Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24003 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24003 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 01/05/1967
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle partì;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATUO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo e secondo motivo di ricorso (con riferimento alle imputazioni ascritte), in punto di accertamento della responsabilità, risultano privi di concreta specificità, oltre che meramente reiterativi in assenza di confronto con le logiche e non censurabili argomentazioni della Corte di appello, e tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME Rv. 277758-01);
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez.4, n. 256 del 18/09/1997, COGNOME, Rv. 210157-02; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 2, n. 11951 del 20/01/2014, COGNOME, Rv. 259435-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 -01);
che, invero, i giudici del merito hanno correttamente sussunto i fatti, per come ricostruiti, nelle fattispecie oggetto di contestazione e condanna ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento, specificamente analizzando la portata delle richieste introdotte oltre alla chiara consapevolezza della provenienza illecita dei beni oggetto di restituzione (si vedano pagg. 3 e seg., dove è stato valorizzato l’atteggiamento minaccioso del ricorrente che invitava la persona offesa ritirare la denuncia ed è stata esclusa la circostanza, solamente allegata dalla difesa, che egli sia intervenuto a mero scopo di solidarietà, con corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte sul tema ed ancora la piena consapevolezza della provenienza da delitto del computer quanto alla contestata ricettazione);
che il delitto di estorsione ricorre anche quando si chiede ed ottiene dal derubato il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo della restituzione della refurtiva, a nulla rilevando che il pagamento sia successivo alla restituzione; e ciò in quanto la vittima subisce gli effetti della minaccia originaria che ne contiene una implicita, e cioè quella della rappresaglia in mancanza di
adempimento dell’obbligazione contratta in adesione alla richiesta di danaro rivoltale (Sez.2, n. 25213 del 11/04/2019, Parigino, Rv. 276572-01);
considerato conseguentemente che tali doglianze inerenti alla prova della
penale responsabilità ed alla caratterizzazione delle condotte imputate sono del tutto prive dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’ar
581 cod. proc. pen. in quanto si prospettano deduzioni generiche, senza la puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati
congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 3 giugno 2025.