Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23907 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto nel procedimento nei confronti di:
COGNOME NOME, nato a San Paolo di Jesi il giorno DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di ufficio avverso l’ordinanza NRG 67/2024 in data 11/3/2024 del Tribunale di L’Aquila in funzione di giudice del riesame,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11 marzo 2024, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di L’Aquila ha annullato l’ordinanza del Giudice per le indag preliminari presso il Tribunale di Vasto in data 22 febbraio 2024 con la quale e stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare personale del divieto di di in Abruzzo e Molise in relazione ad una serie di fatti di concorso in calun continuata (artt. 81 cpv., 110, 368 cod. pen.) commessi tra il 19 novembre 2021 ed il 20 ottobre 2022, nonché in relazione ad una serie di fatti di concors tentata estorsione continuata (artt. 81 cpv., 110, 56, 629 cod. pen.).
Risulta, in particolare, dagli atti che il COGNOME (in concorso con il p legale AVV_NOTAIO), cessionario di crediti da NOME COGNOME e NOME, dopo avere accusato diversi soggetti (tra i quali il AVV_NOTAIO e gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME) coinvolti a vario titolo – anche professionale – in procedimenti di esecuzione immobiliare, dei reati ingiuria, diffamazione, minaccia, violazioni del domicilio e della riservatezza, promosso sette autonomi giudizi civili innanzi al Tribunale di Vasto chiedendo a NOME un risarcimento complessivo di 5.000.000 milioni di euro, all’AVV_NOTAIO un risarcimento complessivo di 2.100.000 euro ed all’AVV_NOTAIO un risarcimento di 1.000.000 di euro.
Al COGNOME risulta contestata la recidiva specifica, GLYPH reiterata e infraquinquennale.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto, deducendo:
2.1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altr norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale a 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.), segnatamente dall’articolo 273 cod. pr pen. in merito ai gravi indizi di colpevolezza in ordine alle fattispecie delittu calunnia (art. 368 cod. pen.) e di tentata estorsione di cui agli articoli 56, 62 pen. come interpretata dalla Suprema Corte ex multis nelle pronunce nn. 47972/2004; 51433/2013; 17785/2015; 32795/2014.
2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri a del processo specificamente indicati nei motivi di gravame (art. 606, comma 1,
lett. e) cod. proc. pen.), omesso esame degli atti del fascicolo delle indagi particolare:
degli atti dei procedimenti civili R.G.A.C. 1117/2021, 237/2022, 555/2022, 613/2022, 989/2022 incardinati presso il tribunale di Vasto di cui a pagina 4 (supporto CD-ROM allegato all’esito delega del 9/1/2024 della Sezione di P.G. Aliquota P.S. della Procura di Vasto);
dell’atto di invito a mediazione civile del 4/1/2024 di cui a pag. 413 del fasci delle indagini;
dell’annotazione di p.g. del 17/1/2024 di cui a pagina 441 del fascic dell’indagini.
2.2.1. Rileva, innanzitutto, il ricorrente che il Tribunale, allorquand affermato che i delitti individuati e specificamente addebitati in sede civile din al Tribunale di Vasto sono tutti perseguibili a querela di parte non ricorrendo e essendo contestate agli indagati neanche in fatto le condizioni eccezionali perseguibilità d’ufficio per i reati che la prevedono, è caduto in una manif illogicità della motivazione in quanto dalla lettura dei capi di imputazione sub lett. a) e b), a carico degli indagati emerge la contestazione in fatto della ca per aver accusato l’architetto NOME, consulente del tribunale di Vast dunque pubblico ufficiale ex art. 357 cod. pen. del reato di abuso d’ufficio avere intenzionalmente arrecato un danno ingiusto alla esecutata-correa COGNOME NOME strumentalizzando il munus conferito nell’ambito della procedura esecutiva, nonché per avere diffuso al pubblico i dati della donna, in violazione della le sulla privacy.
2.2.2. Quanto, poi, ai fatti di tentata estorsione, rileva il ricorren avrebbe errato il Tribunale nel momento in cui ha ritenuto che non sarebbe configurabile il predetto delitto allorquando alla minaccia pretestuosa di adir vie legali segue l’effettiva concretizzazione della stessa con la consegu sottoposizione della vicenda all’Autorità Giudiziaria che espone il soggetto age alle conseguenze dell’iniziativa giudiziaria, ivi inclusa la condanna per temeraria ex art. 96 cod. proc. civ. ciò in quanto si tratta di un assunto sconfe in numerosi precedenti della Suprema Corte (richiamati nel ricorso).
In sostanza, secondo parte ricorrente, il Tribunale oltre a non aver tenu conto dei principi di diritto in materia, non avrebbe neppure adeguatament valutato la condotta caratterizzata da serialità realizzata da un soggetto consapevole della palese infondatezza delle richieste risarcitorie, ha cercat costringere una pluralità di destinatari a subire defatiganti procedimenti civil ciò arrecando una maggiore offesa g bene giuridico protetto dall’ordinamento, né del fatto dell’emersa pretestuosità dei diritti azionati come emerge dalla lettu alcune delle sentenze del Tribunale di Vasto che nel definire i giudizi intentati
indagati con condanna ex art. 96 cod. proc. civ. ha accertato l’esistenz «rivendicazioni insussistenti» e «palesemente infondate», parlando anche di «.. coscienza dell’infondatezza della domanda».
A ciò si aggiunge, sempre secondo il ricorrente, l’elemento costituit dall’accurata selezione dei soggetti destinatari delle richieste di risarcimento tra personaggi facoltosi (avvocati, professionisti ed altri).
2.2.3. Quanto, infine, alla attualità delle esigenze cautelari, ril ricorrente che ha errato il Tribunale facendo riferimento alla contestazione di fino al 20 ottobre 2022 ha trascurato che risulta dagli atti dei procedimenti c 1117/2021, 237/2022, 555/2022, 613/2022, 989/2022 che l’attività delittuosa è proseguita anche negli anni 2023 e fino al gennaio 2024 ed il fatto che presso Tribunale di Vasto risultano essere stati incardinati dalla coppia COGNOME ben 168 procedimenti (tra i quali ancora 92 pendenti) il che sarebbe indicativo fatto che la condotta sarebbe ancora in fieri.
Occorre, per solo dovere di completezza, rilevare che è la difesa dell’indagato COGNOME COGNOME data odierna ha fatto pervenire alle ore 1:51 una memor del cui contenuto non si terrà conto in quanto depositata oltre i termini di leg
CONSIDERATO IN DIRITFO
Il ricorso è fondato nei limiti che nel prosieguo si andranno ad esaminare.
Ritiene, innanzitutto, la Corte la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso atteso che dal contenuto delle imputazioni di cui al capo 1, lett. a così come formulate dal Pubblico Ministero, non emergono, allo stato, elementi per ritenere ravvisabile anche il reato di cui all’art. 323 cod. pen. che, e procedibile d’ufficio, consentirebbe di configurare il reato di calunnia.
In particolare, osserva il Collegio che quanto afferma il ricorrente non tro conferma nella lettura del capo di imputazione, che non descrive una condotta connotata dal dolo intenzionale, che qualifica la fattispecie criminosa di cui al 323 cod. pen., ossia la rappresentazione e la volizione dell’evento co conseguenza diretta e immediata della condotta dell’agente e obiettivo primari da costui perseguito (Sezione 6, n. 21192 del 25/1/2013, COGNOME, Rv. 255368 – 01 Sezione 5, n. 3039 del 3/12/2010, COGNOME, Rv. 249706 – 01).
Corretta in punto di diritto è, quindi, l’affermazione contenu nell’ordinanza impugnata che ha rilevato l’insussistenza del reato di cui all’art cod. pen.
Detta affermazione è conforme ai principi in materia dettati da questa Corte di legittimità laddove ha chiarito che «Non è configurabile il delitto di calu allorché la falsa incolpazione abbia ad oggetto un reato procedibile a querela relazione al quale la stessa non sia stata presentata» (Sez. 6, n. 28231 13/02/2019, Rv. 276226).
Quanto agli altri fatti rubricati alle lettere da c) a g) del capo 1 della delle imputazioni non vi è ricorso.
Fondato è, invece, il secondo motivo di ricorso nel quale il ricorren lamenta che il Tribunale ha errato nell’escludere la configurabilità del delit tentata estorsione.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte avuto modo di precisare che integra il reato di estorsione la pretesa azionata in giudizio per scopi ecce rispetto a quelli per i quali il diritto è riconosciuto o tutelato, o comunq dovuti nell’an o nel quantum, onde conseguire un profitto contra ius. In altri termini, integra gli estremi del reato di estorsione la minaccia di prospettare a giudiziarie al fine di ottenere somme di denaro non dovute o manifestamente sproporzionate rispetto a quelle dovute, qualora l’agente ne sia consapevo potendosi individuare il male ingiusto ai fini dell’integrazione del più grave de nella pretestuosità della richiesta (Sezione 2, n. 19680 del 12/4/2022, Silvani, 283199 – 02; Sezione 6, n. 47895 del 19/6/2014, Vasta, Rv. 261217 – 01).
Diversa situazione si verifica quando l’azione giudiziaria è intentata, att che in questa ipotesi l’intermediazione del giudice, investito della cognizione d pretesa avanzata, impedisce che si possa ipotizzare da un lato la costrizione ille e dall’altro l’ingiusto profitto dell’attore, dovendosi di conseguenza esclude sussistenza dei suddetti elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 6 pen. (Sezione 2, n. 50652 del 10/11/2023, COGNOME, n.m.). Il giudice, invero, c il provvedimento che definisce il giudizio esercita un potere di natura pubblicist connesso all’esercizio della giurisdizione, finalizzato all’attuazione delle n giuridiche ed alla risoluzione dei conflitti di interessi tra le parti, che rende, non configurabile l’estorsione.
Ne consegue che non ogni prospettazione alla controparte o a persona terza di esercitare un’azione giudiziaria e tantonneno l’effettivo esercizio dell’a giudiziaria ancorché caratterizzata da prospettazioni infondate o da richie economiche esorbitanti il dovuto deve essere considerata come una minaccia finalizzata ad ottenere un ingiusto profitto: è tale solo quella che appare ictu ocu/i finalizzata a conseguire un profitto ulteriore ed ingiusto, parall complementare rispetto al preteso diritto azionato in sede giudiziaria.
Ritiene quindi il Collegio che, qualora l’azione in giudizio, tenuto conio de circostanze del caso concreto, sia strumentale all’ottenimento dell’ingiusto prof per via extragiudiziaria, ad esempio, perché, attraverso una pletora di azi giudiziarie tendenti a fiaccare la resistenza morale ed economica delle contropar costrette comunque a sostenere anticipatamente spese ed oneri per interventi i giudizio, mira a giungere ad una transazione al di fuori del giudizio e propri fine di estinguerlo, il delitto di cui all’art. 629 cod. pen., anche nella forma qualora il fine prefissato non sia raggiunto, è pienamente configurabile.
Se quello descritto è l’ambito valutativo nel quale si deve muovere i giudice, così come è evidente che non perché un’azione giudiziaria è temeraria ci comporta un tentativo di estorsione, è tuttavia altrettanto evidente che i cara di illiceità penale devono essere adeguatamente sondati attraverso una compiuta contestualizzazione delle vicende e delle conseguenti pretese economiche.
Ed è proprio quest’ultimo il vizio di motivazione che presenta l’ordinanz impugnata che si è limitata ad operare una valutazione astratta della problemati giuridica senza tenere conto delle possibile pretestuosità delle richieste avan dall’indagato, della strabordante esosità degli importi azionati così come emergen dalle imputazioni che almeno in &airfl casi appaiono pacificamente esorbitant rispetto ai diritti che si pretendono lesi ma, soprattutto, del numero e della se delle decine di azioni giudiziarie intraprese anche nei confronti di soggetti div requisiti tutti che devono essere analiticamente analizzati anche al fine di corretta valutazione del reale animus agendi dell’imputato.
Sul punto deve essere rimarcato quanto evidenziato dal ricorrente circa i fatto che l’emersa pretestuosità dei diritti azionati emerge dalla lettura di delle sentenze del Tribunale di Vasto che nel definire numerosi altri giudizi inten dagli indagati con condanna ex art. 96 cod. proc. civ. ha accertato l’esistenz «rivendicazioni insussistenti» e «palesemente infondate», parlando anche di «.. coscienza dell’infondatezza della domanda», il tutto unito al fatto che, come altr evidenziato dall’odierno ricorrente, presso il Tribunale di Vasto risultano es stati incardinati dalla coppia COGNOME ben 168 procedimenti (tra i q ancora 92 pendenti).
Ne consegue che il Tribunale del riesame ha fatto malgoverno dei principi di diritto sopra ribaditi, posto che ha ritenuto non concretizzato il tentat estorsione in ragione del concreto esperimento dell’azione giudiziaria innanzi giudice civile, senza considerare le peculiarità del caso oggetto di scrutinio: s presenza, come detto, di una pluralità significativa di azioni giudiziarie inte contro le medesime persone, connotate da serialità, del tutto strumental sproporzionate nelle richieste di risarcimento, rispetto alle quali è necessari puntuale valutazione al fine di verificare se siano finalizzate ad assillar
fiaccare la resistenza dei convenuti, sì da indurlo a raggiungere un accordo extragiudiziale ed ottenere in tal modo – a seguito di siffatta condotta costrittiva – un ingiusto profitto.
L’ordinanza impugnata, dunque, va annullata in parte qua, con rinvio al Tribunale di L’Aquila, che dovrà fare corretta applicazione del principio di diritto sopra enunciato e valutare se le plurime azioni giudiziarie patrocinate dall’AVV_NOTAIO siano finalizzate a conseguire un profitto ingiusto per via extragiudiziale.
Quanto osservato ai punti che precedono rende, allo stato, superato l’esame del motivo di ricorso relativo alle esigenze cautelari essendo prioritario stabilire se e quante delle azioni contestate configurano reato e soprattutto, alla luce di quanto esposto nel ricorso dal Pubblico Ministero se sono presenti in atti elementi che consentono di non ritenere che i fatti in contestazione abbiano avuto una evoluzione anche in tempi più recenti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al capo 2) e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di L’Aquila, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 6 giugno 2024.