Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11136 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11136 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
PARTE CIVILE:
COGNOME NOME
avverso la sentenza del 14/11/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
letta la memoria della difesa dell’imputato che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ri per saltum perché proposto per vizi di motivazione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza in data 14 novembre 2023, assolveva COGNOME NOME dal reato di estorsione ascrittogli perché il fatto non sussiste. Riteneva il giu primo grado che le minacce rivolte dall’imputato alla persona offesa fossero successive l’ingiu profitto costituito dalla percezione di merce venduta dalla persona offesa del reato, NOME
NOME, e pagata dal COGNOME mediante la consegna di assegni pot-datati rimasti insoluti; così che, non essendovi contestualità tra minaccia ed ingiusto profitto, il delitt all’art. 629 cod.pen. non risultava configurabile.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per saltum il procuratore della Repubblica di Napoli Nord deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen., inosservanza od erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 629 cod.pen., posto che, nel caso in esame, pur non essendovi dubbio che al momento della consegna della merce alcuna minaccia era stata profferita, tuttavia, rilevava la successiva vicenda avvenut nel febbraio 2019, quando l’imputato aveva minacciato l’NOMEnio di morte al fine di costringerl a rinunciare al proprio credito, derivante dal mancato precedente integrale pagamento degli oggetti acquistati, così integrando un ingiusto profitto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Ed invero al COGNOME è contestato il reato di estorsione “perché con minaccia consistita nel prospettare ad NOME un male ingiusto… costringeva NOME a rinunciare alla somma di C 5.000,00 che NOME NOME gli doveva per l’acquisto.. ” precedentemente effettuato ed a fronte del quale erano stati versati due assegni rimasti insoluti.
Così ricostruiti i fatti COGNOME contestati in imputazione, ed analizzati nelle pagine 2-4 dell’impugnata sentenza, risulta che la minaccia rivolta alla vittima della condotta, il vend dei preziosi COGNOME NOME, non fu quella posta in essere al momento della cessione degli oggetti bensì quella successiva, diretta a fare rinunciare lo stesso al credito che vantava confronti del COGNOME. Errata appare, pertanto, la conclusione del giudice di primo grado second cui i fatti potrebbero al più configurare un’ipotesi di truffa, posto che, oggetto contestazione, non è la condotta posta in essere dal COGNOME al momento della cessione degli oggetti da parte dell’NOME bensì, quella successiva, quando la persona offesa, reclamato il pagamento integrale degli oggetti e, quindi, l’adempimento dell’obbligazione incombente sull’acquirente, veniva minacciata dallo stesso per rinunciare al proprio legittimo credito.
In tema di distinzione delle fattispecie di cui agli artt. 629 e 640 cod.pen. la Corte di cassazione ha affermato che il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di est quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva del vittima: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibi eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l’ingiusto profitto dell’agente, perché tratta in errore dalla esposizione di un pe
inesistente; mentre si configura l’estorsione . se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, in tal caso la persona offesa è p sta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato (Sez. 6, n. 29704 del 10/04/2003, Rv. 226057 – 01).
Sicché sussiste sempre l’estorsione quando l’azione minacciosa è diretta ad ottenere un ingiusto profitto con pari danno per la vittima poiché, in tali casi, come anticipato, la st è posta dinanzi alla alternativa o di subire la privazione patrimoniale ovvero il male prospettat
Circostanza, questa, puntualmente verificatasi nel caso in esame quando all’COGNOME veniva prospettato un male ingiusto ove avesse insistito nell’agire per la percezione legitt del corrispettivo dovutogli.
2.1 II principio della sussistenza dell’estorsione nei casi in cui il danno derivante quanto prospettato da un lato e l’ingiusto profitto dall’altro, sia costituito dalla all’esercizio di un diritto spettante ad una delle parti di un rapporto bilaterale obblig piuttosto che in una perdita patrimoniale diretta, risulta già affermato con distinte pron della Corte di cassazione; in particolare l’evoluzione giurisprudenziale ha teso ad estendere nozione di ingiusto profitto oltre il parametro della diminuzione patrimoniale già a partir quelle pronunce le quali sottolineavano che in tema di estorsione il danno che il soggett passivo della violenza o altri deve subire in seguito all’imposizione deve essere un dann patrimoniale precisando espressamente che anche la rinuncia ad un diritto può essere patrimonialmente dannosa purché essa importi obbligazioni patrimoniali dannose (Sez. 1 n. 1683 del 22/04/1993 Rv. 194418-01; Sez. 1, n. 679 del 07/11/1989 Ud. (dep. 18/01/1990 ) Rv. 183099 – 01); si è poi successivamente chiarito che in tema di delitti contro la lib individuale, se la coartazione da parte dell’agente è diretta a procurarsi un ingiusto prof anche di natura non patrimoniale, con altrui danno – che rivesta però la connotazione di ordin patrimoniale e consista in una effettiva “deminutio patrimonii” – ricorre il delitto di estor non quello meno grave di violenza privata (Sez. 1, n. 9958 del 27/10/1997, Rv. 208938 – 01). Appariva così chiarito che l’effetto immediato della condotta posta in essere dall’agente pu essere mirata a realizzare un ingiusto profitto privo di immediata conseguenza sul patrimonio della vittima (la rinuncia all’esercizio del diritto di credito) e che però l’azione è ugu qualificabile ex art. 629 cod.pen. quando, per effetto della coartazione stessa, l’ef mediato è quello della perdita di un diritto cui consegue una effettiva deminutio patrimonii, corrispondente all’impossibilità di conseguire la prestazione diretta ad accrescere il pro patrimonio, quale ad esempio il pagamento di un bene in precedenza ceduto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Proprio sulla base di tali interventi, tesi ad ampliare la nozione di ingiusto profitto alla rinuncia all’esercizio di un diritto avente natura patrimoniale, si è così dapprima affe che integra il delitto di estorsione la minaccia o la violenza finalizzata ad ottenere la ri alla tutela di un proprio diritto in una controversia di lavoro; in motivazione, la Co precisato che nella nozione di danno nel reato di estorsione rientra qualsiasi situazione c possa incidere negativamente sull’assetto economico di un soggetto, comprese la delusione di
aspettative e “chance” future di . arricchimento o di consolidamento di propri interessi (Sez. 2, n. 43769 del 12/07/2013 Rv. 257303 – 01); successivamente la nozione veniva riaffermata da quell’intervento secondo cui integra il delitto di estorsione la minaccia o la violenza dir costringere la vittima a rinunciare ad una propria legittima aspettativa ed in tal caso il d patrimoniale va inteso come danno futuro consistente nella perdita della possibilità conseguire un vantaggio economico (Sez. 5, n. 18508 del 16/02/2017, Rv. 270209 – 01).
Più recentemente si è stabilito che in tema di estorsione, l’altrui danno, aven necessariamente connotazione patrimoniale, comprende anche la desistenza dal tempestivo esercizio di un’azione giudiziaria finalizzata a tutelare un diritto o un interesse, posto patrimonio va inteso come un insieme non di beni materiali, ma di rapporti giuridici atti passivi aventi contenuto economico, unificati dalla legge in ragione dell’appartenenza medesimo soggetto (Sez. 2, n. 32083 del 12/05/2023, Rv. 285002 – 01). Il caso preso in considerazione da tale ultima pronuncia risulta proprio speculare a quello in esame, trattandos di fattispecie in cui il soggetto agente aveva rivolto minacce alla persona offesa costringerla a non sporgere querela per una truffa subita e, quindi, a rinunciare all’esercizio diritto alla ripetizione di quanto indebitamente corrisposto per effetto degli artifici e posti in essere in suo danno; anche in tal caso, quindi, l’ingiusto profitto immediato è costi da un obiettivo non patrimoniale, la rinuncia all’esercizio del diritto di querela, ma l’ mediato della condotta comporta una effettivo deminutio patrimonii esattamente corrispondente alla impossibilità di ottenere le restituzioni ed il risarcimento del danno.
2.2 L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame deve portare ad affermare la fondatezza del ricorso sussistendo la denunciata violazione di legge posto che, la fattispec estorsiva prospettata, è costituita dalla condotta minacciosa posta in essere ai danni del vittima e finalizzata ad ottenere la rinuncia ad un preciso diritto di credito che l’Au vantava nei confronti del COGNOME, per effetto della precedente vendita di beni; e non vi è dub che, a fronte di un diritto di credito esercitabile dal venditore, a seguito della consegn bene compravenduto cui non sia seguito il pagamento del prezzo, la minaccia rivolta dall’acquirente e finalizzata ad ottenere la rinuncia al credito integra proprio un ing profitto con altrui danno.
Quanto all’individuazione del giudice del rinvio va ricordato che si procede per il re di estorsione reato punito con pena congiunta, sicchè la sentenza di proscioglimento non incontra limiti alla sua appellabilità; pertanto, avverso la sentenza di proscioglimen pubblico ministero può proporre o appello ovvero, ai sensi del primo comma dell’art. 569 cod.proc.pen., ricorso per saltum in cassazione. Difatti la suddetta disposizione, intitolata ricorso immediato per cassazione, stabilisce che il ricorso diretto in cassazione è ammesso soltanto avverso le sentenze appellabili come inequivocabilmente emergente dalla lettura del citato primo comma. Proposto ricorso per saltum avverso la sentenza di proscioglimento all’eventuale annullamento della sentenza consegue la trasmissione degli atti, ai sensi dell
– seconda parte del quarto comma dell’art.. 569 cod.proc.pen., ai giudice competente ‘per l’appello. Gli atti vanno pertanto trasmessi alla Corte di Appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per il giudizio alla Corte di Appello di Napoli.