Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44939 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44939 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME nato in Macedonia del Nord il 15/09/1979
avverso la sentenza del 07/02/2024 della Corte di Appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bologna ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 18 maggio 2017 dal Tribunale di Bologna nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110-629 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME a mezzo del proprio difensore, formulando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, la difesa deduce la violazione degli artt. 393 e 629 cod. pen. e il vizio di motivazione, dolendosi della ribadita affermazione di responsabilità per il concorso in estorsione. Nonostante l’espresso motivo di gravame, la Corte di appello non avrebbe offerto risposta alla dedotta estraneità di COGNOME ai pregressi rapporti tra il concorrente COGNOME e la persona offesa e in genere alle dinamiche illecite intercorse tra i due. Il ricorrente, come riferito anche in sede di spontanee dichiarazioni, avrebbe vantato un credito nei confronti del suddetto COGNOME, suo datore di lavoro. PoichØ quest’ultimo avrebbe subordinato il versamento di tale retribuzione al pagamento da parte di Campagna di un altro preteso distinto debito, COGNOME avrebbe concorso all’attività intimidatoria, nella erronea convinzione (indotta dall’altrui inganno) di coadiuvare il proprio titolare nella riscossione di quanto effettivamente spettantegli. Sulla scorta dell’insegnamento delle Sezioni Unite
e secondo la ratio legis degli artt. 47-48 cod. pen., in assenza di qualsiasi causalità psichica, il ricorrente non dovrebbe rispondere del fatto ai sensi degli artt. 110 o 116 cod. pen., ma solo del piø lieve delitto di ragion fattasi.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la mancata applicazione della circostanza attenuante introdotta dalla sentenza n. 120 del 15/06/2023, la Corte costituzionale.
Si Ł proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato, da ultimo, dall’art. 11, comma 7, decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł, nel suo complesso, infondato.
Il primo motivo risulta generico e non consentito, in quanto meramente rivalutativo.
Il ricorrente, in primo luogo, non si confronta appieno con l’effettivo apparato motivazionale della sentenza impugnata. In particolare, le sue conclusioni in punto di diritto postulano una preliminare ricostruzione parzialmente alternativa della vicenda storica, impossibile in questa sede, a fronte di una congrua argomentazione della sentenza impugnata.
Secondo la doppia conforme valutazione dei giudici di merito, non solo le ragioni di credito vantate da Osmani sarebbero prive di ogni tutela giudiziaria, siccome discendenti da un negozio illecito, ma la versione offerta da COGNOME – espressamente considerata, onde rigettare i relativi motivi di gravame – Ł stata ritenuta implausibile, alla luce della defatigante attività minatoria (un’intera giornata trascorsa facendo pressioni sulla persona offesa, con ulteriore seguito telefonico la mattina seguente) e dell’esiguità della somma a sua volta asseritamente pretesa a sua volta dal ricorrente, quale creditor creditoris , rispetto alla sua perdurante e attiva partecipazione a «una condotta connotata da uno straordinario livello di intimidazione». Già il Tribunale, peraltro, aveva sottolineato come COGNOME si fosse «limitato a giustificare la propria pretesa con un movente alternativo che Ł apparso del tutto fantasioso» (p. 3).
3. Il secondo motivo non risulta fondato.
3.1. Con sentenza n. 120 del 15 giugno 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 c.p. – per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., assorbita la censura di cui al primo comma dello stesso art. 27 – «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata Ł diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
Invero, a fronte di una tipizzazione legislativa rimasta inalterata nella definizione del fatto tipico, si Ł registrato un progressivo inasprimento del trattamento sanzionatorio, con sostanziale impossibilità di accedere al beneficio della sospensione condizionale della pena, ove pure il fattoreato sia in concreto, non soltanto esente da circostanze aggravanti, ma finanche connotato dalla speciale tenuità del danno patrimoniale e del lucro. Questo aggravamento della forbice edittale muove, esplicitamente, da preminenti ragioni di contrasto ad un mezzo operativo tipico della criminalità organizzata. Il Giudice delle leggi ha, dunque, rilevato come la struttura della norma incriminatrice fosse tale da includere nel proprio ambito applicativo anche episodi marcatamente
dissimili, sul piano criminologico e del tasso di disvalore, rispetto a quelli avuti di mira dal legislatore dell’emergenza, avuto riguardo alla piø o meno marcata ‘occasionalità’ dell’iniziativa delittuosa, alla ridotta entità dell’offesa alla vittima e alla non elevata utilità pretesa. Riguardo specificamente all’entità del minimo edittale, l’inesistenza di un’attenuante di lieve entità determina, pertanto, un vulnus ai principi costituzionali di ragionevolezza e finalità rieducativa della pena, sulla scorta dei tertia comparationis, pienamente coerenti con la fisionomia oggettiva del delitto di estorsione, offerti da analoga circostanza, prevista dall’art. 311 cod. pen. per i delitti contro la personalità dello Stato (tra cui il sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, punito dall’art. 289bis cod. pen), ed estesa, con la sentenza n. 68 del 6 marzo 2012, anche al sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all’art. 630 cod. pen.; con la sentenza n. 86 del 13/05/2024, muovendo da premesse analoghe, Ł stata, poi, dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena comminata per la rapina impropria possa essere ugualmente attenuata.
Gli indici dell’attenuante di lieve entità, nella ricostruzione della Corte costituzionale, devono così individuarsi nell’estemporaneità della condotta, nella scarsità dell’offesa personale alla vittima, nell’esiguità delle somme estorte e nell’assenza di profili organizzativi. Ciò garantisce che la riduzione della pena – in misura non eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell’art. 65, primo comma, n. 3, cod. pen. – sia riservata alle ipotesi di minima lesività, per una condotta che pur sempre incide sulla libertà di autodeterminazione della persona, nella prospettiva della proporzionalità della sanzione, premessa della finalità rieducativa.
Tale specifica attenuante deve essere ricondotta nel novero delle circostanze cosiddette ‘indefinite’ o ‘discrezionali’, non avendo il legislatore precisato piø compiutamente il concetto di ‘lievità’ del fatto. Essa, in ogni caso, assolve la specifica funzione di mitigare – in rapporto ai soli profili oggettivi del fatto (caratteristiche dell’azione criminosa ed entità del danno o del pericolo) una risposta punitiva improntata a eccezionale asprezza e che, proprio per questo, rischiava di rivelarsi incapace di adattamento alla varietà delle situazioni concrete riconducibili al modello legale.
3.2. Nel caso di specie, il Collegio, alla stregua degli elementi di fatto già valorizzati dal giudice del merito, sulla base degli accertamenti illustrati dalla motivazione delle due conformi sentenze di condanna, può apprezzare direttamente la sussistenza di elementi ostativi al riconoscimento dell’attenuante, senza che risultino necessarie ulteriori verifiche.
Invero, anche a prescindere dall’entità dei profitti, pure tutt’altro che irrilevanti, la rilevante offensività del fatto Ł stata ripetutamente stigmatizzata dai giudici di merito, nella loro scrupolosa ricostruzione dei fatti. In particolare, Ł stata ampiamente sottolineata la protratta reiterazione delle condotte gravemente minacciose e la lunga compressione dell’autonomia e della stessa libertà di locomozione della persona offesa da parte di piø persone, sotto il coordinamento di Osmani. Possono, dunque, fondatamente escludersi la natura estemporanea dell’azione, la scarsità dell’offesa personale alla vittima, l’assenza di profili organizzativi.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 20/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME