Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 298 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 298 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2024 della Corte di appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto dei ricorsi; sentito il difensore delle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
sentito il difensore di fiducia di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ed il comune difensore di fiducia di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO COGNOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. NOME COGNOME, con due distinti atti, e NOME COGNOME, per il tramite dei rispettivi difensori, ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che, in sede di rinvio da questa Suprema Corte, ha confermato la decisione del Tribunale di Milano con cui, esclusa la contestata recidiva a COGNOME e concesse le attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante ad COGNOME, aveva condannato COGNOME alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 6.000,00 di multa ed COGNOME alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in ordine ai delitti di cui agli artt. 81, 110, 629, primo e secondo comma, con riferimento all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.
I predetti sono accusati di aver, in concorso tra loro, in più persone riunite e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con plurime violenze e minacce poste in essere nei confronti di NOME COGNOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME, rispettivamente, titolare, moglie di costui e socio delle autofficine “RAGIONE_SOCIALE“, costretto COGNOME e COGNOME a collaborare con la carrozzeria “RAGIONE_SOCIALE” di proprietà di COGNOME, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno; fatti commessi in Trezzano sul Naviglio dal 2001 al 4 novembre 2015.
1.1. La Corte di appello ha ripercorso il contenuto della decisione di primo grado, le cui conclusioni sono state sopra riportate, ha dato conto della decisione della Corte di appello annullata, sentenza, quest’ultima, che aveva assolto COGNOME per la ritenuta episodicità della presenza durante i fatti di minaccia e violenza /ed escluso che i fatti contestati a COGNOME potessero essere sussunti nell’ipotesi di estorsione, attesa la carenza di prove in ordine all’elemento costitutivo del danno patrimoniale asseritamente subito dal COGNOME.
La sentenza di secondo grado annullata, inoltre, aveva riqualificato i fatti nell’ipotesi di cui agli artt. 610 e 612, secondo comma, cod. pen., ritenendo sussistente la costante coartazione delle persone offese che, per evitare ritorsioni, erano costrette a dare corso alle richieste di indirizzare i propri clienti verso la carrozzeria di COGNOMERAGIONE_SOCIALE e di mettere a disposizione di costui la propria manodopera.
1.2. La Corte di appello ha, quindi, ripercorso la decisione di questa Corte che, sui ricorsi del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, della parte civile e di COGNOME, qualificati i fatti ai sensi degli artt. 81, 110, 629 commi 1 e 2 in relazione all’art. 628 comma 3 n. 1 cod. pen., aveva annullato la sentenza nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, dichiarando inammissibile il ricorso di COGNOME NOME.
Preso atto della decisione di questa Corte, i Giudici del gravame hanno evidenziati i limiti della decisione ex art. 627 cod. proc. pen. e, confutati i motivi di appello, hanno confermato la decisione di primo grado.
Il ricorso presentato dall’AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME COGNOME prospetta due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. c), la violazione degli artt. 627, 603, 604 cod. proc. pen: e 173 disp. att. cod. proc. pen.
Si censura la parte della decisione che abdica al doveroso compito di effettuare un riesame del merito della vicenda onde controllare la corrispondenza tra il principio di diritto enunciato nella sentenza di annullamento e i dati logici e di fatto presenti negli atti processuali.
Le motivazioni alla base dell’annullamento poggiano sulla valorizzata assenza di rapporti contrattuali tra il COGNOME e COGNOME, aspetto mai dedotto dalla difesa che nei motivi di appello aveva invece osservato come mancasse un danno da intendersi quale lesione dell’autonomia negoziale; tale circostanza era stata resa palese dalla stessa Corte di appello nella sentenza annullata che, pertanto, non aveva affatto confermato che il compendio probatorio fosse tale da non necessitare di verifica, ed anzi, aveva messo in dubbio l’esistenza di prove in merito al carattere esclusivo del rapporto instaurato tra la carrozzeria della parte offesa e l’azienda di COGNOME; il prospettato incremento di fatturato che ha interessato l’autofficina “RAGIONE_SOCIALE” di proprietà delle persone offese non costituisce conseguenza – secondo la difesa – dalla cessazione di rapporti “forzosi” con il COGNOME, visto che analogo incremento aveva riguardato l’officina di costui.
La necessità di colmare le plurime incertezze e di ricostruire i fatti rende evidente – si assume – la violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. da parte della Corte di appello, là dove ha ritenuto di non procedere alla rinnovazione istruttoria richiesta nei motivi di appello e ribadita con memorie presentate in sede di rinvio.
Osserva la difesa come la Corte di appello sia incorsa in un errore logico allorché non ha adeguatamente apprezzato i reali rapporti di datata amicizia intercorrenti tra il COGNOME ed il COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.
