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Estorsione e spaccio: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per estorsione e spaccio di droga nei confronti di un imputato. Il ricorso, basato sulla presunta inattendibilità delle testimonianze e sulla severità della pena, è stato rigettato. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e che la motivazione della Corte d’Appello era adeguata e logica sia sulla responsabilità che sulla quantificazione della pena.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Estorsione e spaccio: la Cassazione conferma condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso di estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti, confermando la condanna emessa dalla Corte di Appello. Questa decisione ribadisce importanti principi sulla valutazione delle prove, i limiti del ricorso in Cassazione e la determinazione della pena. Analizziamo insieme i dettagli della vicenda e le motivazioni dei giudici.

I Fatti del Processo

L’imputato era stato ritenuto responsabile di due gravi reati. In primo luogo, la violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, D.P.R. 309/1990) per aver ceduto in più occasioni cocaina a un acquirente. In secondo luogo, il reato di estorsione (art. 629 c.p.), per aver costretto, con minacce anche di morte, lo stesso acquirente e sua madre a consegnargli somme di denaro come corrispettivo per la droga, che era stata ceduta ‘in conto vendita’.

La Corte di Appello di Perugia aveva confermato integralmente la sentenza di primo grado, condannando l’imputato a una pena di sette anni di reclusione e 30.000 euro di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, con una provvisionale di 10.000 euro.

Le obiezioni sui reati di estorsione e spaccio

L’imputato, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:

1. Inattendibilità delle prove: La difesa contestava la credibilità delle dichiarazioni delle persone offese, ritenendole imprecise e non supportate da riscontri oggettivi. Si sottolineava, ad esempio, che nessuna utenza telefonica usata per lo spaccio fosse riconducibile all’imputato e che una perizia calligrafica su un manoscritto avesse dato esito negativo.
2. Mancata derubricazione del reato di spaccio: Si chiedeva di qualificare il reato di spaccio come fatto di lieve entità (comma 5 dell’art. 73), sostenendo che il valore della droga ceduta fosse modesto e compatibile con tale ipotesi.
3. Eccessiva severità della pena: Il ricorrente lamentava l’illegittimità e l’ingiustizia del trattamento sanzionatorio, contestando la pena base, gli aumenti per la continuazione e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
4. Illegittimità della provvisionale: Infine, si criticava l’assegnazione della somma a titolo di provvisionale, definendola erronea e priva di un’adeguata motivazione sul danno e sul periculum in mora.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in ogni sua parte, ritenendolo infondato. Le motivazioni della decisione sono cruciali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno chiarito che le critiche sollevate dalla difesa non riguardavano vizi di legge, ma tentavano di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso in sede di Cassazione, il cui compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto che la decisione d’appello fosse motivata in modo adeguato e coerente.

Anche il secondo motivo, relativo alla derubricazione, è stato respinto. La Cassazione ha evidenziato come la Corte di merito avesse giustamente valorizzato elementi contrari all’ipotesi di lieve entità, quali la reiterazione delle cessioni nel tempo, le quantità di droga coinvolte e la disponibilità di materiale per il confezionamento. Questi fattori indicavano un’attività di spaccio non occasionale o modesta.

In merito al trattamento sanzionatorio, la Corte ha giudicato la pena congrua. La pena base era stata fissata al minimo edittale per il reato più grave (l’estorsione), e l’aumento per il reato di spaccio in continuazione è stato ritenuto ragionevole. Il diniego delle attenuanti generiche è stato giustificato dalla gravità dei fatti e dalla loro protrazione nel tempo.

Infine, la Corte ha ribadito un principio consolidato riguardo alla provvisionale. La statuizione che concede una somma a titolo di provvisionale ha natura discrezionale e delibativa, non è destinata a passare in giudicato e non è, pertanto, impugnabile con ricorso per cassazione. La sua funzione è quella di fornire un anticipo alla vittima, in attesa della liquidazione definitiva del danno in sede civile.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza la distinzione tra il giudizio di merito, dove si valutano i fatti e le prove, e il giudizio di legittimità, dove si controlla la corretta applicazione della legge. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un ‘terzo grado’ di giudizio per ridiscutere l’attendibilità di un testimone o la ricostruzione di un evento. La decisione sottolinea inoltre che la valutazione della gravità di un reato e la conseguente determinazione della pena sono attività che rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, sindacabili in Cassazione solo in caso di motivazione manifestamente illogica o assente. Infine, viene confermato il carattere non impugnabile della concessione di una provvisionale, la cui contestazione è demandata al successivo giudizio civile di quantificazione del danno.

Perché il ricorso sulla valutazione delle testimonianze è stato respinto?
È stato respinto perché le critiche avanzate dall’imputato non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti e dell’attendibilità dei testimoni. Questo tipo di analisi è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado e non può essere oggetto del giudizio della Corte di Cassazione.

È possibile contestare in Cassazione la somma assegnata come provvisionale?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che la decisione con cui si assegna una provvisionale alla parte civile non è impugnabile. Si tratta di una statuizione di natura discrezionale e provvisoria, destinata a essere assorbita dalla liquidazione definitiva del danno, e come tale non è soggetta al controllo di legittimità.

Su quali basi la Corte ha confermato la gravità del reato di spaccio, negando la lieve entità?
La Corte ha ritenuto sufficiente e logica la motivazione del giudice d’appello, che aveva escluso la lieve entità basandosi su elementi concreti come la reiterazione delle cessioni di droga nel tempo, le quantità complessive coinvolte e la disponibilità di materiale per il confezionamento delle dosi, tutti indici di un’attività non meramente occasionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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