Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27201 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27201 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Stasi NOME n. a Brindisi il 30/12/1983
avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce in data 13/11/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha illustrato i motivi, chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di appello di Lecce ha confermato la decisione del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi che aveva riconosciuto NOME colpevole del delitto di tentata estorsione, condannandola alla pena di anni tre, mesi quattro
c’Oev.
di reclusione ed euro 800,00 di multa, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME deducendo;
2.1 l’erronea applicazione della legge penale con riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di estorsione in luogo dì quello dì esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. cod.pen.
Il difensore sostiene che la richiesta di restituzione dell’acconto versato alla vittima cure odontoiatriche aveva fatto seguito al palesarsi di problemi che avevano richiesto un nuovo intervento del professionista e al convincimento della Stasi che l’intervento originariamente concordato non era stato eseguito a regola d’arte. Le minacce, formulate anche attraverso gli inconsapevoli correi COGNOME e COGNOME avevano come presupposto il presunto inadempimento della p.o., evidenza che avrebbe dovuto indurre alla riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 393 cod.pen.;
2.2 il vizio di motivazione con riguardo alla mancata disamina dell’elemento soggettivo ai fini dell’invocata riqualificazione del delitto contestato in quello di ragion fattasi.
Secondo la ricorrente la sentenza impugnata ha rassegnato una motivazione solo apparente sulla questione del dolo, che rappresenta lo snodo centrale per differenziare l’estorsione dal delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. In particolare, i d’appello non hanno chiarito quali siano le circostanze che denotano la finalità estorsiva, limitandosi ad argomentare sull’infondatezza della pretesa restitutoria;
2.3 la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui reputa che la condott dell’imputata configuri il delitto di tentata estorsione nel contempo ritenendo siffa statuizione compatibile con l’assoluzione degli esecutori materiali in quanto inconsapevoli delle ragioni che muovevano la mandante.
Il difensore deduce che l’assoluzione dei coimputati, autori materiali della minaccia in danno della p.o., è stata pronunziata sull’assunto che gli stessi fossero inconsapevoli del fin perseguito dalla Stasi, applicando un parametro di valutazione proprio dell’art. 393 cod.pen. mentre ai fini dell’integrazione del concorso nell’estorsione sarebbe stata sufficiente prestazione di un contributo causale all’esecuzione del reato. Pertanto, i giudici di merit secondo la ricorrente, sono incorsi in contraddittorietà valutando secondo canoni ermeneutici difformi le condotte dei compartecipi;
2.4 la violazione di legge e l’illegalità della pena in ordine alla mancata applicazio dell’art. 56 cod.pen.
Il difensore lamenta che la Corte territoriale ha rigettato la doglianza relativa alla manca applicazione della diminuente del tentativo, non essendo stata la questione devoluta con i
motivi d’appello, senza considerare che per effetto della denunziata omissione la pena inflitt deve ritenersi illegale e quindi officiosamente rilevabile anche in sede di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 primi tre motivi di ricorso che censurano sotto aspetti complementari la mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 393 cod.pen. possono essere unitariamente deliba ed attingono esiti di manifesta infondatezza.
Già il primo giudice (pag. 4-5) aveva “escluso che la Stasi abbia semplicemente rivendicato la restituzione dell’anticipo versato al dentista perché insoddisfatta de prestazione” in quanto l’imputata a seguito dell’intervento effettuato l’11 settembre 2019 non aveva avanzato riserva alcuna sulle prestazioni del professionista né lo aveva fatto in occasione del successivo accesso allo studio del 3 febbraio 2020 quando, alla richiesta di saldare l’onorario, la Stasi aveva alluso all’intervento dei “fasanesi” e in particolare di “NOME da Ostuni” che avrebbe dovuto convincere la vittima a rinunziare alle competenze dovutegli. Il successivo coinvolgimento dei coimputati COGNOME e COGNOME, incaricati non dalla Stasi ma da un non meglio individuato “amico” del COGNOME, di esigere dalla p.o. la restituzione dell’acconto versato dall’imputata, è stato ritenuto idoneo dal primo giudice a coartare volontà del dott. COGNOME che, al rifiuto dei suoi interlocutori di identificarsi, non esi richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine. Il percorso argomentativo del primo giudice condiviso dalla Corte territoriale, dà conto della sussistenza della condotta strumentale propri del delitto di estorsione e della piena integrazione del coefficiente doloso da parte del ricorrente mentre con riferimento agli autori materiali il Gup ha ritenuto carente la pro dell’elemento psicologico, non emergendo dagli atti la consapevolezza e condivisione del fine illecito perseguito dalla mandante. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La valutazione dei giudici di merito è conforme al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della sussistenza del dolo del reato concorsuale, che richiede la consapevole contribuzione, anche solo agevolativa, dell’agente alla realizzazione del reato, è necessario l’accertamento della conoscenza, anche unilaterale, della condotta altrui da parte del concorrente (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277773 – 03; Sez. 1, n. 15860 del 09/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv.263089-01).
Appare, pertanto, insussistente la dedotta contraddittorietà motivazionale in quanto l’assoluzione dei computati della Stasi è conseguita al rilevato deficit probatorio in punto dolo estorsivo, avendo gli autori materiali denotato nel corso dell’azione delittuosa di n conoscere l’imputata e di non avere sicura consapevolezza delle ragioni sottese alla richiesta restitutoria formulata all’odontoiatra.
1.1 Quanto alla prevenuta, i giudici di merito hanno tratto dalla coordinata valutazione degli episodi occorsi il 3 e 25 febbraio 2019 il motivato convincimento che la Stasi avesse
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incaricato un terzo non identificato, che a sua volta aveva delegato l’incombente agli autor materiali della minaccia, affinché intervenisse sull’odontoiatra per indurlo a rinunciare a
ragioni di credito nei suoi confronti e a restituire l’acconto già versato, pretesa contrariamente a quanto assume la difesa, risulta del tutto scollegata da contestazioni, anche
informali, in ordine all’adeguatezza delle prestazioni effettuate e quindi insuscettibile di ess ricompresa nell’alveo del delitto di ragion fattasi.
2. Il conclusivo motivo che denunzia l’illegalità della pena per omesso computo della diminuente ex art. 56 cod.pen. è destituito di pregio. Premesso che non vi è alcun elemento
che deponga in termini concludenti per la mancata decurtazione per il tentativo, stante la piena legittimità del metodo sintetico dì calcolo evidentemente adottato dal primo giudice,
deve escludersi che nella specie si verta in ipotesi di pena illegale, tale essendo -per costant giurisprudenza di questa Corte- esclusivamente quella di specie diversa o esorbitante i limiti
legali. La giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni chiarito che l’errore di contenuto nella sentenza di primo grado riguardante le modalità di calcolo della pena,
comunque fissata entro i limiti edittali ed in assenza di modifiche normative incidenti sul determinazione della stessa, non può essere prospettato per la prima volta con ricorso per cassazione, né è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 609, comma secondo, cod. proc. pen. non potendosi ritenere nel suo complesso la pena irrogata all’imputato “illegale” (Sez. 2, n. 14307 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269748 – 01; n. 14320 del 23/02/2022, COGNOME, Rv. 282979 – 01; sulla preclusione alla rilevazione officiosa di pena illegittima ma non illega anche Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dìchìarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 25 giugno 2025
La Consigliera estensore
La Presidente