Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33818 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33818 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; sentito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catania, in sede di riesame di provvediment impositivi di misure cautelari personali, parzialmente riformando l’ordinanza del Giudic per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emessa il 21 febbraio 2025, ha sostituito la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, misura applica ricorrente in relazione ai reati di concorso in estorsione tentata ed estorsione consumata, aggravati dall’art. 416-bis.1.cod. pen., commessi attraverso l’intervento violento minaccioso dei coindagati COGNOME NOME e COGNOME NOME, soggetti di notorio spessore mafioso, nei confronti di COGNOME NOME ed NOME, i quali avevano
acquistato due autovetture presso la concessionaria del ricorrente senza ultimarne il pagamento del prezzo (capi 9 e 10 della imputazione provvisoria).
Ricorre per cassazione COGNOME, deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gr indizi di colpevolezza.
Il ricorrente lamenta una contraddittorietà motivazionale del provvedimento genetico non adeguatamente tenuta in conto dal Tribunale – per avere il Giudice per le indagini preliminari escluso l’applicazione della misura cautelare in relazione alla tenta estorsione di cui al capo 8, assistita dagli stessi elementi investigativi invece valori con riguardo ai capi 9 e 10 della imputazione provvisoria.
I fatti di cui al capo 8 e quelli all’odierno esame, dimostrerebbero la comune esistenza d un lecito rapporto contrattuale di natura civilistica tra le vittime ed il ricorren avrebbe preteso, peraltro non personalmente ma attraverso i coindagati, solo la restituzione di quanto a lui dovuto per la vendita di due autovetture alle persone offes le quali non ne avevano interamente pagato il prezzo.
Ciò sarebbe avvenuto senza alcuna violenza o minaccia, né da parte del ricorrente né da parte dei suoi emissari, circostanza idonea ad escludere ogni profilo penalmente rilevante. In ogni caso, nella migliore delle ipotesi accusatorie, i fatti avrebbero dovuto ess qualificati come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, alla luce della differenzia tra i due reati tracciata dalla giurisprudenza di legittimità, la cui doverosa interpreta andrebbe in senso favorevole a quanto sostenuto in ricorso;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gr indizi di colpevolezza per quanto più in dettaglio riferibile al capo 9 della imputazi provvisoria.
Posta l’esistenza di rapporti leciti di compravendita tra il ricorrente e la persona of COGNOME NOMENOME NOME termini indicati con il primo motivo, il ricorso sottolinea conversazioni intercettate dimostrerebbero un atteggiamento aggressivo della vittima focalizzatosi in uno degli incontri con i coindagati del ricorrente nel quale era scatu una colluttazione – logicamente incompatibile con la ricostruzione dei fatti operata d Tribunale.
Anche laddove fosse stata usata, in quella circostanza, minaccia o violenza nei confronti della persona offesa, ciò non farebbe mutare la qualificazione giuridica del fatto a stregua dell’art. 393 cod. pen., dal momento che la vicenda era calata all’interno de rapporto contrattuale prima indicato ed esistente tra le parti e l’intervento dei terzi era dovuto ad implicazioni mafiose ma al fatto che COGNOME NOME e la persona offesa erano colleghi di lavoro;
fr
3) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gr indizi di colpevolezza per quanto più in dettaglio riferibile al reato di cui al capo 10 imputazione provvisoria.
In relazione a tale fatto, valgono le stesse osservazioni precedentemente esposte in ricorso anche con riguardo alla qualificazione giuridica, sottolineandosi che la vitti COGNOME NOME aveva rapporti di lavoro con il coindagato COGNOME NOME, a giustificazione dell’intervento di quest’ultimo nella vicenda, persona a sua volta nota ricorrente in quanto cliente dell’autosalone di questi.
Anche in questo caso, non si sarebbe evidenziata alcuna violenza o minaccia contro la persona offesa, neanche di natura implicita o “ambientale” ed il Tribunale avrebbe travisato il significato da attribuire alle modeste regalie elargite dalla vittima in p natalizio (un agnello e della ricotta), del tutto consone alle abitudini locali ed all’at allevatore esercitata dalla persona offesa.
Sarebbe emersa, oltre che l’assenza di violenza o minaccia, anche la mancanza di interesse personale da parte dei terzi coindagati o di clan mafiosi, non emergente dalle intercettazioni con il dovuto margine di certezza e non desumibile da una spontanea regalia effettuata dal ricorrente al COGNOME di soli 50 euro;
4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla aggravante di cui all’art. 4 bis.1.cod. pen.
Oltre all’assenza di minaccia o violenza, men che mai di tipo mafioso, mancherebbe ogni riferimento investigativo ad una condotta del ricorrente volta alla agevolazione di un cla di quella tipologia, della cui esistenza non è adeguatamente emerso che il ricorrente, soggetto incensurato, fosse a conoscenza, né che egli potesse sapere del collegamento ad esso di un coindagato e dell’utilizzo di metodo mafioso da parte dei correi.
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenz dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva, non avendo il Tribunale valorizzato circostanza che i correi del ricorrente sono stati arrestati ed egli non avrebbe manifestat personali capacità criminali.
Si dà atto che nell’interesse del ricorrente è stata depositata una memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi in parte generici ed, in part manifestamente infondati.
1.In ordine al primo motivo, non è, in primo luogo, rilevante, sotto il profilo inerente congruità della motivazione del provvedimento impugnato, che il primo giudice, nell’ordinanza genetica, abbia escluso la sussistenza di indizi di colpevolezza inerenti a altra contestazione (quella di cui al capo 8) per un fatto diverso da quelli di cui ai c
e 10, commesso nei confronti di altra persona offesa e ritenuto, nel merito, dai contenut più sfumati e meno ricostruibili in punto di fatto sebbene analoghi a quelli per cui procede.
Tale segmento dell’ordinanza primigenia, non riprodotta nel provvedimento impugnato e solo per sommi capi nel ricorso, non è sindacabile per assenza di ogni elemento di giudizio rilevante in questa sede.
1.1.Quanto alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza inerenti ai reati di intere (capi 9 e 10), il Tribunale ha offerto congrua motivazione, spiegando approfonditamente che il ricorrente era avvinto agli altri coindagati COGNOME e COGNOME da un accordo d spettro assai ampio, secondo il quale tutte le volte che l’indagato, nell’esercizio della lecita attività di vendita di autovetture a terzi, riscontrava qualche problema pagamenti, si serviva dei due coindagati per esercitare pressioni nei confronti dei client aventi contenuto minaccioso ed a volte anche violento (come nei confronti del COGNOME, vittima del reato di cui al capo 9) rinvenibile nel fatto che tanto le persone offese quan tutti gli indagati, ivi compreso il ricorrente, fossero consapevoli della caratura mafiosa uno dei due emissari, COGNOME NOME, che non ne faceva mistero alle vittime, in ogni caso ben consapevoli di ciò per ragioni di contesto ben ricostruite dal Tribunale con riferimento ai luoghi ove erano avvenuti i fatti ed alla immanenza dell’organizzazione mafiosa RAGIONE_SOCIALE nell’articolazione catanese indicata come clan COGNOME, alla quale il COGNOME apparteneva e nell’interesse della quale “controllava” una determinata area territoriale dell’hinterland catanese.
Si tratta di una ricostruzione di merito, ben calibrata dal Tribunale e fondata su interpretazione del significato di numerose intercettazioni di conversazioni intervenute tr i coindagati ed anche tra costoro e terzi soggetti.
Essa non presenta alcun profilo di illogicità e non è, per questo, sindacabile in quest sede, non potendosi valutare, come pretenderebbe il ricorso, una diversa ricostruzione di elementi fattuali.
E’ noto che secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, cui anche il Collegio aderisce, in materia di intercettazioni l’interpretazione del linguaggio e contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se motivata in conformit criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez.6 n.11794 del 11/02/2013, COGNOME, Rv. 254439).
In punto di diritto sostanziale, il Tribunale ha fatto buon governo del principio di d secondo il quale, per estorsione “ambientale” si intende quella particolare forma di estorsione, che viene perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi grupp criminali che spadroneggiano in un determinato territorio e che è immediatamente percepita dagli abitanti di quella zona come concreta e di certa attuazione, stante la forz
criminale dell’associazione di appartenenza del soggetto agente, quand’anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e coartare la volontà della vittima (Sez. 2, n. 53652 del 10/12/2014, COGNOME, Rv. 261632-01).
1.2. Quanto alla qualificazione giuridica dei fatti, il Tribunale ha correttamente evidenzia l’impossibilità di ricondurli al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
La motivazione è esente da vizi logico-ricostruttivi e giuridici.
In primo luogo, il Tribunale ha evidenziato l’esistenza di danni ulteriori per le vitt rispetto a quanto da costoro in ipotesi dovuto al ricorrente in forza del contratto acquisto di autovetture di natura lecita (nel caso del COGNOME, si era paventato il preli coatto della sua autovettura se non ne avesse pagato tutto l’importo al ricorrente, plasticamente evidenziatosi nel violento scontro fisico con i coindagati riportato da Tribunale con il prelievo delle chiavi del mezzo; nel caso dell’NOME, attraverso la richiest da questi esaudita contro la sua volontà, di ulteriori regalie al ricorrente, non importa di poco valore ma comunque e certamente non dovute).
Si tratta, pertanto, di condotte che in nessun caso trovavano fondamento in un diritto tutelabile davanti ad un giudice in forza del contratto di compravendita tra il ricorrente le persone offese.
In secondo luogo, il Tribunale, a fg. 17 dell’ordinanza impugnata, ha interpretato senza vizi logici il contenuto di una intercettazione nella quale il coindagato COGNOME ricordava ricorrente la necessità di assegnare parte delle somme riscosse a “Catania”, allusione logicamente intesa dal Tribunale, allo stato degli atti e senza alternative spiegazion plausibili in virtù del delineato contesto, come riferentesi all’obbligo di agevolare il mafioso di riferimento, al quale l’emissario COGNOME, in particolare, era collegato, come risultava noto alle vittime ed al ricorrente.
Per il che, la finalità di agevolazione del sodalizio mafioso, racchiusa nella contestat circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1.cod. pen. – che la conversazione citata rivela essere nota agli autori del reato, ivi compreso il ricorrente, allo stesso modo come gli era noto l’esercizio dell’intimidazione dei suoi emissari contro le vittime, in fo di accordi radicati e prestabiliti che ne siglavano il suo concorso nelle estorsioni aggravat indipendentemente dal fatto che l’indagato non effettuasse per sua mano la violenza o la minaccia ambientale – porta ad escludere, in radice, l’ipotizzata, diversa qualificazione giuridica dei fatti come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
In questo senso si pone la stessa giurisprudenza di legittimità citata in ricorso nell’ordinanza impugnata.
Infatti, nella motivazione della sentenza resa da Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, par. 13.3., si legge: “non appare inopportuno precisare che, nei casi in cui ricorra l circostanza aggravante della c.d. “finalità mafiosa” [art. 416-bis.1 cod. pen.: essere
delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi (…) al fine di agevolare l’att delle associazioni previste” dall’art. 416-bis cod. pen.], la finalizzazione della condo alla soddisfazione di un interesse ulteriore (anche se di per sé di natura non patrimoniale) rispetto a quello di ottenere la mera soddisfazione del diritto arbitrariamente azionato comporta la sussumibilità della fattispecie sempre e comunque nella sfera di tipicità dell’art. 629 cod. pen., con il concorso dello stesso creditore, per avere agevolato perseguimento (anche o soltanto) di una finalità (anche soltanto lato sensu) di profitto d terzi”.
Tanto assorbe e supera ogni ulteriore argomentazione difensiva – anche in relazione al contenuto della memoria depositata – in punto di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle aggravanti contestate, con manifesta infondatezza di quanto veicolato attraverso il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso.
Peraltro, per quanto attiene all’aggravante del metodo mafioso, va ricordato che non occorre che sia dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo necessario solo che la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della minaccia mafiosa, ossia di quella ben più penetrante, energica ed efficace che deriva dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti, sicché, una volta accertato l’utilizzo del me mafioso, l’aggravante, avente natura oggettiva, si applica a tutti i concorrenti nel reat ancorché le azioni di intimidazione e minaccia siano state materialmente commesse solo da alcuni di essi. (Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, Bisogni, Rv. 285018-02).
2. Con riguardo all’ultimo motivo, relativo alle esigenze cautelari, il ricorso non confronta adeguatamente con la motivazione offerta dal Tribunale a fg. 30 dell’ordinanza impugnata, laddove è stata indicata la particolare gravità dei fatti dovuta al contest criminale di riferimento, la loro ripetizione nel tempo attraverso moduli illeciti collaud siccome dimostrativi della pervicacia criminale dell’indagato nonostante la formale incensuratezza e dei suoi collegamenti con ambienti di alto spessore mafioso, non limitati alle persone dei ricorrenti.
La motivazione è ampiamente idonea a supportare il ritenuto pericolo di recidiva, peraltro in relazione alla misura degli arresti domiciliari e non alla custodia in carcere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende. Così deciso, il 22/07/2025.