Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38206 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38206 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME TRESCORE CREMASCO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/03/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
i GLYPH
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 marzo 2024, la Corte di appello di Brescia ha rigettato l’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME – condanNOME, con sentenza resa da quell’ufficio giudiziario il 5 aprile 2022, divenuta irrevocabile il 17 marzo 2023, alla pena di sette anni di reclusione per il reato di estorsione aggravata, consumata e tentata – intesa al riconoscimento, in executivis, della circostanza attenuante della lieve entità del fatto, prevista dall’art. 311 cod. pen. ed applicabile alla fattispecie per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 15 giugno 2023.
A tal fine, ha considerato, in senso ostativo all’accoglimento della richiesta del condanNOME, l’effettivo coefficiente di gravità dei comportamenti posti in essere, desunto, specificamente: dalla pluralità delle procedure esecutive intentate da COGNOME, quale legale dell’imprenditore COGNOME, nei confronti dei clienti di quest’ultimo, sulta scorta di atti e documenti falsificati; dall’assenza segno alcuno, nell’agente, di resipiscenza; della rilevanza degli importi richiesti in pagamento e delle spese sopportate dalle vittime per resistere alle illegittime pretese azionate in giudizio; dall’intensità del dolo.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione ascrivendo al giudice dell’esecuzione di avere adottato una decisione distonica GLYPH rispetto all’interpretazione della norma della quale ha chiesto l’applicazione, come operata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 120 del 2023, e imperniata, per di più, su un apparato argomentativo manifestamente illogico.
Segnala, in particolare, che la Corte costituzionale – nel sancire l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 del codice penale, nella parte in cui n prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità – ha preso le mosse dall’inasprimento, già dal minimo, della cornice edittale del delitto di estorsione, scaturito dall’intento di reprìmer adeguatamente manifestazioni criminali che, tuttavia, non sempre è dato rinvenire nelle condotte qualificate ai sensi della norma de qua agitur, specie se slegate da contesti associativi.
Rileva, ulteriormente, che la condotta da lui posta in essere si connota per modesta offensività, avuto riguardo: alla commissione del fatto in relazione ad un unico assistito; all’utilizzo di metodi legali; alla dubbia qualificazione de
comportamenti in chiave estorsiva; all’assenza di pressioni miNOMErie; al mancato conseguimento, nella maggior parte dei casi, del profitto illecito.
Nota, infine, che la quantificazione della pena, pure operata muovendo dal minimo edittale di sei anni di reclusione, ha prodotto un risultato sproporzioNOME per eccesso rispetto all’effettiva consistenza dei fatti illeciti accertati, c conseguente vulnus al principio rieducativo consacrato nell’art. 27, terzo comma, Cost., e correlato, tra l’altro, all’impossibilità di sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen. e di ammissione a misura alternativa alla detenzione, stante l’ostatività del titolo ex art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
La GLYPH giurisprudenza GLYPH di GLYPH legittimità GLYPH ha chiarito, GLYPH all’indomani dell’intervento operato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 120 del 2023 – in forza del quale è, oggi, consentito diminuire la pena per il delitto di estorsione in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità che «L’attenuante della lieve entità del fatto, prevista dall’art. 311 cod. pen. ed applicabile anche al delitto di estorsione a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023, postula una valutazione del fatto nel suo complesso, sicché non è configurabile se la lieve entità difetti con riguardo all’evento in sè considerato o con riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della condotta ovvero, ancora, in relazione all’entità del danno o del pericolo conseguente al reato» (Sez. 2, n. 9820 del 26/01/2024, COGNOME, Rv. 286092 – 01) e, più specificamente, che essa debba escludersi «nel caso in cui le richieste estorsive non siano caratterizzate da occasionalità, perché la sistematicità delle stesse, pur se singolarmente di modesta entità economica, è confliggente con il ridotto disvalore del fatto, da valutare nel suo complesso» (Sez. 2, n. 9912 del 26/01/2024, COGNOME, Rv. 286076 – 01).
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha stimato che i comportamenti illeciti tenuti da NOME COGNOME non siano di lieve entità perché, innanzitutto, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di vittime, cioè da clienti di NOME, fornitore di serramenti, i quali, pur avendo regolarmente versato il prezzo pattuito, sono stati raggiunti da richieste di pagamento supportate da documentazione non genuina e costretti a subire procedure esecutive prive di qualsiasi supporto fattuale e giuridico.
La Corte di appello ha, poi, valorizzato, sia la determinazione criminale di COGNOME che, all’ottenimento di decisione giudiziale favorevole, non ha esitato ad avviare le procedure esecutive, a tal fine avvalendosi, sul piano logistico, della struttura professionale a lui facente capo, che la rilevante dimensione economica complessiva della vicenda.
Al cospetto di un percorso argomentativo coerente con il dettato normativo e scevro da tangibili profili di illogicità, tantomeno manifesta, o contraddittorietà, il ricorrente sviluppa obiezioni che, frutto di una diversa esegesi delle evidenze disponibili, non appaiono idonee a consentire l’intervento censorio del giudice di legittimità.
COGNOME, invero, pone l’accento, da un canto, sull’estraneità della sua azione illecita a più vasti ambienti delinquenziali, ciò che, è agevole replicare, non implica, di per sé, la lieve entità del fatto, e, dall’altro, su profili – quali quell via concernenti: l’episodicità della devianza nella sua lunga storia professionale; l’assenza del ricorso a metodi francamente e direttamente intimidatori e della formale contestazione di reati contro la fede pubblica; l’essersi il reato arrestato, nella maggior parte dei casi, alla forma tentata – che il giudice dell’esecuzione, muovendosi nel perimetro della discrezionalità riconosciutagli dall’ordinamento, ha reputato minusvalenti rispetto a quelli, sopra indicati, che ha ritenuto ostativi all’invocato contenimento del trattamento sanzioNOMErio.
Né, va aggiunto, più convincenti appaiono le considerazioni dedicate alla qualificazione del fatto in termini estorsivi, ormai cristallizzata dal giudica formatosi in sede di cognizione, ed alla proporzionalità, in chiave rieducativa, della pena, severa ma non esorbitante, poiché determinata in correlazione alle concrete caratteristiche della fattispecie sottoposta al vaglio dell’autorità giudiziaria, come apprezzate dai giudici di merito.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con conseguente condanna di COGNOME, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso il 27/06/2024.