Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26853 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26853 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2252/2025
CC – 27/06/2025
R.G.N. 15302/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 15/04/2025 del TRIBUNALE di Roma
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
Con ordinanza del 15 aprile 2025 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha pronunciato sull’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME con la quale Ł stata chiesta la rideterminazione della pena di cui alla sentenza della Corte di appello di Roma del 12 giugno 2012 per delitti in materia di stupefacenti e per estorsione.
Per i primi, ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014; per il secondo, ha invocato l’applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità di cui alla declaratoria di parziale illegittimità pronunciata con sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023.
Il giudice dell’esecuzione ha accolto l’istanza per i reati relativi agli stupefacenti e rigettato quella avente ad oggetto la condanna per estorsione.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo con il quale ha eccepito violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione.
In particolare, ha evidenziato come, con riferimento alla fattispecie estorsiva, il giudice di merito, con la sentenza definitiva di condanna, abbia descritto il reato in termini tali da giustificare l’affermazione della sua minima offensività, posto che Ł stato evidenziato come lo stesso si collochi «su uno dei gradini piø bassi della scala di gravità dei possibili fatti di estorsione».
Tale passaggio motivazionale non avrebbe potuto essere oggetto di rinnovata e difforme valutazione in sede esecutiva, laddove Ł stata esclusa la sussistenza della lieve offensività già segnalata in sede di cognizione.
Inoltre, il giudice dell’esecuzione, per negare la ricorrenza dell’ipotesi attenuata, ha fatto ricorso a parametri inidonei allo scopo fra i quali i precedenti penali dell’imputato e l’avvenuta
concessione delle circostanze attenuanti generiche, omettendo, invece, per come imposto dalla costante giurisprudenza di legittimità formatasi per l’omologa situazione determinatasi in materia di stupefacenti, di operare una valutazione complessiva di tutti gli indici idonei a motivare la ricorrenza del fatto lieve.
Peraltro, quanto alle condizioni soggettive del condannato, la sentenza di merito ha motivatamente escluso la sussistenza della recidiva.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. La norma incriminatrice di cui all’art. 629 cod. pen., successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, Ł stata oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale per effetto della sentenza del 15 giugno 2023, n. 120 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 629 cod. pen. «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata Ł diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
Pertanto, analogamente a quanto avvenuto per altre fattispecie attinte dalla medesima tipologia di declaratoria di illegittimità costituzionale, il giudice dell’esecuzione può essere legittimamente adito ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio invocando l’applicazione dell’attenuante.
In tal senso, per l’analoga fattispecie della dichiarazione di illegittimità dell’art. 630 cod. pen. a causa della mancata previsione della lieve entità del fatto (Sez. 1, Sentenza n. 5973 del 04/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262270).
Si tratta di applicare il principio generale secondo cui «quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non Ł stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare non Ł a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, o comunque derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme piø favorevoli eventualmente “medio tempore” approvate dal legislatore» (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697).
Per fattispecie analoghe a quella in esame Ł stato già affermato il principio di diritto, qui ribadito, in base al quale «il condannato per il delitto di estorsione all’esito di giudizio definito prima che, con sentenza n. 120 del 2023, la Corte costituzionale dichiarasse illegittimo l’art. 629 cod. pen., nella parte in cui non prevede la possibilità di diminuire la pena in caso di lieve entità del fatto, può chiedere al giudice dell’esecuzione di riconoscere la circostanza attenuante rideterminando il trattamento sanzionatorio, salvo che si versi in un caso di rapporto esaurito» (Sez. 1, n. 45891 del 11/09/2024, D., Rv. 287398 – 01).
Identico principio Ł stato affermato per l’analoga fattispecie della dichiarazione di illegittimità dell’art. 630 cod. pen. a causa della mancata previsione della lieve entità del fatto (Sez. 1, Sentenza n. 5973 del 04/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262270).
Nel rideterminare la pena, il giudice deve operare discrezionalmente e considerare i parametri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., tenendo conto degli elementi fattuali accertati
nel giudizio di cognizione e coperti dal giudicato definitivo.
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione si Ł attenuto ai principi di diritto che governano la materia fornendo una motivazione all’esito di un procedimento esente dai vizi eccepiti con il ricorso.
Invero, il giudice adito, al fine di valutare la concedibilità dell’attenuante invocata, ha evidenziato che «la contenuta entità del profitto avuto di mira su cui si fonda l’istanza non Ł, infatti, l’unico parametro alla cui stregua valutare la lieve entità del fatto» e che, nella fattispecie, sono elementi ostativi alla concedibilità dell’attenuante «i plurimi precedenti riportati dall’imputato, il riconoscimento delle attenuanti generiche al cui interno già Ł stato valutato il ridotto disvalore penale del fatto, le modalità esecutive, il contesto del credito vantato riferibile a cessioni di sostanze stupefacenti».
Si tratta di una valutazione priva di vizi evidenti e coerente con le risultanze del procedimento e neppure in contrasto con il frammento della motivazione del giudice della cognizione riportato in ricorso ove si insiste nel sottolineare il riferimento alla possibilità di inquadrare il fatto «su uno dei gradini piø bassi della scala di gravità dei possibili fatti di estorsione» e all’assenza di alcun collegamento tra il fatto e possibili contesti di criminalità organizzata.
Il giudice dell’esecuzione, piuttosto, analizzando, complessivamente, come imposto dalla sentenza dichiarativa dell’illegittimità costituzionale, i «mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione», ha escluso la concedibilità dell’attenuante.
Nel compiere tale operazione, non Ł incorso in alcun vizio motivazionale avendo tenuto conto dei parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. (fra i quali rientrano, nonostante le contrarie allegazioni di cui al ricorso, anche la personalità del condannato e le modalità del fatto), alla luce degli accertamenti fattuali definitivi.
Da quanto esposto, discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 27/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME