Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11974 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11974 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
COGNOME IMPERIALI NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TAURIANOVA il 01/11/1951 RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili; udito il difensore della parte civile costituita COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha concluso come da memoria depositata e nota spese di cui ha chiesto la liquidazione; lette le memorie depositate dai difensori delle parti civili costituite NOMECOGNOME NOME COGNOME che hanno chiesto che i ricorsi vengano rigettati con liquidazione delle spese;
letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente COGNOME del 15/02/2025; udito il difensore dei ricorrenti, Avv. NOME COGNOME che si Ł riportata ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato, con sentenza del 18/04/2024, la sentenza del Tribunale di Locri del 13/02/2018 con la quale COGNOME NOME, per quanto di interesse, Ł stato condannato alla pena di giustizia per il delitto allo stesso ascritto in rubrica (artt. 81, 629 cod. pen.), con conseguente condanna in solido con il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di costituzione e difesa sostenute dalle parti civili costituite.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
proprio difensore, con unico atto, COGNOME NOME e il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE deducendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 157 cod. pen. per omessa declaratoria dell’estinzione del reato per prescrizione al momento della pronuncia della decisione di appello; tenuto conto della contestazione elevata (con individuazione dell’ultima condotta rilevante in epoca 02/11/2011) e del termine massimo di prescrizione di anni undici e mesi otto il reato contestato doveva ritenersi prescritto prima del 18/04/2024; nonostante la proposizione di specifica censura in sede di discussione, la Corte di appello rendeva sul punto una motivazione apparente, sostanzialmente omettendo di rispondere e richiamando in modo del tutto generico ed aspecifico la presenza di periodi di sospensione della prescrizione; il decidente avrebbe dovuto indicare specificamente le cause di sospensione e la loro incidenza rispetto alla estinzione del reato ascritto; in via gradata, la difesa denunciava la maturazione del termine di prescrizione rispetto alla data di irrevocabilità della sentenza di condanna non ancora intervenuta.
2.2. Violazione di legge, di norme processuali e vizio della motivazione perchØ mancante o comunque insufficiente in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di estorsione; omessa motivazione in ordine alla specifiche deduzioni proposte con i motivi di appello; la Corte di appello ha ritenuto integrata la condotta minacciosa in assenza di riscontri testimoniali, così travisando l’esito della prova assunta; il ricorrente si era limitato a chiedere l’apposizione della firma, senza prospettare alcun licenziamento, soprattutto perchØ alcune lavoratrici non erano state ancora assunte, circostanza che la Corte di appello aveva omesso di considerare, nonostante lo specifico motivo di appello proposto sul punto. La Corte di appello ha apoditticamente affermato che la minaccia era stata concordemente riferita dagli interessati, nonostante le specifiche contestazioni elevate su questo tema con richiamo analitico ai motivi di appello ed all’esito delle testimonianze ivi richiamate (pag. 6 del ricorso); la difesa ha inoltre osservato che la trascrizione dei verbali di udienza (indicati a pag. 7 del ricorso) rendeva evidente il travisamento della prova, considerato che tutte le lavoratrici avevano escluso la minaccia di licenziamento o il differimento della assunzione; Ł del tutto mancata, poi, la minaccia di un danno ingiusto. ¨ stata inoltre richiamata la normativa vigente al tempo, evocata la configurazione della condotta in questione come illecito amministrativo e la mancanza dell’elemento materiale della estorsione proprio in considerazione di tale disciplina, attesa la totale assenza di vis costrittiva; si assume ricorrere al piø una mera induzione, inidonea ad ingenerare nel lavoratore il metus tipico della attività estorsiva; la Corte di appello aveva erroneamente equiparato, quanto all’ingiustizia del danno e al diritto alla conservazione del posto di lavoro, la posizione del lavoratore già assunto rispetto a quella dell’aspirante lavoratore, non potendo essere riconosciuta la sussistenza dell’estorsione in relazione al momento genetico del rapporto di lavoro, atteso che le lavoratrici avrebbero ben potuto opporre un rifiuto, in mancanza di qualsiasi legittima aspettativa. La difesa ha contestato la ricorrenza del fine di profitto attesa la struttura della RAGIONE_SOCIALE, con mancanza di motivazione sul punto; ed ancora, Ł stata richiamata la mancanza dell’elemento psicologico, il dolo specifico del delitto di estorsione con richiesta ‘assoluzione perchØ il fatto non costituisce reato’ (pag. 13 del ricorso), in presenza di una motivazione sostanzialmente apparente non coerente con i riferimenti normativi e giurisprudenziali offerti dalla difesa.
