Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20863 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20863 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Santa Margherita di Belice, il 05/04/1966 avverso l’ordinanza del 20/12/2024 del Tribunale della libertà di Palermo udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore Avvocato NOME COGNOME del Foro di Menfi, che, in difesa di COGNOME, insiste per l’ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo ─ decidendo all’esito della sentenza di annullamento con rinvio n. 44728 del 14 novembre 2024 emessa dalla Seconda sezione della Corte di cassazione ─ ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME contro l’ ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari gli aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati ex artt. 81, comma secondo, 629,
comma , 416bis .1 cod. pen. (capo 2), 610, comma secondo, 339, comma primo, cod. pen. (capo 8) e 81, 629, comma secondo, cod. pen. (capo 9), tutti aggravati ex art. 416 bis .1 cod. pen., come descritti nelle imputazioni provvisorie, e ha conseguentemente disposto il ripristino della misura cautelare.
Nel ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME al quale si aggiungono i motivi nuovi con allegate informazioni rese in sede di indagini difensive ex art. 391 bis , comma 2, cod. proc pen. ─ si chiede l ‘annullamento della ordinanza.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione in relazione a tutti i reati oggetto delle incolpazioni provvisorie.
Si osserva che l’ ordinanza contrasta con li giudicato cautelare formatosi con la sentenza n. 44720 del 31 ottobre 2024 della Seconda Sezione della Corte di cassazione concernente la posizione del coindagato NOME COGNOME Si contesta che dalle dichiarazioni dei collaboranti con l’Autorità giudiziaria COGNOME e NOME COGNOME, dai contenuti delle conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni di NOME COGNOME possano desumersi estorsioni di contratti commesse con il metodo mafioso o al fine di agevolare un’associazione per delinquere di stampo mafioso. Si afferma che i dati valutati si riferiscono a un contesto non attuale e che nessuno dei proprietari che hanno concesso terreni a pascolo all’azienda di COGNOME ha dichiarato di aver ricevuto pressioni a tal fine. Si precisa che nell’episodio in cui COGNOME avrebbe impedito, interponendosi con il suo trattore, a Ciccione di arare il terreno non si configurano i connotati di un metodo mafioso ma di una mera violenza privata.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione circa la sussistenza del reato ex artt. 629 e 461 bis . 1 cod. pen. descritto nel capo 2) delle imputazioni provvisorie nel non valutare che l’avere le presunte persone offese accett ato un prezzo basso per l’ affitto dei terreni da destinare a pascolo e per il taglio della paglia non fu dovuto a minaccia ma alle leggi del mercato, nell’a mbito della quali NOME persegui i propri interessi e non quelli di un gruppo criminale.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, relativi ai capi 8) e 9) delle imputazioni provvisorie si deducono violazione di legge e vizio della motivazione, anche relativamente alle circostanze aggravanti contestate, peraltro essendosi trascurato il giudicato cautelare relativo. alla posizione di NOME COGNOME limitatamente alla esclusione dell’aggravante della agevolazione mafiosa. Si osserva che, nella conversazione telefonica con NOME COGNOME il riferirsi di NOME ai suoi trascorsi giudiziari non va inteso in termini intimidatori ma, al contrario, come prospettazione dell’ intento odierno di mantenersi nei limiti della legalità, mentre, per altro verso, il Tribunale ha fallacemente trascurato che NOME COGNOME ha dichiarato di non avere ricevuto alcuna intimidazione. Inoltre,
si assume che il Tribunale ha trascurato che, comunque, COGNOME agì per tutelare una sua pretesa sui pascoli che egli riteneva legittima, sicché sarebbe, semmai, contestabile un esercizio arbitrario del proprie ragioni.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 416 bis .1 e 628, comma terzo n. 3 cod. pen. nel trascurare che, comunque, non risulta dimostrata la persistenza di una associazione per delinquere di stampo mafioso, né la riconducibilità della pastorizia al nucleo dei suoi interessi, emergendo soltanto un interesse personale di NOME.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione circa la prova dell’ elemento soggettivo del reato, evidenziando che dalle conversazioni di COGNOME con tale COGNOME e dalle dichiarazioni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME si trae che ciò per cui COGNOME insisteva non era in non recedere della controparte dai contratti di affitto ma il non richiedere una maggiorazione del prezzo corrente di affitto dei terreni.
2.5. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione di legge nella simultanea contestazione delle aggravanti ex artt. 416 bis.1 e 628ter , comma terzo nn. 1 e 3 cod. pen., nonostante che non emergano elementi per ritenere che le presunte estorsioni siano state attuate da più persone riunite.
2.6. Con il settimo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 610, 339, comma primo, e 629 cod. pen. in relazione al capo 8) delle imputazioni provvisorie, poiché non emerge quale implicita minaccia COGNOME avrebbe rivolto a COGNOME al quale, anzi, il ricorrente si rivolse considerandolo un garante del regolare svolgimento dei pascoli sui terreni demaniali sui quali egli aveva avuto in precedenza il legittimo possesso sulla base di apposta concessione della Regione.
2.8. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione sulle esigenze cautelari, delle quali non è state illustrate la concretezza e l’attualità , e si assume che la presunzione legislativa relativa alle esigenze cautelari deve ritenersi superata per effetto del lasso di tempo trascorso rispetto all’adozione della misura cautelare e all’epoca dei fatti, tanto più che non sono stati comprovati collegamenti con la criminalità organizzata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nel presente procedimento, il Tribunale di Palermo, in funzione di Tribunale del riesame, aveva solo parzialmente confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 24 maggio 2024, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME annullando tale provvedimento in relazione ai reati di cui agli artt. 81 e 629 cod. pen. (capi 2 e 9), escludendo l’aggravante dell’agevolazione mafiosa con
riferimento al delitto di cui all’art. 610 (capo 8) e sostituendo la misura intramuraria con l’obbligo di dimora nel comune di residenza e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Su ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo la Corte di cassazione, con la sentenza prima indicata, ha annullato l’ordinanza con rinvio per un nuovo giudizio.
La Corte ha ravvisato, per quanto attiene al capo 2, un «insanabile (…) contrasto tra la descrizione, ampia e rigorosa, del contesto generale in cui agiscono i vari soggetti, attivi e passivi, e la minimale valutazione delle singole condotte poste in essere in tale scenario».
Ha osservato che: «Da un lato, il Tribunale concorda con quanto espresso nell’ordinanza genetica quanto al potere esercitato, da epoche assai risalenti, dalle locali articolazioni di Cosa Nostra sulla pastorizia e su ogni altro settore economico nella valle del Belice. L’organizzazione criminale avrebbe sovrinteso alla suddivisione dei terreni tra i diversi pastori, conculcando la libertà contrattuale dei proprietari e subordinando all’assenso del gruppo criminale dominante l’ingresso di nuovi operatori economici di settore. Le condotte intimidatrici si estendevano abitualmente anche ad altre forme di taglieggiamento, come la predazione della paglia e degli scarti della mietitura. L’apparente libertà di non ottemperare alle richieste e comunque di rispettare lo status quo era radicalmente incisa dalle intuibili conseguenze negative per i disallineati (p. 11: ‘ Ci può provare a rifiutarsi. E che succede se si rifiuta? E poi piange le conseguenze, no? ‘ ). Neppure è revocata in dubbio la fama criminale di COGNOME e la sua intraneità (quantomeno in precedenza) al sodalizio mafioso, perfettamente risaputa nella comunità del luogo. NOME COGNOME, in virtù della militanza associativa, era, anzi, insieme a NOME COGNOME il soggetto più influente nell’area di Santa Margherita di Belice, per quel che riguardava tali questioni agropastorali. Dall’altro ( …) , appaiono incoerenti i successivi passaggi motivazionali attinenti alla mancata individuazione di «specifiche condotte del COGNOME o del coindagato COGNOME NOME, che costituiscano manifestazione della forza di intimidazione del vincolo associativo» (cfr. pp. 11, 14-15, 25-26). Come correttamente già evidenziato dal Giudice per le indagini preliminari, appare – quanto meno in astratto, salva la disamina propria del giudice di merito – pienamente configurabile una estorsione cosiddetta ambientale.»
