe riferito che la Juventus determinava volta in volta quanti biglietti assegnare ai gruppi ultrà, senza garantire un numero determin di tagliandi, numero la cui individuazione era rimessa alla discrezionalità del COGNOME st (come peraltro accaduto in occasione delle partite Fiorentina-Juventus e Young BoysJuventus).
I giudici di appello avrebbero, inoltre, ignorato le intercettazioni nn. 1017-1018 e 1019 23 agosto 2018 nonché 8280 del 23 agosto 2018, captazioni che dimostrerebbero che il Cava, in occasione della prima trasferta successiva all’incontro del 21 giugno 2018, si sarebbe rivo direttamente alla società Parma per ottenere i biglietti per il gruppo ultrà dei Dr comportamento che induceva il COGNOME dapprima a rimproverare il Cava -non potendo il Parma soddisfare tale richiesta in quanto vietata dalla normativa vigente- ed in seguito chiedergli di “mandargli la lista delle persona che hanno bisogno del biglietto” (vedi pag. 12 ricorso).
Il contenuto di tali conversazioni dimostrerebbe la contraddittorietà della motivazione considerazione della manifesta illogicità di una ricostruzione secondo cui i gruppi ul avrebbero illecitamente ottenuto la concessione di 300 biglietti per le partite fuori casa, pe rivolgersi alla squadra ospitante della prima trasferta successiva alla consumazione di ta estorsiva al fine di ottenere i biglietti della partita Parma-Juventus.
Lo stesso COGNOME avrebbe riferito, nel corso della sua deposizione, che la concessione de biglietti da parte della società, non solo era una prassi invalsa mai messa in discussione da Juventus, ma addirittura costituiva l’unico mezzo per gli ultras bianconeri di procurar biglietti per le partite fuori casa e per le competizioni Uefa.
4.1.3. La Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto di non procedere ad un nuovo esame delle persone offese COGNOME e COGNOME in considerazione del fatto che l’appell proposto dal Pubblico ministero “non verterebbe su una valutazione del contributo dichiarativo dei testi chiave del procedimento, la cui attendibilità sarebbe comunque stata certificata Tribunale”; i giudici di appello non avrebbero considerato la valenza probatoria fondamentale per l’accertamento dei fatti delle dichiarazioni rese dalle persone offese, dichiarazioni pos fondamento della pronuncia assolutoria emessa dal Tribunale di Torino
La Corte d’appello si sarebbe limitata ad affermare che la Juventus avrebbe voluto “tagliare tutto” fin dal 2016 ma il timore delle reazioni degli interessati non aveva consentit procedere in un “colpo solo”, così travisando il significato della dichiarazione resa dal Paire quale avrebbe invece spiegato che, fin dall’anno 2013, venivano concesse agevolazioni ai tifosi nell’ambito di un progetto di progressiva fidelizzazione, facendo entrare gli striscionisti c tagliando gratuito o in alternativa concedendogli la possibilità di acquistare dei tagliandi da quelli che erano i circuiti classici di biglietteria. Il COGNOME, peraltro, avrebbe chiari
meccanismo, non costituiva un’agevolazione, ma un sistema predisposto al fine di realizzare una gestione virtuosa dell’evento ed agevolare l’attività di controllo e vigilanza della Quest
4.1.4. La difesa ha rimarcato che la condotta estorsiva ipotizzata si sarebbe consumata i data 23 giugno 2018 nel momento in cui il Pairetto avrebbe confermato la disponibilità dei 3 biglietti per le partite fuori casa e per le competizioni Uefa, senza potersi consider condotta estorsiva protratta per tutta la stagione 2018/2019; i giudici di appello avreb erroneamente confuso il momento della coartazione del soggetto passivo con il momento in cui la persona offesa avrebbe subito il pregiudizio patrimoniale (individuato nella lesione d libertà contrattuale) consistito nella vendita dei biglietti agli ultrà piuttosto che mercato.
A ciò conseguirebbe l’estraneità del ricorrente a tali condotte estorsive, non avendo il Ge partecipato a nessuno degli episodi svoltisi in data 7, 15 e 21 giugno 2018 descritti nel c A); l’esame del Pairetto dimostra, infatti, che solo nel novembre 2018 il Cava disse allo S della Juventus che il Genre sarebbe stato, in futuro, il nuovo referente per tali vicende non di aver contattato telefonicamente il ricorrente, il quale gli rispose di non sapere nulla in al fatto che si sarebbe dovuto occupare dell’approvvigionamento dei biglietti.
La motivazione sarebbe, peraltro, priva di alcuna argomentazione in ordine al contribut casuale fornito dal Genre nella commissione del reato di estorsione, limitandosi i giudic appello ad indicare il ricorrente come uomo di fiducia del COGNOME, rivestendo il ruol rappresentante dei Drughi allo stadio e fornendo un decisivo contributo causale per l’attuazio dell’intimidazione alla società tramite lo sciopero del tifo e l’intonazione di cori intimi lui autorizzati, ritenendo, con argomentazioni generiche, irrilevante la circostanza comprov dalla difesa secondo cui il Genre, in occasione della partita del 29 settembre 2018, quan vennero intonati i cori che costarono alla Juventus la chiusura della curva sud per due giorn di campionato e l’erogazione di multe, si trovasse a Gubbio e non allo stadio di Torino.
Tali condotte, in ogni caso, non sarebbero in alcun modo riconducibili al reato di estorsi tentata relativa ai 25 abbonamenti per gli striscionisti, in quanto tale condotta si sa esaurita definitivamente il 21 giugno 2018, con conseguente irrilevanza delle condott successive addebitate al Genre ed esplicitatesi, a seguito della riunione tra gruppi u avvenuta nel novembre 20218, in azioni di prevaricazione sugli altri tifosi in curva, affissi scritte oltraggiose e discriminatorie in luoghi pubblici, sciopero del tifo, contestazion squadra nonché intonazioni di cuore discriminatori e denigratori all’interno dello stadio.
4.1.5. La motivazione sarebbe carente laddove i giudici di appello non avrebbero valutato i alcun modo alcuni degli specifici motivi di gravame contenuti nell’atto di appello.
In primo luogo, era stata evidenziata la carenza di prova in ordine al ritenuto ruol raccordo tra gli imputati e gli altri ultras svolto dal Genre nonché di “controllore” dell colui a cui bisognava rivolgersi per “correggere” i comportamenti dei tifosi. In particola difesa ha rimarcato che i giudici di merito non avrebbero considerato le dichiarazioni con
NOME COGNOME avrebbe escluso di aver ricevuto ordini o direttive dal Genre, indicato co soggetto con cui collaborava per l’organizzazione delle coreografie della curva e che dichiarazioni rese dal ricorrente sarebbero state ritenute inattendibili con argomentaz generiche ed apodittiche.
4.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 192 cod. proc. e 110 cod. pe travisamento della prova nonché insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordi alla penale responsabilità del ricorrente in relazione all’estorsione di cui al capo B).
A giudizio del ricorrente, la conversazione intercettata in data 7 novembre 2018 ch secondo i giudici di appello, smentirebbe quanto sostenuto dal Genre in relazione alla ragio per la quale in occasione dell’incontro tra la 3uventus e il Manchester United non fu esposto striscione con la scritta “solo per la maglia”, riporterebbe semplicemente un sentito dire.
È stato inoltre segnalato che la tentata estorsione si sarebbe consumata -in occasione degl incontri del 6 e 7 novembre 2018- con il rifiuto irrevocabile del Pairetto di aggiungere ult tre biglietti a quelli previsti per l’incontro Juventus-Manchester United, con consegu irrilevanza delle condotte successive attribuite al Genre ed in particolare della manc esposizione del già citato striscione.
A giudizio della difesa ma sarebbe del tutto illogico che, a fronte dell’indisponibilità di biglietti, COGNOME abbia incaricato COGNOME di minacciare pesanti ritorsioni al COGNOME se tre biglietti non fossero stati concessi.
Mancherebbe alcun riscontro oggettivo che consenta di ritenere provato che il Genre sapesse di cosa COGNOME volesse parlare con la persona offesa all’incontro del 7 novembre 2018, inoltre il ricorrente non sarebbe stato nelle condizioni ascoltare la conversazione due perché non si trovava a pochi passi da loro, come apoditticamente affermato in sentenza, ma alla distanza di ben 20 metri dai due interlocutori, dato che emergerebb inequivocabilmente dall’annotazione redatta dal sovrintendente capo NOME COGNOME in data 8 novembre 2018 nonché dalla deposizione dibattimentale dello stesso COGNOME e che sarebbe stato del tutto ignorato dai giudici dell’appello nonostante la presenza di uno specifico mo di gravame.
La motivazione sarebbe carente in ordine al secondo episodio di tentata estorsione avvenuto il 13 novembre 2018 in occasione del quale lo COGNOME, a fronte del diniego di aumentare fin a 200 il numero dei biglietti previsti per i Drughi per l’incontro contro la squadra dello Boys a Berna, avrebbe minacciato il Pairetto che i Drughi -senza biglietto- si sarebbe presentati allo stadio per tentare di entrare comunque nell’impianto, aggiungendo la frase vedremo che cosa succederà”.
La difesa ha affermato in proposito, che la conclusione secondo cui tale comportamento si sarebbe tradotto in azioni di disturbo che avrebbero creato problemi di ordine pubblico sarebbero costate sanzioni alla Juventus è del tutto congetturale, non essendo stat
prospettata dallo COGNOME al Pairetto ma desunta a posteriori dal Pairetto dagli accadimen effettivamente verificatisi.
La Corte di merito avrebbe, inoltre, travisato le dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME parte in cui lo stesso Assistente Capo della Polizia di Stato avrebbe affermato che i problemi ordine pubblico in occasione della partita svoltasi a Berna sarebbero stati provocati d sezione Svizzera dei Drughi mentre il Genre avrebbe, in tale occasione, tenuto u comportamento pienamente collaborativo.
I giudici di appello avrebbero ritenuto irrilevante e neutra tale circostanz argomentazioni che sostanzialmente travisano il narrato del COGNOME, non solo per la mancanza di qualunque riscontro che la sezione Svizzera dei Drughi fosse complice con quella torinese ma anche e soprattutto per la presenza della testimonianza del COGNOME, il quale avrebb dichiarato che la responsabilità dei disordini fu dei tifosi svizzeri mentre il Genre a collaborato per il ristabilimento dell’ordine pubblico e non certo, come erroneamente indicat pagina 49 della sentenza “per contribuire a dar conto ex post della serietà e della concrete delle minacce di COGNOME“.
Il travisamento della prova si estenderebbe anche alla mancata considerazione di quanto affermato dal teste COGNOME nel corso della conversazione telefonica n. 9873 del 14 dicemb 2018 in relazione al fatto che i disordini furono creati dai Drughi svizzeri e non da torinesi.
Infine, la Corte distrettuale non avrebbe considerato un’altra importante conversazio telefonica intrattenuta dal COGNOME con il ricorrente (n. 9332 del 4 dicembre 2018) nel della quale il dirigente della Juventus, con tono di comando imperioso, avrebbe ordinato Genre di chiamare NOME COGNOME, responsabile dei Drughi svizzeri, per dirgli che sarebbero stati tolti anche i 18 biglietti che erano stati riservati loro come ritorsione per il f sarebbero lamentati con la squadra degli Young Boys di aver avuto pochi biglietti dal Juventus. Tale conversazione dimostrerebbe il comportamento ubbidiente tenuto dal Genre, comportamento logicamente incompatibile con l’ipotizzato intento estorsivo asseritamente manifestato venti giorni prima in occasione dell’incontro del 13 novembre 2018.
4.3. Con il terzo motivo si eccepisce violazione degli artt. 192 cod. proc. e 110 cod. travisamento della prova nonché insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordi alla penale responsabilità del ricorrente in relazione all’estorsione di cui al capo C).
La difesa ha evidenziato che le dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME collaborato del COGNOME presente all’incontro del 18 marzo 2019, non smentirebbero le dichiarazioni con c COGNOME avrebbe riferito di aver più volte intimato alla persona offesa di riferire il conten loro colloquio al Presidente COGNOME; inoltre COGNOME avrebbe precisato di non a direttamente sentito COGNOME pronunciare la frase “noi ci ricordiamo tutto di quando COGNOME e COGNOME hanno incontrato la famiglia COGNOME a Napoli e per questo saremo noi a
chiamare Report, così rompiamo il culo” ma di averne avuto conoscenza da parte del Pairetto dopo circa una settimana dall’incontro.
I giudici di appello si sarebbero, inoltre, limitati a reiterare le scarne argomentazioni sentenza di primo grado relative al coinvolgimento nella vicenda del Genre, senza adeguatamente confutare le doglianze contenute nell’atto di gravame (inconsapevolezza del ricorrente della volontà dello COGNOME di proferire richieste estorsive in danno del Paire repentina decisione dello COGNOME di appartarsi con la persona offesa).
4.4. Con il quarto motivo si eccepisce violazione degli artt. 192 cod. proc. e 110 cod. pe travisamento della prova nonché insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordin alla penale responsabilità del ricorrente in relazione alla violenza privata di cui al capo D).
La Corte distrettuale non avrebbe adeguatamente argomentato in ordine al motivo di appello con cui la difesa evidenziava la genericità del capo di imputazione in ordine a condotte concorsuali che il Genre avrebbe posto in essere, rimarcando in particolare che al ricorrente non sarebbe stata attribuita alcuna specifica condotta materiale e che in nessun intercettazione sarebbe presente un indicazione o una direttiva del Genre volta ad impedire a tifosi di sostenere la squadra ovvero una immagine che ritragga l’imputato sbracciarsi pe intimare il silenzio ai tifosi.
È stato, inoltre, affermato che il teste COGNOME si sarebbe limitato a dichiarare che il G era il suo referente in curva per conto dei COGNOME in relazione a quali cori intonare, senza riferire che il ricorrente abbia mai impedito ai tifosi di cantare o esultare ovvero che lo st abbia mai incaricato di intimare il silenzio agli altri tifosi.
La responsabilità del Genre sarebbe fondata su un sillogismo indimostrato secondo cui la mera partecipazione del ricorrente allo sciopero del tifo e la sua vicinanza al COGNOME dimostrerebbero che il Genre avrebbe dato l’ordine ai tifosi di non tifare la propria squad dalla ritenuta partecipazione all’associazione a delinquere verrebbe, pertanto, dedotta partecipazione al reato fine, senza indicare le specifiche condotte sussumibili a titol concorso morale o materiale.
4.5. Con il quinto motivo si eccepisce violazione degli artt. 192 cod. proc. e 110 cod. p travisamento della prova nonché insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordin alla penale responsabilità del ricorrente in relazione al reato di associazione a delinquere di al capo G).
Il percorso logico deduttivo del giudizio di colpevolezza sarebbe fondato su una petizione d principio che renderebbe la motivazione contraddittoria e certamente insufficiente.
L’attribuzione del ruolo di collaboratore del COGNOME nella gestione dell’attiv bagarinaggio sarebbe, peraltro, frutto di un evidente travisamento della conversazione telefonica numero 193 del 29 agosto 2019 intervenuta tra il Genre e COGNOME nel corso della quale gli interlocutori parlano dell’organizzazione della trasferta a Firenze. A giudizio
difesa, il tenore stesso della conversazione dimostrerebbe come il colloquio tra gli imputati avesse ad oggetto un’attività di bagarinaggio, ma una semplice e del tutto lecita ripartizi dei costi della trasferta.
Allo stesso modo non si potrebbe considerare illecita la richiesta dell’associazione dei RAGIONE_SOCIALE di domandare ai propri affiliati di sottoscrivere una tessera dietro versamento di un impo annuo di 40 C, importo che non era chiesto per poter avere i biglietti ma per far pa dell’associazione, tanto è vero che i biglietti venivano poi distribuiti anche a non apparte ai Drughi, anche se ad un prezzo maggiorato rispetto a quello praticato agli associati stante mancata partecipazione all’attività di sostegno dell’associazione.
Non sussisterebbe, inoltre, alcuna prova degli ingenti guadagni che i giudici di merito han ritenuto derivassero dalla gestione dei biglietti, guadagni definiti elevati e quind appetibili da indurre gli imputati a realizzare condotte estorsive.
NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, propone ricorso avverso la sentenza con cui è stato ritenuto responsabile del reato di estorsione aggravata di cui al capo A) e l’effetto è stato condannato alla pena di anni 3, mesi 11 di reclusione e 900,00 di multa.
5.1. Con il primo motivo del ricorso è stata eccepita violazione degli artt. 192, 530, 546 cod. proc. pen., 110, 112, 81, 56, 629 cod. pen. nonché manifesta illogicità contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di estorsione consuma e tentata di cui al capo A).
La difesa ha affermato che i 25 abbonamenti di cui al capo di imputazione sarebbero stati offerti dal COGNOME per risolvere il problema dell’accesso allo stadio dei cd. striscio emessi a prezzo pieno e, quindi, senza alcun tipo di agevolazione -come peraltro riferito da teste COGNOME della Digos ed affermato nella sentenza di primo grado-; di conseguenza il Tribunale avrebbe correttamente ritenuto insussistente il reato di estorsione mancando la prova della riconducibilità di tale offerta a condotte estorsive poste in essere dagli imputat
Secondo il primo giudice, infatti, la proposta del COGNOME sarebbe avvenuta prima d momenti di tensione con gli ultrà, affermazione che troverebbe fondamento nella trascrizione della registrazione effettuata in occasione dell’incontro del 21 giugno 2018; i giudici di app senza argomentare sul punto, non si confronterebbero con quanto dichiarato dal COGNOME nel corso di tale incontro, facendo esclusivo riferimento ad un generico clima di intimidazione sarebbe stato sottoposto il dirigente juventino, clima che non sarebbe stato correttament valutato dal Tribunale.
La difesa ha, inoltre, rimarcato che la mera presenza del COGNOME all’incontro del 7 giug 2018 non sarebbe circostanza idonea a dimostrarne la partecipazione al contestato episodio estorsivo, come peraltro affermato dalla stessa Corte territoriale in relazione alla posizio un altro soggetto (vedi pag. 56 della sentenza impugnata). È stato, altresì, evidenziato ch
COGNOME era stato convocato dal COGNOME e che lo stesso non era portatore di alcuna forz intimidatrice.
5.1.1. La difesa ha evidenziato che la Juventus non avrebbe in alcun caso potuto ottenere un guadagno dalla vendita dei biglietti per le partite in trasferta e che -come afferma pagina 46 della sentenza di primo grado- l’aumento dei prezzi dei tagliandi per le competizio in trasferta non era imputabile alla Juventus con conseguente insussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione consumata.
In particolare, non si sarebbe perfezionato alcun danno alla Juventus in quanto gli intr della vendita di tali biglietti non sarebbe appannaggio della società ospitata ed il pr conseguito dalla rivendita con ricarico costituirebbe negozio diverso cui la società calci sarebbe del tutto estranea con conseguente travisamento della prova.
5.1.2. La motivazione sarebbe palesemente illogica nella parte in cui si afferma che tutte prassi adottate negli anni dalla Juventus sarebbero illecite perché in violazione dell’art. 8 legge 41/2007 e che, di conseguenza, il dirigente NOME COGNOME avrebbe consentito alla società di non adempiere alle prescrizioni di legge.
La Corte di appello avrebbe ignorato, in ordine alla dazione di biglietti a soggetti destin di COGNOME, che tali soggetti, come riferito dal teste COGNOME, non possono in alcun mod accedere all’interno dello stadio.
5.1.3. Entrambi i giudici di merito avrebbero travisato le prove per non aver risposto a critiche contenute nell’atto di gravame relative a quanto riferito dal COGNOME e dal COGNOME ordine al ruolo svolto dal COGNOME.
I giudici di appello avrebbero erroneamente ignorato che, dopo la lettera del Questore de 17 aprile 2018, la Juventus avrebbe eccepito che la concessione di 25 biglietti per striscionisti non rappresenterebbe una indebita agevolazione ma il riconoscimento per l’attivi svolta in favore della squadra con conseguente travisamento della prova.
La Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che il COGNOME, in rappresentanza del Toia, avrebbe partecipato alla riunione di metà giugno, circostanza che troverebbe smentita i quanto affermato dal Tribunale a pag. 45 della sentenza laddove è precisato che il COGNOME avrebbe partecipato esclusivamente alla riunione dell’Il ottobre 2018 e dal contenuto del conversazione n. 2078 del 10 ottobre 2018 nel quale il predetto comunica al COGNOME di esser stato incaricato di partecipare all’incontro da NOME NOME
I giudici di appello avrebbero, inoltre, ignorato la deposizione del COGNOME nella par cui il funzionario della Digos affermerebbe che non si può definire ultras il gruppo presied dal COGNOME e la deposizione del COGNOME laddove lo stesso avrebbe confermato l’immutata stima nei confronti del ricorrente.
A giudizio della difesa la Corte distrettuale non si sarebbe confrontata adeguatamente con quanto argomentato nell’atto di appello in ordine al contenuto dell’intercettazione n. 4743,
captazione dimostrerebbe, infatti, la correttezza del COGNOME e la capacità dello stesso smorzare l’irrequietezza del Cava”; di conseguenza i giudici di appello avrebbero travisato ta intercettazione, affermando apoditticamente che il COGNOME avrebbe preso le parti degli ultras così disattendendo totalmente il devoluto in violazione dell’art. 546 cod. proc. pen.
La motivazione sarebbe del tutto erronea nella parte in cui si afferma che il COGNOME avreb partecipato a tutti gli incontri tra la società ed i gruppi ultras, prendendo le parti ultimi a dispetto della fiducia in lui riposta dallo SLO della Juventus, senza tenere conto c prove indicate nell’atto di appello (accordo del 18 settembre 2015, dichiarazioni rese COGNOME, COGNOME e COGNOME, conversazioni telefoniche intercettate) dimostrerebbero ch ricorrente sarebbe stato convocato proprio dal COGNOME e che gli stessi COGNOME e COGNOME no avrebbero apprezzato gli interventi del COGNOME (in particolare lo COGNOME, nel corso di conversazione con il COGNOME pronunciava la frase “quell’altro coglione di COGNOME, quello si togliere dai coglioni”.
Il ruolo del COGNOME sarebbe stato delineato proprio dal COGNOME che lo avrebbe indicato co “una persona con la quale potevamo interloquire e soprattutto ci dava una visione del mondo della tifoseria” e dal COGNOME che, a sua volta, lo avrebbe indicato come “una fi trasversale ai gruppi ultras e un interlocutore sia per la società sia, talvolta, per ufficio…il suo ruolo smussare”; dichiarazioni che sarebbero state ignorate dai giudici di ap con conseguente travisamento della prova.
5.2. Con il secondo motivo del ricorso è stata eccepita violazione degli artt. 603, 530, 5 cod. proc. pen. e 629 cod. pen. conseguente alla mancata rinnovazione dell’istruttori omissione che renderebbe iniqua la decisione di riforma in peius della sentenza di primo grado, assunta senza che il giudice dell’appello abbia avuto diretta percezione dei contributi cogni forniti dalle fonti orali.
La Corte di merito, inoltre, avrebbe “deprivato e mutilato i compendi probatori utilizzati dal primo giudice, cedendo a congetture o pervenendo ad una motivazione affetta da contraddittorietà manifesta, senza confrontarsi con l’argomentazione del Tribunale” e, in particolare, con quanto affermato nelle pagine 45, 60 e 61 della sentenza di primo grado con conseguente mancanza della necessaria motivazione rafforzata.
La motivazione sarebbe illogica e contraddittoria laddove l’imputato viene ritenu colpevole nonostante l’estraneità del Franzo alle condotte estorsive poste in essere dagli a imputati, l’irrilevanza della sua partecipazione agli incontri tra società ed i gruppi ultras l’assoluto disinteresse manifestato dal ricorrente per la concessione dei biglietti e abbonamenti siano manifesti.
Parimenti sarebbe stato indispensabile procedere ad un nuovo esame degli imputati, anche soprattutto in considerazione delle argomentazioni contenute nel gravame in ordine all’incontr tra il COGNOME ed i gruppi ultras avvenuto -a dire del Pairetto- tra il 13 ed il 15 giugn incontro in realtà mai avvenuto come desumibile dalle dichiarazioni del COGNOME e quanto
registrato in occasione dell’incontro del 21 giugno 2018; elementi di prova che smentiscono l confuso e contraddittorie dichiarazioni rese sul punto dal COGNOME.
5.3. Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 546 proc. pen.
Il ricorrente ha evidenziato che il dispositivo della sentenza di primo grado conti l’assoluzione degli imputati COGNOME, COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME in relazione al capo A) limitatamente alla fattispecie di estorsione consumata, senza alcun riferimento alla posizio del COGNOME con conseguente nullità della sentenza per mancanza o incompletezza del dispositivo.
È stato, quindi, ipotizzato che tale mancato riferimento al COGNOME in relazione al reat estorsione consumata di cui al capo A) potrebbe conseguire al convincimento del Tribunale che detto reato non sia stato contestato all’odierno ricorrente, tale affermazione trovereb fondamento nel fatto che, in occasione dell’interrogatorio di garanzia, il giudice per le ind preliminari avrebbe contestato al COGNOME la sola fattispecie di estorsione tentata e nel fatto il Tribunale “conferisce al COGNOME un ruolo soltanto in relazione alle richieste avanzate d COGNOME per il tramite di COGNOME a metà giugno 2018: 25 biglietti gratuiti per ciascun grupp partita, da destinare agli striscionisti, borsoni con materiale sportivo, inviti al istituzionali della Juventus” (vedi pag. 23 del ricorso), condotta questa riconducibile esclusivamente alla fattispecie tentata di cui al capo A.
NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, propone ricorso avverso la sentenza con cui è stato ritenuto responsabile del reato di estorsione aggravata di cui al capo A) e per l’eff è stato condannato alla pena di anni 4, mesi 3 di reclusione e 1.100,00 di multa.
6.1. Con il primo motivo del ricorso è stata eccepita violazione degli artt. 192, 530, 546 cod. proc. pen., 110, 112, 81, 56, 629 cod. pen. nonché manifesta illogicità contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di estorsione consuma e tentata di cui al capo A).
6.1.1. La difesa ha eccepito la mancanza di elementi probatori da cui desumere che soggetti destinatari di Daspo o condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive abbiano ricevuto sovvenzioni, contributi o facilitazioni dalla Juventus.
I 25 abbonamenti di cui al capo A) sarebbero stati offerti dal COGNOME per risolve problema dell’accesso allo stadio dei cd. striscionisti ed emessi a prezzo pieno e, quindi, sen alcun tipo di agevolazione -come peraltro riferito dal teste COGNOME della Digos ed affermato pag. 32 della sentenza di primo grado-; di conseguenza il Tribunale avrebbe correttamente ritenuto insussistente il reato di estorsione mancando la prova della riconducibilità di offerta a condotte estorsive poste in essere dagli imputati.
Secondo il primo giudice, la proposta del COGNOME sarebbe avvenuta prima dei momenti di tensione con gli ultrà, affermazione che troverebbe fondamento nella trascrizione dell registrazione effettuata in occasione dell’incontro del 21 giugno 2018; i giudici di app senza argomentare sul punto, non si confronterebbero con quanto dichiarato dal COGNOME nel corso di tale incontro, facendo esclusivo riferimento ad un generico clima di intimidazione c sarebbe stato sottoposto il COGNOME.
La Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che il COGNOME, in rappresentanza del Toia, avrebbe partecipato alla riunione di metà giugno, circostanza che troverebbe smentita i quanto affermato dal Tribunale a pag. 45 della sentenza laddove è precisato che il COGNOME avrebbe partecipato esclusivamente alla riunione dell’Il ottobre 2018.
6.1.2. La motivazione sarebbe palesemente illogica nella parte in cui si afferma che tutte prassi adottate dalla Juventus sarebbero illecite perché in violazione dell’art. 8 della 41/2007 e che, di conseguenza, il dirigente NOME COGNOME avrebbe consentito alla società d non adempiere alle prescrizioni di legge.
La Corte di appello ha ignorato, in ordine alla dazione di biglietti a soggetti destinat Daspo, che tali soggetti, come riferito dal teste COGNOME, non possono in alcun modo accedere all’interno dello stadio.
6.1.3. La difesa ha evidenziato che la Juventus non avrebbe in alcun caso potuto ottenere un guadagno dalla vendita dei biglietti per le partite in trasferta e che, come afferma pagina 46 della sentenza di primo grado- l’aumento dei prezzi dei tagliandi per le competizion in trasferta non era imputabile alla Juventus con conseguente insussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione consumata.
6.1.4. La Corte distrettuale avrebbe ignorato le doglianze difensive relative al reat estorsione tentata contestato alla lettera A) del capo di imputazione e travisato le p dichiarative con particolare riferimento a quanto riferito dal COGNOME, dal COGNOME e dallo COGNOME in ordine ai modi bruschi ed agli insulti proferiti dal COGNOME nei confronti del T conseguente manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui viene affermato che persona offesa versava in una condizione di soggezione nei confronti del ricorrente. Illogic ancora più evidente in considerazione del fatto che nei messaggi scambiatisi per tre anni tra COGNOME ed il COGNOME non si ravvisa alcuno “sgarbo” da parte di quest’ultimo (vedi pag. 9 ricorso).
I giudici di appello avrebbero inspiegabilmente trascurato quanto riferito dal COGNOME all’udienza del 10 marzo 2021 in ordine al fatto che l’espressione “ritorno ai vecchi metodi” rivolta a tutti e che il COGNOME non sarebbe mai stato da lui rimproverato per aver pronunc detta espressione.
La Corte di merito avrebbe, inoltre, ignorato che il contenuto delle conversazioni e d messaggi intercettati dimostrerebbe inequivocabilmente che il management della Juventus
aveva pieno e pacifico interesse ad avere il seguito dei tifosi nelle trasferte e che, a ta COGNOME in più occasioni si sarebbe determinato a contattare il Toia.
La motivazione sarebbe apparente nella parte in cui ignora -e così facendo travisacontenuto delle conversazioni intercettate nel corso delle quali il responsabile della sicu dello stadio COGNOME escluderebbe l’esistenza di situazioni di rischio e di pericolo conversazione in data 26 novembre 20218 tra i due dirigenti COGNOME e COGNOME nel cors della quale i due concorderebbero nel definire i comportamenti dei tifosi come “me provocazioni perché, secondo me hanno capito che è finita”, provocazioni peraltro a cui il T non avrebbe nemmeno partecipato.
6.1.5. La motivazione sarebbe apparente nella parte in cui è affermato, in modo del tut generico, che le difese non si sarebbero confrontate specificamente con le argomentazioni contenute da pag. 46 a pag. 58 della sentenza di primo grado. In proposito viene rilevato che Tribunale -a pag. 49- avrebbe affermato che il Toia, in occasioni dei dissidi tra gruppi avrebbe ritenuto sbagliato procedere allo sciopero del tifo per la mancata dazioni di bigliet parte della società, circostanza sicuramente idonea ad escludere la penale responsabilità d ricorrente in ordine al reato di tentata estorsione in esame.
6.2. Con il secondo motivo del ricorso è stata eccepita violazione degli artt. 603, 530, cod. proc. pen. e 629 cod. pen. conseguente alla mancata rinnovazione dell’istruttor dibattimentale, omissione che renderebbe iniqua la decisione di riforma in peius della senten di primo grado, assunta senza che il giudice dell’appello abbia avuto diretta percezione contributi cognitivi forniti dalle fonti orali.
La Corte di merito, inoltre, avrebbe “deprivato e mutilato i compendi probatori utilizzati da primo giudice, cedendo a congetture o pervenendo ad una motivazione affetta da contraddittorietà manifesta, senza confrontarsi con l’argomentazione del Tribunale” e, in particolare, con quanto affermato nelle pagine 49, 60 e 61 della sentenza di primo grado co conseguente mancanza della necessaria motivazione rafforzata.
La motivazione sarebbe illogica e contraddittoria laddove il COGNOME viene ritenuto colpevole del reato di estorsione consumata che del reato di estorsione tentata senza tenere conto d fatto che i 25 biglietti o abbonamenti costituirebbero l’unico mezzo per l’ingresso striscionisti e, quindi, l’unico bene oggetto delle condotte ipotizzate.
Il concorso del COGNOME nel reato sarebbe, inoltre, escluso dalla sua mancata partecipazione a condotte estorsive lamentate dal COGNOME e dalla sua contrarietà ad attuare il cd. scioper tifo.
Parimenti indispensabile sarebbe stato procedere ad un nuovo esame degli imputati, anche soprattutto in considerazione delle argomentazioni contenute nel gravame in ordine al ritenu inesistente incontro intercorso tra il 13 ed il 15 giugno 2018 ed alla mancata partecipazione
Toia a tale incontro, desumibile non solo dalle dichiarazioni del ricorrente ma anche da quant registrato nel corso dell’incontro del 21 giugno 2018.
In data 27 febbraio 2025 i difensori delle parti civili hanno depositato memoria conclusi con cui hanno chiesto il rigetto dei ricorsi proposti dagli imputati COGNOME COGNOME e COGNOME
In data 11 marzo 2025 i difensori di NOME COGNOME hanno depositato memoria con cui hanno insistito nei motivi di ricorso con particolare riguardo alla mancata rinnovazio dell’istruttoria dibattimentale ed alla carenza di motivazione rafforzata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Stante la complessità della vicenda oggetto di giudizio conviene sintetizzare, in esordi la ricostruzione dei fatti posta a fondamento della decisione oggetto di impugnazione.
1.1. I giudici di merito hanno evidenziato che, a decorrere dall’anno 2016, si è registra un significativo mutamento nei rapporti intercorrenti tra la società calcistica Juventus gruppi ultrà, a seguito dell’indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Tori denominata “Alto Piemonte” e delle conseguenti sanzioni irrogate alla Juventus dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio per i fatti emersi nell’ambito della predetta attiv investigativa.
Fino a tale epoca, la RAGIONE_SOCIALE aveva adottato una prassi consolidata consistente nella sistematica cessione di una consistente dotazione di titoli di accesso ai gruppi ultrà, in dero ai canali ordinari di distribuzione. In particolare, per ciascun incontro sportivo, venivano m a disposizione gratuitamente 25 tagliandi per ciascun sodalizio, destinati ai c.d. “striscioni ossia coloro incaricati dell’esposizione all’interno dell’impianto sportivo dei vessilli identi del rispettivo gruppo. Ulteriori quantitativi di biglietti venivano altresì forniti direttam ultrà dalla società, al di fuori dei circuiti ufficiali di biglietteria.
Tale prassi, in violazione delle disposizioni di legge e regolamentari in materia di vendita titoli di accesso agli eventi sportivi, veniva giustificata dalla società nell’ottica di un ritenuto funzionale alla prevenzione di comportamenti ostili o potenzialmente pregiudizievol per l’immagine societaria e per l’ordine pubblico.
Le sentenze di merito, peraltro, hanno evidenziato come soggetti legati alla criminalit organizzata di stampo mafioso – segnatamente alla ‘ndrangheta – abbiano approfittato di tale anomala prassi per inserirsi nel lucroso circuito del bagarinaggio.
A seguito degli esiti dell’indagine “Alto Piemonte”, la Juventus ha progressivamente modificato il proprio atteggiamento nei confronti delle frange del tifo organizzato, prevedend il venir meno delle agevolazioni precedentemente concesse, ad eccezione della fornitura di 25 biglietti gratuiti agli striscionisti. Per esigenze riconducibili alla salvaguardia de pubblico e alla tutela dell’immagine societaria, il management della Juventus optava per una
graduale riduzione dei benefici accordati ai gruppi ultrà, continuando a garantire -pe stagione 2017/2018- una quota di biglietti riservata ai gruppi ultrà per le partite in tras per quelle disputate all’estero, mediante il sistema delle c.d. “liste”.
Nello specifico, i club e i gruppi organizzati trasmettevano all’Ufficio competente l’e nominativo dei richiedenti, comprensivo di generalità anagrafiche, e la Juventus procedeva identificare personalmente ciascun beneficiario, apponendo su ciascun biglietto un’etichett non removibile recante il nominativo del destinatario e l’indicazione del gruppo appartenenza, provvedendo infine alla consegna immediatamente prima dell’incontro, previa identificazione. Tale procedura, pur configurando un’agevolazione rispetto ai canali ordina rispondeva a finalità di controllo e di prevenzione del fenomeno del bagarinaggi consentendo alla società di conoscere in anticipo l’identità, la collocazione e il numero sostenitori in trasferta.
1.2. Entrambe le sentenze di merito evidenziano che, in data 17 aprile 2018, il Questore d Torino intimava formalmente all’amministratore delegato della Juventus, l’immediata cessazione della prassi di assegnazione gratuita di biglietti agli striscionisti dei grupp ritenuta non conforme alla normativa vigente in materia di titoli di accesso agli ev sportivi. La società sportiva, temendo le proteste degli ultrà e le conseguenti poss ripercussioni sull’ordine pubblico, chiedeva e otteneva una dilazione nell’attuazione provvedimento, con decorrenza rinviata alla stagione successiva.
Di conseguenza, nel corso di un incontro svoltosi in data 7 giugno 2018, lo S.L.O. NOME COGNOME comunicava ai referenti dei principali gruppi ultrà (Tradizione, Nucleo, Viking, Dr nonché a NOME COGNOME (soggetto incaricato dell’organizzazione delle coreografie all’intern della curva sud dello Juventus Stadium) le richieste della Questura e la conseguente necessità di interrompere le prassi favorevoli adottate negli anni precedenti. I rappresentanti gruppi, oltre a manifestare la propria contrarietà, formulavano due richieste: la possibil procedere a cambi nominativi sugli abbonamenti e l’assegnazione, per ciascun incontro, di un quantitativo di biglietti acquistabili al di fuori dei normali canali di distribuzione. opposto da COGNOME a tali pretese suscitava una forte reazione negativa da parte d convenuti, determinando l’interruzione della riunione, senza che fosse raggiunta alcun intesa.
Nei giorni seguenti – segnatamente il 13 e il 15 giugno 2018 – NOME COGNOME contattava nuovamente COGNOME, sollecitando un incontro. In tale occasione, COGNOME riferiva l’esito di riunione svoltasi con la partecipazione dei referenti di tutti i principali gruppi ultrà “Drughi”, rappresentati da NOME COGNOME e NOME COGNOME. Nel riferire i contenu dell’incontro, COGNOME manifestava precise richieste provenienti dalla tifoseria organizzata la stagione entrante: biglietti gratuiti per gli striscionisti di ciascun gruppo, materiale (borse e divise), e inviti alle cerimonie istituzionali del club. COGNOME precisava c condizioni erano imposte, in particolare, da COGNOME il quale ne subordinava l’accettazione
mantenimento di relazioni collaborative, prospettando, in caso contrario, conseguenze pregiudizievoli per la società.
È stato, inoltre, rimarcato dai giudici di merito che, in data 21 giugno 2018, COGNOME teneva un nuovo incontro con i referenti dei principali gruppi ultrà, cui presero parte NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME. L’incontro si svolgeva in un’area attigua allo stad oggetto di videosorveglianza e, di conseguenza, l’intera conversazione veniva videoregistrata. Nel corso della riunione, COGNOME illustrava la soluzione proposta dalla società – non acc favorevolmente dai presenti – che consisteva nella possibilità per ciascun gruppo d acquistare 25 abbonamenti, a prezzo pieno, da destinare agli striscionisti non ancora muniti d titolo valido per l’accesso allo stadio. Secondo le dichiarazioni rese da COGNOME, tale prop fu avanzata al precipuo scopo di “risolvere il problema”, essendo state le pregresse richiest dei gruppi connotate da forte insistenza. La proposta fu accolta dai gruppi “Tradizione” “Nucleo”, ma categoricamente rifiutata dai “Drughi”.
1.3. Le reazioni dei gruppi ultrà alla nuova linea gestionale adottata dalla RAGIONE_SOCIALE non fecero attendere e, come evidenziato dai giudici di merito, si manifestarono attravers condotte volte a esercitare pressioni sulla società, al fine di ottenere il ripristin precedenti modalità di trattamento. In particolare, nei giorni immediatamente successiv all’avvio alla campagna abbonamenti per la stagione calcistica 2018/2019, venivano affissi, i diversi punti della città, numerosi striscioni recanti contenuti fortemente denigrato diffamatori nei confronti della società e della famiglia COGNOME, chiaramente riconducibili base delle conversazioni intercettate – all’iniziativa deliberata dei gruppi ultrà a segui rifiuto delle richieste prospettate alla dirigenza juventina. Contestualmente, gli stessi g comunicavano la volontà di disertare la presentazione ufficiale del calciatore NOME COGNOME e di astenersi dal presenziare a determinati eventi e incontri sportivi ritenuti di parti rilievo per l’immagine del club.
La Corte territoriale ha rimarcato, inoltre, che tali condotte non si esauriron manifestazioni meramente simboliche, ma trovarono attuazione concreta in quella che fu definita, anche nella narrativa mediatica, come una forma di “sciopero del tifo”. Tale forma protesta si protrasse in modo continuativo per l’intera stagione sportiva 2018/2019, con rar eccezioni, e fu attuata secondo modalità tali da estendersi coattivamente anche alla restante platea dei tifosi presenti allo stadio. In alcuni casi, tale silenzio organizzato fu inter cori connotati da evidente offensività e contenuto discriminatorio e razzista.
I giudici di merito hanno affermato, peraltro, che la riconducibilità di tali manifestazi forte dissenso ai gruppi ultrà ha trovato riscontro univoco nel contenuto delle conversazio captate nel corso delle attività tecniche di intercettazione, dalle quali emerge come i discriminatori non siano stati frutto di spontaneità collettiva, bensì accuratamente pianif dagli ultras e utilizzati come strumento di pressione nei confronti della società sport
Obiettivo di tale strategia intimidatoria era indurre la Juventus a rivedere le proprie sc ordine alla politica gestionale dei rapporti con la tifoseria organizzata.
Alla luce delle emergenze probatorie, i giudici di appello hanno ritenuto accertato ch sciopero del tifo abbia rappresentato una forma articolata di protesta collettiva, funziona esercitare una forma di coartazione morale e ambientale nei confronti della società protrattasi per tutta la stagione agonistica.
Con il progredire della stagione sportiva, all’interno della stessa tifoseria organi emersero divisioni e dissidi in merito alla prosecuzione della protesta, in particolare in d ottobre 2018, in occasione dell’incontro casalingo Juventus-Cagliari, veniva esposto nell curva sud uno striscione recante la scritta “solo per la maglia”, che segnava, nei fatti, prima attenuazione dello sciopero del tifo.
È stato, in proposito, evidenziato che, in data 22 ottobre 2018, andava in onda un puntata della trasmissione giornalistica “Report”, il cui contenuto – prima ancora della mes in onda – era stato in parte anticipato all’ambiente della tifoseria organizzata, determin nei gruppi ultrà la consapevolezza della rilevanza mediatica e giudiziaria della questione.
In tale contesto, i gruppi ultras decisero di sospendere temporaneamente la forma di protesta in atto. In particolare, la gara Juventus-Empoli del 30 marzo 2019 costituì il punt frattura tra il gruppo dei Drughi, determinati a proseguire nell’astensione dalle manifestaz di sostegno, e gli altri sodalizi, orientati invece verso la cessazione della protesta. Lo s del tifo proseguiva anche in occasione dell’incontro Juventus-Milan del 6 aprile 2019, termine del quale i gruppi “Tradizione” e quelli collocati nel primo anello comunicavano definitiva interruzione dell’astensione. Di contro, i “Drughi” adottarono da quel mome comportamenti non omogenei, modulando la partecipazione attiva o l’astensione in funzione della rilevanza e delle caratteristiche dei singoli eventi sportivi.
1.4. A giudizio della Corte territoriale, la condotta posta in essere dai gruppi ultrà no essere ricondotta ad una legittima forma di dissenso nei confronti dell’aumento dei prezz degli abbonamenti per la stagione 2017/2018, come sostenuto dalle difese dei ricorrenti. Invero, il c.d. “sciopero del tifo” non trova la sua effettiva ratio nel contestato rincaro di accesso – evocato strumentalmente quale mera giustificazione verso la restante parte dell tifoseria – bensì costituiva una forma di pressione organizzata volta ad ottenere dalla soci Juventus una sostanziale revisione della propria linea gestionale nei rapporti con la tifos organizzata, nella direzione di un ripristino dei privilegi e delle agevolazioni che NOME COGNOME aveva espressamente negato.
I giudici di meno, con percorso argomentativo privo di illogicità manifeste, hanno fonda tale ricostruzione sul contenuto di numerose conversazioni intercettate (espressamente richiamate nella sentenza di primo grado alle pagine da 47 a 50) dalle quali emerge la volont dei promotori dello sciopero di utilizzare la protesta quale strumento di coartazione confronti della dirigenza societaria.
Le plurime fonti dichiarative e documentali menzionate nelle sentenze di merito sono state inoltre, ritenute idonee a dimostrare che l’adesione allo sciopero dei tifosi “ordinari” no frutto di una libera e consapevole scelta individuale, bensì fu imposta dagli esponenti gruppi ultrà mediante condotte intimidatorie, seppur non sempre esplicitamente minacciose, comunque idonee a condizionare psicologicamente il comportamento degli altri tifosi, impedendo l’espressione spontanea del tifo.
L’ECCEPITA VIOLAZIONE DELL’ART. 603 COD. PROC. PEN.
Ciò premesso deve rilevarsi che il primo motivo dei ricorsi proposti da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché il secondo motivo dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME sono infondati in relazione all’eccepita violazione dell’art. 603 c proc. pen.
Il Collegio, preliminarmente, intende evidenziare che la rinnovazione dell’istruttor appello deve essere necessariamente disposta ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. esclusivamente qualora la deliberazione abbia od oggetto “motivi attinenti al valutazione della prova dichiarativa” e, quindi, sia quelli concernenti l’attendibil dichiaranti sia quelli che implicano una “diversa interpretazione” delle risultanze delle dichiarative.
Non sussiste, invece, l’obbligo di rinnovazione qualora il giudice di appello rifor sentenza assolutoria non già in base al diverso apprezzamento circa l’attendibilità di u prova dichiarativa, bensì nel caso di riforma basata su una diversa interpretazione del fattispecie concreta, alla luce della valutazione logica e complessiva dell’intero compen probatorio ovvero all’esito di una differente valutazione giuridica delle condotte attuate imputati (Sez. 5, n. 47833 del 21/06/2017, Terry, Rv. 273553 – 01; Sez. 5, n. 53210 de 19/10/2018, COGNOME, Rv. 275133 – 01; Sez. 3, n. 36905 del 13/10/2020, Vergine, Rv. 280448 – 01).
Nel caso di specie. la Corte territoriale ha evidenziato, con percorso argomentativo privo di vizi logici e giuridici, come l’appello del Pubblico ministero non avesse ad oggetto una div valutazione delle dichiarazioni rese dalle persone offese COGNOME e COGNOME con conseguente insussistenza dell’obbligo di rinnovazione previsto dall’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. p (vedi pag. 36 della sentenza oggetto di ricorso).
I giudici di appello, pertanto, hanno correttamente escluso di dover procedere al rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in quanto, incontestate l’attendibilità del dichiarative e l’interpretazione del loro narrato, hanno compiuto una rivalutazione logic globale del materiale probatorio, così pervenendo a una diversa interpretazione dell fattispecie concreta in contestazione e ravvisando gli elementi costitutivi del rea estorsione consumata di cui al capo A).
Tale deliberazione risulta pienamente in linea con la ricordata giurisprudenza della Corte d cassazione, la quale, come si è visto, esclude che sussista la già menzionata necessità nei casi in cui – come nella specie – la riforma in peius, da parte del giudice di appello, d sentenza assolutoria si fondi su una diversa interpretazione della vicenda storico-fattua oggetto di giudizio.
Peraltro, i giudici di appello, con motivazione esente da manifesta illogicità e congrua co le risultanze istruttorie, hanno illustrato le ragioni del rigetto della richiesta di rinn istruttoria alla luce della chiarezza del quadro probatorio già formatosi (vedi pag. 36 de sentenza impugnata).
In conclusione, deve affermarsi che nessuna violazione dell’obbligo di rinnovazione si è verificata, atteso che la pronuncia di secondo grado non è fondata su un diverso apprezzamento delle prove dichiarative, prove peraltro già ritenute decisive dal primo giudice, avendo la Corte solo valorizzato il complesso degli elementi storici e logici, che costituivano patrimonio conoscitivo acquisito al processo con conseguente infondatezza della censura difensiva.
I ricorrenti, d’altro canto, hanno proposto una interpretazione dell’art. 603, comma 3-bi cod. proc. pen. tanto lata da costringere il giudice di appello, in contrasto con quanto sop rilevato, a disporre la rinnovazione della prova dichiarativa in tutti i casi in cui «valutazione», anche se non difforme da quella operata dal primo giudice, conduca alla riforma in senso peggiorativo per l’imputato della sentenza di primo grado.
L’ATTENDIBILITA’ DELLE DICHIARAZIONI DI NOME
3. Il primo motivo dei ricorsi proposti da NOME COGNOME NOME Cava e NOME COGNOME è manifestamente infondato in relazione alla lamentata inattendibilità delle dichiarazioni re dalla persona offesa NOME COGNOME.
La versione dei fatti offerta dallo SLO della società Juventus risulta essere stata valutata giudici di appello in maniera logica, congrua e lineare, anche in considerazione della porta dei rimanenti elementi di prova che non hanno evidenziato alcun profilo di contrasto significativo con le dichiarazioni rese dalla persona offesa né alcun interesse all’accusa parte del COGNOME (vedi pagine 58 e 59 della sentenza di primo grado e pagine 38 e 39 della sentenza impugnata).
L’iter argomentativo appare esente da vizi logici, fondandosi su di una compiuta e logica analisi critica delle dichiarazioni del Pairetto in un organico quadro interpretativo, alla lu quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elem del requisito della gravità, univocità e coerenza, in quanto conducenti all’affermazione piena credibilità delle asserzioni della persona offesa.
I giudici di appello, al pari di quelli del Tribunale, hanno affermato la piena atten delle dichiarazioni della persona offesa in ordine al nucleo essenziale del thema probandum, non assumendo alcuna decisività le contraddizioni lamentate dalla difesa.
Deve essere, in proposito, ribadito che il solo fatto che le dichiarazioni rese dalla per offesa presentino fra loro divergenze e discrasie non è elemento di per sé idoneo a metterne in dubbio l’attendibilità intrinseca, allorquando, come nel caso di specie, attengano elementi di natura circostanziale e venga adeguatamente verificata la concordanza sul nucleo essenziale del narrato. Le Sezioni Unite hanno, in particolare, affermato che «la valutazio della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha u propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può esser rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in man contraddizioni» (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214; Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01), evenienza, quest’ultima, non ravvisabile nel caso d specie in quanto il percorso motivazionale in esame risulta fondato su argomentazioni prive d vizi logico-giuridici.