2.3. Violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione della condotta come falsità in foglio firmato in bianco ovvero di truffa o violenza privata; la Corte di appello ha erroneamente valutato gli elementi emersi in giudizio e non ha reso comprensibile il percorso argomentativo sul tema della riqualificazione giuridica.
2.4. Omessa concessione della attenuante speciale del fatto di lieve entità, sopravvenuta nel corso del giudizio di appello per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 25 del 2023; l’imputato aveva proposto appello anche quanto al trattamento sanzionatorio e la Corte di appello avrebbe dovuto valutare la lieve entità del fatto in relazione alla natura della azione ed ai mezzi utilizzati; tale valutazione Ł stata del tutto omessa.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
Le parti civili costituite NOMECOGNOME NOME COGNOME CarŁ NOME, NOME COGNOME per mezzo dei rispettivi difensori, hanno depositato conclusioni, chiedendo che venga dichiarata l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con riferimento alle condotte consumate nel luglio 2010 e il 14/10/2010 perchØ il reato Ł estinto per prescrizione, con eliminazione della relativa pena. Nel resto i ricorsi sono invece inammissibili perchØ proposti con motivi generici, non consentiti, oltre che manifestamente infondati, sicchØ deve essere dichiarata irrevocabile l’affermazione di responsabilità per le condotte realizzate invece nel marzo e nel novembre 2011 per le ragioni che seguono.
In via preliminare, quanto al tema della prescrizione, occorre rilevare la parziale fondatezza del primo motivo di ricorso, in considerazione del tema compiutamente introdotto in appello quanto al decorso del relativo termine in relazione ai fatti per come contestati. In tal senso, occorre evidenziare che il tema era stato introdotto (in modo maggiormente argomentato) in sede di appello e, rispetto a tale deduzione, l’argomentazione della Corte di appello si Ł caratterizzata per sostanziale apparenza, mediante richiamo del tutto generico alla presenza di periodi di sospensione e con rimando alla decisione di primo grado, senza considerare i fatti contestati e gli elementi richiamati dalla difesa, tenuto conto dell’epoca di pronuncia della decisione di appello. Ciò premesso, dagli atti presenti al fascicolo, consultabili in relazione al tipo di vizio dedotto, emerge la sospensione del termine di prescrizione per complessivi mesi 11 e giorni 26, sicchØ, attesa la contestazione elevata ai sensi degli artt. 81 cpv. e 629 cod. pen. e la data della decisione di appello, si deve ritenere l’intervenuto decorso del termine di prescrizione per le condotte, oggetto di contestazione, del Luglio 2010 e del 14/10/2010, rispettivamente in data 27/12/2023 e 10/04/2024. Ne consegue l’annullamento senza rinvio sul punto della sentenza impugnata, con eliminazione della relativa pena.
Gli altri motivi di ricorso sono invece generici, aspecifici, non consentiti, oltre che manifestamente infondati.
Il secondo e terzo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, attesa la diretta riferibilità delle argomentazioni proposte in ordine alla sussistenza del fatto ed alla corretta qualificazione giuridica dello stesso. Tali motivi non sono consentiti, sia attesa la loro oggettiva reiteratività, in assenza di confronto con la motivazione della sentenza e considerata altresì la evidente volontà di introdurre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede.
Le argomentazioni proposte dalla difesa sono difatti del tutto reiterative dei motivi di appello e già per ciò solo inammissibili (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062-01, in
motivazione; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869-01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632-01). Invero, le doglianze proposte si caratterizzano, come già detto, come una rilettura del merito non consentita in questa sede (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 26257501; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01; Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278745-01) a fronte di una motivazione della Corte di appello, ampia ed argomentata, con la quale i ricorrenti omettono sostanzialmente di confrontarsi.
I motivi si caratterizzano conseguentemente anche per una evidente aspecificità. Si deve a tal fine ricordare che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01).
In altri termini, Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01).
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che il ricorso di cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01).
Inoltre, nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità del ricorrente con motivazione del tutto conforme e piena condivisione delle argomentazioni spese dal giudice di primo grado sulla base della coerente e corrispondente valutazione degli elementi di prova acquisiti. Vi Ł stata, dunque, una concordanza nell’analisi e nella valutazione dei risultati probatori posti a fondamento della stessa, ad esito della quale, in applicazione del principio di diritto sopra richiamato, il fatto Ł stato riqualificato come estorsione consumata piuttosto che tentata.
Ciò posto, Ł opportuno ricordare che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, COGNOME, Rv. 252615-01; Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229-01).
Invero, il giudice di appello non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del proprio convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv.
260841-01).
Fermo quanto precede, neanche la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853-01): ciò Ł – all’evidenza – riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha esaminato ed espressamente confutato le deduzioni difensive negli aspetti fondamentali sollevati con motivazione congrua, articolata logicamente e priva di aporie (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500-01; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, dep. 2014, Cento, Rv. 259643-01; Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 256879-01).
I motivi di ricorso hanno inoltre, come già detto, denunciato la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, con una generica deduzione, contrastante con il principio secondo il quale i vizi della motivazione si pongono «in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che – all’evidenza – la motivazione, se manca, non può essere, al tempo stesso, nØ contraddittoria, nØ manifestamente illogica e, per converso, la motivazione viziata non Ł motivazione mancante» (così, Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518-01; v. anche, Sez. 1, n. 39122 del22/09/2015, COGNOME, Rv. 264535-01; Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, COGNOME, Rv. 26354101; Sez. 2, n. 31811 del08/05/2012, Sardo, Rv. 254329-01; Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, in motivazione).
In altri termini, occorre considerare che i motivi di ricorso, pur essendosi formalmente espressi richiamando censure riconducibili alle categorie del vizio di motivazione ed anche al travisamento della prova, non hanno, effettivamente, denunciato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, bensì una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente errata del materiale probatorio. Con numerose argomentazioni sono state, quindi, proposte doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti, tese a sollecitare una rivalutazione del compendio probatorio in un senso considerato piø plausibile; tuttavia, la valutazione dei dati processuali e la scelta, tra i vari risultati di prova, di quelli ritenuti piø idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv.262575-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01; Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, Fasciani, Rv. 278745-01).
Deve, dunque, essere ribadito il principio secondo il qualeŁ preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n.18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01;Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099-01).
La Corte di appello ha specificamente valutato le censure difensive oggi riproposte e reiterate, analizzando tutti i temi devoluti, con particolare riferimento sia alle diverse posizioni delle lavoratici coinvolte e destinatarie della condotta del ricorrente, che alla sussistenza dell’elemento soggettivo sulla base di una argomentata considerazione delle prove testimoniali espletate, della documentazione acquisita e delle conclusioni tecniche del consulente grafologico, con le quali il ricorrente non si confronta effettivamente.
Sono stati ampiamente ricostruiti gli elementi a supporto della affermazione di responsabilità del ricorrente, con motivazione logica e persuasiva, mediante la compiuta considerazione di tutte le censure difensive, con particolare riferimento alla affermata ricorrenza di un mero illecito amministrativo (pag. 6 dove si Ł valorizzata l’utilizzazione strumentale di azioni asseritamente consentite al fine di coartare l’altrui volontà per raggiungere un vantaggio ingiusto con violazione della autonomia negoziale di una delle parti) ed alla situazione delle diverse lavoratrici coinvolte, che, per la loro specifica posizione (assunte a tempo determinato e indeterminato), non potevano essere collocate nell’alveo della giurisprudenza di legittimità richiamata dalla difesa (che si riferisce al diverso caso di persone non ancora assunte, neanche in modo precario).
NØ può ritenersi ricorrere l’asserito travisamento della prova dedotto incidentalmente nell’ambito di tali motivi di ricorso, vizio – tra l’altro – dedotto in modo generico e senza alcun specifico accenno alla prova di resistenza. In tal senso, si deve ricordare che il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta ‘doppia conforme’, essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi in sede di legittimita, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, COGNOME, Rv. 243636-01; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499-01; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258438-01). E, nel caso di specie, il giudice di appello, con valutazione del tutto conforme a quello di primo grado, ha ritenuto chiare ed univocamente rilevanti le dichiarazioni delle persone offese, al fine di riscontrare l’effetto costrittivo nell’ambito del rapporto di lavoro instaurato con il ricorrente, con una motivazione del tutto chiara, logicamente articolata e priva di aporie. La Corte di appello ha, dunque, correttamente applicato il principio di diritto applicato in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile, che qui si intende ribadire, secondo il quale integra il delitto di estorsione la condotta di chi, avendo la possibilità di intervenire sul rinnovo dei contratti a termine dei dipendenti di una cooperativa, per costringere questi ultimi a versargli somme di denaro illegittimamente richieste, minacci di interferire negativamente sulla decisione di rinnovare tali contratti o di trasformarli in contratti a tempo indeterminato, senza che ciò trovi alcuna giustificazione sul piano delle scelte aziendali (Sez. 2, n. 11123 del 18/01/2024, COGNOME, Rv. 286160-02).
Nel caso concreto, infatti, la Corte di appello ha manifestato una valutazione ancorata a precise circostanze emerse nel corso dell’istruzione dibattimentale, priva di qualsivoglia illogicità, tanto piø manifesta, non censurabile nella presente sede, atteso che la condotta ascritta non riguardava la sola fase della costituzione “originaria” del rapporto di lavoro ma, soprattutto, quella relativa al suo concreto e dinamico svolgimento nel corso del quale il lavoratore dipendente Ł soggetto al potere organizzativo che Ł proprio di una struttura articolata, che gestisce e sceglie le prospettive lavorative degli stessi dipendenti.
In conclusione, deve essere ribadito il principio, correttamente applicato dalla Corte di appello, secondo il quale la prospettazione dell’esercizio di una facoltà o di un diritto spettante al soggetto agente integra gli estremi della minaccia “contra ius” quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato come conseguenza diretta di tale condotta, si faccia ricorso alla stessa per coartare la volontà altrui ed ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti, nØ conformi a giustizia (Sez. 2, n. 34242 del 11/07/2018, COGNOME, Rv. 273542-01; Sez. 6, n. 47895 del 19/06/2014, COGNOME, Rv. 261217-01; Sez. 2, n. 119 del 04/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246306-01).
La Corte di appello ha argomentato, in modo non censurabile, anche in ordine a tale profilo evidenziando come la costrizione delle lavoratrici al fine di sottoscrivere delle lettere di dimissioni in
bianco (e non già ad accettare retribuzioni piø basse rispetto a quelle dovute) ha rappresentato la realizzazione del fine illecito, con coartazione della volontà delle stesse, così nascondendosi dietro una apparente lecita lettera di dimissioni un licenziamento ingiusto, elemento che all’evidenza nella lettura complessiva della motivazione, con la quale i ricorrenti non si confrontano, rende conseguente anche la manifesta infondatezza del terzo motivo di ricorso in ordine alla diversa qualificazione giuridica proposta anche in questa sede con argomentazione del tutto reiterativa, unitamente al richiamo affatto risolutivo alle caratteristiche della RAGIONE_SOCIALE (pag. 6 e seg.). Con tale logica ed argomentata motivazione i ricorrenti non si confrontano.
Il quarto motivo di ricorso non Ł consentito, in quanto non proposto in alcun modo in sede di appello, come evidenziato dalle stesse argomentazioni difensive (neanche mediante allegazione in sede di conclusioni), con conseguente interruzione della catena devolutiva sul punto. In tal senso, si deve considerare non solo come la stessa Corte di appello abbia evidenziato come il trattamento sanzionatorio non fosse stato contestato dalla difesa (argomento non oggetto di censura in questa sede), ma anche che la decisione della Corte costituzionale evocata dal ricorrente (Corte cost. n. 120 del 15/06/2023) Ł intervenuta in data di molto antecedente alla sentenza di appello (pronunciata in data 18/04/2024) e, ciò nonostante, sul punto non Ł stata presentata alcuna richiesta in sede di appello, neanche con le conclusioni, sicchØ si deve ritenere preclusa in questa sede.
Le – distinte ed autonome – condotte di reato poste in essere in data 01/03/2011 e in data 01/11/2011 risultano – le prime – prescritte dopo la sentenza di appello e le seconde si prescriveranno (in assenza di ulteriori cause di sospensione) solo in data 27/04/2025. Per entrambe, alla luce dell’inammissibilità dei ricorsi sul punto, deve essere dichiarata irrevocabile l’affermazione di responsabilità (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268966-01, secondo cui, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi piø reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si Ł formato il giudicato parziale, Ł preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello).
Alla pronuncia consegue il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per la determinazione della pena in relazione a tali condotte, con riserva al definitivo per la liquidazione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile NOMECOGNOME
Deve invece essere rigettata la richiesta di liquidazione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME. Invero, le stesse, in assenza di partecipazione, limitate a richiedere la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti in mancanza di qualsiasi utile contributo alla decisione (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581-03; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923-01; Sez.6, n. 28615 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283608-02; Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03; Sez. 5, n. 34816 del 15/06/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 17544 del 30/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 26484 del 09/03/2021, Castrignano, non mass.; Sez. 1, n. 34847 del 25/02/2021, COGNOME, non mass.; in motivazione Sez. U, n. 887 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886-01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento alle condotte consumate nel luglio 2010 e il 14.10.2010 perchØ il reato Ł estinto per prescrizione, con eliminazione della relativa pena. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi ed irrevocabile l’affermazione di responsabilità per le condotte realizzate nel marzo del 2011 e nel novembre del 2011. Rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per la determinazione della pena in relazione a tali ultime condotte. Riserva al definitivo la liquidazione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile NOMECOGNOME rigetta la richiesta di liquidazione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME.
Così deciso il 27/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME