Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34676 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34676  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di
NOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 20/06/2025 del Tribunale di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; sentite le richieste del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; sentite le conclusioni del difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei
motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
 Il  Tribunale  di  Firenze,  in  funzione  di  Tribunale  del  riesame,  in  accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza di rigetto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze in data 26 novembre 2024, ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, in relazione ai reati di cui agli artt. 110-629 e 56-110-629 cod. pen.
Ricorrono per cassazione i suddetti indagati, con un unico atto a mezzo del proprio comune difensore, deducendo due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, anche in relazione all’aggravante contestata.
Il Tribunale, secondo la difesa, si sarebbe limitato a riportare le considerazioni espresse dagli inquirenti a sostegno della originaria richiesta di misura, senza confrontarsi compiutamente con le riflessioni del Giudice per le indagini preliminari (e, dunque, venendo meno all’obbligo di motivazione rafforzata), valorizzando illogicamente circostanze (lo scambio di messaggi privi di contenuto minatorio; le dichiarazioni delle persone offese, che pure avevano negato il contenuto intimidatorio, e di terzi; conversazioni telefoniche parimenti scevre di anomalie relazionali) del tutto neutre probatoriamente, in quanto ampiamente giustificabili con i cordiali pregressi rapporti con le persone offese e l’attuale stato di illiquidità degli indagati.
Neppure sussisterebbe il metodo mafioso, ricavato unicamente dalle relazioni familiari degli  indagati,  personalmente  affatto  estranei  al  contesto  RAGIONE_SOCIALE  di  RAGIONE_SOCIALE (consorteria  «che,  ad  oggi,  risulta  essere  stata  completamente  smantellata»).
2.2. Violazione di legge e difetto di motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Risulterebbe disancorata dalla concreta piattaforma indiziaria la prognosi infausta in tema di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato, affermata sulla base di considerazioni meramente congetturali, nonostante le persone offese avessero già reso sommarie informazioni testimoniali e non emergano attuali collegamenti degli indagati con ambienti criminali.
Sarebbe analogamente apodittico il tautologico richiamo alle presunzioni di legge.
All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono complessivamente infondati.
Il primo motivo non Ł consentito, nella parte in cui sollecita un nuovo apprezzamento circa la rilevanza e concludenza dei dati probatori, ed Ł, comunque, infondato, in punto di diritto, per quel che concerne la lamentata carenza di motivazione rafforzata e la asserita impossibilità di configurare il delitto di estorsione.
2.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di misure cautelari personali, avuto particolare riguardo alla gravità indiziaria, il ricorso per cassazione Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266939-01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01). Il controllo di logicità, dunque, «deve rimanere ‘all’interno’ del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate» (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460-01; in senso conforme, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01).
In ogni caso, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni captate, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389-01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164-01).
2.2.  Nel  caso  di  specie,  l’ordinanza  impugnata  –  compiutamente  analizzati  e logicamente apprezzati tutti gli elementi indiziari, ricondotti ad unità, attesa la loro piena concordanza – con motivazione priva di passaggi illogici o contraddittori, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dei ricorrenti, in relazione ad ambedue i reati loro contestati, ivi compresi i profili circostanziali.
