Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 43718 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 43718 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a NOME il 06/10/1959 COGNOME NOME nato a NOME il 16/05/1973 COGNOME nato a TRANI il 29/07/1977
avverso la sentenza del 06/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero che ha concluso per il rigetto del ricorso di COGNOME e per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME e COGNOME udito il difensore
In difesa del ricorrente COGNOME il difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME del foro di TRANI , dopo aver illustrato brevemente i motivi del gravame, ha insistito nell’accoglimento chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bari, con la decisione indicata in epigrafe, in parziale riform sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani nei confronti degli odierni ricorrenti, ha dich non doversi procedere nei confronti di Superbo NOME per i reati di cui ai capi C), L), intervenuta prescrizione, confermando nel resto la sentenza impugnata, salva la rideterminazione della pena in anni cinque e mesi sette di reclusione ed euro 1200 di multa.
Inoltre, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME intervenuta prescrizione riguardo ai capi C), H), O) e, confermando nel resto la pr decisione in ordine all’accertamento delle residue contestazioni, ha ridotto la pena ad a cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 1000 di multa.
Infine, GLYPH ha GLYPH dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME per intervenuta prescrizione riguardo al capo H) e, confermando nel resto la prima decisione ordine all’accertamento della residua contestazione, ha ridotto la pena ad anni sei di reclus ed euro 27.000 di multa.
1.1 In sintesi, per descrivere il quadro a cui si riferiscono i motivi di ricorso, si r che i giudici di merito hanno ritenuto comprovata l’esistenza dell’associazione a delinqu contestata al capo al capo A), operante nel territorio di Andria a partire dal mese di novem 2005, finalizzata principalmente alla perpetrazione di estorsioni in danno dei titolari di c edili della zona.
L’accertamento è stato compiuto, valorizzando sia il compendio delle intercettazio telefoniche, sia le dichiarazioni rese da soggetti che lavoravano presso istituti . di vigilanza, i quali rappresentavano la sostanziale impossibilità dello svolgimento di attività di guardi presso i cantieri edili dell’andriese a causa della presenza in loco di un gruppo capitanato da COGNOME NOME, interessato alla medesima attività di sorveglianza.
La natura estorsiva era ricavabile dalla imposizione di corrispettivi, in misura supe alla concorrenza, nei confronti degli imprenditori edili del circondario, destinatari di c intimidatorie, come comprovato dal contenuto di alcune intercettazioni ed anche da rinvenimento sui cancelli dei cantieri della zona del biglietto da visita recante imp l’immagine del Superbo, con scritta intimidatoria rivolta alla concorrenza.
Il Superbo, promotore del gruppo, era affiancato da NOMECOGNOME anch’egli c funzioni direttive, il quale interagiva con il primo nella determinazione delle somm estorcere, impartiva ordini agli altri associati, sovraintendeva al loro operato e indicav stessi il comportamento da osservare nei confronti delle forze dell’ordine.
L’associazione – sempre secondo la ricostruzione contenuta nelle decisioni oggetto d gravame – ricorreva a comportamenti aggressivi e violenti per intimidire i destinatari d richieste estorsive ed indurli ad accettare tariffe per l’attività di sorveglianza, superiori praticate dalla concorrenza; in un caso, era stata collocata una carica esplosiva pres l’abitazione di una vittima di estorsione (COGNOME Raffaele).
L’intimidazione, ad avviso degli stessi giudici, era così efficace che alcune GLYPH vittime, allorquando venivano sentite a sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria, negavano aver avuto contatti con gli estorsori, nonostante il chiaro significato delle intercetta loro intercorse, da cui emergevano i contatti ed i rapporti con gli stessi, legati all’ guardiania, e le condizioni vessatorie subite.
Ad esempio, NOME NOMECOGNOME che aveva negato perfino di conoscere NOME NOME, era stato intercettato in una conversazione telefonica con quest’ultimo, per giunt atteggiamento di assoluta confidenza, per chiedergli di raggiungerlo presso il suo cantiere.
Stesso riscontro fu effettuato riguardo a COGNOME NOME che, dopo aver affermato d aver solo sentito parlare del Superbo, fu intercettato al telefono mentre andava ad offrirgl la vigilanza la cifra di 50 euro a notte.
1.2 Quanto alla posizione del COGNOME, estraneo all’associazione, è stata ritenu dimostrata la condotta contesta al capo I, per aver egli ceduto a COGNOME NOME (separatament giudicato anche per questa condotta) 62 dosi di cocaina per un peso di 26 grammi, sulla scort della captazione di una comunicazione significativa, intercorsa tra i due lo stesso giorno i le forze sequestrarono la droga in questione presso il cantiere vigilato dal COGNOME, ed alla di altre intercettazioni di conversazioni di analogo tenore.
NOME NOME mediante il proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazio per i seguenti motivi.
2.1 Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’articolo 606, lettera e), cod. proc. censura per manifesta illogicità la motivazione della Corte di appello nella parte in c ravvisato nelle condotte dell’imputato i caratteri del reato di estorsione “ambientale”, seb non fosse stata dimostrata, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, l’idoneità delle r avanzate dal COGNOME nei confronti dei titolari dei cantieri, ad infondere timore ed a costri gli stessi imprenditori a subire le condizioni imposte per l’attività di vigilanza.
In particolare, dalle intercettazioni non sarebbe emersa alcuna circostanza utile illustrare la forma in cui sarebbero state poste in essere le ipotizzate pressioni, né dimost timore dei destinatari per i rischi e pericoli in cui sarebbero incorsi, qualora que avessero accettato la guardiania del gruppo.
Inoltre, nessuna minaccia esplicita risultava esser stata rivolta dal COGNOME ai suoi cl essendo insufficiente, ai fini della dimostrazione della ipotizzata estorsione, l’apposizio muri di cinta dei diversi cantieri di un biglietto da visita del medesimo, con fotografia, di telefono e scritta ironica.
2.2 Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’articolo 606, lettera e), cod.proc. censura, per manifesta illogicità, la motivazione dei giudici di merito, in relazione al r associazione a delinquere, osservando che, sebbene il Superbo avesse agito all’interno di un gruppo di persone impegnato in attività di vigilanza, ricevendo compensi dai propri clienti, era emerso in alcun modo che tale sodalizio fosse finalizzato ad attività illecite, essendo no
che il medesimo e gli altri coimputati offrissero una prestazione di vigilanza nei canti tutto lecita. Inoltre, non era stata fornita alcuna prova in ordine al programma finali commettere un numero indeterminato di reati e, con riferimento al prospettato ruolo di gui in capo al Superbo, nessun elemento portava a ritenere che lo stesso avesse rivestito la ves di promotore o organizzatore del sodalizio.
2.3 Con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’articolo 606, lettera b), cod.proc.p censurato la decisione dei giudici di merito per inosservanza o erronea applicazione della leg penale nella parte in cui le riconosciute attenuanti generiche non sono state ritenute preva sulla contestata recidiva. Non è stato adeguatamente apprezzato, a tal fine, il favorev comportamento processuale manifestato dal Superbo, il quale, prestando il consenso all’acquisizione delle sommarie informazioni, aveva agevolato un enorme snellimento della fase istruttoria.
Inchingolo NOMECOGNOME a mezzo del suo difensore di fiducia, propone ricorso p cassazione per i seguenti motivi.
3.1 Con il primo motivo, censura la sentenza impugnata per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, nonché per violazione dell’articolo 238 bis cod.proc.p dell’obbligo di correlazione tra imputazione e sentenza.
In particolare, evidenzia che la Corte territoriale ha ritenuto di essere vincolat decisione, formulata in sede d’appello dalla stessa Corte nei confronti dei coimputati avevano chiesto il giudizio abbreviato, con riguardo all’esistenza dell’associazione a delinq accertata nella decisione ormai irrevocabile, avendo affermato che il giudice di merito non giungere a conclusioni inconciliabili con quelle della sentenza irrevocabile, sempre l’inconciliabilità riguardi il fatto e non le valutazioni giuridiche dello stesso.
Il ricorrente, richiamando precedenti giurisprudenziali, evidenzia che “l’acquisizione atti del procedimento di sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di d procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione a fini decisori dei fat dei relativi giudizi contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione delle sud sentenze, dovendosi al contrario ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia e libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a istituzionalmente riservate” (il riferimento è a Cass. Sez. IV del 25 maggio 2022,n. 21449).
Conseguentemente, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere la propria assolut autonomia nel decidere non solo sulla responsabilità degli appellante, ma anche sulla stess sussistenza dei reati, e per quanto di interesse, sia sul reato estorsivo che su q associativo.
Ha aggiunto che la sentenza irrevocabile richiamata era stata emessa a seguito di giudizi abbreviato, mentre quella relativa al procedimento in esame è stata adottata all’esito dibattimento, non essendo perciò ravvisabile coincidenza sul materiale probatorio utilizzato giungere ai distinti epiloghi decisori.
Quanto alla manifesta illogicità, ha evidenziato che le circostanze indicate al f escludere il libero consenso degli imprenditori interessati alla guardiania, appari quantomeno neutre, non potendosi ricavare alcun rapporto di derivazione diretta tra la natu dei soggetti, in quanto pregiudicati e privi di autorizzazione prefettizia, ed il vizio del degli imprenditori che avevano effettivamente ottenuto la prestazione di vigilanza.
Inoltre, nel ritenere che le tariffe praticate dagli imputati fossero superiori di a metà rispetto a quelle accordate dagli istituti di vigilanza autorizzati, la Corte sarebbe in travisamento della prova, avendo ricavato tale circostanza da una sola intercettazi (progressivo 4187 del 12 gennaio 2006-rit 128/2005) da cui sarebbe emerso il pagamento di una tariffa di euro 35 al giorno, tra l’altro interpolando l’imputazione che invece aveva i tariffe tra i 300 e 500 C mensili.
Sulla base della richiamata intercettazione non sarebbe stato possibile dedurre significativa differenza rispetto alle condizioni contrattuali praticate dagli istituti autorizzati, poiché in tal caso la guardiania era stata richiesta per un mezzo particolare ed inoltre, il paragone era stato effettuato superficialmente, senza neppure approfondire durata del rapporto, e senza tener conto che la generalità degli altri contratti prevedes cifre di gran lunga inferiori a quelle negoziate dalla concorrenza.
Tra l’altro, la Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che le prestazioni dalla ditta riconducibile al Superbo erano diverse, comprendendo ad esempio anche la guardiania notturna fissa, non assicurata dagli istituti di vigilanza, i quali, per la tari 250-300 mensili, garantivano soltanto il passaggio occasionale dal cantiere.
Per altro verso, la Corte barese, al fine di dimostrare le modalità estorsive della cond si sarebbe limitata a considerare i risultati di due intercettazioni (progressivo 3 novembre 2005 e progressivo 5497 del 5 febbraio 2006), riguardanti soggetti non inseriti n novero delle persone offese indicate nelle imputazioni, dalle quali erano emerse soltan conversazioni significative del fatto che costoro avevano manifestato la volontà di continuare ad effettuare i pagamenti.
E tutto ciò, senza tener conto di fonti probatorie di indubbia genuinità, qu intercettazioni ambientali presso la stazione dei carabinieri di Andria, dove fu contestualmente convocate le persone offese per essere sentite, dalle quali era emerso che l stesse non avevano fatto alcun riferimento a condotte estorsive, ed anzi una delle person convocate, COGNOME NOME, aveva addirittura affermato che gli imputati si erano comport bene, definendoli “bravi ragazzi”.
3.2 Con il secondo motivo, censura la decisione impugnata per violazione dell’articolo 23 bis cod.proc.pen., in relazione alla ritenuta rilevanza di una sentenza passata in giudicato inter alios, accertativa del reato associativo contestato al capo A).
Il ricorrente, oltre a richiamare le osservazioni già formulate in ordine al precedente, osserva che la sentenza qui impugnata risulterebbe affetta da totale mancanza di un autonomo scrutinio circa la ritenuta sussistenza di un’associazione per delinquere in quan
tale, non essendo riportate risultanze diverse da quelle emergenti dalla richiamata decisi irrevocabile, acquisite ai sensi dell’articolo 238 bis cod.proc.pen. .
3.3 Con il terzo motivo, contesta la violazione dell’articolo 521 cod.proc.pen. rispe ruolo che avrebbe assunto NOME in seno al sodalizio, nonché vizio del motivazione, ritenuta illogica, nella parte in cui è stata affermata la sussi dell’associazione e la partecipazione del ricorrente.
La Corte territoriale ha attribuito all’imputato il ruolo dirigenziale di pr nell’accezione di addetto al coordinamento dell’attività degli associati, essendo s intercettato in un paio di occasioni mentre nottetempo si trovava a bordo della sua au intento non tanto alla vigilanza dei cantieri, ma a controllare l’operato di partecipi. Ino aver utilizzato mezzi strumentali, che tuttavia non risultavano appartenere all’associazi essendo beni di natura del tutto personale.
Il ricorrente individua la violazione dell’articolo 521 cod. proc. pen, osservando che descrizione, sintetizzata dai giudici di merito nella “funzione di addetto al coordinamento attività degli associati”, si attaglia alla diversa ed autonoma figura di “organizzator considerarsi “alternativo alla figura del promotore”, anche secondo la giurisprudenza legittimità.
Ciò avrebbe imposto la modifica dell’imputazione, non intervenuta nella fattispecie, c conseguente violazione della norma richiamata.
3.4 Con il quarto motivo eccepisce l’erronea applicazione degli articoli 99, commi 2 e codice penale, 157 e 161 codice penale, nonché illogicità della motivazione, in ordine a ritenuta sussistenza della recidiva specifica ed infraquinquennale a carico dell’odi ricorrente.
In particolare, i giudici di merito, ravvisando la recidiva, riqualificata dalla Corte t in specifica ed infraquinquennale, hanno ritenuto di elevare il massimo edittale, ai fini individuazione del termine prescrizionale dei reati, per due volte della metà.
Il ricorrente rileva che a carico dell’COGNOME, come documentato dal casellario giudiz prodotto in atti, emergono due precedenti, nessuno dei quali utilizzabile per ritenere la re specifica ed infraquinquennale.
In particolare, risultano annotate una sentenza di applicazione della pena, divenu irrevocabile il 24 ottobre 2001, riguardante i reati di furto tentato e possesso ingiusti arnesi atti allo scasso, commessi in data 11 febbraio 2000; ed inoltre, una sentenza applicazione della pena su richiesta delle parti, per ricettazione e furto tentato commess agosto 1999, irrevocabile in data 25 marzo 2009.
In ordine alla prima decisione, il ricorrente ha osservato che la stessa non avrebbe potu essere considerata quale pronuncia idonea a configurare la contestata recidiva, essendosi verificate le condizioni di cui all’articolo 445, comma 2, cod.proc.pen.; ed al riguar richiamato la massima giurisprudenziale, secondo la quale l’estinzione del reato oggetto sentenza di patteggiamento, in applicazione della predetta norma, opera ipso iure, sicché non
può tenersi conto di tale reato ai fini della contestazione della recidiva (il riferimento Sez. II, n.994 del 25 novembre 2021).
Quanto alla seconda decisione, osserva che la stessa era divenuta irrevocabile dopo la consumazione dei delitti contestati nel procedimento in esame.
Inoltre, eccepisce la violazione dell’articolo 99, comma 6, cod.pen., in quanto applicazione della suddetta norma, l’aumento di pena per effetto della recidiva non p superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto. Nel caso specifico, i precedenti sopra indicati riguardavano condanne rispettivament mesi quattro di reclusione ed anni uno di reclusione, sicché il cumulo delle pene risultante due sentenze, computabile ai fini della individuazione del massimo edittale, non avrebb comunque potuto superare il limite di un anno e quattro mesi di reclusione.
Da ultimo, quale terzo profilo di doglianza riguardante la recidiva e la sua incidenza prescrizione, ha richiamato una decisione di questa Corte, in cui si è evidenziato il rischi il doppio aumento per la recidiva possa costituire violazione del principio del ne bis in idem sostanziale (il riferimento è a Cass. Sez VI, n.47269 del 2015) .
COGNOME Pietro propone ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, per i seguenti motivi.
4.1 Con il primo motivo, eccepisce che il reato contestato al capo I) avrebbe dovuto esse riqualificato ai sensi del comma V dell’articolo 73 d.p.r. 309/90, e perciò da dichiararsi per prescrizione.
La Corte territoriale, ha ritenuto che, al lume dei principi sul concorso di persone nel risulterebbe impossibile ritenere per taluni concorrenti una qualificazione giuridica divers fatti; al riguardo, il ricorrente eccepisce che non risulta l’acquisizione agli atti sentenza che abbia dichiarato il coimputato COGNOME NOME responsabile del reato di cui al pri comma dell’articolo 73 d.p.r. 309/90; e peraltro, il fatto che il coimputato avesse pre acquiescenza ad una differente qualificazione giuridica, non impedirebbe (al ricorrente) richiedere una riqualificazione dei fatti.
Tale richiesta risulterebbe giustificata dall’assenza di analisi chimiche utili a spec l’entità del principio attivo della sostanza stupefacente, non potendosi perciò escludere anche in presenza di una pluralità di dosi, la presenza di un principio attivo bassissim addirittura di nessun principio attivo, avrebbe potuto condizionare la qualificazione giurid senso favorevole all’imputato.
Nel caso di specie, a fronte del ritrovamento di soli 26 grammi di sostanza stupefacent suddivisa in 62 dosi, non sottoposte ad analisi chimiche utili a specificare l’effetto dro non avrebbe potuto essere esclusa la qualificazione del fatto di lieve entità, con consegue dichiarazione di estinzione del reato per decorso del termine prescrizionale.
4.2 Con il secondo motivo, il ricorrente eccepisce che il giudizio è stato effettuato base di un percorso argomentativo che ha valorizzato, quale elemento di prova, l’accertamento
di responsabilità dell’imputato per il precedente capo di imputazione H), sulla scorta di serie di intercettazioni di dialoghi intercorsi tra COGNOME NOME e COGNOME NOME e ineren predetta imputazione.
Tuttavia, le intercettazioni inerenti al capo I) riguardavano invece il contatto costa COGNOME con COGNOME NOME, senza evidenziare alcun collegamento con l’imputato COGNOME.
4.3 Con il terzo motivo, censura la mancata concessione delle attenuanti generiche i forma prevalente sulla recidiva, atteso che non vi erano elementi tali da far appari condotta del ricorrente non meritevole di riduzioni di pena, e non avendo la medesima recidi contestata inciso negativamente sui fatti poiché avente ad oggetto condotta delittuosa divers
Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso per COGNOME e l’inammissi per COGNOME e per COGNOME.
. Il difensore di NOME si è riportato ai motivi di ricorso ed alla m allegando il provvedimento del GIP del Tribunale di Trani, depositato il 15/9/2023, con c stata dichiarata l’estinzione del reato giudicato con sentenza di applicazione della n.653/2007, ai sensi dell’art.445, comma 2, cod.proc.pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile.
1.1 I primi due motivi di ricorso appaiono inammissibili, in quanto il ricorrente, non evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si è nella sosta limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntual esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata, non sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione.
E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gl stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per l genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senz cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. p pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, Sez. 4, sent. n. 19364 del 14 ma 2024 -Rv. 286468; Sez. 2 – , sent. n. 42046 del 17/07/2019 ; Sez. 5, sent.n. 28011 d 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568).
E, ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibi ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatame respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatame logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 4, Sentenza n. 6300 del 2024, in motivazione; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019 COGNOME, Rv. 276970-01).
Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso alla persona dell’i non sono, infatti, proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razion decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, estes a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a so rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, co il riesame nel merito della sentenza impugnata.
Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenz impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e perta immune da vizi di legittimità.
La Corte territoriale ha chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato, tutte le te oggi riproposte.
In particolare, quanto all’ipotesi di estorsione ambientale, ha puntualmente respinto argomenti prospettati nei motivi di appello e riproposti in questa sede, osservando ch gruppo capitanato dal Superbo, composto da un insieme di persone gravate da precedenti penali, esercitava un’attività di vigilanza priva della necessaria autorizzazione prefe imponendo ai propri clienti tariffe di gran lunga superiori a quelle praticate dagli I vigilanza autorizzati. In proposito ha richiamato l’intercettazione di cui al progressivo 41 12 gennaio 2006 (RIT 128/2005), avente ad oggetto un colloquio tra il Superbo e Inchingolo NOME, nel corso della quale il primo comunicava al secondo di aver ottenuto per u semplice vigilanza ad una autogrù la cifra di euro 35 al giorno; ha evidenziato che il sudd importo era pari al triplo delle tariffe praticate dagli Istituti autorizzati.
Ha poi superato l’eccezione secondo cui la sorveglianza prevedeva accorgimenti differenti rispetto a quella della concorrenza, in particolare la guardiania notturna fissa, essendo accertato che tale modalità aveva riguardato eccezionalmente un solo cantiere in cui era stat allocato un container, occupato dal dipendente COGNOME NOME, utilizzato da quest’ultimo anc quale base logistica per la commissione di altri reati.
Ed inoltre, ad ulteriore dimostrazione della modalità estorsiva, ha richiamato ulte intercettazioni nel corso delle quali il Superbo comunicando con l’Inchingolo, riferiva di avuto una interlocuzione con un cliente il quale non intendeva continuare a pagare, no avendo più bisogno della sorveglianza dopo la conclusione delle attività di cantiere, ma p dinanzi alle sue rimostranze (“non puoi pagare?”), era tornato sui suoi passi (“va bene da
caffè dello regalo lo stesso). La Corte, con motivazione priva di vizi di illogicità, ha de tale immediato ripensamento il contenuto minatorio della intimazione proveniente dal ,Superbo.
Così pure rilevante nello stesso significato, è stata ritenuta l’intercettazione progressivo 5497 del 5 febbraio 2006, in cui gli stessi soggetti interloquivano, comunica che uno dei due era al cospetto di un cliente che “non vuol pagare” e chiedeva all’alt raggiungerlo sul posto, evidentemente per dargli man forte.
Ed ancora, la Corte territoriale ha sottolineato l’arroganza del gruppo, finalizz indurre la concorrenza a farsi da parte, consistita nell’apporre presso i cantieri il big visita del Superbo, con la foto del medesimo e con l’invito a “non rompere i coglioni” (pa da 49 a 52 della sentenza).
In ordine al reato associativo, nella sentenza impugnata sono richiamate le intercettazi dalle quali è stato desunto il ruolo di promotore in capo al Superbo; sono altresì precisati ricoperti dall’Inchingolo e dai partecipi COGNOME, Acquaviva e COGNOME, gli ultimi tre separatamente e ritenuti responsabili quali partecipi della medesima associazione; sono altre illustrati altri fatti illeciti, che insieme alle predette estorsioni, costituivano il p sodalizio, dotato di struttura verticistica e con ripartizione di compiti.
1.2 Manifestamente infondato è il terzo motivo.
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legit qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorret sufficiente motivazione (Sez. 2, n. 31543 dell’08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450). In tema concorso di circostanze, peraltro, il giudizio di comparazione risulta sufficientemente moti quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 69 cod. pen., sc soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31531 d 16/05/2017, COGNOME, Rv. 270481).
Nella fattispecie, i giudici di merito, con motivazione lineare e coerente ai suindicati hanno giustificato il mancato riconoscimento del giudizio di prevalenza delle circosta attenuanti generiche sull’aggravante, a fronte della recidiva comunque reiterata, evidenzian altresì la considerevole gravità della condotta tenuta dall’appellante, per la quale è irrogata in primo grado una pena contenuta, anche grazie al riconoscimento delle attenuant generiche equivalenti.
2. Il ricorso di COGNOME NOME.
2.1 Preliminarmente occorre osservare che il reato di cui al capo A), in relazione posizione del predetto imputato, è caduto in prescrizione.
Va premesso che le doglianze riassunte nel quarto motivo (violazione dell’articolo 521 co proc. pen., in relazione al ruolo di promotore originariamente contestato, ma diversificat sentenza in quello di “addetto al coordinamento dell’attività degli associati”, riconducibi
distinta figura dell’organizzatore) sono specifiche e non manifestamente infondate, ragion cui il rapporto processuale è correttamente instaurato.
Ciò detto, va rilevato che la cessazione della permanenza del reato associativo, come evidenziato nella sentenza della Corte distrettuale, è stata collocata temporalmente in data gennaio 2007, per cui, aumentando per due volte di un mezzo la pena massima edittale di anni 7 di reclusione (fino ad anni 15 e mesi 9), ed aggiungendo le due sospensioni intercor durante il giudizio di primo grado (per complessivi giorni 120), si perviene al te prescrizionale del 10 febbraio 2023, ormai spirato.
Né, d’altronde, è possibile, in questa sede, fare applicazione del disposto dell’art. 129 proc. pen., non risultando evidente il ricorrere di una delle cause di non punibilità di predetta norma, in considerazione delle ragioni precedentemente richiamate, nella parte in c – esaminando il ricorso del Superbo – è stata riscontrata la logicità della decisione impug in ordine alla ravvisata esistenza dell’associazione ed al contributo dell’Inchingolo.
2.2 Risultano assorbiti i motivi secondo e terzo, relativi al solo reato associativo cad prescrizione.
3. Le estorsioni,
3.1 II primo motivo, nella parte dedicata alle condotte estorsive, ripropone essenzialme le stesse questioni già esaminate riguardo alla posizione del Superbo, con il quale l’Inchin agiva all’unisono, e risulta ugualmente inammissibile per i medesimi argomenti sopra illustra
Quanto alla prospettata violazione dell’articolo 238 bis codice di procedura penale, occo osservare che la Corte distrettuale non si è limitata a richiamare la sentenza pronunciata confronti dei coimputati, ma ha ampiamente motivato riguardo all’estorsione ambientale, individuando puntualmente il contributo fornito dall’COGNOME.
La Corte territoriale ha chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato, tutte le te oggi riproposte.
In particolare, quanto all’ipotesi di estorsione ambientale, ha respinto gli argo prospettati nei motivi di appello e riproposti in questa sede, osservando che il gr capitanato dal COGNOME, e coordinato dall’COGNOME, esercitava un’attività di vigilanza della necessaria autorizzazione prefettizia, imponendo ai propri clienti tariffe di gran superiori a quelle praticate dagli Istituti di vigilanza autorizzati.
La corte ha ritenuto dimostrato, grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambien nonché attraverso il richiamo alle effettive dichiarazioni rese dai vigilantes escussi, l’Inchingolo, unitamente al Superbo, era riuscito ad imporre la guardiania a diversi imprend titolari di cantieri edili della zona di Andria, a prezzi maggiori di quelli prat concorrenza, non esitando a compiere attentati dimostrativi e ricorrendo anche ad altre form di intimidazione.
In ordine al ruolo concretamente rivestito da NOMECOGNOME è stato sottolinea coordinamento delle attività estorsive da parte dello stesso, insieme al Superbo, ricavato una serie di captazioni.
La Corte distrettuale ha richiamato l’intercettazione di cui al progressivo 4187 de gennaio 2006 intercettata in pari data (RIT 128/2005), avente ad oggetto un colloquio tra RAGIONE_SOCIALE e Inchingolo NOME nel corso della quale il primo comunicava al secondo di ave ottenuto per una semplice vigilanza ad una autogrù la cifra di euro 35 al giorno; nella st decisione è evidenziato che il suddetto importo era pari al triplo delle tariffe pratica Istituti autorizzati ed al riguardo la corrispondente censura, che genericamente indi peculiarità del tipo di guardiania, non spiega perché tale attrezzatura comportasse impegni sorveglianza maggiori e più onerosi.
Non integra ovviamente la lamentata violazione della correlazione tra contestazione sentenza, il riferimento alla esazione di una tariffa di euro 35 al giorno, solo perc corrispondente all’imputazione che invece aveva indicato tariffe tra i 300 e 500 C mensili.
Trattasi evidentemente di risultanza istruttoria che, seppur maggiormente significat della condotta estorsiva, non ha determinato alcuna violazione delle prerogative difensive.
Si rammenta in proposito che, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, non è diverso il fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella conte originaria, laddove la differente condotta realizzativa sia emersa dalle risultanze proba portate a conoscenza dell’imputato, di modo che anche rispetto ad essa egli abbia avuto modo di esercitare le proprie prerogative difensive (Sez. 6, sent n. 38061 del 17 aprile Rv. 277365 – 01), come nella specie è accaduto.
Ad ulteriore dimostrazione del concorso nelle azioni estorsive, la Corte di merito indicato le intercettazioni nel corso delle quali il Superbo comunicando con l’Inchin riferiva di aver avuto una interlocuzione con un cliente il quale non intendeva continua pagare, non avendo più bisogno della sorveglianza dopo la conclusione delle attività cantiere, ma poi dinanzi alle sue rimostranze (“non puoi pagare?”), era tornato sui suoi pa (“va bene dai, il caffè dello regalo lo stesso). La Corte, con motivazione priva di illogicità, ha desunto da tale immediato ripensamento il contenuto minatorio della intimazi proveniente dal Superbo e, per quel che qui interessa, la cointeressenza dell’Inchingolo.
Così pure rilevante nello stesso significato, è stata ritenuta l’intercettazione d progressivo 5497 del 5 febbraio 2006, in cui gli stessi soggetti interloquiscono, comunica che uno dei due è in presenza di un cliente che “non vuol pagare” e chiede all’altro raggiungerlo sul posto, evidentemente per dargli man forte.
Ed ancora, sono indicate le captazioni da cui emergono le periodiche esazioni da parte dell’Inchingolo delle somme ricevute da partecipi del sodalizio (Mansi Nicola) da parte soggetti a cui era stata imposta la guardiania.
La Corte d’appello ha poi superato l’eccezione secondo cui la sorveglianza prevedeva accorgimenti differenti rispetto a quella della concorrenza, in particolare la guardiania not fissa, essendo stato accertato che tale modalità aveva riguardato eccezionalmente un solo cantiere in cui era stato allocato un container, occupato dal dipendente COGNOME NOME, impieg da quest’ultimo anche quale base logistica per la commissione di altri reati
Ed infine è stata data logica spiegazione al fatto che alcune vittime, sentite a somm informazioni (acquisite previo consenso delle parti), avevano riferito di non aver s intimidazioni. In realtà, l’intimidazione, ad avviso degli stessi giudici -, era così effic stesse vittime, allorquando venivano sentite a sommarie informazioni dalla polizia giudizia negavano di aver avuto contatti con gli estorsori, nonostante il chiaro significato intercettazioni tra loro intercorse, da cui emergevano i contatti ed i rapporti legati all’ guardiania e le condizioni vessatorie praticate.
Sono state già sopra richiamate, a proposito del ricorso del Superbo, le contraddizi emerse tra il dichiarato di NOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rispetto al contenu delle intercettazioni che hanno interessato i suddetti.
3.2 II quarto motivo, afferente alla eccepita estinzione per prescrizione dei re estorsione, è infondato.
Il ricorrente, dopo aver premesso che risultano annotate sul suo casellario una sentenz di applicazione della pena, divenuta irrevocabile il 24 ottobre 2001, riguardante i reati d tentato e possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, commessi in data 11 febbraio 2 ed inoltre, una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per ricettaz furto tentato commessi 17 agosto 1999, irrevocabile in data 25 marzo 2009, ha osservato che la prima pronuncia non avrebbe potuto essere considerata idonea a configurare la contestata recidiva, essendosi verificate le condizioni di cui all’articolo 445, comma 2, cod.proc.pen.
In realtà, le condotte estorsive contestate al capo D) sono consumate a partire da novembre 2005, e pertanto in data antecedente al decorso dei cinque anni dal precedente giudicato (sentenza irrevocabile il 24 ottobre 2001), non potendo perciò applicarsi la ca estintiva prevista dal citato articolo 445.
Si rammenta che, per giurisprudenza costante, il termine quinquennale per l’estinzione del delitto oggetto di applicazione della pena su richiesta delle parti decorre dal pass in giudicato della sentenza che, se è stato proposto ricorso per cassazione, coincide con declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione (Sez. 5, sentenza n. 19710 del 18 marz 2019 -Rv. 275921; Sez. 1, sentenza n. 41098 del 24 settembre 2012- Rv. 253403).
Si deve osservare che il provvedimento del GIP del Tribunale di Trani, datato il 15/9/202 (allegato alla memoria del ricorrente), con cui è stata dichiarata l’estinzione del reato gi con sentenza di applicazione della pena n.653/2007, ai sensi dell’art.445, comma 2 cod.proc.pen., non riguarda evidentemente la decisione indicata in casellario al punt (sentenza di patteggiamento del GIP del Tribunale di Trani, irrevocabile il 24/10/2001), a c riferisce la recidiva specifica infraquinquennale.
Ugualmente infondato è il profilo di censura con cui la difesa ha contestato il calcol termine prescrizionale, per violazione dell’art.99, comma 6, cod.pen.; il ricorrente, a sos della eccezione, ha richiamato la massima, secondo cui «in nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condotte precedenti commissione del nuovo delitto non colposo», limite quantitativo applicabile a tutte le ipote
recidiva e non solo a quella reiterata (Sez. 3, n. 31293 del 08/05/2019, M., Rv. 276291 – 0 profilo di diritto rilevabile d’ufficio in sede di legittimità, attenendo a un aspetto di l pena. Ha evidenziato in proposito che dal casellario allegato al ricorso emerge un’ent complessiva di pene detentive inferiore rispetto all’aumento del termine prescrizion considerato dai giudici di merito a seguito dell’applicazione della recidiva.
La quaestio iuris risulta esser stata successivamente sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite, che, con sentenza n. 30046 del 23/06/2022 (Rv. 283328 ), hanno affermato che, in tema di recidiva, il limite all’aumento di pena previsto dall’art. 99, sesto comma pen. non rileva in ordine alla qualificazione della recidiva, prevista dal secondo e dal comma del predetto articolo, come circostanza ad effetto speciale, né influisce sui termin prescrizione, determinati ai sensi degli artt. 157 e 161 cod. pen., come modificati dalla le dicembre 2005, n. 251, il cui computo è da effettuarsi secondo parametri oggettivi, general astratti.
A ciò consegue che per i delitti di estorsione di cui al capo D), aggravati dalla re specifica infraquinquennale, occorre tener conto del doppio aumento della metà, come correttamente calcolato dalla Corte distrettuale; gli stessi delitti, tenuto conto dell’aume massimo edittale per la recidiva e delle cause interruttive intercorse, si prescrivono nel te massimo di anni 22 e mesi 6 (anni 10 + Y2= anni 15; + 1 /2 = anni 22 e mesi 6), evidentemente non ancora spirato (la prima estorsione è risalente al 4 novembre 2005).
In proposito, il Collegio aderisce all’indirizzo assolutamente prevalente che, ai fi calcolo della prescrizione, in ipotesi di contestazione di recidiva qualificata, ritiene che debba operarsi un doppio aumento. E’ ormai consolidato il principio per il quale, in qua circostanza ad effetto speciale, la recidiva reiterata incide sul calcolo del termine prescri minimo del reato, cd. termine base, ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen. e, presenza di atti interruttivi, anche, su quello del termine massimo, avuto riguardo alla della proroga, ex art. 161, comma secondo, cod. pen. (Sez. 2, n. 13463 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 266532; Sez. 6, n. 50089 del 28/10/2016, COGNOME Rv. 268214; Sez. 6, n. 48954 del 21/09/2016, COGNOME, Rv. 268224; Sez. 2, n. 5985 del 10/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272015).
Il principio è applicabile, per identità di ratio, anche alle altre forme di recidiva qualificata e, per quanto qui di interesse, anche alla recidiva specifica ed infraquinquennale.
Al contrario, l’isolato orientamento della Corte di cassazione, citato dal ricorrente ( Sez VI, n.47269 del 2015 – Rv. 265518 ), a parere del quale, in tema di prescrizione, possibile tener conto della recidiva reiterata al fine dell’individuazione del prescrizionale-base, ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 2, ovvero del termine massimo, ai sen dell’art. 161, comma 2, ma non contemporaneamente per tali fini, altrimenti ponendosi carico del reo lo stesso elemento, in violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, non può essere condiviso.
Tale arresto rimette invero all’arbitrio dell’interprete – in difetto di esplicit normativi – la determinazione della rilevanza da attribuire alla predetta forma di recidiva per caso, così esponendo la disciplina della prescrizione a seri rilievi di ille costituzionale, per difetto di tassatività. (Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018 Ud., Saett 274721).
Sotto altro profilo, questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare, in ripetute occasi che il criterio basato sul doppio aumento non comporta alcuna lesione del principio del “ne in idem sostanziale” o dell’ art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU – il quale vieta solta perseguire o giudicare una persona per un secondo illecito nella misura in cui alla base quest’ultimo vi sono fatti che sono sostanzialmente gli stessi» – come interpretato d sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine /c Russia, posto che l’istituto della prescrizione non rientra nello spettro applicativo dell’art. 4 cit. (Sez. del 2016, COGNOME, cit. Sez. 3, n. 50619 del 30/01/2017, COGNOME Rv. 271802; Sez. 4, n. 6152 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272021; Sez. 5, n. 32679 del 13/06/2018, COGNOME, Rv. 273490).
Atteso il carattere isolato delle pronunce che sostengono il diverso orientamento, non ravvisa l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza tale da giustificare la rimessione deg alle Sezioni Unite, a proposito della questione relativa all’incidenza della recidiva qualifi regime della prescrizione.
3.3 In conclusione, in ordine alla posizione di COGNOME, all’esito della estinzio prescrizione del reato associativo al medesimo contestato e del rigetto del ricorso avverso condanna per i reati di estorsione, la pena – previa espunzione dell’aumento di pena inflitt il reatb estinto – va conseguentemente rideterminata in anni cinque, mesi tre e giorni die reclusione ed euro 960 di multa.
