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Estorsione giudiziaria: quando una causa è reato

Un soggetto avviava una serie di cause civili con richieste di risarcimento esorbitanti. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23907/2024, ha chiarito che l’abuso del processo attraverso azioni seriali e pretestuose, finalizzate non a vincere la causa ma a costringere la controparte a una transazione economica ingiusta, configura il reato di tentata estorsione giudiziaria. La Corte ha quindi annullato la decisione del tribunale del riesame, che aveva escluso il reato, rinviando per una nuova valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estorsione Giudiziaria: Quando Usare la Legge Diventa un Reato

L’esercizio di un’azione legale è un diritto fondamentale, ma cosa succede quando questo diritto viene distorto e utilizzato come un’arma? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 23907/2024, torna a tracciare il confine tra la legittima tutela dei propri interessi e la condotta criminale della cosiddetta estorsione giudiziaria. Questo provvedimento chiarisce che una serie di azioni legali, palesemente infondate e strumentali, può integrare il reato di tentata estorsione.

I Fatti del Caso: Una Pioggia di Cause Civili

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce da un’indagine su un soggetto che, in qualità di cessionario di crediti, aveva intentato un numero spropositato di cause civili contro vari professionisti (consulenti tecnici, avvocati) coinvolti in procedure di esecuzione immobiliare. Le richieste di risarcimento erano milionarie e basate su presunti illeciti come ingiuria, diffamazione e violazione della privacy.

Inizialmente, al soggetto era stata applicata una misura cautelare personale. Tuttavia, il Tribunale del riesame aveva annullato tale misura, ritenendo che né il reato di calunnia né quello di tentata estorsione fossero configurabili. Secondo il Tribunale, una volta che l’azione legale è effettivamente intentata, l’intervento del giudice escluderebbe la possibilità di configurare un’estorsione. Il Procuratore della Repubblica ha quindi presentato ricorso in Cassazione contro questa decisione.

L’Analisi della Corte e la configurabilità dell’estorsione giudiziaria

La Cassazione ha esaminato i due profili di reato contestati, giungendo a conclusioni opposte.

La Non Sussistenza della Calunnia

In primo luogo, la Corte ha confermato la decisione del Tribunale del riesame riguardo alla calunnia. Il reato di calunnia presuppone l’accusa di un fatto che costituisce reato. Nel caso specifico, i presunti illeciti denunciati dall’indagato erano tutti procedibili a querela di parte. Poiché nessuna querela era mai stata presentata dalle persone offese, mancava il presupposto stesso per poter configurare la calunnia. Su questo punto, il ricorso del Procuratore è stato respinto.

La Sussistenza della Tentata Estorsione

Il cuore della sentenza risiede invece nell’analisi del reato di tentata estorsione. La Cassazione ha censurato l’approccio del Tribunale del riesame, definendolo astratto e non aderente alle peculiarità del caso concreto. Il principio affermato è chiaro: sebbene l’esercizio di un’azione giudiziaria sia, in linea di principio, legittimo, esso può trasformarsi in uno strumento di minaccia e coercizione.

Le Motivazioni: L’Uso Strumentale del Processo come Minaccia

La Suprema Corte ha ribadito che si configura una tentata estorsione giudiziaria quando un’azione legale è utilizzata non per ottenere una sentenza favorevole, ma per scopi “eccentrici” rispetto alla sua funzione naturale. Ciò avviene quando una pluralità di azioni giudiziarie, connotate da serialità e da richieste economiche palesemente infondate e sproporzionate, è finalizzata a un obiettivo diverso: fiaccare la resistenza morale ed economica delle controparti.

L’intento non è vincere in tribunale, ma costringere i convenuti, sfiniti dalle spese e dalle preoccupazioni, a cercare una transazione al di fuori del giudizio. Questo accordo extragiudiziale, ottenuto tramite la pressione esercitata dalla “pletora di azioni giudiziarie”, rappresenta il profitto ingiusto che integra il reato di estorsione. Nel caso di specie, elementi come l’elevatissimo numero di cause intentate (168 procedimenti), la palese infondatezza delle pretese (già accertata in altre sentenze) e la selezione di soggetti facoltosi, avrebbero dovuto essere attentamente valutati dal Tribunale del riesame come indizi di un disegno estorsivo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al capo della tentata estorsione, rinviando gli atti al Tribunale di L’Aquila per un nuovo esame. Quest’ultimo dovrà rivalutare i fatti applicando il corretto principio di diritto: l’abuso del processo, attraverso azioni seriali e strumentali, può configurare una condotta estorsiva.

Questa sentenza rappresenta un importante monito. Il diritto di agire in giudizio non è uno scudo dietro cui celare intenti illeciti. L’ordinamento protegge la funzione giurisdizionale e sanziona chi la distorce per trasformarla in uno strumento di pressione indebita. Per i cittadini e i professionisti, ciò significa che la giustizia ha gli strumenti per distinguere una legittima richiesta da un’aggressione perpetrata per via giudiziaria.

Quando una normale azione legale può diventare un tentativo di estorsione?
Un’azione legale diventa tentata estorsione quando non è finalizzata a ottenere giustizia, ma è usata in modo strumentale, spesso insieme a molte altre cause seriali e con richieste economiche sproporzionate, per fiaccare la resistenza della controparte e costringerla a una transazione economica ingiusta al di fuori del giudizio.

Perché l’accusa di calunnia è stata respinta in questo caso?
L’accusa di calunnia è stata respinta perché le false incolpazioni riguardavano reati procedibili solo a querela di parte. Dato che le persone offese non avevano mai presentato querela, il presupposto stesso del reato di calunnia è venuto a mancare.

Il semplice fatto di intentare una causa infondata è sufficiente per configurare un’estorsione?
No, la sentenza chiarisce che non ogni azione infondata (o “temeraria”) costituisce estorsione. È necessario che l’azione si inserisca in un contesto più ampio di minaccia e coercizione, caratterizzato da elementi come la serialità delle azioni e la sproporzione delle richieste, con il fine ultimo di ottenere un profitto ingiusto non attraverso la sentenza del giudice, ma tramite un accordo extragiudiziale forzato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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