La testimonianza della persona offesa, al pari di qualsiasi altra testimonianza, è sorre infatti, da una presunzione di veridicità secondo la quale il giudice, pur essendo tenut valutarne criticamente il contenuto, verificandone l’attendibilità, non può assumere co base del proprio convincimento l’ipotesi che il teste riferisca scientemente il falso, salv sussistano specifici elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere, in assenza dei quali egli deve presumere che il dichiarante, fino a prova contraria, riferisca correttam quanto a sua effettiva conoscenza (vedi Sez. 6, n. 3041 del 03/10/2017, Giro, Rv. 272152 01; da ultimo Sez. 1, n. 5149 del 15/01/2025, COGNOME, non massimata).
L’impostazione della motivazione impugnata è rispettosa della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell’affermazione di penale responsabilità, previa verifica, corredata da idon motivazione, della credibilità soggettiva e dell’attendibilità intrinseca del racconto, vaglio dell’attendibilità del dichiarante più penetrante e rigoroso rispetto a quello generi vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale deposizione essere assunta da sola come fonte di prova unicamente se venga sottoposta a detto riscontro di credibilità, senza la necessità, però, della presenza di riscontri esterni, stabilita 192, comma 3, cod. proc. pen., per il dichiarante coinvolto nel fatto (Sez. 5, n. 21135 26/03/2019, S., Rv. 275312-01; Sez. 2, n. 41751 del 04/07/2018, dapraro, Rv. 27448901;).
Tuttavia -ed è proprio quello che il Tribunale ha fatto, a differenza di qu apoditticamente affermato dalla difesa- può essere opportuno procedere al riscontro di tal dichiarazioni con altri elementi. Nel caso di specie i giudici di merito, con motivaz esaustiva, articolata e fondata in modo logico sulle risultanze istruttorie, hanno indic adeguatamente valutato le prove (tra cui, in particolare, le intercettazioni telefonich
registrazione dell’incontro del 21 giugno 2018) che hanno fornito pieno riscontro al dichiarazioni accusatorie del COGNOME (vedi pagine da 9 a 17 della sentenza di primo grado pagine 3 e 4 della sentenza di appello).
Va, in conclusione, ricordato che non è compito del giudice di legittimità stabilire s decisione di merito proponga o meno la migliore ricostruzione dei fatti né condividerne l giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia, come nel caso specie, compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità apprezzamento.
La Corte di Cassazione, che è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non può, infatti, divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo s significato concreto di ciascun elemento probatorio, riservato al giudice di merito, essend consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicità dell motivazione (vedi Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, COGNOME, dep. 2021, Rv. 280601 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
IL REATO DI TENTATA ESTORSIONE DI CUI AL CAPO A)
Il quarto motivo dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché il primo motivo dei ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono aspecifici e non consentiti.
La sentenza di appello e quella di primo grado sono conformi in ordine alla ritenut sussistenza del reato di estorsione tentata di cui al capo A) – consistita nel compimento di a idonei diretti in modo non equivoco a costringere la Juventus Spa, nella persona dello RAGIONE_SOCIALE a concedere quale ingiusto profitto 25 biglietti gratuiti a partita per ogni grupp borsone con materiale sportivo per ogni gruppo almeno una volta all’anno ed inviti alle fest istituzionali della società per tutti i gruppi – con la conseguenza che le due sentenze di mer possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale ed essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza di appello a quella Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adotta medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri Rv. 257595, Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 – 01).
4.1. I giudici di merito, con motivazione pienamente conforme alle risultanze probatorie acquisite ed immune da vizi strutturali, contraddizioni interne e salti logici, hanno rimar come le condotte minacciose dettagliatamente descritte da NOME COGNOME e le indebite pressioni attuate attraverso lo sciopero del tifo fossero idonee e dirette in modo univoco costringere lo SLO della Juventus a concedere agevolazioni non dovute ai gruppi ultrà rappresentati dai ricorrenti (concessione di 25 biglietti gratuiti a partita, dazione annua un borsone con materiale sportivo, inviti alle feste istituzionali della società sportiv conseguente perfezione del reato di tentata estorsione in considerazione del mancato
accoglimento di tali illecite pretese da parte della persona offesa (vedi pagg. 45, 46, 47 59 e 60 della sentenza oggetto di ricorso e pagg. da 58 a 74 della sentenza di primo grado).
La Corte territoriale ha correttamente rilevato come NOME COGNOME si sia trovato a oper in un contesto connotato da una situazione di concreta e grave coartazione psicologica, determinata dall’azione intimidatrice sistematicamente attuata nel tempo dai ricorrenti stato, in particolare, evidenziato che il rifiuto, da parte del dirigente della Juventus, di alle pretese avanzate dai rappresentanti del gruppo ultras avrebbe comportato, con elevato grado di probabilità, l’attivazione di forme di ritorsione consistenti in atti di intimi discredito pubblico, tali da configurare una condotta idonea a perfezionare il reato di ten estorsione.
Tale conclusione trova solido riscontro nelle captazioni telefoniche e nelle dichiarazioni r dallo stesso COGNOME, dalle quali emerge in maniera inequivocabile il clima di costa intimidazione nel quale egli era costretto a operare nei rapporti con gli esponenti del organizzato.
Entrambi i giudici di merito, con iter argomentativo aderente alle risultanze istrut acquisite, caratterizzato da coerenza logica giuridica e immune da vizi di manifesta illogic contraddizioni interne o aporie motivazionali, hanno ritenuto che gli imputati abbiano agito modo sinergico e coordinato, attraverso una condotta strutturata e finalisticamente orienta all’ottenimento di indebiti vantaggi, mediante la sistematica compressione della libe decisionale del Pairetto. Tale strategia si è concretizzata in atti dimostrativi connotati marcata carica intimidatoria, quali l’esposizione di striscioni recanti insulti indir Presidente COGNOME, il deliberato ricorso allo “sciopero del tifo”, nonché l’intonazione offensivi, discriminatori e violenti, condotte tutte chiaramente finalizzate a fare pres sulla società per ottenere indebiti vantaggi con conseguente danno della stessa.
La Corte di appello ha sottolineato, in proposito, come risulti provato che le condo realizzate dai tifosi, in particolare i cori offensivi e discriminatori, abbiano com l’irrogazione di sanzioni amministrative in capo alla società Juventus, con conseguente danno patrimoniale a carico della stessa, ad ulteriore conferma dell’effettiva capacità lesiva condotta tenuta dai ricorrenti e della concretezza delle loro minacce.
4.2. Le doglianze con cui le difese sostengono che il COGNOME ed il management della Juventus non sarebbero mai stati intimiditi dalle condotte dei ricorrenti e che le agevolaz in questione sarebbe state proposte dallo stesso SLO della società calcistica in attuazione un risalente progetto di progressiva fidelizzazione dei tifosi e di controllo delle attivit spostamenti dei gruppi ultras ideato dalla Juventus in sinergia con la Questura di Torino, ol ad essere frutto di una lettura parcellizzata delle risultanze probatorie e fondate sull consentita prospettazione di ricostruzioni logico-fattuali alternative, si pongono in contr con le attendibili dichiarazioni rese dal COGNOME e con l’inequivoco contenuto d conversazioni intercettate nel corso delle indagini.
I presunti travisamenti lamentati dalle difese si risolvono, in realtà, in una l frammentata e avulsa dal contesto complessivo degli elementi logico fattuali compiutamente analizzati e valorizzati dalla Corte territoriale. Tali rilievi difensivi, lungi dal conf effettivo travisamento dei fatti storici ovvero un’erronea valutazione delle prove assunte primo giudice, si concretano, piuttosto, nella prospettazione di una ricostruzione alternat della realtà processuale ovvero nella richiesta di una diversa e più dettagliata valorizzazio di elementi acquisiti nel corso del dibattimento.
Tale modalità argomentativa si pone, pertanto, al di fuori dei limiti del sindacat legittimità, non potendosi far valere in questa sede doglianze che, pur formalmente veicolate come censure di travisamento, si risolvono nella mera contrapposizione di una lettura alternativa delle risultanze processuali rispetto a quella effettuata in modo logicamen coerente e giuridicamente corretto dai giudici di merito.
In conclusione, deve essere affermato che il giudice dell’appello ha dato adeguato conto, con motivazione ampia e priva di errori logici o giuridici, della genesi e dell’evoluzione condotte estorsive attuate dai ricorrenti, valorizzando in modo congruo e non arbitrario g elementi probatori emersi nel corso del dibattimento e procedendo alla loro lettura in chiav unitaria, senza incorrere in indebite parcellizzazioni e senza trascurare elementi rilevant fini della decisione.
4.3. Entrambe le pronunce hanno, inoltre, correttamente indicato e valutato gli elementi probatori (tra tutti le dichiarazioni rese dalla persona offesa e le intercettazioni attestanti il coinvolgimento dei ricorrenti nella commissione delle condotte gravemente minatorie denunciate dal COGNOME.
Dalla disamina del compendio probatorio, correttamente valorizzato dai giudici di merito, è emersa in termini univoci e coerenti la posizione apicale ricoperta da NOME COGNOME all’interno del gruppo ultrà denominato “RAGIONE_SOCIALE“. In particolare, i giudici di merito h rimarcato come lo stesso abbia assunto le decisioni fondamentali in occasione di specifici momenti di frizione con la società sportiva Juventus, imponendo al gruppo una linea di condotta connotata da atteggiamenti di netta opposizione e protesta organizzata. Tale leadership si è estesa alla gestione complessiva dell’organizzazione nonché la conduzione delle attività illecite – in particolare la rivendita non autorizzata di titoli di ac bagarinaggio) – la quale costituiva la principale fonte di finanziamento del sodalizio.
È stato aggiunto che nessuna decisione rilevante veniva adottata dai membri del gruppo senza il preventivo assenso del Mocciola, la cui figura emerge quale riferimento indiscusso, come dimostrato dalle plurime occasioni in cui è stato colto nell’atto di impartire diretti vari affiliati, senza che queste fossero oggetto di discussione o confronto, ma, al contrar recepite ed eseguite in modo automatico.
Quanto a NOME COGNOME la Corte territoriale ha dato congrua evidenza alla sua partecipazione attiva nella strategia di pressione posta in essere nei confronti della soci
Juventus fino al momento della sua estromissione dal gruppo, disposta dallo stesso COGNOME. In particolare, il Cava, nel corso dell’incontro del 21 giugno 2018, ha paventato al Pair gravi conseguenze derivanti dall’interruzione delle agevolazioni concesse al gruppo, segnatamente in relazione agli ingressi gratuiti. Tali minacce si son successivamente concretizzate in atti che hanno comportato un effettivo danno economico per la società, come l’irrogazione di sanzioni pecuniarie connesse ai cori discriminatori intonati durant sospensione delle attività di tifo.
I giudici di merito, con motivazione coerente con le prove raccolte, hanno indicato NOME COGNOME come referente del gruppo dei Drughi all’interno dello stadio e, quindi, portatore di contributo determinante all’attuazione delle condotte intimidatorie attraverso lo sciopero tifo e l’autorizzazione all’intonazione di cori minacciosi, in conformità con la str deliberata dal vertice del sodalizio.
Riguardo alla posizione di NOME COGNOME è stato valorizzato il comportamento tenuto dallo stesso nel corso della riunione del 7 giugno 2018, allorché il ricorrente, assumendo u atteggiamento esplicitamente intimidatorio, ha pronunciato in presenza del Pairetto la fras “torneremo ai vecchi metodi”, dal chiaro significato allusivo, prontamente compreso dal destinatario come riferimento a forme di protesta aggressive e dannose che avrebbero investito l’immagine e gli interessi della società calcistica in caso di mancato accoglime delle illecite pretese avanzate dai rappresentanti dei gruppi ultrà.
La Corte distrettuale ha, infine, affermato che NOME COGNOME, pur non formalmente inserito tra i ranghi del tifo organizzato, ha fornito un significativo contributo funzion realizzazione delle condotte estorsive. È stato evidenziato, in particolare, che il ricorren preso parte attiva agli incontri tra i rappresentanti ultras e la dirigenza della Juv ponendosi costantemente a tutela delle pretese avanzate dai primi, in contrasto con i rapporto fiduciario in precedenza instaurato con NOME COGNOME. Dalle intercettazioni agli risulta come COGNOME adottasse l’uso della prima persona plurale, denotando una piena identificazione con il gruppo e con le sue istanze, nonché una consapevole adesione alla strategia di pressione, della quale si è fatto coordinatore e veicolo, riportando direttam alla società sportiva le richieste del COGNOME, e incitando gli altri coimputati alla compa nell’azione di protesta, così rafforzando il comune proposito criminoso.
I giudici di appello, fondando la condanna dei ricorrenti sulle sopraindicate argomentazion hanno di fatto dato seguito al principio di diritto secondo cui il contributo causa concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate rispetto alla condotta tip prevista dalla fattispecie incriminatrice, non solo in caso di concorso morale ma anche in cas di concorso materiale, allorché l’agente apporti un contributo funzionale alla realizzazi dell’evento delittuoso secondo un criterio di effettività dell’azione posta in essere (vedi 4, n. 1236 del 16/11/2017, COGNOME, Rv. 271755 – 01). In applicazione di tale principio può pertanto, affermarsi che qualunque condotta che abbia apportato un qualunque contributo
alla realizzazione al fatto-reato integra, come nel caso degli odierni ricorrenti partecipazione penalmente rilevante ex art. 110 cod. pen.
Le doglianze difensive in tema di responsabilità dei singoli ricorrenti si risolvon sostanza, in una critica di merito alla concorde ricostruzione fattuale operata dal Tribunal dalla Corte territoriale, fondata su una rilettura alternativa del compendio probatorio ch risolve nella sollecitazione di una rivalutazione del fatto non consentita in sede di legitti
4.4. In conclusione il percorso argonnentativo seguito dai giudici di merito si connota coerenza logica, completezza espositiva e corretto inquadramento giuridico dei dati fattuali, non risulta validamente scalfito dalle censure formulate nel ricorso, le quali si limitano, sostanza, a proporre una lettura frammentaria e atomistica degli elementi di prova già oggetto di puntuale e analitico scrutinio da parte della Corte territoriale, nel chiaro int attenuarne la portata dimostrativa e di svilire la pregnanza inferenziale delle valutaz operate.
LA VIOLAZIONE DELL’ART. 546 COD. PROC. PEN. ECCEPITA DA NOME COGNOME
Il terzo motivo di impugnazione dedotto da NOME COGNOME con cui viene eccepita la violazione dell’art. 546 cod. proc. pen. conseguente alla mancata indicazione del nominativo del COGNOME nella parte del dispositivo che prevede l’assoluzione degli imputati degli imputa COGNOME COGNOME e COGNOME relativamente alla fattispecie di estorsione consumata di cui al capo A), è infondato.
Deve, in proposito, osservarsi che l’omessa indicazione del nominativo dell’imputato COGNOME nel dispositivo della sentenza di primo grado deve essere qualificata come un mero errore materiale, insuscettibile di determinare la nullità della deliberazione giudiziale. Invero, motivazione della sentenza impugnata – alle pagine da 58 a 62 – risulta in modo inequivoco che il giudice di prime cure ha espressamente esaminato la posizione dell’odierno ricorrente, pervenendo a una condanna in ordine alla fattispecie di tentata estorsione di cui al capo A) e contestualmente, pronunciando l’assoluzione con riguardo alla diversa ipotesi di estorsione consumata.
In tal senso, si intende dare seguito al principio di diritto secondo cui l’errore mate contenuto nel dispositivo della sentenza, qualora risulti evidente ed agevolmente emendabile alla luce della motivazione, non determina nullità, purché non incida, come nel caso di specie, sull’effettivo contenuto della decisione e non pregiudichi il diritto di difesa. (Sez. 6, n del 01/03/2018, COGNOME, Rv. 273269 – 01; da ultimo Sez. 4, n. 37656 del 26/09/2024, Addis, non massimata).
Il Collegio, ritiene, infatti, condivisibile l’orientamento secondo cui, in caso di contra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quan immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va
contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dal motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritene errato il dispositivo o parte di esso (Sez. 2, n. 13904 del 09/03/2016, Palumbo, Rv. 266660 01; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano, Rv. 267082-01; Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, B., Rv. 275690-01; Sez. 2, Sentenza n. 35424 del 13/07/2022, COGNOME, Rv. 283516 – 01).
Nel caso di specie, tale ricostruzione trova conferma nell’atto di gravame del Pubblic Ministero, che ha espressamente inteso impugnare la statuizione assolutoria anche nei confronti dell’odierno ricorrente, muovendo dalla corretta considerazione che l’omessa menzione del Franzo nel dispositivo della sentenza di primo grado costituisse il frutto di mero lapsus calami, privo di incidenza invalidante sul contenuto sostanziale della decisione (vedi pag. 12 e pag. 34 dell’atto di appello datato 27 maggio 2022).
Ne consegue che, correttamente, il giudice di appello ha potuto conoscere e valutare nel merito la posizione del COGNOME anche in relazione alla statuizione assolutoria di primo gra per il reato di estorsione consumata.
LA VIOLAZIONE DELL’ART. 597 COD. PROC. PEN. ECCEPITA DA GERALDO MOCCIOLA
6. Il sesto motivo di impugnazione, con cui NOME COGNOME lamenta violazione dell’art 597 cod. proc. pen. conseguente al ribaltamento della sentenza assolutoria emessa dal Tribunale in relazione al reato di estorsione consumata di cui al capo A), è infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, deve escludersi che l’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero avesse un oggetto parziale e limitato rispetto al capo A) del rubrica. Dalla lettura coordinata dell’atto di appello – in particolare alle pagine da 12 a 34 del gravame datato 27 maggio 2022 – risulta con chiarezza che l’appello investiva anche la pronuncia assolutoria resa in primo grado nei confronti dell’imputato COGNOME in relazio alla fattispecie di estorsione consumata di cui al capo A), con specifico riferimento vicenda concernente la richiesta degli abbonamenti da riservarsi agli striscionisti del gru ultrà dei Drughi.
La prospettazione difensiva, che assume una pretesa mancata devoluzione alla Corte di appello di tale specifico segmento della condotta attribuita al COGNOME, risulta per infondata. Al contrario, risulta pienamente dimostrato che la Corte territoriale era correttamente investita della cognizione sull’intero ambito fattuale e giuridico inerente condotta estorsiva contestata, nella sua integralità, al COGNOME.
Ne discende la piena legittimità della pronuncia con cui i giudici di appello hanno riformato la decisione assolutoria del primo giudice, pervenendo alla condanna dell’imputato COGNOME in
relazione all’intera condotta descritta nel capo A), in quanto correttamente rientran nell’oggetto devoluto all’organo di secondo grado.
L’ECCEPITA VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE RAFFORZATA IN RELAZIONE ALLA CONDANNA PER IL REATO DI ESTORSIONE CONSUMATA DI CUI AL CAPO A)
Il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME ed il secondo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME con cui i ricorrenti eccepiscono la violazione dell’obbli di motivazione rafforzata a seguito del ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado, sono manifestamente infondati.
7.1. GLYPH Deve essere, preliminarmente, ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice di appello che riformi la decisione di p grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragioname probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione del sentenza di primo grado, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato.
In ipotesi di progressione processuale non conforme il giudice di appello, pertanto, h l’onere di motivazione rafforzata, assumendo carattere generale il principio della necessari ostensione di un percorso argomentativo dissenziente dotato di adeguata e maggiore persuasività (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679 – 01; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, COGNOME, Rv. 272430 – 01, Sez. U. n. 14426 del 2/04 2019, Pavan; Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, C).
Il collegio intende, peraltro, ribadire che l’obbligo di motivazione rinforzata ampl profondità del vizio di motivazione rilevabile in cassazione, ma non muta i termini del scrutinio demandato al giudice di legittimità: il ricorso non deve, quindi, riservare al giud legittimità una scelta valutativa tra le possibili letture alternative del fatto in maggiore plausibilità della semantica probatoria da privilegiare, compito di esclusiv pertinenza dei giudici del merito. Piuttosto, deve mirare ad evidenziare le ragioni in fo delle quali la decisione assunta, per la manifesta illogicità del percorso tracciato, travisamento del dato probatorio o per aver tralasciato aspetti valutativi decisivi d statuizione di primo grado, non possa ritenersi idonea a scalfire il giudizio di responsabi sempre alla luce della regola di cui all’art. 533, primo comma, cod. proc. pen. che dev imprescindibilmente sostenerlo.
7.2. Ciò premesso deve essere ricordato che il Tribunale aveva assolto NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di estorsione consumata di cui al capo A) con la formula “il fatto non sussiste”.
L’addebito, come già indicato, è relativo alla costrizione della società a concedere a imputati la possibilità di avere, fuori dai circuiti di vendita ufficiale, 25 abbona pagamento, intestati ai cosiddetti striscionisti e circa 300 tagliandi complessivi a pagament rivendibili a tariffe maggiorate – per le partite fuori casa e nelle competizioni di UEFA.
Il Tribunale, quanto all’offerta dì 25 abbonamenti a pagamento per ciascun gruppo ultrà, destinati ai c.d. “striscionisti”, aveva ritenuto che essa fosse iniziativa unilaterale di COGNOME, non sollecitata dai ricorrenti ma posta in essere nell’ottica di risolvere il pr dell’accesso allo stadio dei soggetti incaricati dell’affissione dei vessilli identificativi. proposito, sottolineato come tale proposta fosse stata prospettata in un precedente incontro con i rappresentanti del tifo organizzato, senza che fosse possibile stabilire se la rich fosse stata formalizzata prima o dopo le allusioni dei referenti dei gruppi ultrà a eventuale “ritorno ai vecchi metodi”.
Alla luce di tali circostanze, il primo giudice ha ritenuto carente la prova dell’esistenza nesso di causalità tra le condotte realizzate dagli imputati e la determinazione della soci Juventus ad offrire gli abbonamenti per gli striscionisti, escludendo -di conseguenzaconfigurabilità dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 629 cod. pen.
In relazione alla fornitura di biglietti a pagamento per le partite disputate fuori casa o competizioni UEFA, il Tribunale ha evidenziato come tale prassi costituisse consuetudine consolidata, mai ufficialmente interrotta dalla società né oggetto di revoca formale n confronti dei gruppi organizzati. Di conseguenza, non potendosi ritenersi provato che l dazione di tali titoli di accesso sia stata effetto diretto della complessiva condotta contestata agli imputati, è stata esclusa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato estorsione consumata anche in relazione a tale fattispecie.
7.3. La Corte territoriale ha riformato la pronuncia assolutoria resa in primo grado relazione all’ipotesi di estorsione consumata di cui al capo A), riconoscendo la responsabili degli odierni ricorrenti per l’ottenimento, al di fuori dei canali ufficiali, di titoli relativi alle partite disputate in trasferta e alle competizioni UEFA e di abbonamenti desti ai cd. striscionisti, benefici conseguiti in forza di condotte coattive, riconducibil strategia estorsiva articolata e deliberatamente pianificata, conseguente alla volon manifestata dal COGNOME di “privare il tifo organizzato di qualunque agevolazione” (vedi pag. 45 della sentenza impugnata).
I giudici di appello hanno correttamente ricostruito l’evoluzione dell’azione criminos partire dall’incontro del 7 giugno 2018, all’esito del quale -pur in assenza di una forma adesione da parte della società alle richieste formulate dagli ultras- NOME COGNOME, n tentativo di contenere la tensione e prevenire ulteriori reazioni, propose la riserva d abbonamenti a pagamento per ciascun gruppo ultrà, destinati agli striscionisti. Tale iniziati pur originata dalla volontà autonoma del dirigente juventino, secondo i giudici di appello de
essere valutata nel contesto di una condizione di coazione psicologica indotta dalle pressioni e dalle minacce subite nel corso della riunione con i referenti dei gruppi ultrà.
La comunicazione informale del contenuto dell’incontro agli esponenti degli altri gruppi ult suscitava la reazione del COGNOME, il quale si attivava per organizzare una riunione congiunt tra tutti i sodalizi della tifoseria organizzata al fine di concertare un’azione comu protesta,
I giudici di appello hanno evidenziato come tale pressione estorsiva si sia concretizzata i una campagna intimidatoria che ha incluso l’affissione di striscioni offensivi nei confronti presidente Agnelli, l’imposizione forzata dello sciopero del tifo – esteso coercitivamente a t i tifosi presenti in curva – e l’intonazione di cori discriminatori e violenti, come fo protesta organizzata.
La Corte territoriale, con percorso argomentativo coerente con le risultanze istruttor nonché privo di vizi logici e giuridici, ha rimarcato come le condotte ideate e poste in ess dai ricorrenti abbiano comportato una evidente lesione dell’autonomia contrattuale della società Juventus, costretta, per effetto delle prospettazioni intimidatorie, a derogare a normativa di settore e ad acconsentire alla consegna di biglietti per le trasferte in violaz della disciplina amministrativa vigente, con conseguente esposizione a perdite economiche “correlate alle sanzioni amministrative che vengono inflitte a titolo di responsabilità ogget (vedi pag. 45 della sentenza impugnata) ed un danno economico in quanto “gli abbonamenti per gli striscionisti venivano sottratti dalla vendita dei biglietti di ciascuna partita e numero totale di abbonamenti già emessi, con conseguente minore guadagno, stante il prezzo maggiore del biglietto di ingresso per ciascuna partita rispetto al prezz dell’abbonamento” (vedi pag. 46 della sentenza oggetto di ricorso) con conseguente sussistenza degli elementi costitutivi del reato consumato di estorsione.
La Corte territoriale, nel ribaltare la decisione del giudice di primo grado, compiutamente diffusa, con argomentazioni congrue e logiche, nella confutazione delle argomentazioni svolte dal Tribunale ed ha dimostrato puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza riformata; in particolare, i di appello hanno esposto in maniera puntuale le ragioni delle difformi conclusioni assunte, evidenziando, come la piattaforma probatoria consentisse di ritenere sussistenti gli element costitutivi del reato di estorsione consumata di cui capo A) in conformità dal paradigma normativo di riferimento.
La Corte distrettuale ha analiticamente scandito i segmenti logico-fattuali della complessiv vicenda oggetto di scrutinio con un percorso motivazionale convincente e privo di evidenti illogicità che ha indotto i giudici di appello a pervenire a conclusioni diverse da quell giudice di primo grado.
Attraverso una lettura sistematica e logicamente coerente delle risultanze istruttorie, Corte territoriale ha radicalmente confutato l’impianto argomentativo posta base della decisione resa dal Tribunale torinese, offrendo una diversa ricostruzione del fatto sorretta
un apparato motivazionale immune da vizi logici e giuridicamente corretto in quanto rispettoso del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, con conseguente manifest infondatezza della censura difensiva.
IL REATO DI ESTORSIONE CONSUMATA DI CUI AL CAPO A)
Il terzo motivo dedotto da NOME COGNOME il terzo motivo del ricorso proposto NOME COGNOME il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME il primo motivo dedotto d NOME COGNOME nonché il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME con cui i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza reato di estorsione consumata di cui al capo A), sono aspecifici.
8.1. In ordine alla completezza delle risultanze istruttorie, all’attendibili dichiarazioni rese dal COGNOME, riscontrate in modo puntuale dalle conversazioni intercetta all’idoneità delle complessive condotte minatorie a coartare la libertà morale del COGNOME e libertà negoziale della società Juventus nonché in ordine al ruolo svolto dai ricorrenti n perpetrazione delle condotte illecite di cui al capo A) è sufficiente riportarsi a quanto in nei paragrafi 3 e 4 per evitare inutili ripetizioni.
8.2. La Corte territoriale ha confutato in modo specifico e completo le argomentazion poste a sostegno della decisione assolutoria resa con la prima sentenza, senza limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della riformata pronuncia delle generiche notazio critiche di dissenso, ma riesaminando, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato primo giudice, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che ha dato adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte, così scardinando l’impianto argomentativo dimostrativo posto a fondamento della deliberazione del Tribunale di Torino.
La Corte d’appello ha correttamente evidenziato come il giudice di primo grado non abbia adeguatamente colto la portata e le implicazioni delle condotte di pressione sistematicamente esercitate dagli imputati nei confronti di NOME COGNOME condotte che hanno inciso in mo determinante sulle sue determinazioni in merito alla concessione di agevolazioni non soltanto prive di base giuridica e dannose sotto il profilo economico per la società, ma addiritt riconducibili a profili di illiceità, alla luce delle evoluzioni normative in materia.
A giudizio della Corte territoriale, la complessiva piattaforma probatoria consente ritenere dimostrato, con adeguato grado di certezza, che COGNOME si trovasse ad operare in un contesto caratterizzato da un clima pervasivo di pressione e intimidazione, direttamente riconducibile a un’azione congiunta e pianificata dei ricorrenti. Tale condotta, valutata sua globalità e continuità temporale, si è concretata in una strategia concertata funzionalmente orientata all’ottenimento di un profitto ingiusto, e ha determinato, nei f una significativa compromissione della libertà di autodeterminazione del dirigente juventino al punto da precludergli ogni possibilità effettiva di resistenza alle richieste provenien
fronte ultras, in considerazione del concreto pericolo di conseguenze pregiudizievoli per società sportiva in caso di mancata adesione.
La valenza minatoria di tali condotte non si esaurisce, infatti, nella portata intimidatori singoli episodi, ma si radica nella loro collocazione sistematica all’interno di un dis estorsivo più ampio, nel quale ciascuna azione – per quanto in sé considerata possa apparire meno rilevante – si inserisce in una progressione reiterata e strumentalmente finalizzat all’indebita acquisizione di vantaggi.
I giudici di appello hanno, in particolare, sottolineato -con argomentazioni prive di logici- come lo sciopero del tifo, il reiterato ricorso a cori discriminatori e le manifes ostili dirette alla dirigenza societaria costituiscano strumenti chiaramente funzionali a scopo illecito, espressione di una precisa volontà di pressione e condizionamento riconducibili per la loro finalità e modalità attuative, al paradigma dell’estorsione aggravata.
8.3. Con particolare riferimento alla concessione di 25 abbonamenti riservati agl striscionisti e di 300 biglietti per ogni partita giocata in trasferta dalla Juventus, i appello, con percorso argomentativo ineccepibile in punto di logica, hanno correttamente ritenuto che il Pairetto sia venuto meno all’originario proposito di non concedere più alcu agevolazione agli ultras esclusivamente in considerazione della strategia intimidatoria posta i essere dagli imputati in attuazione di una studiata azione sinergica e congiunta, vol all’ottenimento di ingiusti profitti con correlato danno per la società calcistica Juventus pagg. 45, 46 e 47 della sentenza oggetto di ricorso).
8.3.1. La Corte territoriale ha evidenziato come l’ottenimento, da parte dei gruppi ult denominati “Drughi” e “Tradizione”, di decine di biglietti riservati per ciascuna tras costituisca il momento consumativo del reato di estorsione, atteso che tali titoli di acce venivano successivamente rivenduti a terzi con significativi ricarichi, generando un profit ingiusto in favore degli imputati e arrecando, per converso, un concreto pregiudizi economico alla società calcistica. Tale danno si è manifestato, in particolare, nella lesio della libertà contrattuale del management della Juventus, la cui determinazione negoziale risultava condizionata dalla condotta estorsiva posta in essere dagli imputati, e non frutto una scelta imprenditoriale libera e consapevole.
In secondo luogo, la Corte di merito ha correttamente rilevato come l’obbligo per la societ di riservare in via ai gruppi ultrà una parte dei biglietti per le partite disputate fuo implichi la violazione amministrativa sanzionata dall’art. 1-quater, comma 7-bis, del d.l. n. del 2003, con conseguente responsabilità oggettiva in capo alla società sportiva e ulterior esposizione al rischio di sanzioni pecuniarie.
8.3.2. È stato, inoltre, sottolineato come NOME COGNOME abbia espressamente dichiarat che la concessione degli abbonamenti in favore dei cd. striscionisti non avveniva i esecuzione di una libera strategia aziendale, bensì quale reazione obbligata a pressanti e
reiterate richieste, al solo fine di “togliersi il problema”, espressione che evidenzia in inequivoco la natura intimidatoria della condotta subita. Tale circostanza ren manifestamente infondate le censure difensive con cui si è prospettato che la dazione degli abbonamenti sarebbe da ricondurre a un’iniziativa spontanea del Pairetto e non alle condotte intimidatorie di cui al capo di imputazione.
I giudici di appello hanno correttamente ritenuto che la vendita riservata di abbonamenti, costituisce l’ingiusto profitto perseguito dagli imputati mediante l’att intimidatoria, in quanto i medesimi riuscivano ad assicurarsi, in via privilegiata, la disponi di 25 abbonamenti in una stagione – quella dell’arrivo del calciatore NOME – in la domanda risultava eccezionalmente elevata e le sottoscrizioni venivano esaurite in tempi brevissimi sul mercato ordinario.
Di converso, la Juventus subiva un danno economicamente significativo, in quanto i suddetti abbonamenti non venivano sottratti dal numero già prestabilito degli abbonamenti stagionali, ma direttamente dalla quota destinata alla vendita dei biglietti per singole part quali, com’è noto, sono contraddistinti da un prezzo unitario superiore. A ciò si aggiunga come già rilevato – la lesione dell’autonomia contrattuale della società, che si vede costretta a definire le proprie scelte commerciali e organizzative non sulla base di valutazi imprenditoriali, ma in funzione delle indebite pressioni esercitate dai gruppi ultrà.
8.4. Il Collegio intende ribadire, in proposito, il principio di diritto secondo cui, in estorsione contrattuale, l’elemento dell’ingiusto profitto con altrui danno risulti implic solo fatto che la persona offesa venga costretta a concludere un accordo negoziale in violazione della libertà di autodeterminazione e, di conseguenza, della propria autonomia negoziale. (vedi Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, Di Grazia, Rv. 278998). In tale prospettiva il danno subito dalla persona offesa non si identifica necessariamente in un pregiudizi patrimoniale immediato potendo consistere nella compressione della libertà negoziale e nella conseguente impossibilità di perseguire i propri interessi economici secondo criteri i opportunità e convenienza liberamente autodeterminati.
La compressione della volontà contrattuale conseguente alla prospettazione della minaccia, -integra, pertanto, un danno al soggetto passivo rilevante ex art. 629 cod. pen., essendo evidentemente alterato il naturale equilibrio delle relazioni economiche su cui si fonda validità del consenso negoziale con conseguente infondatezza delle doglianze con cui le difese affermano l’insussistenza di tale elemento costitutivo della fattispecie criminosa.
8.5. Ancora una volta i ricorrenti sollecitano una rivalutazione del compendio fattuale g oggetto di puntuale, coerente e completa disamina da parte dei giudici di merito prospettando una ricostruzione alternativa degli accadimenti funzionale alla propria line difensiva, senza misurarsi con l’iter argomentativo seguito dai giudici di appello, i quali ha dato conto del proprio convincimento in modo logicamente strutturato, coerente con le risultanze istruttorie e conforme ai principi che governano la valutazione della prova.
Ne discende che anche queste censure si palesano affette da aspecificità, risolvendosi in una mera reiterazione di deduzioni difensive già scrutinare e disattese in sede di merit senza che siano individuati reali elementi di travisamento della prova o vizi logico-giuri della motivazione.
Deve essere rimarcato, in proposito, che doglianze difensive, formalmente prospettate sotto il profilo del presunto travisamento della prova, si risolvono, in realtà, in una parcellizzata e decontestualizzata del compendio logico-fattuale già compiutamente analizzato e coerentemente valorizzato dalla Corte territoriale. Una simile impostazione argomentativa si pone, tuttavia, al di fuori dell’orizzonte cognitivo del giudizio di legittimità, non essere dedotte in questa sede censure che, sebbene formalmente qualificate come vizio di travisamento, si risolvano in una mera contrapposizione valutativa rispetto all’apprezzamento dei fatti operato, con criterio logico e nel rispetto dei canoni interpretativi consolid giudici di merito.
8.6. Infine, in relazione alle doglianze dedotte da NOME COGNOME relative all’ipotizz estraneità dello stesso all’estorsione consumata in esame, deve essere rilevato che i giudici d appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilit di NOME COGNOME anche in ordine a tale fattispecie (vedi pagg. 44 e 45 della sentenza oggetto di ricorso e pagg. da 72 a 74 della sentenza di primo grado).
La Corte territoriale ha sottolineato, in particolare, che il COGNOME, pienamente consapevo dell’illiceità delle richieste avanzate dai gruppi ultras, ha partecipato attivamente agli i tra il management della Juventus ed i rappresentanti dei tifosi, “identificandosi pienamente nelle istanze del gruppo di ultras e giungendo a coordinare lo sciopero del tifo di conosceva la natura di strumento di pressione” (vedi pag. 44 della sentenza impugnata); circostanze che i giudici di merito hanno ritenuto idonea a dimostrare la partecipazione de Franzo alla commissione delle condotte estorsive contestategli, con percorso argomentativo privo di contraddizioni ed illogicità con il quale il ricorrente non si è adeguatam confrontato.
La Corte territoriale, seppur implicitamente, ha correttamente dato seguito al consolidato principio di diritto secondo cui la presenza fisica di un soggetto allo svolgimento dei delittuosi si risolve in una forma di cooperazione delittuosa allorquando, palesando chiar adesione alla condotta degli autori materiali del fatto, sia servita a fornire stimolo all’az un maggiore senso di sicurezza (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279807 01; Sez. 5, n. 16280 del 24/03/2023, Comito, non massimata).
Il ricorso, a fronte della ricostruzione e della valutazione adottata dai giudici di appell offre la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescinde
da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati con conseguente aspecificità della doglianza.
LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL REATO DI ESTORSIONE DI CUI AL CAPO A) CONTESTATO AGLI IMPUTATI COGNOME
9. Il terzo motivo dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché il primo motivo dedotto da NOME COGNOME sono fondati limitatamente alla parte in cui è contestata la qualificazione giuridica del fatto in relazione alla riserva di 25 abbonamenti in favore d striscionisti del gruppo ultrà dei Drughi.
Nella motivazione impugnata, la Corte di appello dà atto, in termini non equivoci dell’assenza di una condotta estorsiva consumata con riguardo all’episodio concernente la riserva degli abbonamenti a pagamento in favore del gruppo degli striscionisti, riconoscendo come il gruppo capeggiato dal COGNOME, dopo aver realizzato condotte idonee ad intimidire NOME COGNOME, si sia determinato a rifiutare la proposta di vendita riservata abbonamenti, non ritenendola sufficiente e satisfattiva delle pretese vantate dai Drughi.
Deve essere, in proposito, evidenziato l’insanabile contrasto logico tra quanto affermato a pag. 47 della sentenza oggetto di ricorso “per quanto concerne gli imputati COGNOME COGNOME e COGNOME si rileva che le intimidazioni risultano certamente causalmente rilevanti nella decision di COGNOME di ribadire, in data 21 giugno 2018, la proposta di vendita riservata gi precedenza formulata per cercare di acquietare gli ultras e di offrire poi gli abbonamenti n luglio 2018. Tuttavia, la mancata accettazione da parte del gruppo dei Drughi degli abbonamenti riservati a pagamento, per quanto dovuta all’intenzione di ottenere benefici ben maggiori, non consente di ritenere consumato il reato di estorsione. In questo caso, infatti, condotte degli imputati, finalizzate a coartare la volontà di COGNOME affinché si determina ad accedere alle loro ben più gravose richieste (concessione gratuita dei venticinque biglietti partita riservati oltre ad altri benefits) non sono andate oltre lo stadio del tentativo, pos il rifiuto dell’offerta ha comunque escluso la verificazione dell’evento del profitto ingi con altrui danno” e le successive determinazioni con cui la Corte territoriale ha ritenuto COGNOME COGNOME e COGNOME responsabili del reato di estorsione consumata di cui al capo A) dell’imputazione, così come contestata senza operare alcun distinguo, e di conseguenza individuato tale fattispecie come reato più grave in sede di determinazione del trattament sanzionatorio (vedi pag. 62 e 63 della sentenza oggetto di ricorso). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La successiva affermazione, riportata a pagina 62 e 63 della medesima pronuncia, secondo cui COGNOME, COGNOME e COGNOME dovrebbero ritenersi responsabili per il reato di estorsione consumata, senza alcuna specificazione delle fattispecie per le quali sia intervenuta tal condanna, si pone in irrimediabile contraddizione con il precedente passaggio argomentativo e si traduce in una motivazione manifestamente illogica e contraddittoria.
Alla luce del vizio logico-motivazionale rilevato deve disporsi l’annullamento della senten impugnata nei confronti di COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME Sergio, limitatamente alla statuizione di responsabilità in ordine al segmento del reato di estorsione consumat contestato al capo A) dell’imputazione, concernente la riserva dei 25 abbonamenti a pagamento destinati agli striscionisti, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appell Torino’ che si pronuncerà sulla criticità evidenziata da questo Collegio.
IL REATO DI ESTORSIONE DI CUI AL CAPO B)
10. Il settimo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME ed il secondo motivo dedotto da NOME COGNOME sono aspecifici e non consentiti.
I ricorrenti, mossi da una considerazione atomistica e parcellizzata delle risulta probatorie, fondano il motivo di ricorso su elementi fattuali inconsistenti ed inidon confutare la ricostruzione logico-fattuale fornita dai giudici di merito, al fine di pros una diversa ed inammissibile ricostruzione di merito, come tale preclusa in questa sede. E ciò a fronte di un completo iter argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici, che valorizza una serie di elementi fattuali che dimostrano la pen responsabilità del COGNOME e del COGNOME in ordine al reato di estorsione di cui al capo B).
Le sentenze di merito espongono significativi e convergenti elementi, logico-probatori a sostegno del coinvolgimento dei ricorrenti nella condotta estorsiva volta ad ottenere bigli aggiuntivi per le partite Manchester-iuventus e Young Boys-Juventus, desumibili dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa NOME COGNOME e dalla conversazioni intercettate n corso delle indagini preliminari; fonti probatorie che, a differenza di quando sostenuto da difesa, appaiono idonee a dimostrare la penale responsabilità del COGNOME e del Genre in relazione a tale fattispecie criminosa (vedi pagg. 48 e 49 della sentenza di appello e pagg. d 74 ad 82 della sentenza di primo grado).
10.1. In particolare, i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme a risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno rimarcato come le espressioni pronunciate dal correo COGNOME nel corso degli incontri con NOME COGNOME fossero connotate da una chiara e inequivoca valenza minatoria. In particolare, l’annuncio di “provvedimenti” partire dalla sospensione della collaborazione nella realizzazione delle coreografie, fino compimento di “azioni più gravi, non meglio precisate”, seguito, nel secondo incontro, dall dichiarazione secondo cui i membri dei Drughi, compresi quelli privi di biglietto, si sarebb presentati a Berna “e allora vedremo che cosa succederà”, è stato congruamente qualificato come manifestazione di una condotta intimidatoria funzionale all’ottenimento di un indebito vantaggio per il COGNOME ed i suoi sodali.
La motivazione, nella parte in cui valorizza il contesto nel quale tali frasi f pronunciate, si fonda su elementi di fatto logicamente valutati. La caratura criminale deg
imputati, la capacità dei Drughi di incidere negativamente sull’ordine pubblico e il concr verificarsi di disordini in occasione della trasferta svizzera hanno correttamente indot giudici di merito a ritenere tali elementi logico-fattuali idonei a dimostrare la serie concreta capacità intimidatoria delle minacce, la fondatezza della percezione della persona offesa e la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di tentata estorsione.
10.2. Passando al coinvolgimento del COGNOME nella vicenda, deve essere rimarcato che la doglianza difensiva volta a escludere il concorso del leader dei COGNOME non coglie nel segno. L motivazione impugnata dà atto, in modo coerente e immune da vizi logici, della comprovata posizione apicale dallo stesso rivestita all’interno del gruppo ultrà -posizione ben not COGNOME come dallo stesso riferito nel corso della sua deposizione dibattimentale- nonché dell sua evocazione implicita da parte di COGNOME in occasione del primo incontro con lo SLO della Juventus, allorquando questi affermava di agire per conto di chi vengo” con inequivocabile allusione al Presidente dei COGNOME.
La mancata reiterazione di tale riferimento nel secondo incontro, avvenuto a breve distanza dal primo, è stata correttamente ritenuta priva di rilievo, trattandosi di un’azione intimida sviluppatasi in continuità logico-temporale alla precedente.
La ricostruzione in esame, immune da censure sotto il profilo della completezza argomentativa e della coerenza logico giuridica, si fonda su valutazioni di fatto che n risultano affette né da contraddittorietà né da manifesta illogicità, rendendole, pertan insuscettibili di sindacato in sede di legittimità (vedi pagg. 79 e 80 della sentenza di p grado e pag. 49 della sentenza oggetto di ricorso).
Deve essere, inoltre, evidenziato che i giudici dell’appello hanno correttamente affermato che le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato COGNOME non appaiono idonee a sovvertire la ricostruzione dei fatti fornita dal primo giudice, in quanto rese fuori dal contraddittorio e di alcun riscontro esterne, e dunque del tutto inidonee a incidere sulla valutazio complessiva del compendio probatorio.
Il ricorrente invoca una rilettura degli elementi di fatto già compiutamente esaminati giudici di merito, privilegiando una ricostruzione dei fatti alternativa e più favorevol propria tesi difensiva ma priva del necessario confronto con i passaggi logico-giuridici de sentenza impugnata e con le specifiche emergenze istruttorie valorizzate dal giudice d’appello. Così facendo, omette di confrontarsi adeguatamente con l’iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale, la quale ha fornito una motivazione esaustiva, coerent logicamente strutturata in ordine alle ragioni del proprio convincimento, in adesione ai princ regolatori della valutazione della prova, con conseguente aspecificità della doglianza.
10.3. Parimenti corretta risulta la motivazione offerta dai giudici di appello nella parte affermano la configurabilità di una responsabilità a titolo di concorso nel reato del ricorr NOME COGNOME.
La Corte distrettuale ha fondato il proprio convincimento su una pluralità di element convergenti, logicamente valorizzati in motivazione, e desunti da circostanze fattua significative: il ruolo determinante svolto dal ricorrente nella fissazione degli appuntam con il COGNOME, la presenza del Genre agli incontri nei quali furono proferite le espres minacciose da parte di COGNOME nei confronti del COGNOME; l’assenza di qualsiasi atteggiamento di presa di distanza dalle stesse nonché l’acquiescenza mantenuta nel corso delle conversazioni, che – per tono, contenuto e contesto – si connotavano per evidente carica intimidatoria.
In particolare, la Corte territoriale ha valorizzato la connotazione ambientale e contestua della condotta, che imponeva di non isolare il singolo comportamento (la mera presenza) ma di valutarne la funzione e il significato alla luce dell’interazione con l’azione altrui.
Tali elementi sono stati correttamente interpretati come espressione di un contributo causalmente rilevante alla realizzazione del fatto tipico, contributo idoneo a confermare volontà di rafforzare la pressione psicologica esercitata sul Pairetto, in conformità ai pri consolidati nella giurisprudenza di legittimità in tema di concorso di persone nel reato.
Questa Corte ha chiarito, in proposito, che il concorso ex art. 110 cod. pen. non richiede realizzazione materiale della condotta tipica, essendo sufficiente qualsiasi contributo, anc solo morale, purché sorretto dalla consapevole adesione all’azione delittuosa e idonea fornire all’autore materiale del fatto stimolo all’azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agi (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279807 – 01; da ultimo, Sez. 6, n. 3348 del 14/01/2025, COGNOME, non massimata).
10.3.1. La Corte distrettuale ha, inoltre, correttamente ritenuto il rilievo difensivo, se cui i disordini verificatisi a Berna sarebbero stati causati da appartenenti alla sezione sviz del gruppo “RAGIONE_SOCIALE” nonostante il comportamento collaborativo tenuto da NOME, inidoneo a depotenziare il valore probatorio degli elementi logico-fattuali attestanti la responsabi concorsuale del ricorrente, ciò in considerazione del fatto che tale episodio costituirebbe mer conferma fattuale di quanto dichiarato dal Pairetto in ordine all’effettiva capacità dei Drugh porre in essere azioni idonee a determinare problemi di ordine pubblico, rafforzando così la valutazione di idoneità della minaccia materialmente prospettata dallo COGNOME.
10.3.2. Quanto alle censure difensive inerenti all’inidoneità del contenuto del intercettazioni a dimostrare la partecipazione del Genre alla commissione del reato di cui capo B) è necessario ribadire che, in sede di legittimità, è possibile prospett un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giud di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia laddove il decidente ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e tale difformità risulti decisiv incontestabile così da rendere manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione co cui esse sono recepite (cfr., Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv.
259516-01; Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME Rv. 272558-01; Sez. 5, n. 2245 del 14/12/2022, dep. 2023, Vallepiano, non mass.).
La valutazione dei contenuti delle conversazioni captate è, infatti, un apprezzamento d merito che investe il significato e, dunque la capacità dimostrativa della prova, sicché la critica è ammessa in sede di legittimità solo ove si rilevi una illogicità manifesta e dec della motivazione o una decisiva discordanza tra la prova raccolta e quella valutata (Sez.2, n 35181 del 22/5/2013, Vecchio, Rv. 257784-01; Sez. 1, n. 3019 del 27/09/2022, dep. 2023, Cremona, non mass.; Sez. 2, n. 6414 del 23/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata).
10.3.3. Tutto ciò premesso deve essere affermato che la doglianza dedotta dal Genre non è consentita in quanto esula dai limiti propri del giudizio di legittimità, risolvendosi sollecitazione ad una diversa lettura delle risultanze istruttorie e ad una nuova valutazione fatto. Il ricorrente mira, infatti, a ottenere un riesame del compendio probatorio, nel tent di accreditare una ricostruzione alternativa, a sé più favorevole, senza tuttavia confronta puntualmente con l’articolato e coerente percorso argomentativo seguito dai giudici di appello. Peraltro, i presunti travisamenti indicati nel ricorso proposto dal Genre hanno, realtà, ad oggetto una considerazione parcellizzata ed atomistica degli elementi logico-fattua riportati nella sentenza impugnata.
Il motivo di ricorso si appalesa, inoltre, privo della necessaria specificità, in disancorato dai concreti snodi motivazionali della sentenza impugnata ed in contrasto con la funzione del giudice di legittimità, cui non è consentito sovrapporre la propria valutazion quella compiuta in sede di merito, ove questa risulti, come nel caso di specie, logica adeguatamente giustificata.
Il motivo in esame, peraltro, si fonda su elementi di natura meramente ipotetica o di segno negativo, ossia non ancorati a dati fattuali oggettivamente riscontrabili, ma desunti valutazioni generiche, astratte o suggestive per trarne ipotesi ricostruttive vol disarticolare il percorso logico seguito dai giudici di merito. In particolare, si argomentazioni che prescindono da una concreta analisi delle emergenze istruttorie, con l’effetto di abbandonare il piano dell’esperienza fenomenica per ricorrere a congettur alternative, estranee alla logica della prova e non sorrette da elementi probatori idone disarticolare in modo decisivo il ragionamento decisorio.
IL REATO DI TENTATA ESTORSIONE DI CUI AL CAPO C)
11. L’ottavo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME ed il terzo motivo dedotto da NOME COGNOME sono aspecifici e non consentiti in quanto articolati esclusivamente in fatto.
Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che i ricorrenti abbiano concorso nella commissione del reato di tentata estorsione di cui al capo C), a seguito di una valutazione degli elementi probatori c
appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamen delle prove.
11.1. I giudici di merito, con motivazione esente da illogicità ed aporie, hanno fondato condanna degli imputati sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa NOME COGNOME dichiarazioni ritenute attendibili in quanto dettagliate, coerenti e logicamente correlate ulteriori dati probatori.
Le accuse del COGNOME hanno trovato significativo riscontro nelle conversazioni intercettate nelle dichiarazioni del suo collaboratore NOME COGNOME il quale ha riferito espression gesti compiuti da NOME COGNOME del tutto compatibili con il narrato della persona offesa (vedi pag. da 49 a 51 della sentenza impugnata e pagg. da 82 a 89 della sentenza di primo grado). Tali elementi di conferma, a giudizio dei giudici di merito, rafforzano la credib intrinseca del racconto fornito dalla persona offesa e contribuiscono alla corretta ricostruzio del contesto intimidatorio estrinsecatosi nel corso degli incontri oggetto di analisi.
La Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logici o giuridici, che riprend argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, ha correttamente ritenuto che le condotte dello COGNOME e dei suoi sodali perfezionino gli elementi costitutivi del reato di tentata estorsione in quanto idone comprimere la libertà di autodeterminazione della persona offesa.
In particolare, è stato rimarcato che, nel corso dell’incontro con il COGNOME, COGNOME fac riferimento, in forma allusiva ma inequivoca, a un presunto incontro tra rappresentanti dell Juventus ed esponenti di clan camorristici: circostanza che, a prescindere dalla sua effettiv veridicità, veniva evocata con la consapevolezza del suo potenziale lesivo per l’immagine e l’onorabilità della società sportiva. Ne discende che, COGNOME o era consapevole dell’inesistenza del fatto (e dunque prospettava la diffusione di una notizia falsa, comunque dannosa per l’immagine della società Juventus), oppure riteneva che l’incontro fosse effettivamente avvenuto e lo utilizzava in chiave ricattatoria, con identica vale intimidatoria.
I giudici di merito hanno, con tali argomentazioni, dato seguito al principio di di secondo cui la prospettazione di un comportamento astrattamente lecito, laddove venga realizzato per scopi illeciti e con modalità non consentite dall’ordinamento, è condotta idone ad integrare una minaccia idonea ex art. 629 cod. pen. (vedi fra le tante Sez. 2, n. 34242 de 11/07/2018, COGNOME, Rv. 273542 – 01; Sez. 2, n. 14325 del 08/03/2022, COGNOME, Rv. 282980 – 01).
La Corte distrettuale ha, pertanto, correttamente affermato che il complessivo comportamento dello COGNOME e del Genre era chiaramente orientato a determinare nel Pairetto una situazione di soggezione psicologica, volta a costringere quest’ultimo procurare, in favore del gruppo ultras “RAGIONE_SOCIALE“, un numero di biglietti superiore a quel ordinariamente loro destinato dalla società per le partite di Champions League. Il profit
indebitamente perseguito consisteva, pertanto, negli introiti derivanti dalla rivendita tagliandi da parte del gruppo ultrà, mentre il danno subito dalla parte offesa va individua nella lesione della libertà negoziale della società Juventus, conseguente alla compressione della libertà personale del dirigente incaricato dei rapporti con la tifoseria (vedi pag. 50 sentenza impugnata).
11.2. Il coinvolgimento di NOME COGNOME nella qualità di mandante dell’iniziati criminosa materialmente realizzata dai correi COGNOME e COGNOME, a giudizio della Corte di merito, emerge in maniera chiara e univoca dal ruolo apicale rivestito dal COGNOME all’inter del gruppo “RAGIONE_SOCIALE” – come accertato attraverso plurime fonti testimoniali e intercettive anche per effetto di specifici elementi riferibili alla vicenda in esame.
È stato, in particolare, rimarcato che COGNOME, una volta apprese le determinazioni della Juventus circa la limitazione del numero di biglietti destinati agli ultras per la tra olandese, si era immediatamente confrontato con COGNOME, il quale aveva assunto il coordinamento dell’azione di protesta culminata nel posizionamento di adesivi offensivi recanti l’effigie del COGNOME, come risulta inequivocabilmente documentato dalle conversazioni telefoniche intercettate riportate dai giudici di merito (vedi pagg. 50 e 51 della sente oggetto di ricorso nonché pag. 89 della sentenza di primo grado).
Tali elementi inducono, oltre ogni ragionevole dubbio, a ritenere che COGNOME abbia agito quantomeno con l’avallo consapevole – se non su esplicito mandato – di NOME COGNOME la cui responsabilità penale deve, pertanto, ritenersi pienamente comprovata.
La motivazione si fonda, infatti, su valutazioni di merito che appaiono lineari, razionalmen motivate e prive di elementi che ne possano inficiarne la tenuta sul piano dell contraddittorietà o dell’evidente illogicità. Proprio per tale ragione, trattan apprezzamenti di fatto sorretti da un impianto argomentativo logico e coerente, gli stessi no possono essere oggetto di sindacato in questa sede, essendo riservati alla discrezionalità del giudice di merito e sottratti, pertanto, al controllo da parte del giudice di legittimità.
11.3. I giudici di merito, a differenza di quanto affermato nel ricorso, hanno adeguatamente valutato le fonti probatorie da cui hanno desunto il ruolo svolto da NOME COGNOME nella vicend delittuosa, prime fra tutte le dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa NOME COGNOME e le conversazioni intercettate nel corso dell’indagini preliminari, nonché evidenzi come il ricorrente abbia rafforzato l’intento criminoso di NOME COGNOME con comportamenti sicuramente inquadrabili in un responsabilità concorsuale ex art. 110 cod. pen. (vedi pag. 51 della sentenza impugnata e pagg. da 86 a 89 della sentenza di primo grado).
In particolare, è stato rimarcato che durante il colloquio con il COGNOME, il ricorren aveva assunto alcuna presa di distanza rispetto alle affermazioni intimidatorie pronunciate da COGNOME, mantenendo un atteggiamento di implicita adesione, per poi contattare direttamente
lo SLO della Juventus al fine di verificarne la reazione e gli effetti prodotti dall’intimida cui aveva personalmente assistito.
Il convincente iter motivazionale seguito dai giudici di merito non viene in alcun mod scardinato dalle doglianze difensive con le quali si sostiene che il Genre fosse all’oscuro de volontà dello COGNOME di avanzare richieste estorsive sulla base di una alternati ricostruzione fattuale delle vicende scrutinate non deducibile in sede di legittimità.
Ciò premesso, appare evidente che i giudici di merito hanno fatto buon uso del principio di diritto secondo cui il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso form differenziate (agevolazione alla consumazione del delitto, rafforzamento del proposit criminoso dell’usuraio) rispetto alla condotta tipica prevista dalla norma incriminatrice.
In particolare, deve esser ribadito il consolidato insegnamento di legittimità in tema concorso di persone nel reato, secondo il quale anche la semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato è sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa, quando sia servita, come nel caso in esame, a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o un maggiore senso di sicurezza nella propria condott palesando chiara adesione alla condotta delittuosa, specie ove la simultanea presenza dei correi e le particolari modalità della condotta collettiva inducano nella persona offesa percezione della maggiore incisività delle condotte illecite (cfr. Sez. 2, n. 50323 22/10/2013, COGNOME, Rv. 257979-01; Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 27980701; da ultimo Sez. 6, n. 298 del 10/10/2024, COGNOME, non massimata).
Nel caso di specie, la presenza del ricorrente, in un contesto di pressante minaccia, h assunto l’indubitabile valenza di un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso e l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, unitamente all’accresci soggezione della vittima, così aumentando la possibilità della produzione del reato
Le modalità del fatto, connotato da una azione condotta da un gruppo di individui che per atteggiamento e comunione di intenti agivano assieme, rendono manifestamente illogica e non corrispondente ad una massima d’esperienza basata sull’id quod plerumque acadit, l’ipotesi difensiva dell’inconsapevolezza da parte del ricorrente della natura illecita richieste dello COGNOME.
La difesa a fronte di un pregnante e indiscusso dato probatorio – costituito da dichiarazioni della persona offesa riscontrate dalle intercettazioni in atti- che indica un non meramente passivo di NOME COGNOME ha decontestualizzato la presenza del ricorrente, giungendo a formulare ipotesi alternative sganciate dalla ragionevolezza e meramente speculative, senza curarsi di ancorare tali affermazioni su un solido substrato indiziario o una regola di esperienza dotata di forza convincente.
Il percorso argomentativo contenuto nella sentenza oggetto di ricorso risulta logicamente corretto e non suscettibile di rilievi critici, in quanto sviluppato secondo criteri di esaus coerenza logica. In ragione della loro natura eminentemente fattuale gli apprezzamenti dei
giudici di appello, sorretti da un impianto motivazionale rispettoso dei criteri di razio decisoria, non possono essere rivalutati in questa sede in quanto espressione della discrezionalità valutativa riservata al giudice del fatto.
IL REATO DI VIOLENZA PRIVATA DI CUI AL CAPO D)
Il nono motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME ed il sesto motivo proposto da NOME COGNOME sono in parte generici ed in parte non consentiti.
12.1. Deve essere, in prima battuta, affermato che la difesa ha correttamente rimarcato l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche in atti in considerazione del fatto che prevista per il reato di violenza privata è inferiore a quella prevista dall’art. 266 cod pen.
Ciò premesso va evidenziata la genericità della doglianza non avendo i ricorrenti adeguatamente prospettato la possibile, ed in ipotesi, decisiva influenza delle conversazion erroneamente utilizzate dalla Corte territoriale sulla complessiva motivazione posta a fondamento dell’affermazione di responsabilità in relazione al reato di violenza privata.
Il Collegio intende, infatti, dare continuità al principio di diritto per il quale, quando l’inutilizzabilità di un elemento probatorio, il ricorso deve illustrare, a pena di inammiss l’incidenza dell’eventuale eliminazione ai fini della cosiddetta «prova di resistenza» elementi di prova acquisiti illegittimamente devono, infatti, incidere, scardinandola, motivazione censurata e compromettere, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’im argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME Rv. 279829 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, COGNOME, Rv. 269218 – 01), profili neanche accennati nel ricorso in esame.
Deve essere, peraltro, notato che le uniche due intercettazioni indicate nelle note a piè pagina nn. 49 e 50 non appaiono neppure determinanti nel contesto probatorio generale, basato, come ampiamente riportato nella sentenza di primo grado, con portata decisiva sulle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (vedi pagg. da 93 a 97 della sentenza di primo grado e pag. 52 della sentenza di appello).
12.2. L’ulteriore doglianza avente ad oggetto l’apparenza della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di violenza privata è aspecifica e reiterativa di argomentazioni g valutate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale.
Entrambi i giudici di merito hanno indicato gli elementi probatori da cui desumere sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 610 cod. pen. (vedi pagg. d 97 della sentenza di primo grado e pag. 52 della sentenza di appello), con percorso
motivazionale -privo di vizi logici e giuridici- con cui i ricorrenti non si sono in alc confrontati con conseguente aspecificità della censura.
La Corte territoriale ha correttamente qualificato le condotte ideate e realizzate dal COGNOME dal COGNOME e dal Genre in considerazione dell’idoneità di tali comportamenti a coartare la volont dei tifosi della Juventus e costringerli a partecipare al cd. sciopero del tifo, avvalendosi forza intimidatrice del sodalizio criminale oggetto di giudizio.
Deve essere ricordato, in proposito, che l’art. 610 cod. pen. tutela la libertà moral singolo, sotto il profilo della libertà di ciascuno di autodeterminarsi spontaneamen orientando i propri comportamenti in conformità alle decisioni liberamente prese (Sez. 5, 11522 del 03/03/2009, COGNOME, Rv. 244199) e che il reato di violenza privata si pu perfezionare attraverso condotte violente o minatorie idonee a privare coattivamente l persona offesa della libertà di azione e di determinazione o anche solo a rendere disagevole una lecita modalità di esplicazione del diritto nella titolarità della persona offesa (vedi n. 1053 del 06/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282467) in tal modo realizzandosi l’evento naturalistico del reato, rappresentato dalla condotta posta in essere dal soggetto coarta (fare, tollerare o omettere qualcosa).
I ricorrenti si sono limitati a contestare la sussistenza del reato di violenza pri considerazione della mancata valorizzazione da parte dei giudici di merito dei video amatoria registrati durante le partite in cui si è svolto lo sciopero del tifo nonché a prospettare un’ ricostruttiva alternativa senza confrontarsi con il percorso argomentativo seguito dai giudic merito e con il concreto contenuto delle dichiarazioni testimoniali da cui si è desunta la realizzazione della contestata violenza privata. E ciò a fronte di un completo argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici, il qua valorizza una serie di elementi fattuali che danno conto della sussistenza degli elemen costitutivi del reato di cui all’art. 610 cod. pen.
13. Il quarto motivo con cui NOME COGNOME lamenta violazione di legge, travisamento della prova e vizio di motivazione in ordine alla penale responsabilità per il reato di cui al capo aspecifico e reiterativo di censure inerenti alla valutazione delle prove già adeguatament vagliate e disattese dalla Corte territoriale che ha escluso, con motivazione priva di illogic coerente con le risultanze istruttorie, le criticità ricostruttive evidenziate con l’atto di a
La difesa, limitandosi a lamentare la genericità del capo di imputazione in ordine al condotte che il ricorrente avrebbe posto in essere e la mancanza di intercettazioni attestanti coinvolgimento del Genre nelle condotte minatorie in contestazione, ha sostanzialmente obliterato la natura concorsuale della violenza privata contestata, cercando di evidenziare una diversità nella condotta del ricorrente, smentita nella puntuale ricostruzione del fatto ope dai giudici di merito che individua il Genre quale il soggetto incaricato dal COGNOME di por ad esecuzione le strategie del gruppo criminale all’interno della curva con particolare riguar
al cd. sciopero del tifo (vedi pagg. da 93 a 97 della sentenza di primo grado e pag. 52 dell sentenza di appello).
Tale ricostruzione fattuale, operata dai giudici di merito all’esito di un compiuto scr delle risultanze istruttorie, si presenta immune da censure sotto il profilo della complete argomentativa e della coerenza logica e razionale del percorso argomentativo seguito. La condanna del Genre appare, in particolare, fondata su apprezzamenti di fatto congruamente svolti, sorretti da una motivazione lineare, esente da aporie, contraddizioni interne o manife illogicità, ed in quanto tali, sottratti al sindacato di legittimità.
La difesa del Genre fa leva su considerazioni generiche e su elementi “negativi” che non trovano sostegno in massime di esperienza tratte da orientamenti largamente diffusi nello specifico contesto spazio-temporale ma su congetture insuscettibili di verifica empirica. ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legitti chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla C territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve ritenersi pienamente provato che la condotta del Genre si sia sviluppata secondo una logica criminale pienamente riconducibile alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 610 cod. pen., con partecipazione consapevole da p del ricorrente alle condotte illecite dettate dal COGNOME e finalizzate a coartare la libertà dei tifosi della Juventus e, di conseguenza, a condizionare le scelte strategiche della soci torinese.
IL REATO DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI CUI AL CAPO G)
14. Il decimo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME, il quinto motivo dedotto da NOME COGNOME ed il settimo motivo proposto da NOME COGNOME con cui i ricorrenti hanno lamentato violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’associazio a delinquere, sono aspecifici e non consentiti in quanto reiterativi di medesime doglian inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espr in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
Il giudice dell’appello non si è limitato a richiamare la sentenza di primo grado ma, se ricorrere a formule stereotipate, ha risposto specificamente alle doglianze oggi riproposte c argomentazioni adeguate ed omogenee rispetto a quelle del primo giudice.
14.1. Ciò premesso deve essere rimarcato che entrambe le motivazioni di merito ricostruiscono in modo ineccepibile dal punto di vista logico-giuridico gli elementi da dedurre la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416 cod. pen.
La Corte distrettuale ha evidenziato, con motivazione che richiama le argomentazioni dal Giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, gli elementi logico-fattuali da cui è stata desunta l’esistenza dell’associazione a delinquere finalizzata commissione di un numero indefinito di estorsioni e violenze private (numero dei partecipanti, ripartizione di ruoli e responsabilità, piena consapevolezza del reciproco contributo causal alla realizzazione degli scopi associativi, interazione delle condotte poste in essere da imputati, indeterminatezza del programma criminoso protrattosi nel tempo e finalizzato a costringere la società Juventus a piegarsi alle plurime richieste avanzate dai gruppi ultrà).
Il percorso motivazionale seguito dai giudici di merito, oltre ad essere correttament fondato sulle risultanze probatorie, è conforme agli orientamenti ermeneutici elaborati dall giurisprudenza di legittimità in tema di dimostrazione della stabilità del vincolo associat dell’affectio societatis e della organizzazione di persone e mezzi finalisticamente volta alla commissione di reati, soprattutto ove si possa desumere, come nel caso di specie, un costante modus procedendi degli associati e l’attiva partecipazione alla realizzazione dei delitti-fine (vedi pagg. da 105 a 113 della sentenza di primo grado e pagg. da 52 a 56 dell sentenza impugnata).
Deve essere, in proposito, ribadito il principio di diritto secondo cui, in tema di associa per delinquere, è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai r fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei del rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi s manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (cfr. in proposito Sez. 1, 29093 del 24/05/2022, Barillari Rv. 283311 – 01; Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, COGNOME Rv. 281589 – 01).
14.2. L’obiezione con cui i ricorrenti lamentano la carenza di prova in ordine alla costituz di una associazione a delinquere completamente separata dal gruppo ultrà dei Drughi non è fondata.
L’esistenza di un’associazione criminale è stata correttamente spiegata in ragione dell sovrapposizione tra l’ente lecito (il gruppo ultrà) ed il sodalizio criminale (l’associazi delinquere finalizzata alla realizzazione di una serie indeterminata di reati di estorsi violenza privata). Va, sul punto, rammentato che la coincidenza tra l’ente formalmente lecito quello criminoso non postula una sovrapposizione integrale e assoluta, né sotto il prof soggettivo (in termini di identità tra le persone che compongono gli assetti organizzativi) sotto il profilo oggettivo (in relazione ai mezzi adoperati per il perseguimento delle risp finalità, lecite o illecite che siano).
Il Collegio condivide, in particolare, il principio di diritto secondo cui la stabile conv di condotte illecite, idonea a integrare l’elemento strutturale dell’associazione criminosa, essere desunta dalla sussistenza di una costante sinergia tra più soggetti, qualora ta cooperazione non risulti giustificabile nell’ambito della normale attività dell’ente lecito ov
manifesti nel perseguimento di finalità diverse da quelle proprie della struttura organizza lecita, orientata invece alla realizzazione di un programma delinquenziale indeterminato protratto nel tempo (vedi Sez. 3, n. 11782 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 287178 – 01).
È, quindi, configurabile il reato associativo allorquando i componenti di un’organizzazio formalmente destinata a scopi leciti realizzino attività illecite, sempreché sia provata, come caso di specie, l’esistenza di un nesso funzionale tra tali condotte e le direttive ge provenienti dal vertice dell’organizzazione medesima.
Nel caso oggetto di giudizio, i giudici di merito hanno correttamente rimarcato come i vert del gruppo ultrà dei Drughi abbiano deliberatamente affiancato all’attività lecita un’att illecita indeterminata e finalizzata all’ottenimento di ingenti profitti, facendo le preesistente struttura organizzativa, nonché sulle risorse umane e materiali del gruppo ultr in un contesto di pianificata e consapevole strumentalizzazione del gruppo ultrà per final criminali ignote alla gran parte dei membri.
14.3. Deve, in conclusione, ritenersi corretta la valutazione con cui i giudici di merito h ritenuto la sussistenza del contestato reato associativo sulla base di una ricostruzione dei f conforme al parametro normativo ed agli orientamenti giurisprudenziali in tema di associazione a delinquere.
Il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito non è, peraltro, validament contrastato dalle critiche contenute nei ricorsi, le quali mirano, attraverso una le parcellizzata degli elementi a carico passati puntualmente in rassegna dalla Corte distrettuale a svilirne la necessaria pregnanza contenutistica.
Le argomentazioni difensive appaiono palesemente dirette a contestare, attraverso una lettura disarticolata del compendio dimostrativo, la rilevanza dei singoli dati probatori, proponendo una loro lettura alternativa che, collocandosi nella sfera degli apprezzamenti d merito, fuoriesce completamente dal perimetro del sindacato di legittimità, non risultando lamentata difformità in alcun modo idonea a determinare il dedotto vizio motivazionale.
La motivazione oggetto di censura è fondata, in conclusione, su una valutazione globale e completa in ordine a tutti gli elementi rilevanti acquisiti e si appalesa esente da e nell’applicazione delle regole della logica come pure da contraddizioni interne tra i dive momenti di articolazione del giudizio, sottraendosi, pertanto, a rilievi in questa sede.
14.4. Passando alla valutazione della penale responsabilità dei singoli ricorrenti evidenziato che, a differenza di quanto apoditticamente affermato nei ricorsi, la Cort territoriale ha valutato e confutato le argomentazioni difensive nonché indicato in mod approfondito ed articolato gli elementi logico-probatori da cui desumere il ruolo del Mocciol del Cava e del Genre all’interno del sodalizio oggetto di giudizio.
In particolare, i giudici di merito hanno sottolineato, con percorso argomentativo esente d aporie ed illogicità, i reiterati contatti tra il capo dell’associazione –NOME COGNOME, il ruolo di rappresentante del gruppo e di organizzatore rivestito dal Cav
esecuzione delle direttive del COGNOME nonché la concreta e reiterata disponibilità del Gen ad eseguire gli ordini dei vertici del gruppo e, quindi, partecipare alle diverse attivi sodalizio criminale grazie alla possibilità di entrare allo stadio, preclusa ai correi destina COGNOME; circostanze che trovano fondamento nel contenuto gravemente indiziante delle intercettazioni in atti e nel complesso delle prove dichiarative raccolte nel corso dibattimento (pagg. 109 e 110 della sentenza di primo grado nonché pagg. 55 e 56 della sentenza di appello).
Le conclusioni della Corte d’appello sono immuni da vizi. Ed infatti, la sentenza impugnata indica una serie di elementi logico-fattuali idonei a dimostrare come COGNOME, COGNOME e COGNOME abbiano realizzato in modo continuativo e consapevole comportamenti concretizzanti una attiva, stabile ed importante partecipazione alle attività del sodalizio. Si tratta, i condotte tutte funzionali all’esercizio e all’espansione coordinata delle att dell’associazione a delinquere capeggiata dal COGNOME.
Né siffatte conclusioni possono essere messe in crisi dalle censure contenute nei ricorsi. S tratta, infatti, di doglianze le quali, in realtà, propongono una lettura alternativ risultanze istruttorie, senza confrontarsi compiutamente con le plurime indicazioni forni dalla sentenza di primo grado e dalla conforme sentenza impugnata.
IL RUOLO DI COGNOME NELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI CUI AL CAPO G)
15. Il quinto motivo dedotto da NOME COGNOME con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al ruolo direttivo che il ricorrente avrebbe riv nell’ipotizzata associazione a delinquere, è aspecifico e non consentito.
15.1. I giudici di merito hanno evidenziato, con percorso argomentativo articolato coerente alle risultanze istruttorie, gli indicatori logico-fattuali da cui desumere i direttivo rivestito dal ricorrente, il quale è stato il principale artefice del co meccanismo estorsivo rientrante nell’indeterminato programma criminale dell’associazione a delinquere in esame (vedi pagg. da 105 a 110 della sentenza di primo grado nonché pagg. 37 e 38 della sentenza impugnata e le conversazioni intercettate indicate nelle note a piè pagina nn. 2/3/4/5).
Questo Collegio intende, in proposito, ribadire il principio di diritto affermato giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini dell’attribuzione della qualifica di necessaria la verifica dell’effettivo esercizio del ruolo di vertice che lo renda riconoscib all’esterno che nell’ambito del sodalizio, realizzando un effettivo risultato di assoggettame (Sez. 6, n. 40530 del 31/05/2017, P.G. in proc. Abbinante, Rv. 271482-01).
Deve essere, quindi, rimarcato che il ruolo organizzativo, direttivo e la funzione di c competono solo a chi risulti al vertice di una entità criminale autonoma e ciò abbia fatto
concreto, così dimostrando l’esecuzione di attività individuabili come organizzative perch frutto di poteri deliberativi e decisionali autonomi (Sez. 4, n. 29628 del 21/06/2016, Puglie Rv. 267464-01, Sez. 2, n. 19917 del 15/01/2013, COGNOME, Rv. 255915-01).
15.2. Nel caso di specie i giudici di merito, con percorso motivazionale privo di illogi nonché coerente con le risultanze probatorie ed in particolare con il contenuto dell conversazioni intercettate, hanno evidenziato che il COGNOME esercitava il proprio ruo apicale, prendendo le decisioni fondamentali in tutte le attività in cui si esplic programma criminoso dell’associazione, impartendo precise direttive sui comportamenti illeciti da tenere al fine di piegare la volontà del management della Juventus ad accettare richieste estorsive del sodalizio -senza peraltro che queste direttive venissero messe i discussione dagli associati- nonché manifestando il proprio assenso o dissenso alle scelte operative degli altri affiliati.
La Corte territoriale ha, quindi, ragionevolmente affermato la sussistenza della fattispecie cui al comma primo dell’art. 416 cod. pen. in quanto il compendio probatorio chiarisce inequivocabilmente l’insostituibile ruolo decisionale e gestionale ricoperto dal COGNOME all’interno del sodalizio criminale oggetto di giudizio.
15.3. A fronte di una motivazione articolata, priva di contraddizioni ed illogicità manifes ricorrente si è limitato a riproporre una lettura generica e frazionata delle risultanze istr e a valorizzare elementi “negativi” (quali l’impossibilità per il COGNOME di accedere allo s in quanto destinatario di COGNOME e la mancanza di contatti diretti con NOME COGNOME), tentativo di accreditare una ricostruzione in fatto alternativa rispetto a quella recepita sentenze di merito, senza peraltro confrontarsi con le coerenti argomentazioni sulle quali s fonda la deliberazione impugnata con conseguente vizio di specificità del motivo.
Infine, quanto alle censure con le quali la difesa eccepisce l’inidoneità delle intercettaz valorizzate nelle sentenze di merito a dimostrare il ruolo direttivo del COGNOME è sufficiente richiamare quanto già argomentato (par. 10.3.2) in ordine ai principi di dir affermati da questa Corte in materia di interpretazione delle conversazioni intercettate e d limiti di sindacabilità delle stesse.
In definitiva, deve ritenersi che il giudizio formulato nei gradi di merito, espressosi in doppia conforme, risulti sorretto da un apparato motivazionale immune da vizi logici o profi di contraddittorietà, essendo fondato su un compendio probatorio coerentemente analizzato e razionalmente valorizzato. Le prove richiamate ed esaminate nelle sentenze di condanna consentono di affermare la correttezza della ricostruzione operata dai giudici di merito, i qu hanno congruamente ritenuto dimostrata, alla luce degli elementi probatori acquisiti, l posizione apicale effettivamente rivestita da NOME COGNOME nell’ambito del sodalizi criminoso di riferimento.
16. L’undicesimo motivo dell’impugnazione proposta da NOME COGNOME è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legi restando estranei ai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli eleme probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Il compendio probatorio correttamente riportato e valutato nelle sentenze di primo e secondo grado, in mancanza di giustificazioni alternative valide e dotate di un minimo di ragionevolezza, ha indotto i giudici di merito ad affermare, con percorso argomentativo privo di evidente illogicità, che il COGNOME ha concorso nella commissione del reato di tenta estorsione nei confronti di NOME COGNOME (vedi pagg. 58 e 59 della sentenza impugnata e pag. da 115 a 120 della sentenza di primo grado).
La Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logico-giuridici, ha correttame valutato le dichiarazioni della persona offesa, dichiarazioni ritenute idonee a dimostrare sussistenza degli elementi costitutivi del reato di tentata estorsione e la responsabil concorsuale del COGNOME.
L’iter argomentativo appare esente da vizi logici, fondandosi su di una compiuta e logica analisi critica delle dichiarazioni del COGNOME in un organico quadro interpretativo, alla luc quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti eleme del requisito della gravità, univocità e coerenza, in quanto conducenti all’affermazione piena credibilità delle asserzioni della persona offesa.
Quanto alle censure difensive inerenti all’inidoneità del contenuto delle intercettazion dimostrare che la condotta estorsiva in danno del COGNOME sia stata materialmente attuata dallo COGNOME con il placet del COGNOME è qui sufficiente richiamare quanto già argomentato (par. 10.3.2) in ordine ai principi di diritto affermati da questa Corte in mate interpretazione delle conversazioni intercettate e dei limiti di sindacabilità delle stesse.
Nel caso di specie il ricorrente non ha rappresentato la divergenza tra il contenuto del conversazioni trascritte e quelle registrate, ma si è limitato a obiettare circa l’eff dimostrativa delle stesse ed a proporre una visione alternativa alla realtà posta alla base del decisione impugnata, sicché devono ritenersi non consentite le censure sviluppate nel motivo i a di ricorso stante l’assenza di travisamento del contenuto delle intercettazioni da parte giudici di merito.
IL REATO DI TENTATA ESTORSIONE DI CUI AL CAPO M)
17. Il dodicesimo motivo del ricorso proposta da NOME COGNOME è aspecifico.
La doglianza avente ad oggetto l’insussistenza della condotta estorsiva descritta al capo M) dell’imputazione è stata correttamente confutata dai giudici di appello che hanno indicato con motivazione priva di vizi logici e conforme a quella del primo giudice, gli elemen
probatori da cui desumere la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di tenta estorsione, in particolare, valorizzando l’esplicito ed inequivoco significato accusatorio d propalazioni rese dalla persona offesa NOME COGNOME (pagg. da 89 a 93 della sentenza di primo grado e pagg. 59 e 60 della sentenza di appello).
Il ricorrente oblitera le argomentazioni dei giudici di merito in ordine alla completezz attendibilità delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, senza confrontar adeguatamente con il percorso argomentativo seguito nelle due sentenze in proposito conformi e proponendo una versione alternativa dei fatti non perseguibile in sede di legittimità.
La difesa, in particolare, ha evidenziato la mancata prospettazione di esplicite minacc senza confrontarsi con il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito e con il concr contenuto delle dichiarazioni del COGNOME, da cui si è stata correttamente desunta realizzazione del reato di tentata estorsione.
La Corte territoriale ha correttamente qualificato le condotte attuate dal COGNOME considerazione dell’idoneità di tali comportamenti a coartare la libertà di determinazi negoziale del COGNOME, nel pieno rispetto del principio di diritto secondo cui la mina costitutiva dei delitti di estorsione e di rapina oltre che essere esplicita, palese e determ può essere manifestata anche in maniera indiretta, ovvero implicita ed indeterminata, purché sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione a circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima ed condizioni ambientali in cui opera (Sez. 2, n. 2702 del 18/11/2015, Nuti, Rv. 265821-01; Sez 2, n. 27649 del 09/03/2021, Salvia, Rv. 281467-01; da ultimo Sez. 2, n. 42530 del 24/10/2024, Bassano, non massimata).
LE DOGLIANZE IN TEMA DI DASPO
Il tredicesimo motivo dell’impugnazione proposta da NOME COGNOME e l’ottavo motivo proposto da NOME COGNOME sono aspecifici.
I giudici di appello, con motivazione sintetica ma aderente alle risultanze processuali esente da illogicità manifeste, hanno ritenuto congrua la durata del Daspo determinata dal primo giudice in considerazione della particolare gravità delle condotte realizzate dal Mocciol e dal Cava (vedi pag. 127 della sentenza di primo grado e pag. 63 della sentenza oggetto di ricorso), argomentazione con cui i ricorrenti hanno omesso di confrontarsi con conseguente difetto di specificità del ricorso.
Al rigetto dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME Umberto consegue il pagamento delle spese del procedimento.
NOME COGNOME deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civil NOME COGNOME e NOME COGNOME che, in base alla qualità dell’opera prestata i
relazione alla natura e all’entità delle questioni dedotte, vanno liquidate nei termi dispositivo.
COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME devono essere condann alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili NOME COGNOME e Juventus persona del legale rappresentante pro tempore, che, in base alla qualità dell’opera relazione alla natura e all’entità delle questioni dedotte, vanno liquidate nei termi dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME limitatamente alla riserva di 25 abbonamenti a pagamento destinati agli strisc cui al reato di estorsione contestato al capo A) dell’imputazione con rinvio per nuov sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Torino. Rigetta nel resto i ricorsi COGNOME e COGNOME e dichiara irrevocabile il giudizio di responsabilità con riguardo ai rea capi B), C), D), G), I) ed M) così come rispettivamente ascritti ai già menzionati Rigetta i ricorsi di NOME COGNOME e COGNOME Umberto che condanna il pagamento delle processuali. Condanna, inoltre, in solido, COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME Umberto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio dalle parti civili NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, in perso rappresentante pro tempore, che liquida in complessivi euro 6.000,00, oltre acce legge. Condanna, inoltre, COGNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME Alessandro e NOME COGNOME liquida in complessivi euro 3800,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 19 marzo 2025
NOME