Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6335 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6335 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Australia il DATA_NASCITA
Avverso la sentenza resa il 6 Aprile 2023 dalla Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e dell’AVV_NOTAIO che ha
insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Lamezia Terme il 6 settembre 2022, ha confermato la responsabilità di COGNOME NOME in ordine al reato di estorsione pluriaggravata. Si addebita all’imputato di avere quale mandante partecipato all’estorsione in danno dell’imprenditore NOME COGNOME, costretto a consegnare una somma di denaro per l’importo complessivo di 400 euro a titolo di protezione e al fine di evitare danni alla sua attività con l’aggravante di avere commesso il fatto quale persona facente parte di un’associazione di stampo mafioso, avvalendosi di modalità cosiddette mafiose e con l’intento di agevolare la detta associazione, nonché con l’aggravante di avere commesso il fatto mentre era sottoposto a misura di prevenzione e la recidiva specifica.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso COGNOME NOME deducendo:
2.1 violazione degli artt. 192 e 533 cod. proc.pen. e vizio di motivazione poiché l’imputato è stato condannato nonostante non sia stata raggiunta prova certa della sua responsabilità in ordine al conferimento di un mandato all’esecutore materiale dell’estorsione, NOME COGNOME, ai danni della attività commerciale RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME. L’ipotesi accusatoria risulta infatti fondata sulle dichiarazioni del coimputato NOME, registrate tramite intercettazioni. che non sono tuttavia univoche sull’individuazione del mandante poiché il coimputato aveva prima fatto riferimento a NOME COGNOME e dopo al cognato dello stesso, NOME COGNOME, odierno NOME. Dette dichiarazioni rese nel corso di conversazioni con soggetti estranei non hanno ricevuto alcun riscontro esterno individualizzante, sicché il ruolo di mandante dell’estorsione attribuito al NOME, secondo la Corte, troverebbe conferma soltanto in alcuni messaggi whatsapp intervenuti tra i due coimputati che tuttavia mantengono un contenuto del tutto neutro e non appaiono idonei a dimostrare il mandato conferito da NOME COGNOME a NOME COGNOME in ordine alla richiesta estorsiva. La Corte non ha peraltro considerato che il coimputato ha escluso il coinvolgimento del COGNOME sostenendo di avere agito in modo autonomo millantando un incarico mai ricevuto.
2.2 Violazione degli artt. 629, 416 bis.1 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante mafiosa in senso oggettivo e soggettivo. Rileva il NOME che il cosiddetto metodo mafioso deve necessariamente avere una sua esteriorizzazione quale forma di condotta positiva, richiesta dalla norma con il termine “avvalersi”, mentre nel caso in esame non emerge alcuno degli indici esteriori della condotta aggravata da dette modalità, in quanto la persona offesa non ha riferito di alcuna minaccia posta nei suoi confronti e ha affermato di avere pagato soltanto per assicurarsi la tranquillità della sua famiglia e dell’azienda. Il teste ha precisato che il suo interlocutore non aveva fatto specifico riferimento a cosa potesse succedere, ma aveva evocato un pericolo generico. Né i caratteri mafiosi del metodo utilizzato possono essere desunti dalla reazione della vittima alla condotta tenuta dall’imputato, poiché devono concretizzarsi in un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare una peculiare coartazione psicologica sulle persone, con i caratteri propri della intimidazione.
Quanto al profilo soggettivo dell’aggravante come finalità agevolativa della condotta, la pronunzia di merito non tiene conto che la stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da diversi anni è stata disarticolata e i suoi componenti sono per lo più in carcere, sicché risulta smentita la prospettazione accusatoria secondo cui l’esecutore materiale dell’estorsione avrebbe fatto leva su pregresse vicende estorsive patite dal titolare della società anzidetta per accrescere l’effetto intimidatorio della propria richiesta.
2.3 Violazione degli artt. 629, 62 numero 4 e 62 bis cod.pen. e vizio di motivazione poiché nel caso in esame risulta configurabile l’attenuante del prevista dall’articolo 62 n. 4 cod.pen. per l’oggettiva speciale tenuità del danno e per le modalità della condotta. Inoltre il giudice avrebbe dovuto applicare le circostanze attenuanti generiche per adeguare la pena al fatto concreto.
2.4 Con memoria l’AVV_NOTAIO ha insistito nei motivi di ricorso.
3.11 ricorso è inammissibile.
3.1La prima censura non è consentita poichè invoca una rivalutazione del compendio probatorio, che è stato oggetto di adeguata ed esaustiva verifica da parte di entrambi i collegi di merito, pervenuti alle medesime conclusioni.
La censura è anche manifestamente infondata in quanto il robusto compendio probatorio è costituito dalle dichiarazioni della persona offesa che hanno trovato riscontro nel tenore di diverse conversazioni e messaggi, già di per sé idonee a costituire autonoma fonte di prova.
Va ricordato che gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni, alle quali non abbia partecipato l’imputato, possono costituire fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato senza bisogno di riscontri esterni, o avere natura indiziaria, richiedendo, in tal caso, i requisiti di gravità, precisione e concordanza, in conformità del disposto dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 5 – , Sentenza n. 40061 del 12/07/2019 Cc. (dep. 30/09/2019 ) Rv. 278314 – 02)
Le conversazioni intercettate e i diversi messaggi intercorsi tra il NOME e il NOME dimostrano che l’attività estorsiva veniva sollecitata e monitorata dallo stesso COGNOME e palesano il mandato formulato dal NOME che ne sollecitava la tempestiva esecuzione smentendo le dichiarazioni del NOME, il quale ha dichiarato di aver agito autonomamente.
La versione del COGNOME è stata ritenuta inverosimile (v. pag.6) poiché è logico che questi non avrebbe potuto spendere impunemente il nome di un capomafia come appunto il COGNOME, che aveva da poco lasciato il carcere e che aveva riportato condanna per associazione a delinquere stampo mafioso, senza incorrere in gravi conseguenze e rimanere impunito.
La Corte ha poi sottolineato che COGNOME è un soggetto già condannato in via definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il sodalizio mafioso realizzata in concorso con altri esponenti della RAGIONE_SOCIALE, e ciò conferma la sua vicinanza all’associazione mafiosa, l’inserimento della sua condotta nell’ambito di una messa a disposizione del sodalizio, nonché i legami con il mandante odierno NOME.
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La censura in ordine alla coincidenza del teste NOME COGNOME con la persona offesa di altro reato di estorsione mafiosa accertato in via definitiva in passato è generica poiché non viene allegata documentazione a supporto e comunque non risulta idonea ad
inficiare le esaustive e articolate argomentazioni poste a sostegno della prospettazione accusatoria.
3.2 La seconda censura è generica poiché non si confronta con l’esaustiva motivazione resa dalla Corte di appello la quale, facendo corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità in tema di estorsione ambientale, ha ribadito che la circostanza aggravante ricorre anche quando l’autore della condotta illecita non faccia uso di una esplicita minaccia ma, in un territorio in cui è radicata la criminalità organizzata di stampo mafioso, pretende il pagamento di una somma di denaro per assicurare protezione, ventilando la possibilità che terzi soggetti possano irritarsi a fronte del rifiuto del su interlocutore. Ciò è quanto accaduto e all’evidenza si tratta di comportamento che pur non formulando esplicite minacce ha forte contenuto intimidatorio ed evoca la forza del vincolo del sodalizio mafioso prospettando generiche, e proprio per questo ancora più pericolose, ritorsioni.
3.3 Il terzo motivo è manifestamente infondato poiché la Corte ha reso esaustiva motivazione in ordine al diniego delle attenuanti invocate dal NOME, che reitera i motivi di appello così destinando la censura all’inammissibilità.
4.L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del NOME al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa le ammende che si ritiene equo determinare in 3.000 C in proporzione al grado di colpa nella presentazione della impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il NOME al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende
Roma 13 dicembre 2023
NOME COGNOME