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Estorsione prolungata: no alla prescrizione del reato

Un imputato, condannato per estorsione pluriaggravata, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’avvenuta prescrizione del reato. La Corte Suprema ha respinto il ricorso, qualificando l’estorsione prolungata come un reato a consumazione progressiva. In questi casi, il termine di prescrizione non inizia a decorrere dalla prima richiesta, ma dall’ultimo atto di riscossione del profitto illecito, rendendo l’intera condotta un unico reato continuato nel tempo.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estorsione Prolungata: Quando Inizia a Decorrere la Prescrizione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14482 del 2025, offre un’importante chiarificazione sul calcolo della prescrizione nel caso di estorsione prolungata. La pronuncia analizza la natura di questo reato, specialmente quando si manifesta attraverso pagamenti rateizzati come il cosiddetto “pizzo”, e stabilisce il momento esatto da cui il tempo per l’estinzione del reato inizia a decorrere. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale per contrastare le attività criminali che si protraggono nel tempo.

I Fatti del Caso: un’Estorsione Durata Anni

Il caso esaminato trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di estorsione pluriaggravata. In sede di appello, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena (il cosiddetto “concordato in appello” ex art. 599 bis c.p.p.), rideterminandola in 8 anni di reclusione e 2.800 euro di multa.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando una questione cruciale: la mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Secondo la difesa, il termine massimo previsto dalla legge per perseguire il reato era già decorso prima della pronuncia della Corte d’Appello.

La Prescrizione nell’Estorsione Prolungata e il Ricorso

Il ricorrente basava la sua tesi sull’idea che il reato si fosse prescritto. La difesa ha invocato un principio, affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui è possibile ricorrere in Cassazione anche dopo un concordato in appello se si lamenta l’omessa declaratoria di una causa di estinzione del reato già maturata.

Il punto centrale del dibattito, tuttavia, non era l’ammissibilità del ricorso, ma la fondatezza della richiesta di prescrizione. La questione giuridica era stabilire il dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il calcolo del termine di prescrizione per un reato di estorsione che si era protratto per oltre 15 anni attraverso pagamenti mensili.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la censura manifestamente infondata. Il cuore della motivazione risiede nella qualificazione giuridica del reato. La Corte ha ribadito che l’estorsione prolungata, caratterizzata dalla riscossione periodica di somme di denaro (come nel caso del pizzo), costituisce un reato unico a consumazione prolungata o progressiva.

Questo significa che l’intera sequenza di pagamenti non viene considerata come una serie di reati distinti, ma come un’unica condotta criminosa che si protrae nel tempo. Di conseguenza, il reato si considera consumato non al momento della prima minaccia o del primo pagamento, ma solo con l’ultima percezione del profitto ingiusto.

La Corte ha specificato che il termine di prescrizione, in questi casi, inizia a decorrere solo dalla cessazione della condotta illecita, cioè dall’ultimo pagamento estorto. Poiché nel caso di specie la condotta si era protratta per un lungo periodo, la prescrizione non era affatto maturata al momento della sentenza d’appello.

Le Conclusioni: l’Inammissibilità del Ricorso

In conclusione, la Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva. Trattandosi di un reato a consumazione prolungata, il tempo necessario a prescrivere l’intera condotta criminosa, durata oltre 15 anni, ha iniziato il suo corso solo dopo l’ultima riscossione. Questa interpretazione unitaria della condotta estorsiva ha trovato conferma anche nel trattamento sanzionatorio, che non aveva previsto aumenti di pena per la continuazione interna, considerando il tutto come un unico reato.

La decisione riafferma un orientamento consolidato, cruciale per l’efficacia della repressione penale contro forme di criminalità persistenti come l’estorsione. Chi commette un’estorsione prolungata non può sperare che il tempo giochi a suo favore finché la condotta criminale non è definitivamente cessata.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, la Corte di Cassazione, richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite (n. 19415/2022), afferma che è ammissibile il ricorso con cui si deduce l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia della sentenza d’appello.

In un reato di estorsione prolungata, come il pagamento mensile del ‘pizzo’, da quando inizia a decorrere la prescrizione?
La prescrizione inizia a decorrere solo dal momento dell’ultima riscossione del profitto ingiusto. Il reato è infatti considerato a consumazione prolungata o progressiva, e la condotta illecita cessa solo con l’ultimo atto di percezione del denaro.

Perché l’intera condotta estorsiva, protrattasi per anni, viene considerata come un unico reato?
Perché la giurisprudenza la qualifica come ‘reato unico a consumazione prolungata’. La rateizzazione del pizzo non dà luogo a tanti reati distinti, ma a un’unica condotta criminosa la cui esecuzione si protrae nel tempo, finalizzata a mantenere il controllo sulla vittima e a percepire costantemente il profitto illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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