In particolare, l’ampia ricostruzione delle emergenze investigative, complessivamente considerate, evidenzia congruamente l’effettiva portata dimostrativa delle reiterate richieste
di aiuti economici avanzate dagli indagati (per telefono e mediante sistemi di messaggistica) nei confronti di COGNOME e COGNOME. Nonostante entrambe le persone offese avessero riferito di essere state infastidite, ma di non essersi sentite minacciate, il Tribunale – a prescindere dall’esistenza di volontari elementi esplicativi della chiara percezione della valenza intimidatoria di tali richieste – superando motivatamente tali cautele espositive (non prive esse stesse di efficacia inferenziale, adeguatamente contestualizzate), ha valorizzato, al contrario, il contenuto inespresso ma chiaro delle assillanti pretese di denaro (non apparendo sufficiente agli imputati il semplice invio di generi alimentari, pure loro proposto), le modalità di comunicazione (anche mediante telefonate dall’interno di un carcere, in palese e assai sintomatica violazione dei regolamenti penitenziari) e le dichiarazioni di congiunti e conoscenti delle vittime, che hanno confermato la loro condizione di turbamento e soggezione, alla luce del costante e trasparente richiamo, anche mediante risaputi stilemi lessicali, all’organizzazione mafiosa a suo tempo diretta dal padre della ricorrente («noi siamo sempre gli stessi… sempre gli stessi di un tempo…»,«buona domenica. LA VITA Ł una sola fa quello che ti rende felice e fallo con chi ti fa sorridere», «NOME non ti preoccupare io capisco. capisco tutto, so… so la tua serietà… so la persona che sei… sappiamo con NOME la tua serietà… sappiamo la… tutto di te», «ho capito che anche tu sei messo male… speriamo bene per tutti un abbraccio», «che Dio ti aiuti», «questo Ł il mio Iban, ti ringraziamo tutti noi per quello che potrai fare. un abbraccio forte e affettuoso da tutti noi», e altri di consimile tenore).
In tal modo, il Tribunale non delinea affatto una sorta di inammissibile tipo d’autore derivato unicamente da legami di parentela/affinità, ma, al contrario, valorizza ragionevolmente solidi elementi, rivelatori di una condotta dalle palesi connotazioni estorsive (a partire dalle richieste di denaro avanzate direttamente da un soggetto in stato di detenzione, che stridono logicamente con ogni ricostruzione in termini di semplici rapporti di amicizia ed evidenziano invece un decisivo rafforzamento delle pressioni esercitate dall’indagata).
D’altronde, l’affermazione difensiva per cui RAGIONE_SOCIALE dovrebbe considerarsi, ad oggi, non piø operativa non può essere assunta, purtroppo e con ogni evidenza, come notoria massima di esperienza a contenuto AVV_NOTAIO, bensì, al piø, come mera illazione, peraltro priva di una pur minima plausibilità.
2.3.  Al  netto  delle  ampie  censure  schiettamente  fattuali  svolte  dai  ricorrenti,  la configurabilità della fattispecie provvisoriamente contestata emerge nitidamente dal corretto percorso giustificativo dell’ordinanza impugnata.
In punto di diritto, può ribadirsi come la tradizionale esegesi di questa Corte ammetta che la minaccia costitutiva del reato, oltre che palese, esplicita e determinata, possa manifestarsi in modi e forme differenti, e quindi anche in maniera implicita, larvata, indiretta e indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa versa (cfr., ex pluribus , Sez. 2, n. 14380 del 06/02/2025, COGNOME, non mass; Sez. 2, n. 107 del 18/12/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 27649 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281467-01).
D’altronde, una richiesta estorestorsiva, pur formalmente priva di espressioni di eclatante minaccia, come nel caso di specie, ben può ugualmente contenere un’energica carica intimidatrice, chiaramente percepita come tale dalla vittima stessa, anche alla sola luce dell’evocazione di un chiaro contesto mafioso (cfr. Sez. 2, n. 51324 del 18/10/2023, Rizzo, Rv. 285669-01, secondo cui Ł configurabile l’aggravante del metodo mafioso anche a
fronte di un messaggio intimidatorio ‘silente’. In termini, Sez. 3, n. 44298 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 277182-01; Sez. 2, n. 26002 del 24/05/2018, COGNOME, Rv. 272884-01; Sez. 2, n. 20187 del 03/02/2015, COGNOME, Rv. 263570-01). L’aggravante del metodo mafioso, pertanto, nella pienezza della giurisdizione di merito, Ł stata ritenuta sussistente non sulla base di claudicanti congetture psicologiche, ma sul concreto presupposto che, in considerazione del modus operandi sopra descritto (sottili allusioni tali da richiamare alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo l’incombere retroscenico del RAGIONE_SOCIALE), la minaccia avesse assunto la veste – ben piø penetrante, energica ed efficace propria dell’agire mafioso (cfr., Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, COGNOME, Rv. 285018-02; Sez. 2, n. 36431 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277033-01; Sez. 5, n. 21530 del 08/02/2018, COGNOME, Rv. 273025-01; Sez. 6, n. 41772 del 13/06/2017, COGNOME, Rv. 271103-01; Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, COGNOME, Rv. 263525-01).
2.4. L’apparato giustificativo, lungi dal risolversi in una mera contrapposizione valutativa, si Ł così confrontato puntualmente con le divergenti valutazioni del primo giudice e le ha superate, evidenziandone congruamente i profili di illogicità e di contraddittorietà rispetto al complessivo quadro indiziario, all’esito di un serrato confronto critico, connotato da maggiore persuasività e credibilità razionale e coerente con la consolidata interpretazione giurisprudenziale in tema di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Rappresentano elementi indiziari di pregnante e insuperabile rilevanza, in tal senso, secondo il Tribunale fiorentino, il rifiuto di assistenza meramente alimentare da parte degli indagati e la loro ossessiva pretesa di avere somme di denaro, pur non consistenti; la provenienza di alcune delle telefonate addirittura dall’interno di un istituto di reclusione; il ricorso ad avvertimenti ‘obliqui’ dal chiaro contenuto minatorio, tipici dell’agire mafioso sotto le vesti dell’apparente cordialità (tanto che, dopo l’ennesima formula di cortesia, COGNOME vide bene di recarsi immediatamente a Roma per consegnare euro 1.000 in contanti, senza farne cenno ai Carabinieri, con cui pure era già in contatto); il chiaro riferimento ai permanenti legami con la consorteria RAGIONE_SOCIALE già diretta dal padre/suocero; la reticenza delle persone offese ad ammettere il proprio stato di timore, viceversa chiarissimo, e le loro informali richieste di aiuto alle Forze dell’Ordine, evitando però la formale presentazione di una denuncia.
Il provvedimento impugnato Ł, dunque, sorretto da un percorso giustificativo tale da ottemperare appieno agli oneri motivazionali imposti dal ribaltamento contra reum della pronuncia di rigetto delle richieste cautelari.
Alla luce delle riflessioni che precedono, il secondo motivo risulta insuperabilmente generico, in quanto non si misura con il concreto apparato argomentativo, e manifestamente infondato, in punto di operatività dell’aggravante speciale.
Quanto al periculum libertatis , infatti, i giudici di merito hanno chiarito, prima ancora di richiamare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la sussistenza delle esigenze cautelari in tema di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato e l’adeguatezza della misura, con argomentazioni tutt’altro che illogiche o contraddittorie. Sono stati, in tal senso, stigmatizzati
la mole di interlocuzioni, pressanti e solo apparentemente garbate, nei confronti di due distinte persone offese, protratte sino a tempi recenti (COGNOME era riuscito addirittura a procurarsi un telefono con cui chiamare dall’interno del carcere);
i contatti di NOME con un pregiudicato ben inserito nella malavita romana;
la palese inefficacia deterrente delle precedenti condanne.
Per il Tribunale, il contenimento carcerario Ł, dunque, reso necessario dalla assoluta
necessità di isolare completamente gli indagati da ogni interazione con l’esterno.
Il solo decorso del tempo, al contrario di quanto prospettato dal ricorrente (anche a prescindere dalla mancata allegazione di puntuali coordinate temporali a sostegno della deduzione), non risulta sufficiente, avuto riguardo all’aggravante ‘mafiosa’ contestata e ritenuta, a superare la presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., per quanto attiene ai requisiti dell’attualità e della concretezza del pericolo (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Ferri, Rv. 282766-02; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, Poggiali, Rv. 282004-01).
Il motivo di ricorso per cassazione che deduca assenza delle esigenze cautelari Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando – come nel caso di specie, in cui ci si limita di fatto a rimarcare la rilevanza del lasso cronologico intercorso dai fatti e la sufficienza della misura autocustodiale – propone censure che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01).
Le censure sul punto, in conclusione, risultano generiche e non consentite, nei termini sopra illustrati, e, comunque, manifestamente infondate.
I ricorsi, in conclusione, devono essere rigettati e i ricorrenti condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p. Così Ł deciso, 16/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME