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Estorsione lieve entità: la Cassazione apre alla pena

Un uomo è stato condannato per estorsione ai danni del nonno anziano, a cui aveva sfondato la porta di casa in piena notte per ottenere 20 euro. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9921/2024, ha confermato la responsabilità penale, ritenendo la condotta implicitamente minacciosa. Tuttavia, ha annullato la pena inflitta, rinviando il caso alla Corte d’Appello per valutare l’applicazione della nuova attenuante dell’estorsione lieve entità, introdotta da una recente sentenza della Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estorsione di Lieve Entità: La Cassazione Annulla la Pena e Spiega i Criteri

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 9921/2024, è intervenuta su un delicato caso familiare, fornendo chiarimenti cruciali sulla configurazione del reato di estorsione e, soprattutto, sull’applicazione della nuova attenuante per l’estorsione lieve entità. La vicenda, che vede un nipote condannato per aver estorto una piccola somma di denaro al nonno anziano, diventa l’occasione per la Suprema Corte di recepire un’importante pronuncia della Corte Costituzionale, aprendo a una riconsiderazione della pena in casi di minore gravità.

I Fatti: Una Richiesta di Denaro Notturna

I fatti risalgono al marzo 2021, quando un giovane uomo, in piena notte, si è recato presso l’abitazione del nonno, un signore ultranovantenne che viveva da solo. Dopo aver bussato insistentemente senza ricevere risposta, l’uomo ha sfondato la porta d’ingresso. Una volta dentro, ha chiesto e ottenuto dal nonno la somma di 20 euro, lasciando l’anziano parente in un evidente stato di agitazione e ansia, tanto da indurlo a chiamare il figlio (padre dell’imputato) per chiedere aiuto.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia in primo grado che in appello, il giovane è stato condannato per il reato di estorsione pluriaggravata, in particolare dalla minorata difesa della vittima. La difesa ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su diversi motivi. In primo luogo, si contestava la valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, che in dibattimento aveva tentato di alleggerire la posizione del nipote rispetto a quanto dichiarato in fase di indagini. In secondo luogo, si sosteneva che la semplice azione di sfondare la porta non integrasse di per sé la minaccia o la violenza necessarie per il reato di estorsione, potendo al massimo configurare una violazione di domicilio.
Infine, il ricorso invocava l’applicazione di una pena più mite, sia attraverso la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.p.), sia tramite la nuova circostanza attenuante dell’estorsione lieve entità.

La Decisione della Cassazione sull’Estorsione di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha rigettato i motivi relativi alla configurabilità del reato, confermando la condanna. Tuttavia, ha accolto la doglianza relativa al trattamento sanzionatorio.
La Suprema Corte ha stabilito che la condotta dell’imputato integrava pienamente il reato di estorsione. L’azione violenta di sfondare la porta di casa di notte, ai danni di una persona anziana e vulnerabile, costituisce una minaccia implicita, idonea a coartare la volontà della vittima e a costringerla a consegnare il denaro. Non è necessaria una minaccia verbale esplicita quando le circostanze concrete sono così palesemente intimidatorie.
La vera novità della sentenza risiede però nell’accoglimento del motivo relativo alla pena. La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente a questo punto, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione. Il motivo? La necessità di considerare l’applicabilità dell’attenuante del fatto di lieve entità, introdotta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 2023, pronunciata dopo la decisione d’appello.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, ai fini dell’estorsione, la minaccia può essere manifesta o implicita, palese o larvata. La sua idoneità a incutere timore va valutata in base a circostanze oggettive come la personalità dell’agente, l’ambiente, l’ingiustizia della pretesa e le condizioni soggettive della vittima. In questo caso, la vulnerabilità dell’anziano nonno, aggredito nel cuore della notte nella propria abitazione, rendeva la condotta del nipote intrinsecamente coercitiva.
Per quanto riguarda la pena, la Cassazione ha respinto la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p.p. (tenuità del fatto), poiché il reato di estorsione è esplicitamente escluso da tale beneficio. Ha invece dato pieno corso alla pronuncia della Consulta, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 629 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva una diminuzione di pena per i fatti di lieve entità. Questa nuova attenuante, mutuata dall’art. 311 c.p., deve essere valutata considerando la natura, i mezzi, le modalità dell’azione e la particolare tenuità del danno. La Cassazione ha quindi imposto al giudice del rinvio di verificare se, nel caso concreto, sussistano tali indici di ridotta gravità, come l’estemporaneità della condotta, la modestia dell’offesa e l’esiguità della somma estorta.

Le Conclusioni

La sentenza n. 9921/2024 consolida un importante principio: anche un’azione violenta su cose, come sfondare una porta, può integrare la minaccia di un’estorsione se il contesto la rende intimidatoria per la vittima. L’aspetto più rilevante è però l’applicazione pratica della nuova attenuante per l’estorsione lieve entità. La decisione della Cassazione rende irrevocabile l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, ma impone una riconsiderazione della pena. I giudici di merito dovranno ora valutare con attenzione se la gravità concreta del fatto giustifichi l’applicazione del trattamento sanzionatorio standard o se, al contrario, la ridotta entità del danno e le modalità dell’azione consentano una pena più mite, in linea con i principi di proporzionalità e adeguatezza sanciti dalla Corte Costituzionale.

Sfondare una porta per chiedere soldi è sempre estorsione?
Sì, secondo questa sentenza, può integrare il reato di estorsione. Se la condotta, valutata nel suo contesto complessivo (come l’ora notturna, la vulnerabilità della vittima e la violenza dell’atto), è idonea a incutere timore e a costringere la persona offesa a consegnare il denaro, costituisce la minaccia richiesta dalla norma penale, anche in assenza di minacce verbali esplicite.

Perché la condanna è stata confermata ma la pena annullata?
La condanna è stata confermata perché gli elementi del reato di estorsione (violenza/minaccia, costrizione, ingiusto profitto) sono stati ritenuti sussistenti. La pena, invece, è stata annullata perché dopo la sentenza d’appello è intervenuta la Corte Costituzionale (sent. 120/2023) che ha introdotto una nuova circostanza attenuante per l’estorsione di lieve entità. La Cassazione ha quindi rinviato il caso al giudice d’appello per ricalcolare la pena tenendo conto di questa nuova e più favorevole previsione normativa.

Cos’è l’attenuante dell’estorsione di lieve entità?
È una circostanza attenuante che consente al giudice di diminuire la pena per il reato di estorsione in misura non superiore a un terzo. Si applica quando il fatto, nel suo complesso, risulta di gravità contenuta. I criteri per valutarla includono la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, oppure la particolare tenuità del danno o del pericolo. Indici concreti possono essere l’estemporaneità della condotta, la modestia dell’offesa personale e l’esiguità delle somme estorte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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