Ha richiamato la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione secondo la quale «costituisce una estorsione “ambientale” quella particolare azione estorsiva perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali che spadroneggiano in un determinato territorio e che è immediatamente percepita dagli abitanti della zona come concreta e di certa attuazione, stante la forza criminale dell’associazione di appartenenza del soggetto agente,
quand’anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e a coartare la volontà della vittima ( … ). Pertanto, in primo luogo, anche una richiesta estorsiva pur formalmente priva di contenuto minatorio – come nel caso di specie, anche a prescindere dai toni apparentemente rilassati -ben può manifestare in realtà un’energica carica intimidatoria, chiaramente percepita come tale dalla vittima stessa, alla luce della sottoposizione del territorio in cui la richiesta è formulata all’influsso di notorie consorterie criminali».
Ha concluso precisando che: «Questa aporia argomentativa dovrà essere risolta, nella pienezza del merito cautelare, rivalutando l’intero quadro investigativo alla luce dei principi di diritto sopra riportati».
A conclusione analoga a quella relativa alla posizione di COGNOME è giunta la sentenza n. 7234/2025 del 12/12/2024 della Seconda Sezione di questa Corte, relativa a NOME COGNOME, figlio di NOME COGNOME
Posto quanto precede, i primi sette motivi di ricorso, concernenti i gravi indizi di colpevolezza e le circostanze aggravanti, possono essere trattati unitariamente e risultano infondati.
Nella ordinanza impugnata, il Tribunale per il riesame ha dato correttamente seguito alle indicazioni espresse dalla Corte di cassazione nella sentenza impugnata.
Ha ricordato che la presenza della associazione per delinquere ex art.416bis cod. pen. nella Valle del Belice è attestata da numerosi procedimenti giudiziari e che tale associazione ha nel tempo sovrinteso alla suddivisione dei terreni fra diversi pastori «conculcando la libertà contrattuale dei proprietari» .
Ha considerato le convergenti dichiarazioni dei collaboranti con l’autorità giudiziaria NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato il ruolo di COGNOME, in questo contesto, nella completa gestione del settore dei pascoli (p. 7-8.), e i contenuti delle conversazioni intercettate (coinvolgenti NOME COGNOME, genero di COGNOME) che mostrano come, dopo la scarcerazioni di COGNOME, vi furono delle frizioni fra COGNOME e i COGNOME per la gestione del settore (p 10-11).
2.1. Per quanto specificamente riguarda il reato oggetto del capo 2) delle imputazioni provvisorie, il Tribunale ha valutato le dichiarazioni di NOME COGNOME: questi ha confermato il sistema di gestione dei terreni prima esposto e ha affermato che «per evitare discussioni» diede in affitto a Ciaccio nel 2019 un suo terreno di 4 ettari a un canone di 500 euro, ma che Ciaccio gli corrispose solo 250 euro e, poi, nel 2021 portò le pecore nel terreno impedendogli materialmente di ararlo. Ha aggiunto che COGNOME ha pascolato su suoi terreni senza averne il
consenso e che egli ha subito ritorsioni e ha affermato di avere paura di COGNOME (p. 12-13).
Nell’ordin anza sono richiamati i contenuti delle conversazioni intercettate che offrono riscontri alle dichiarazioni di COGNOME (p. 16) e le dichiarazioni dei proprietari NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME che hanno ricordato i comportamenti prevaricatori di COGNOME e confermato il sistema di gestione del settore da parte di COGNOME e di COGNOME (p. 16).
Su queste basi, il Tribunale ─ sulla base di pertinenti massime di comune esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità e in linea con le indicazioni fornite dalla Corte di cassazione nella sentenza prima richiamata ─ ha ravvisato le condizioni della cosiddetta ‘estorsione ambientale’ che ─ in ambienti in cui è radicata una associazione per delinquere mafiosa può configurassi anche senza esplicite richieste, adducendo consuetudini locali, a favore di soggetti legati alal associazione e in danno dei proprietari dei fondi (Sez. 2, n. 51324 del 18/10/2023, Rv. 285669; Sez. 3, n. 44298 del 18/06/2019, Rv. 277182; Sez. 2, n. 26002 del 24/05/2018i, Rv. 272884).
2.2. Per quanto riguarda il reato oggetto del capo 8) delle imputazioni provvisorie, il Tribunale ha precisato che sulla commissione del reato con il metodo mafioso è intervenuto il cosiddetto giudicato cautelare e che il rinvio al Tribunale ha riguardato soltanto il riscontro della circostanza aggravante anche sotto il profilo della agevolazione nei confronti della associazione di stampo mafioso.
Nella ordinanza sono puntualmente richiamati i contenuti delle conversazioni tra COGNOME e NOME COGNOME, le minacce del primo al secondo e il risolversi di questo (che ha poi dichiarato di essersi intimorito) a aderire alla pressione di COGNOME affinché incontrasse il pastore NOME COGNOME e lo inducesse a rispettare i dettati di COGNOME descritti nel capo di imputazione.
Su questa base, il Tribunale per il riesame ha ravvisato anche il secondo profilo della aggravante, ritenendo non irragionevolmente che il rispetto dei confini concordati anche con altri esponenti mafiosi contribuisse a rafforzare il controllo della associazione criminale sul settore della pastorizia.
2.3. Per quanto riguarda il capo 9) delle imputazioni provvisorie, strettamente connesso al capo 8), il Tribunale ha rilevato che dalle conversazioni intercettate emerge che Milazzo ade rì senz’altro alla richiesta di COGNOME, nonostante che questi non avesse alcun diritto sui suoi terreni, senza subire esplicite minacce ma risentendo del contesto ambientale. Il Tribunale ha considerato che Milazzo non è credibile quando nega di essere stato intimorito, perchè, diversamente, non si spiegherebbe la pressione di COGNOME su Verde (p. 23).
2.4. Per quanto riguarda l’aggravante ex art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen. deve ribadirsi che l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso ex art. 416-
bis .1. cod. pen., può concorrere con quella prevista dall’art. 628, comma terzo, n. 3), cod. pen., richiamata dall’art. 629, comma secondo, cod. pen., perché la prima presuppone che la condotta sia stata tenuta con modalità mafiose (pur non essendo necessario che il soggetto agente appartenga a una associazione di tipo mafioso), mentre la seconda postula la provenienza della violenza o della minaccia, anche implicita, da persona appartenente a una associazione mafiosa, senza che sia necessario il concreto accertamento delle modalità di esercizio di tali violenza e minaccia, né che esse siano state attuate con l’utilizzo della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza all’associazione mafiosa. (Sez. 2, n. 20320 del 15/05/2024, Rv. 286426; Sez. 2, n. 21616 del 18/04/2024, Rv. 286433).
3. Anche l’ ottavo motivo di ricorso è infondato.
Con congrua motivazione, il Tribunale ha fondato le esigenze cauteari non soltanto sulla presunzione cautelare pos ta dall’a rt. 275, comma 3 cod. proc. pen., ma anche sul rilievo che COGNOME ha perseverato nelle sue condotte criminali nonostante la patita carcerazione e l’appl icazione di una misura di sorveglianza e ha, inoltre, mantenuto i contatti con il gruppo mafioso.
Dal rigetto del ricorso deriva la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 17/04/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME