Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28191 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28191 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Agrigento il 26/07/1999
avverso l’ordinanza del 31/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Palermo.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha illustrato i motivi del ricorso e ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Palermo, in sede di riesame cautelare, ha confermato il provvedimento del G.I.P. dello stesso Tribunale che aveva disposto la misura degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di estorsione oggetto di contestazione provvisoria.
Ricorre per cassazione l’ indagato, a mezzo del difensore, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di gravi indizi per l’ipotizzato reato di concorso in estorsione continuata, aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso .
Deduce l’insussistenza del reato, stante l’asserito annullamento da parte del medesimo Tribunale dell’ordinanza applicativa nei confronti dei correi NOME COGNOME e COGNOME NOME per i medesimi reati e autori anch’essi, in ipotesi di accusa, della medesima condotta intimidatoria per cui si procede ai danni di COGNOME NOME – titolare di un esercizio commerciale in Porto Empedocle –
finalizzata ad ottenere delle consumazioni nel locale senza versare il corrispettivo, in funzione di una condizione di soggezione creata nella persona offesa a seguito del convincimento di conseguire da essi protezione negli ambienti malavitosi della zona.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Sotto il profilo dei gravi indizi, l’ordinanza impugnata appare immune da vizi logico-giuridici, avendo offerto un percorso argomentativo che ha affrontato attentamente l’analisi del materiale indiziario, evidenzia ndo risultanze che non mettono in discussione comportamenti anche esplicitamente minacciosi da parte del prevenuto ai danni dell’esercente COGNOME NOME per ottenere consumazioni, in qualsiasi orario del giorno e della notte, senza versare il corrispettivo o pagandolo solo in parte.
Le censure prospettate dal ricorrente sono erronee in diritto, là dove assumono l’insussistenza del delitto di associazione mafiosa, in relazione all’asserito annullamento della misura cautelare nei confronti dei coindagati COGNOME e COGNOME
Al di là del fatto che di tale annullamento la parte ricorrente non ha fornito alcuna allegazione, mette conto segnalare che tali rilievi non appaiono allineati al fatto di reato oggetto di provvisoria contestazione, che prescinde dall’esistenza stessa di un’associazione ex art. 416 -bis cod. pen., ma che attengono, piuttosto, a un addebito di estorsione (aggravata dal metodo mafioso) in cui COGNOME avrebbe fatto parte del gruppo di avventori che, sfruttando la propria vicinanza a soggetti inseriti nel contesto criminale controllante il territorio, si sarebbero comportati all’interno del locale con modalità tali da porre la vittima in una condizione di timore per la propria incolumità.
In questa sede, pertanto, non rileva la posizione processuale dei correi, che al più potrebbe incidere per la configurabilità della componente concorsuale o monosoggettiva dell’illecito, ma non per la sussistenza del fatto in sé , considerato che gli atti intimidatori sono stati attribuiti dal Tribunale personalmente al Donzì, secondo quanto ricostruito sul piano fattuale.
Non coglie nel segno neanche la doglianza con cui si prospetta l’insussistenza del fatto di reato, in ragione di una ‘mera convinzione’ da parte
del Plano di essere vittima di condotte volte a costringerlo ad ottenere protezione.
Tale censura si palesa come aspecifica, elevandosi il fattore della percezione soggettiva della vittima dal subire una intimidazione come dirimente rispetto ad un illecito configurabile in ragione della idoneità della minaccia, avuto riguardo alle circostanze concrete emerse, a incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, non rilevando l’effettiva intimidazione della vittima che, ad ogni modo, nel caso in esame è stata finanche denunciata dal Plano come patita. Invero, ai fini della configurabilità del reato di estorsione, il carattere minaccioso della condotta e la idoneità della stessa a coartare la volontà del soggetto passivo vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, non rendendosi necessario che si sia verificata l’effettiva intimidazione del soggetto stesso (Sez. 2, n. 36698 del 19/06/2012, COGNOME, Rv. 254048 – 01).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 giugno 2025