La sentenza, che riproduce il testo della decisione del Tribunale, risulta apodittica e svincolata dalle risultanze processuali. Ad eccezione dell’occasione in cui ha svolto il ruolo di paciere durante la lite tra COGNOME e COGNOME risalente al
2002, la presenza di COGNOME, economicamente disinteressato alle loro vicende, si è rivelata sporadica sui luoghi dei fatti.
AVV_NOTAIO, nell’interesse del solo NOME COGNOME, formula tre motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. c), violazione di legge in relazione all’art. 627 cod. proc. pen. e all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. GLYPH
Si rivolgono censure alla parte della decisione tr -Tera parte rd avrebbe abdicato alla necessità di riesaminare la vicenda nel merito, per ragioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle espresse nel ricorso dell’AVV_NOTAIO (sub 2.2).
3.2. Con il secondo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. c), violazione di legge in relazione agli artt. 627, 603, 604 cod. proc. pen. e 173 disp. att. cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte di appello ha assertivamente affermato di aderire alla decisione del Tribunale senza alcun vaglio critico.
3.3. Con il terzo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) e c), violazione di legge in relazione all’art. 627 cod. proc. pen. e all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. con riferimento all’art. 192 cod. proc. pen.
I testi esaminati – secondo la difesa – hanno escluso l’esistenza di qualsivoglia condotta estorsiva da parte di COGNOME, rappresentando che non tutte le auto venivano inviate per la riparazione presso l’officina del ricorrente. Anche in ragione dell’omessa valutazione delle testimonianze a discarico che avevano fatto riferimento alla fraterna amicizia esistente tra COGNOME e COGNOME, si deduce la lacunosità della decisione.
Analoga illogicità la difesa rappresenta in merito alla quantificazione del trattamento sanzionatorio.
NOME COGNOME formula due motivi di ricorso.
4.1. Con il primo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. c), la violazione degli artt. 627, 603, 604 cod. proc. pen. e 173 disp. att. cod. proc. pen. per ragioni sovrapponibili al primo motivo del primo ricorso proposto nell’interesse di COGNOME (sub 2.1).
4.2. Con il secondo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), la violazione degli artt. 627, 603, 604 cod. proc. pen. e 173 disp. att. cod. proc. pen. anche con riferimento alla ritenuta aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.
A fronte di una ricostruzione in fatto operata dalla sentenza annullata che aveva apprezzato la presenza sporadica del ricorrente, la Corte di appello in sede
di rinvio – assume la difesa – non poteva attestarsi (testualmente) “sulle parole della Corte di Cassazione e sulle parole della sentenza di primo grado”; la decisione ha, invece, omesso di valutare i motivi di appello che erano tesi non solo a dimostrare come l’intervento del ricorrente fosse rivolto alla riconciliazione di COGNOME e di COGNOME, ma anche il dato a mente del quale l’COGNOME non conoscesse le conseguenze patrimoniali delle pretese del coimputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili sotto plurimi profili.
Deve premettersi che il giudice di rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione, è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti derivanti da un eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio, in esito alla quale è legittimato ad addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, Lombardi, Rv. 285801 – 02).
Il giudizio rescissorio, inoltre, non implica la necessità di una riapertura dell’istruttoria dibattimentale a richiesta di parte, dovendo disporre l’assunzione delle prove indicate solo se le stesse sono indispensabili ai fini della decisione, così come previsto dall’art. 603 cod. proc. pen., oltre che rilevanti, secondo quanto statuito dall’art. 627, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 12690 dei 03/12/2019, dep. 2020, Belcastro, Rv. 278703).
Alla luce dei principi di diritto sopra menzionati, i motivi comuni alle difese del COGNOME e dell’COGNOME (primo motivo dedotto in favore di entrambi i ricorrenti dall’AVV_NOTAIO COGNOME, primo, secondo e terzo dall’AVV_NOTAIO COGNOME) secondo cui la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 627 cod. proc. pen. là dove ha ritenuto di non rivalutare nel merito la vicenda e di non ampliare il vaglio degli elementi di prova attraverso l’accoglimento della richiesta di rinnovazione istruttoria, sono manifestamente infondati, declinati in fatto e generici.
3.1. Deve innanzitutto osservarsi come, contrariamente a quanto dedotto, anche la decisione di annullamento di questa Corte non si è distaccata dalla ricostruzione storica contenuta in entrambe le decisioni di merito; di ciò dà atto la sentenza impugnata, che espressamente rileva come la decisione rescindente avesse con completezza analizzato il compendio probatorio che aveva portato a
ritenere che il COGNOME, negli anni, fosse stato costretto ad inviare le auto dei propri clienti presso l’officina del COGNOME, senza poter effettuare autonome scelte in linea con logiche di mercato ritenute economicamente per lui più convenienti.
A conferma, infatti, dell’erronea qualificazione giuridica operata dalla Corte territoriale, la sentenza di questa Corte – che pertanto ha statuito rilevando il vizio di violazione di legge – ha fornito una lettura del compendio processuale sulla base della declaratoria di inammissibilità del ricorso presentato dal COGNOME (che contestava proprio la lettura dei dati processuali alla base del riqualificato delitto di cui agli artt. 610 e 612 cod. pen.), alla luce dell’apprezzata logicità e completezza della ricostruzione operata dalle decisioni di merito, inclusa – come ovvio – quella annullata.
Intanto le condotte realizzate sono state riqualificate nel delitto di estorsione – richiamando il principio di diritto secondo cui “l’imposizione con violenza o minaccia di un contraente o di un fornitore si è ritenuto integrare il delitto di estorsione, consistendo l’ingiusto profitto con altrui danno patrimoniale nel fatto stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione della propria autonomia e libertà negoziale (Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, Rv. 252283 – 01)” -, in quanto i rilievi che mettevano in dubbio la completezza e logicità della ricostruzione della vicenda, qualificata dalla sentenza di appello annullata ex artt. 610 e 612 cod. pen., sono stati ritenuti inammissibili; ciò è stato possibile solo dopo aver apprezzato la non decisività delle dichiarazioni rese dai testi della difesa – che avevano riferito del rapporto di forte amicizia tra COGNOME e COGNOME (sul presupposto che costoro non potessero essere al corrente dei reali rapporti tra i due) – e la non decisività della dedotta assenza di esclusività nei rapporti, smentendo, al contempo, la scarsa frequenza delle condotte.
3.2. Seppure in ipotesi di annullamento intervenuto per inosservanza o erronea applicazione della legge penale da parte della Corte di cassazione il giudice del rinvio – secondo giurisprudenza di legittimità ormai consolidata debba ritenersi vincolato unicamente ai principi e alle questioni di diritto decise con la sentenza di annullamento, con esclusione di ogni altra restrizione derivabile da eventuali passaggi di natura argomentativa contenuti nella motivazione della sentenza di legittimità, in special modo se riferibile a questioni di mero fatto attinenti il giudizio di merito (Sez. 2, n. 33560 del 09/06/2023, Brunno, Rv. 285142), deve restare comunque ferma la valutazione dei fatti per come accertati nel provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 24133 del 31/05/2022, Rv. 283440).
Corretta, allora, si rivela la parte della decisione che ha motivatamente rigettato le richieste di rinnovazione istruttoria in quanto non ritenute utili alla decisione, essendo le allegazioni documentali e le istanze o già note e, pertanto,
a disposizione del Collegio, o relative a richieste probatorie non formulate nella pertinente sede dibattimentale di primo grado, essendo la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. Ricci, Rv. 266820 – 01).
3.3. Manifestamente infondata risulta, inoltre, la critica secondo cui la Corte territoriale avrebbe omesso di confrontarsi con i motivi di gravame formulati dalle difese degli imputati, confermando la decisione di primo grado, sia quanto a qualificazione giuridica, sia quanto alla responsabilità dell’COGNOME, posizione in ordine alla quale questa Corte aveva rilevato un’altra violazione di legge, circostanza ritenuta determinante per la ritenuta sussistenza dell’aggravante della presenza delle più persone riunite ex art. 629, secondo comma, richiamato dall’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.
Corretta, priva di lacune e senz’altro rispettosa della decisione rescindente ex art. 627 cod. proc. pen. si presenta, pertanto, la decisione impugnata che, muovendosi nel perimetro delineato da questa Corte: ha apprezzato le sentenze di merito, rilevando come non avessero messo in dubbio la ricostruzione storica della vicenda, tra l’altro confermandone la uniforme lettura dei dati probatori, anche sotto il profilo della completezza e logicità; ha ribadito come anche solo la compressione della libertà negoziale, secondo un pacifico principio di diritto, integrasse il delitto di estorsione cosiddetta contrattuale (oltre al tenore della sentenza di annullamento vincolante ex art. 627 cod. proc. pen., tra le tante, cfr. Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278998 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 9429 del 13/10/2016, dep. 2017, Mancuso, Rv. 269364 – 01), e smentito al contempo la dedotta insussistenza dell’ingiusto profitto da parte di COGNOME.
Nonostante la decisione di annullamento di questa Corte avesse confermato la sussistenza di un ingiusto danno patrimoniale implicito nella stessa limitazione della libertà negoziale, la Corte territoriale ha puntualmente evidenziato – a confutazione dei motivi di gravame -, che era del tutto indifferente che l’invio dei clienti presso la autocarrozzeria dell’imputato non avvenisse in maniera esclusiva, aspetto su cui le difese reiteratamente insistono, fermo restando che dalle precedenti decisioni di merito era emerso come detta autonomia fosse stata non solo fortemente limitata, ma che plurime fossero state le condotte generatrici di danni patrimoniali: limitazioni nelle condizioni contrattuali, messa a disposizione del personale, sovrafatturazione ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, riparazione di mezzi personali di COGNOME ed obbligata
assunzione di COGNOME quale guardiano notturno con pagamento in nero (pag. 31 e 32).
3.4. Sotto tale aspetto, deve altresì ritenersi declinato in fatto il terzo motivo di ricorso dell’AVV_NOTAIO, attraverso il quale si tenta di assegnare differente valenza ai dati probatori, ancora una volta afferenti al carattere non esclusivo del rapporto tra COGNOME e COGNOME, correttamente apprezzati dalla Corte di appello là dove ha posto in rilevo l’irrilevanza del tema e comunque confutato le censure rivolte alla decisione di primo grado motivatamente condivisa quanto alla ricostruzione delle reiterate vicende estorsive.
Deve essere ribadito, invero, il principio di diritto secondo cui sono precluse al giudice di legittimità le dedotte riletture degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601); analoga inammissibilità di realizza allorché si sollecita una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove (Sez. 2, n. 9106 del 12/2/2021, COGNOME, Rv. 280747).
3.5. Generica, in quanto apoditticamente dedotta e priva di reale motivazione, risulta la critica rivolta alla determinazione del trattamento sanzionatorio formulata nella parte finale del terzo motivo di ricorso (ultimo foglio del ricorso dell’AVV_NOTAIO).
Analogo limite incontra il secondo motivo formulato dall’AVV_NOTAIO nell’interesse di COGNOME con cui si contesta l’integrazione dell’aggravante ex art. 629, secondo comma, in relazione all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen., questione che la Corte territoriale ha affrontato, per evidenti ragioni logicogiuridiche, insieme alle deduzioni tese a confutare la sussistenza del concorso nel reato dell’COGNOME.
4.1. La Corte territoriale, da un canto, ha fatto preciso riferimento alla sentenza rescindente, affermando la rilevanza della mera presenza insieme all’autore della condotta principale ai fini della sussistenza dell’ipotesi concorsuale ex artt. 110 e 629 cod. pen., purché la stessa non sia meramente casuale e sia servita a dare impulso all’azione dell’autore del fatto o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279807; Sez. 2, n. 47598 del 19/10/2016, COGNOME, Rv. 268284), d’altro canto, ha rilevato che la presenza di NOME fosse stata tutt’altro che sporadica.
4.2. Corretta deve ritenersi, pertanto, come già messo in evidenza dalla sentenza rescindente, che aveva richiamato la consolidata giurisprudenza in ordine alla possibile integrazione dell’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen. (secondo cui la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite prevista in ipotesi di estorsione richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia. (Sez. U, Sentenza n. 21837 del 29/03/2012, Alberti, Rv. 252518 – 01), l’analisi contenuta nella sentenza impugnata (pagg. 32 . e 33) circa le plurime occasioni in cui COGNOME aveva attivamente partecipato alla commissione del delitto, accompagnando COGNOME in occasione della realizzazione delle condotte estorsive nei confronti di COGNOME.
Da quanto sopra rilevato in ordine alla sussistenza dell’aggravante della presenza delle più persone riunite ex artt. 629, secondo comma, e 628, terzo comma, n. 1, cod. pen., discende la manifesta infondatezza del secondo motivo attraverso cui la difesa di COGNOME rivolge critiche al ritenuto concorso nel delitto di estorsione aggravata, ipotizzando significati edulcorati e riduttivi rispetto alle risultanze probatorie.
Preso atto del principio di diritto espresso dalla sentenza di annullamento di questa Corte, secondo cui sussiste l’ipotesi concorsuale ex artt. 110 e 629 cod. pen. anche in caso di mera presenza del concorrente sul luogo di esecuzione del reato, essendo, invero, sufficiente la semplice presenza, anche se silente, purché non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279807; Sez. 2, n. 47598 del 19/10/2016, COGNOME, Rv. 268284), la Corte di merito, invero, ha fatto buon governo delle risultanze processuali, rilevando come l’COGNOME avesse partecipato in maniera costante e duratura nella realizzazione della condotta, assumendo un ruolo di stabile supporto della figura del COGNOME e rendendosi partecipe di condotte autonomamente poste in essere e tali da palesare la precisa consapevolezza della natura estorsiva dei rapporti sottostanti tra costui e la persona offesa.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ed alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalle costituite parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si stima equo determinare, in ragione dell’impegno profuso nella fase di legittimità, come da dispositivo.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 5.500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 10/10/2024.