Il ricorso di COGNOME è inammissibile, dovendosi premettere all’esame dei pri due motivi, che compito di questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, i sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di m incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicaz delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della real appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirom dell’equilibrio della decisione impugnata, oppure dall’aver assunto dati inconciliabili co del processo”, specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di for esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragiona svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da ren manifestamente incongrua la motivazione (cfr. Sez. 1, n. 46566, 21 febbraio 2017 Rv. 271227; Sez. 2 – , n. 46261 del 18 settembre 2019 – Rv. 277593 – 01).
4.1 II primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte distrettuale ha ritenuto la qualificazione del fatto ai sensi del primo c dell’art.73 DPR 309/90, “per un duplice ordine di ragioni”.
Il secondo ordine di ragioni, che prescinde dalla conforme qualificazione del medesim fatto storico nei confronti del coimputato COGNOME è ampiamente sufficiente a sorreggere motivazione che appare logica e ben motivata.
In proposito, deve darsi conto dell’indirizzo interpretativo espresso dalla giurispruden legittimità per cui il riconoscimento dell’indicata fattispecie richiede un’adeguata valu complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qual quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da perveni all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di off proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, Rv. 271959-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze fatto rilevanti per stabilire la sua entità alla luce dei criteri normativizzati e che ta valutativo, così ricostruito, si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragion ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di ess: (cfr., in questi termini, U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076-01).
iò premesso in punto di diritto, deve ritenersi, che, nel caso di specie, la Corte terr abbia offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità, essendo stati posti in rilievo aspetti della gravità e della professionalità con cui la stessa attività orientata allo spaccio veniv da parte dell’imputato.
È stato in proposito rilevato che gli elementi indicatori costituiti dalle modali condotta, la natura pesante della sostanza, la già predisposta divisione in dosi, la conti dell’interazione tra imputato ed il pusher; l’intensità del vincolo, dimostrata dalla reit delle sollecitazioni telefoniche, nonché le diverse mansioni affidate al sottoposto, non spacciatore al minuto, ma anche corriere e perfino depositario, sono state ritenute ostati determinare la qualificazione del fatto come di lieve offensività, con argomenti che appai privi di vizi logici.
4.2 Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, con cui si eccepisce che in difetto di analisi chimica, risulterebbe indimostrabile, al di là di ogni ragionevole l’efficacia drogante della sostanza rinvenuta, non potendosi neppure escludere, in via grada che il fatto fosse di lieve entità.
La corte territoriale, in proposito, ha superato tali argomentazioni, richiamando una s di intercettazioni relative ai contatti frequenti tra soggetto indicato in “COGNOME“, i nel COGNOME, ed il COGNOME, riguardanti una continuativa attività di spaccio in relazione alla il primo impartiva direttive al secondo in ordine alla movimentazione dello stupefacen
sottolineando altresì l’esistenza di una struttura organizzativa per la movimentazione d droga, evidenziata anche dal fatto che il COGNOME avesse messo a disposizione del secondo un’autovettura, ricavandone proventi illeciti.
Tutto ciò è stato adeguatamente valorizzato in considerazione del ritrovamento di 62 dos di cocaina nella disponibilità del Mansi, all’interno del container in cui costui dimorav scorta della captazione di una ulteriore comunicazione significativa, intercorsa tra i stesso giorno in cui le forze sequestrarono la droga in questione presso il cantiere vigilat Mansi (pagine 38 e 39 della sentenza).
Da ciò è stata logicamente ritenuta la prova della condotta illecita contestata ed esclus ravvisabilità dell’ipotesi lieve.
4.3 Il terzo motivo è generico.
Con il terzo motivo, si censura la mancata concessione delle attenuanti generiche in form prevalente sulla recidiva, atteso che – ad avviso del ricorrente – non v’erano elementi t far apparire la condotta del ricorrente non meritevole di riduzioni di pena, e non avend medesima recidiva contestata inciso negativamente sui fatti poiché avente ad oggetto condotta delittuosa diversa.
In realtà la Corte d’appello ha logicamente motivato sul bilanciamento in termin equivalenza, sicchè la valutazione resiste alla censura genericamente proposta.
In particolare, è stato sottolineato il ruolo di sovraordinazione dal medesimo rivesti confronti del pusher, oltre alla negativa personalità del giudicabile, già condannato violazione della sorveglianza speciale, ricettazione, violazione della legge sul controll armi, tentata rapina e sequestro di persona in concorso, escludendosi per tali ragion possibilità di riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla reci sulla base di un giudizio che – ancorato ai suddetti profili di gravità – appare immune da v illogicità.
A fronte dei suddetti argomenti, immuni da vizi di logicità, non sono state avanz specifiche censure idonei a disarticolare il ragionamento della Corte disstrettuale.
All’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME consegue la condann dei suddetti al pagamento delle spese processuali. Rilevato che non sussistono elementi per ritenere che ciascun ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa inammissibilità, deve essere disposto a carico dei medesimi, a norma dell’art. 616 cod. pro pen., l’onere di corrispondere la somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui all’art.416, co.1 e 3 C.P., perché il reato è estinto per pres e ridetermina la pena complessiva inflitta all’COGNOME in anni cinque mesi tre e giorni d reclusione ed euro 960 di multa. Rigetta il ricorso nel resto. Dichiara inammissibili i ri
Superbo NOME e di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Cosi deciso il 24 settembre 2024
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Il consigliere estensore
NOME COGNOME GLYPH
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Salvato GLYPH