Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3749 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3749 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile COGNOME NOME nata a ARIANO IRPINO il DATA_NASCITA dalla parte civile COGNOME NOME NOME a ARIANO IRPINO il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a MONTECALVO IRPINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata;
lette le conclusioni del difensore dei ricorrenti AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, nonché i motivi aggiunti e le conclusioni scritte depositate in data 05/12/2023.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza del 09/11/2021 del Tribunale di Benevento, ha assolto COGNOME NOME dalla imputazione di cui al capo a) (art. 56, 629 cod. pen.) della rubrica,
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rideterminando la pena per il delitto di cui al capo b) in mesi dieci di reclusione, con revoca delle statuizioni civili.
Le parti civili costituite hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, proponendo un unico articolato motivo di ricorso, che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. I ricorrenti hanno dedotto violazione di legge e vizio della motivazione perché manifestamente illogica in relazione agli artt. 56, 629 cod. pen.
La decisione della Corte di appello si era incentrata tutta sulla asserita non credibilità delle persone offese, ricostruendo l’atteggiamento dell’imputato quale legittimo diritto di partecipare ad una asta pubblica, senza considerare i costanti insegnamenti della Corte di legittimità in tema di estorsione contrattuale, realizzata nel caso in esame mediante la prospettazione di un “male giusto”, ovvero un male che pur apparendo legittimo esercizio di un diritto o potere è tuttavia esercitato non iure, integrando comunque una minaccia penalmente rlevante, seppure in forma implicita e larvata, avendo il NOME COGNOME NOME minacciato di partecipare all’asta relativa ai beni riferibili alle persone offese per ottenere i pagamento di un debito intercorrente con persona diversa e terza, seppure facente parte della famiglia delle stesse parti civili costituite. La difesa ha ribadito le proprie conclusioni con motivi aggiunti e memoria ex art. 611 cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è fondato. Ne consegue l’annullamento limitatamente agli effetti civili, quanto al reato di cui al reato di cui al capo a), con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui deve essere rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Le censure articolate dalle parti civili colgono nel segno nell’evidenziare la sostanziale apoditticità della motivazione della Corte di appello nel ritenere, con giudizio del tutto difforme rispetto al giudice di primo grado, la non credibilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese. In concreto il giudice di appello ha ricostruito la vicenda processuale in termini opposti al giudice di primo grado, senza tuttavia compiutamente motivare sul punto e richiamando, in modo atecnico, elementi estranei al
giudizio e relativi a distinte controversie, collegate e conseguenti ai fatti oggetto di denuncia nel presente procedimento, senza che sia riscontrabile una diretta incidenza causale sulla dinamica dei fatti contestati e ritenuti insussistenti. Tra l’altro non risulta in alcun modo, né è stato compiutamente allegato, che su tali fatti risulti essere intervenuto un passaggio in giudicato della decisione.
In concreto, come correttamente osservato anche dal Procuratore generale, la motivazione è sostanzialmente apparente anche in relazione alla ritenuta sussistenza di un legittimo esercizio di un diritto, poiché, appunto, il giudice di appello si limita ad una valutazione in astratto senza confrontarsi con le specificità del caso concreto in cui l’esercizio strumentale di un potenziale diritto, posto in termini di ricatto alle persone offese, appare compatibile con la configurazione di una minaccia. Questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire che in tema di estorsione, una pretesa contrattuale, così come nel caso concreto il preteso esercizio di un diritto, è contra ius ed integra il reato quando l’agente, pur avvalendosi di mezzi giuridici legittimi, li utilizzi per conseguire vantaggi estranei al rapporto giuridico controverso, perché non dovuti nell’an o nel quantum o perché finalizzati a scopi diversi o non consentiti rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto o tutelato, e quindi per realizzare un profitto ingiusto (Sez. 2 n. 34242 del 11/07/2018 Rv. 273542-01; Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020 Rv. 279211-01). L’esercizio anche solo paventato di un diritto per scopi eccentrici rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto tutelato, o comunque non dovuti nell'”an” o nel “quantum”, onde conseguire un profitto “contra ius”, può ben integrare il delitto di estorsione (Sez. 2 , n. 14325 del 08/03/2022, Coppola, Rv. 282980-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In tal senso si è affermato che integra una “intimidazione illegittima, idonea, come tale, ad integrare il delitto di estorsione ex art. 629 cod. pen., anche una minaccia dalla parvenza esteriore di legalità allorquando sia fatta, non già con l’intenzione di esercitare un diritto, ma allo scopo di coartare l’altrui volontà e di ottenere risultati non consentiti attraverso prestazioni non dovute nelran” o nel “quantum” o quando, pur correlandosi ad un diritto riconosciuto e tutelato dall’ordinamento, se ne realizzi, suo tramite, un distorto ed abusivo esercizio per il conseguimento di scopi “contra ius”, dovendosi valutare sia l’eccedenza del mezzo rispetto allo scopo perseguito che l’eccedenza del fine perseguito rispetto alla portata del diritto esercitato (Sez. 2, sent. n. 17574 del 21/03/2013, Rv. 256219-01; Sez. 2, n. 34242
dell’11/07/2018, GLYPH Rv. GLYPH 273542-01)”(Sez. 2 , GLYPH n. 14325 del 08/03/2022, Coppola, Rv. 282980-01).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, quanto al reato di cui al capo a) con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittmità.
Così deciso il 21 dicembre 2023.