Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26340 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26340 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Messina il 20/3/1964 avverso la sentenza resa il 13/2/2025 dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Latina l’11 luglio 2024 che ha dichiarato la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al reato di estorsione aggravata.
Si addebita all’imputato di avere costretto COGNOME NOME con violenza e minacce, dopo averlo prelevato in auto e portato in un luogo isolato, a promettere di consegnare un chilo di sostanza stupefacente del tipo hashish a settimana quale
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saldo del pregresso debito maturato, per un importo complessivo di 9.000 C, in relazione ad una precedente fornitura di sostanza stupefacente.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’indagato, deducendo:
2.1. Violazione di legge in relazione agli articoli 270 e 266 codice di rito e illegittima utilizzazione della prova intercettiva, poiché le intercettazioni costituiscono la prova esclusiva del reato contestato e ritenuto in sentenza. All’udienza del 19 ottobre 2023 il pubblico ministero ha depositato i decreti autorizzativi relativi a conversazioni ambientali registrate sull’autovettura BMW e la difesa sollevava eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni, poiché le stesse erano state disposte in altro procedimento penale e i relativi decreti, ancorché depositati, risultavano omissati, con conseguente impossibilità di valutare la sussistenza dei presupposti stabiliti dall’art. 270 cod.proc.pen..
Il Tribunale respingeva l’eccezione con una motivazione che non risulta condivisibile, poiché il Collegio si è limitato ad un controllo formale del deposito arginando la possibilità di censurare il decreto, mentre l’art. 270 cod.proc.pen. nella nuova formulazione, nel prevedere ai commi 3 e 4 la possibilità per i difensori di accedere al materiale intercettivo, impone l’instaurazione di un regolare contraddittorio teso a verificare non solo la portata istruttoria, ma anche la legittimità delle intercettazioni.II dato formale del deposito non può superare l’argine imposto dalla norma di riferimento, che passa forzatamente attraverso un decreto legittimamente adottato nel rispetto dei criteri stabiliti dagli articoli 266 cod.proc.pen.
La Corte ha respinto la relativa censura proposta con il gravame, affermando che l’ammissibilità dell’utilizzazione in un altro giudizio dei risultati del intercettazioni disposte in separato procedimento sarebbe integrata dalla destinazione all’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dalla indispensabilità di questi risultati per l’accertamento dei medesimi delitti. Nel caso di specie, si procede per il delitto di estorsione aggravata e le intercettazioni assumono rilevanza fondamentale per l’accertamento del reato. Per espresso disposto normativo non sarebbe necessario il deposito integrale dei decreti autorizzativi che condiziona la loro utilizzabilità e anche l’allegazione di un decreto largamente secretato dimostra comunque l’esistenza del provvedimento e il suo regolare deposito. Peraltro solo la mancanza di motivazione del decreto di autorizzazione e non la sua inadeguatezza potrebbe dar luogo alla inutilizzabilità dei suoi risultati. Inoltre la Corte ha osservato che la difesa non ha indicato le ragioni per le quali il proprio diritto sarebbe stato pregiudicato dal parziale deposito della motivazione dei decreti di autorizzazione. Questa motivazione sarebbe, a
giudizio della difesa, affetta da grave errore poiché la mancanza della motivazione dei decreti autorizzativi equivale a quella mancanza di motivazione richiamata dalla Corte come causa di inutilizzabilità assoluta del decreto. Occorre pertanto verificare se le parti non secretate dell’apparato motivazionale del decreto sono idonee a svolgere la loro funzione e cioè a documentare la sussistenza delle condizioni legittimanti l’intercettazione. Una diversa interpretazione della norma porterebbe ad una evidente disparità di trattamento tra i decreti di autorizzazione disposti nell’ambito del procedimento e la loro valutazione nell’ambito di procedimento diverso, consentendo di utilizzare il compendio intercettivo a prescindere dalla legittimità dei decreti autorizzativi in un procedimento diverso da quello per cui sono stati disposti.
2.2 Violazione degli articoli 546 e 605 cod.proc.pen. e travisamento del fatto in relazione al delitto contestato al capo 8 della rubrica, in ragione della mancata riqualificazione del fatto in reato tentato.
Il Collegio individua il momento consumativo nell’accordo presuntivamente intervenuto all’esito dell’aggressione circa la dazione di un chilo di sostanza stupefacente a settimana, ma nessun elemento in fatto dimostra che tale proposta sia stata accettata da controparte e nel capo d’imputazione non è stata contestata alcuna cessione. Se ne può dedurre che neppure il pubblico ministero ha ritenuto che sia intervenuto un atto consumativo della cessione nel rispetto dell’accordo assunto obtorto collo. La Corte di appello, a pagina 5 della sentenza, afferma che dall’esame del contenuto della conversazione n. 465 emerge la prova della consegna di un quantitativo imprecisato di hashish dal Pezzano, frutto della violenza esercitata che integra il reato estorsivo. Ma dalla lettura della intercettazione emerge una soluzione del tutto diversa, poiché non vi è alcun passaggio dal quale possa inferirsi che COGNOME o COGNOME partecipi dell’aggressione, o il ricorrente COGNOME abbiano aderito alla proposta della persona offesa di rientrare dal proprio debito mediante la consegna di sostanza stupefacente.
2.3 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’esimente prevista dall’articolo 56 comma 3 codice penale poiché l’intervento dell’COGNOME aveva determinato la fine della aggressione e non risultano altre condotte successive, nè contatti relativi alla medesima vicenda tra le parti )sicché può configurarsi la desistenza volontaria che non richiede un’autentica resipiscenza, ma può essere giustificata da motivi di qualsiasi natura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura è generica e manifestamente infondata.
E’ stato precisato che GLYPH in tema di intercettazioni disposte in altro procedimento, l’omesso deposito del decreto autorizzativo non ne determina l’inutilizzabilità, neanche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137, posto che l’art. 270, comma 2, cod. proc. pen. prevede il solo deposito, presso l’autorità giudiziaria competente per il procedimento diverso da quello nel quale l’attività captativa è stata disposta, delle registrazioni e dei verbali delle intercettazioni da utilizzare. (Sez. 1, n. 49627 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285579 – 02)
A garantire la legittimità genetica dell’attività di captazione effettuata nel procedimento a quo basta, d’altronde, l’allegazione del relativo decreto autorizzativo, la pacifica esistenza della cui motivazione (per quanto in larga misura secretata) è sufficiente ex se a dimostrare la sussistenza del preventivo vaglio giudiziale al quale la legge subordina la limitazione del diritto alla segretezza delle comunicazioni private (vedi Sez. Un. n. 45189 del 17/11/2004, Esposito, secondo cui solo la mancanza, e non anche l’inadeguatezza, della motivazione del decreto autorizzativo delle intercettazioni può dar luogo alla inutilizzabilità dei relativi risultati).
A questo primo profilo di doglianza si aggiunge la considerazione che a pagina 8 della sentenza di primo grado il Tribunale afferma che i decreti depositati sono stati omissati solo in alcuni passaggi e in essi sono riportati gli episodi di spaccio e i pestaggi subiti dalla persona offesa, oggetto del presente procedimento, nonché l’utenza su cui sono state autorizzate, sicché nessuna violazione dei diritti difensivi è stata posta in essere poiché le parti omissate riguardano fatti diversi rispetto a quelli per cui si procede in questa sede e i decreti autorizzativi, sebbene omissati in parte, consentono di apprezzare le ragioni per cui sono state eseguite le operazioni di intercettazioni e di scongiurare quel rischio di autorizzazione in bianco che le Sezioni Unite nella sentenza COGNOME hanno voluto stigmatizzare.
Il ricorrente non si confronta con questo primo profilo della motivazione e così facendo incorre nel vizio di genericità.
La corte di merito ha inoltre osservato che le disposizioni richiamate dall’articolo 270 cod.proc.pen. non rientrano tra le previsioni la cui violazione determina l’inutilizzabilità delle intercettazioni, che viene ricondotta ai soli casi di inosservanza delle previsioni di cui all’articolo 268 commi 1 e 2 cod.proc.pen. che non sono oggetto di alcuna contestazione nel caso in esame, e che l’appellante al di là della generica eccezione di inutilizzabilità non ha indicato le ragioni per le quali il diritto di difesa sarebbe stato pregiudicato dal parziale deposito della
motivazione dei decreti di autorizzazione. Si tratta di considerazioni condivisibili e immuni dai vizi dedotti.
Il secondo motivo è generico poiché non si confronta con la complessiva motivazione resa dalla Corte al riguardo.
E’ noto che il delitto di estorsione si consuma nel momento e nel luogo in cui il colpevole consegue per se o per altri l’ingiusto profitto con correlativo danno altrui, che deve essere di natura patrimoniale; il patrimonio, pero, deve essere inteso lato sensu, come la somma dei rapporti giuridici attivi e passivi, a contenuto patrimoniale, facenti capo ad una determinata persona, per modo che, come esso risulta arricchito dall’attribuzione di un diritto di credito, cosi rimane sminuito dall’assunzione di una obbligazione patrimoniale, indipendentemente dalla evoluzione concreta di tali rapporti, dovendo essere valutato, momento per momento, nell’attualità della situazione giuridica.
Nel caso in esame, a fronte del motivo di appello con cui la difesa contestava l’intervenuto accordo tra le parti da cui sarebbe sorta l’obbligazione e l’ingiusto profitto, la Corte di appello a pag. 5 ha osservato innanzitutto che la difesa non aveva dedotto nulla in ordine alla successiva consegna della sostanza stupefacente oggetto dell’accordo, e affermava di condividere le motivazioni rese alle pagine 22 e 23 della sentenza del Tribunale di Latina, cui faceva rinvio; il Tribunale ha ritenuto sussistente non soltanto il perfezionarsi dell’accordo tra estorto ed estortori, ma anche la consegna di un quantitativo di hashish a titolo di assaggio e prova della qualità delle successive consegne, consegna che integra il delitto consumato di estorsione.
La Corte ha poi proseguito affermando che con i motivi di appello era stata censurata la sussistenza dell’accordo, e solo quella, e ha respinto anche questa prospettazione difensiva, valorizzando il tenore della conversazione al progressivo 465, nel quale dopo le reiterate proposte del COGNOME di consegnare al Pes una partita di hashish in pagamento del debito, COGNOME avvisava la vittima che se si fosse trattato di un inganno ne avrebbe pagato le conseguenze.
In conclusione la Corte ha respinto la censura difensiva affermando che dal contenuto della conversazione citata deve ritenersi provata non soltanto l’assunzione dell’obbligazione di consegna della droga da parte del Pezzano, ma anche la consegna di un quantitativo imprecisato di hashish dal Pezzano al Pes come assaggio, con considerazioni conformi ai principi affermati in tema dalla giurisprudenza e immuni dai vizi di motivazione dedotti.
Il ricorrente non si confronta con questa motivazione e si limita a reiterare la censura formulata con l’appello secondo cui dall’intercettazione non emergerebbe
il raggiunto accordo tra le parti, ma solo la proposta unilaterale della persona offesa di consegnare la droga il giorno dopo ed ogni mese.
Così facendo il ricorso incorre nel vizio di genericità, poiché ha un contenuto eccentrico rispetto al dato di fatto valorizzato dalla Corte di appello, e cioè la
successiva consegna di un quantitativo di hashish per provare la qualità della fornitura promessa; nel contempo critica in modo generico l’interpretazione della
conversazione intercettata, senza dedurre un travisamento della prova e allegare gli atti da cui desumerlo, così formulando un motivo non consentito.
E’ noto che il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, sia nell’ipotesi in cui il
giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando
entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza
da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio
acquisito nel contraddittorio delle parti. (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME,
Rv. 280155 – 01)
Il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto la desistenza volontaria può sussistere soltanto in relazione ad un delitto tentato e poiché la Corte esclude che si versi in fattispecie tentata, osservando che il reato di estorsione sia stato consumato, va esclusa la possibilità di riconoscere l’invocata desistenza.
4.Per le considerazioni sin qui esposte, si impone il rigetto del ricorso con le conseguenti statuizioni.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 2/7/2025