Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 774 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 774 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a CITTANOVA il 10/01/1958 NOME nato a CITTANOVA il 01/01/1955 NOME nato a CINQUEFRONDI il 06/06/1981
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi; udito il difensore della parte civile COGNOME, Avv. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni depositate; udito il difensore di COGNOME, Avv. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso; udito il difensore di COGNOME, Avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso e della memoria depositata; udito il difensore di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Torino, con sentenza del 7 novembre 2023, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva condannato COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Maurizio per estorsione aggravata ai danni di COGNOME NOME (capo A), COGNOME NOME per usura ai danni di COGNOME NOME (capi B e C), tentata estorsione aggravata ai danni di COGNOME NOME (capo D), usura ai danni di COGNOME NOME e COGNOME NOME (capo E), usura ai danni di COGNOME NOME (capo G), COGNOME NOME e COGNOME NOME per estorsione aggravata ai danni di NOME NOME NOME (capo H), COGNOME NOME per usura ai danni di COGNOME NOME (capo I).
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME NOMECOGNOME lamentando:
1.1.1 in relazione al reato di cui al capo A) illogica e contraddittori motivazione fornita dal giudice di merito a fronte di precise doglianze difensive mosse sulla evidente inattendibilità della persona offesa, unica fonte di accusa, non sorretta dai necessari riscontri concreti e materiali; illogica era la aprioristi esclusione dell’intento calunniatorio di COGNOME considerato che l’insorgere della vicenda gli avrebbe consentito di sviare il pagamento dell’imponente debito vantato dalla società francese BVC RAGIONE_SOCIALE, e non si era considerato che l’appello proposto aveva segnalato specifiche discrasie nel racconto di COGNOME, le cui dichiarazioni rese in dibattimento erano confuse ed illogiche, nonché incongruenti rispetto a quanto riferito in sede di indagini; l’assenza di un benchè minimo riscontro in ordine ad un interesse personale di COGNOME NOME -che non si era mai relazionato con COGNOME per chiedere somme di denaro- imponeva l’annullamento del provvedimento impugnato.
1.1.2 in relazione ai capi B), C) e D) dell’imputazione, la manifesta illogicità e contraddittorietà del costrutto motivazionale posto a fondamento del pronunciamento del giudice di secondo grado, visto che le dichiarazioni delle persone offese si presentavano prive di qualsiasi riscontro esterno; la Corte di appello aveva in prima battuta sposato la tesi difensiva secondo cui non ci si poteva esimere dal considerare il precedente penale per falsa testimonianza vantato dalla persona offesa COGNOME NOME, concludendo poi con “un esito di piena e positiva valutazione delle dichiarazioni rese”, pur consapevole della mancanza in atti di riscontri validi e concreti idonei a suffragare le stesse;
1.1.3 in relazione al capo E) dell’imputazione, illogica motivazione con riferimento alle dichiarazioni della persona offesa COGNOME COGNOME: per quanto le dichiarazioni di COGNOME e COGNOME fossero in linea di massima coincidenti, il
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giudizio di attendibilità della persona offesa, contrariamente a quanto sostenuto, appariva certamente compromesso, visto che a minare tale credibilità era il narrato di COGNOME NOME.
1.2 II difensore lamenta la mancata riqualificazione del reato contestato al capo A) nella più corretta fattispecie delittuosa prevista e punita dall’art. 393 cod. pen.: non era stato considerato l’elemento psicologico della fattispecie invocata, di tutta evidenza sussistente nel caso di specie: COGNOME NOME non solo aveva agito per conto del legale rappresentante dell’azienda creditrice, ma addirittura aveva chiesto un importo ancora più basso rispetto a quello costituente l’effettivo debito, per cui quel quantum non poteva essere assolutamente considerato come estraneo al debito originariamente agito, a maggior ragione considerando che nel periodo storico in cui la pretesa veniva presumibilmente avanzata non vi era ancora stato il riparto tra i creditori, e quindi il ricorrente era mosso dalla convinzio dell’esercizio di un diritto facente capo al titolare-mandante, e cioè con il dolo tipic dell’art. 393 cod. pen.
1.3 Il difensore osserva che con riferimento alle motivazioni addotte a fondamento della pronuncia di condanna rispetto al capo H) della rubrica, non vi erano solidi riscontri esterni volti a comprovare l’effettivo coinvolgimento ed interesse di COGNOME NOME alla messa in atto della dinamica estorsiva.
1.4 II difensore contesta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod, pen.: in relazione al capo A) dell’imputazione, a comprovare l’assenza di qualsiasi metodo mafioso con riferimento all’episodio in contestazione interveniva il decreto del 30.09.2016 emesso dalla Corte di appello di Reggio Calabria, sez. misure di prevenzione, di rigetto del ricorso avanzato dal Procuratore generale e contestuale dissequestro di tutti i beni e utilità, che aveva “ritenuto non possibile rivalutare l’episodio estorsivo…ai danni di ‘COGNOME NOME…non reputato idoneo a riattualizzare la pericolosità sociale dei predetti.. “, acclarando l’inesistenza di collegamenti tra COGNOME e qualsiasi cosca locale.
L’accertamento dell’aggravante -prosegue il difensore- era affidato unicamente alle dichiarazioni provenienti dalla persona offesa, le quali non superavano il vaglio di attendibilità: l’assenza di riscontri, unitamente all circostanza di “minaccia silente”, erano dati che convergevano verso l’esclusione dell’aggravante, comportando semmai l’applicazione dell’aggravante specifica di cui all’art. 628 comma 3 n. 3 cod. pen..
Il difensore osserva che relativamente al capo D) dell’imputazione valevano le medesime doglianze, visto che la motivazione della sentenza impugnata non dava conto di come le modalità della condotta potessero coincidere con quelle
tipiche del metodo mafioso e non si arrestassero, invece, ad una isolata valutazione della gravità delle minacce che, inevitabilmente, innescavano un turbamento psicologico nella vittima del presunto reato.
1.5 II difensore lamenta la illogicità e tratti manchevolezza della motivazione della sentenza impugnata in merito al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, negate non andando oltre la gravità oggettiva delle fattispecie per come contestate, senza neppure procedere ad un benchè minimo vaglio delle ragioni giustificative della dosimetria penale applicata al ricorrente.
Propongono ricorso i difensori di COGNOME COGNOME. 2.1 I difensori lamentano che, pure a fronte di argomentata richiesta difensiva in appello, la sentenza impugnata aveva ritenuto di confermare la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen. in luogo della più tenu ipotesi prevista dall’art. 393 cod. pen., malgrado si fosse evidenziato che si fosse in presenza: a) di una violenza o minaccia alle persone di non rilevante gravità da assumere ex se i caratteri dell’ingiustizia; b) dell’esercizio di un preteso diritto ( soddisfazione di un credito) e, correlativamente di una azione mossa esclusivamente dal fine di esercitare tale diritto; c) della possibilità di soddisfar giuridicamente la suddetta pretesa; nel caso di specie lo strumento di tutela apprestato a tal fine dall’ordinamento era stato già azionato (l’insinuazione al passivo nella procedura concorsuale riguardante la ditta di cui era titolare NOME); non si era considerato che la distinzione tra le due fattispecie di reato corre non già sulla materialità del fatto, ma su quello dell’intenzione dell’agente e la Corte di appello di Torino aveva commesso un palese errore di metodo, spostando sul piano della correttezza della procedura civilistica la questione inerente la distinzione tra le due fattispecie, senza considerare che elemento determinante della configurazione della fattispecie criminosa dell’estorsione non era il mero elemento fattuale della insinuazione al passivo, ma l’elemento volitivo, per cui non era sufficiente l’insinuazione al passivo affinchè la pretesa avanzata al di fuori del fallimento diventasse illegittima, ma sarebbe stato necessario che la stessa pretesa fosse volta ad ottenere un vantaggio ingiusto diverso da quello risultante dall’esperimento della procedura concorsuale; nel caso in esame, non solo la procedura concorsuale non era stata ultimata -con la conseguenza che non si era ancora stabilito il quantum relativo al credito di COGNOME, ma la pretesa avanzata da quest’ultimo, per il tramite, anche, del ricorrente, era volta a riscuotere un credito di gran lunga inferiore a quello che, in realtà, COGNOME vantava nei confronti di COGNOME (100.000 euro in luogo di 250.000). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla tesi secondo cui la fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen. non era configurabile in quanto l’interesse autonomamente perseguito da COGNOME COGNOME era costituito dalla promessa di una ricompensa da parte di COGNOME, i difensori osservano che laddove il soggetto agente abbia agito per perseguire un utile che non va a ricadere sulla persona offesa, non è possibile qualificare il profitto come ingiusto.
2.2 I difensori censurano, relativamente al reato di cui al capo A), il giudizio di sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, basata sulla prospettazione dell’intervento di “un terribile contesto di calabresi”, configurando così una aggravante “territoriale”, in contrasto con diverse sentenze di questa Corte; COGNOME COGNOME non apparteneva a nessuna associazione di criminalità organizzata e le minacce erano ben lontane dal presentare i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità -modalità intimidatorie, risolute e prepotenti tipiche delle organizzazioni criminali- affinchè le stesse potessero costituire valido fondamento dell’imputazione dell’aggravante del metodo mafioso.
2.3 I difensori rilevano che anche in relazione al reato di cui a capo H) la Corte di appello era incorsa nella erronea applicazione della fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen. anziché in quella di cui all’art. 393 cod. pen.: quanto alla azionabilità del credito la sentenza, pur dando atto che la persona offesa avesse affermato che il suo debito nasceva da un prestito di COGNOME in suo favore (e quindi con il riconoscimento della natura lecita), ne affermava l’incertezza solo sulla base delle dichiarazioni di COGNOME soggetto escusso ai sensi dell’art. 197-bis cod. proc. pen., e quindi bisognoso di riscontri, la cui esistenza è stata però taciuta dalla decisione impugnata; quanto alla qualifica del ricorrente come “mero recettore del denaro non facultato dal creditore a porre in essere condotte orientate al soddisfacimento del credito”, unico elemento ostativo alla qualificazione del fatto del terzo come esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 393 cod. pen. è che lo stesso abbia perseguito un interesse proprio; quanto alle condotte asseritamente commesse senza il concerto con il creditore, la sentenza impugnata era caduta in una chiara aporia logica, non considerando che i COGNOME non avrebbero potuto evocare a Ferrari il credito di COGNOME se non ne avessero previamente discusso con quest’ultimo; l’assenza di intesa con il creditore si fondava, ancora una volta, sulle dichiarazioni di COGNOME, soggetto qualificato alla stregua dell’art. 197-bis cod. proc. pen. e la cui propalazioni non erano assistite dai necessari riscontri, anzi contestate dal narrato della persona offesa.
I difensori chiedono, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 2023, il riconoscimento di una ipotesi di estorsione di lieve entità, visto che le
minacce erano di non particolare gravità e il profitto era di particolare esiguità (300/400 euro).
2.5 I difensori eccepiscono, in relazione al reato di cui al capo I) di imputazione, che nella valutazione del giudice di secondo grado aveva assunto rilievo decisivo una prova la cui inutilizzabilità era stata eccepita con i motivi gravame: la dichiarazione della persona offesa di avere pagato interessi a Gaglianò era conseguenza di una domanda suggestiva, a parte la considerazione che una rigorosa valutazione del narrato della persona offesa era obbligatoria anche in virtù dello status attribuito a COGNOME persone offesa che aveva deposto nelle forme della testimonianza assistita ex art. 197-bis cod. proc. pen.
2.6 I difensori censurano la sentenza impugnata anche in punto di trattamento sanzionatorio, in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche: la semplice lettura della sentenza dimostrava che gli elementi di fatto avevano ricevuto una duplice considerazione, sia in punto di commisurazione della pena che in punto di diniego delle generiche; il difensore lamenta l’insufficienza della motivazione in punto di commisurazione della pena, anche con riferimento all’aumento per la continuazione, visto che non era stato motivato l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati-satellite.
I difensori presentavano poi motivi aggiunti, nei quali insistevano in particolare sulla configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 393 cod. pen.
Propone ricorso il difensore di COGNOME Maurizio.
3.1 Il difensore lamenta che la Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado omettendo di confrontarsi con le censure difensive relative alla sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 393 cod. pen. anziché quella di cui all’art.62 cod. pen., relegando la posizione di COGNOME a sole 4 pagine, ad ulteriore riprova dell’assoluta marginalità, per non dire estraneità, del ricorrente nell’intera vicenda (riconosciuto dalla stessa persona offesa); non si trattava di spostare l’attenzione sul piano della correttezza della procedura civilistica, come argomentato dalla Corte di appello, ma di distinguere a quale fattispecie si riferisse la condotta dal punto di vista soggettivo; non si poteva escludere il recupero di un credito diverso da quello concorsuale, essendo ben possibile che COGNOME NOME portasse avanti un interesse personale dettato dalla promessa di COGNOME di una ricompensa in caso di recupero di un credito personale, che non veniva del tutto escluso dal giudicante di secondo grado e che non configurava nessuna azione in danno della persona offesa.
3.2 II difensore rileva un ulteriore profilo di censura, relativo alla conferma della sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, ritenuta sulla scorta del solo
fatto che alla persona offesa in un dialogo sarebbe stato prospettato l’intervento di “un temibile contesto di calabresi”, ascrivendo la portata della condotta quale rafforzata dal metodo mafioso quasi ad una provenienza territoriale; ; il difensore sottolinea che agli occhi di COGNOME il ricorrente non avesse alcuno spessore criminale, avendolo descritto come soggetto ai limiti della goffaggine e che non vi erano stati atteggiamenti da parte di nessuno dei coimputati, e tanto meno di Gerace, che potevano essere vagamente ascrivibili alle condotte tipiche per l’aggravante del metodo mafioso; inoltre, la Corte di appello non aveva tenuto in nessun conto quanto riferito da COGNOME COGNOME, ovvero che NOME fosse un suo compaesano che si trovava a Tortona in quanto lì si trovava la sua famiglia di origine.
3.3 Il difensore censura la sentenza di questo grado anche in punto di trattamento sanzionatorio, lamentando che non era stata neppure accennata una motivazione sulla invocata concessione delle attenuanti generiche e non erano state escluse le circostanze aggravanti con motivazioni del tutto apodittiche; la riconosciuta posizione accessoria di Gerace avrebbe dovuto condurre la Corte di appello alla valutazione della concessione dell’attenuante di minima partecipazione; analoghe considerazioni valevano in ordine alla mancata esclusione della contestata recidiva, non essendo sufficiente citare il curriculum criminale di Gerace ed avendo i giudici considerato anche fatti passati in giudicato successivamente; il difensore evidenzia che l’eterogeneità dei precedenti reati poteva essere considerato ai fini della esclusione della recidiva e la sentenza impugnata era contraddittoria in quanto aveva attribuito a Gerace un ruolo determinante nella genesi della vicenda relegandolo, solo poche righe dopo, senza tuttavia alcun serio alleggerimento dal punto di vista sanzionatorio, ad una posizione accessoria rispetto a quella di COGNOME Ercole.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Quanto al primo motivo di ricorso, si deve rilevare che riguardo alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, il collegio condivide la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal
caso deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui veng sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Peraltro questa Corte, anche quando prende in considerazione la possibili di valutare l’attendibilità estrinseca della testimonianza dell’offeso attra individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di “opportunità” e “necessità”, lasciando al giudice dì merito un ampio margine di apprezzament circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto; i costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l’afferma che la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappre una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compen motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legitti salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex plurimis Se n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, COGNOME, Rv.227493).
Contraddizioni che non si rinvengono nel caso in esame, nel quale la Cort di appello ha fornito congrua motivazione della attendibilità del racconto d persona offesa, evidenziando che lo stesso è stato riscontrato da numer elementi probatori, costituiti dalle intercettazioni effettuate, dall’ammissi pagamenti effettuati da parte degli stessi COGNOME, dal rinvenimento pre l’abitazione di COGNOME NOME di documentazione afferente ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE (società debitrice, che faceva capo a COGNOME) e la RAGIONE_SOCIALE (socie creditrice, gestita da COGNOME) e delle contabili bancarie dimostrati prelevamenti eseguiti da COGNOME quale finanziatore di COGNOME (pag. 18 senten della Corte di appello, che richiama le pagg.32, 33 e 34 della sentenza di p grado, e pag. 29); pertanto, la motivazione della Corte di appello, contrariame a quanto sostenuto in ricorso, non si basa soltanto sull’assenza di un in calunniatorio in capo a COGNOME.
Analoghe considerazioni valgono per i reati di cui ai capi B), C) e D) – per i quali la Corte di appello ha ritenuto attendibili le dichiarazioni della persona COGNOME non solo per la mancanza di qualsiasi intento calunniatorio, ma anc perché la consegna di 90.000 euro da COGNOME a COGNOME è stata ammessa dallo stesso imputato, che ha fornito una spiegazione illogica e non credibile (si ve motivazione contenuta alle pagg. 30 e 31 della sentenza impugnata – e per il cap E), per il quale la Corte di appello aggiunge la considerazione che si tra persone offese individuate dagli inquirenti, e non presentatesi spontaneamente
1.2 Quanto alla eccezione secondo cui il reato contestato avrebbe dovuto essere derubricato in quello previsto dall’art. 393 cod.pen. (che la Corte di a tratta nella parte dedicata al coimputato COGNOME COGNOME osserva il collegio nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere ripropo – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio” in ogni stato del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi d appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza e logico – giuridici, come è avvenuto nel caso di specie. Ne deriva, in ipote riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, ch impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art.606 cod. proc pen comma 3, ultima parte, (Sez.2, sentenza n.22123 del 08/02/2013, Ftv. 255361).
Nel caso in esame, i ricorrenti non si confrontano con una del argomentazioni decisive contenute nella sentenza di appello, e cioè che l’avven insinuazione al passivo fallimentare della RAGIONE_SOCIALE da parte della RAGIONE_SOCIALE per l’intero importo impediva che lo stesso importo potesse esse azionato una seconda volta; e che gli imputati fossero consapevoli di ciò è eme dalla deposizione dell’avv. COGNOME che, interpellato da COGNOME NOME e da Vil aveva chiaramente spiegato che non era possibile recuperare dalla persona fisi un credito vantato nei confronti della società; coerentemente, pertanto, la di appello ha concluso che la somma minore pretesa dagli imputati fosse detta da un’ottica verosimilmente punitiva e sanzionatoria per l’inadempimento del società da lui amministrata, fermo restando l’inesistenza di un credito aziona posto che la possibilità di ricorso al giudice è uno dei presupposti del reato all’art. 393 cod.pen. e deve sussistere sia in termini materiali che giuridici, il soggetto deve trovarsi nella possibilità di fare il ricorso all’autorità giu il diritto preteso deve essere suscettibile di effettiva realizzazione giudizia si può aggiungere che dalle conversazioni intercettate risulta che i COGNOME ic)2InRy avevano ricevuto alcun mandato dallo stesso)-(si veda la conversazione riporta a pag.13 della sentenza di primo grado: NOME: “Ma il francese ha detto che n vi conosce neanche”; COGNOME NOME: ‘Tu non ti preoccupare del francese, tu h preso un accordo con noi…”; pag. 14: COGNOME: “No, guarda, NOME, io ti dic cosa, io non ho mandato nessuno, se questa gente viene da te da parte mia, t butti fuori e basta, io non ho mandato nessuno…”)
La nota pronuncia delle Sezioni Unite n. 29541 del 16/07/2020 ha precisato che per aversi esercizio arbitrario è necessario che l’agente abbia posto in essere la condotta per la realizzazione di una pretesa giuridica esattamente tutel
senza travalicarne il contenuto; le Sezioni Unite hanno quindi sottolineato c per aversi esercizio arbitrario è necessario che l’agente ponga in esser condotta a tutela di un diritto azionabile in sede giudiziaria altrimenti ved nella più grave fattispecie di cui all’ad. 629 cod.pen.. Principio questo aff da quell’inciso secondo cui:” Pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fo ovvero che il diritto oggetto dell’illegittima tutela privata sia realmente es deve, peraltro, trattarsi di una pretesa non del tutto arbitraria, ovvero d sfornita di una possibile base legale (Sez. 5, n. 23923 del 16/05/2014, Dema Rv. 260584; Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268362), poiché i soggetto attivo deve agire nella ragionevole opinione della legittimità dell pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto in ipotesi suscettibile di co oggetto di una contestazione giudiziale avente, in astratto, apprezzabili possi di successo (Sez. 2, n. 24478 del 08/05/2017, Salute, Rv. 269967)”.
1.3 Quanto al reato di cui al capo H), la Corte di appello ha innanzitutto rilevato come COGNOME, sentito come testimone assistito, abbia negato di a coinvolto i COGNOME nella vicenda, e ha ribadito di non aver ceduto loro il cr (pag. 24), trattando poi la posizione di COGNOME NOME a pag. 34 della sent impugnata ed evidenziando la violenza da lui esercitata nei confronti della pers offesa COGNOME; determinante è poi la considerazione che non vi è neppure certezza della possibile azionabilità del credito in giudizio, il chè porta ad es l’applicazione dell’ad. 393 cod. pen.
1.4 Relativamente all’aggravante del metodo mafioso, si deve rilevare che giurisprudenza di questa Corte è costante nel sostenere che “Ai fini d configurabilità dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso”, prev dall’ad. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. in I. 12 luglio 1991, n. 203), n è necessario che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazion per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla me ed alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente ma del vincolo associativo.” (Sez.2, Sentenza n. 16053 del 25/03/2015, Rv. 263525 da ultimo, vedi 36431 del 02/07/2019, Bruzzede, Rv. 277033: “La contestazione dell’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso”, prevista dall’ad. 7, d maggio 1991, n. 152 (conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203), non presuppon necessariamente un’associazione di tipo mafioso costituita, essendo sufficie che la violenza o la minaccia assumano veste tipicamente mafiosa”).
Il dato qualificante di tale circostanza è rappresentato dal riscontro, condotta oggetto di imputazione, della specifica funzione diretta «a creare n vittima una condizione di assoggettamento, come riflesso del prospettato perico
di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale maf piuttosto che di un criminale comune» (Sez. 5, n. 14867 del 26/01/202 COGNOME, Rv. 281027 – 01; Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, COGNOME, Rv. 277222 – 0); ciò in quanto la disposizione che prevede l’indicata circost aggravante «ha la funzione di reprimere il “metodo delinquenziale mafioso” ed connessa non alla struttura ed alla natura del delitto rispetto al quale la cir è contestata quanto, piuttosto, alle modalità della condotta che evochino la intimidatrice tipica dell’agire mafioso» (Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, COGNOME Rv. 273190 – 01).
I principi su ricordati mettono in rilievo, pertanto, la necessità di ac che la condotta posta in essere risulti oggettivamente intimidatoria, p «dipendente dal manifestato vincolo associativo con una organizzazione criminal di stampo mafioso» (Sez. 6, n. 31405 del 07/06/2017, Costantino, Rv. 270572 01); accertamento che impone la valutazione delle specifiche modalità esecuti del delitto, con riguardo sia a peculiari connotazioni dell’agire del reo, rappresentazione che di quella condotta venga fornita alla vittima, per desume gli effetti che l’azione sia stata in grado di esercitare.
E’ vero che non sono sufficienti suggestioni o convincimenti desunti dal vittima, come per l’ipotesi in cui l’autore abbia fatto riferimento a provenienza geografica (Sez. 6, n. 31405 del 07/06/2017, citata in ricorso), nel caso in esame, relativamente al reato contestato al capo A), è stato eviden (pag.22) che NOME, in occasione della visita presso l’abitazion COGNOME, avesse fatto riferimento a calabresi residenti in Francia, che avre posto in essere azioni ben più aggressive in caso di mancato pagamento d credito, e che COGNOME era a conoscenza della caratura criminale dei COGNOME quanto coinvolti in fatti inerenti la criminalità organizzata; non vi era sol riferimento alla provenienza territoriale dei soggetti che sarebbero interv (calabresi), ma anche che tali soggetti sarebbero stati pericolosi, ingene quindi la convinzione nella persona offesa di avere a che fare con un gru criminale organizzato (si veda, sul punto, pag.63 della sentenza di primo gr nella quale viene posto in evidenza che gli imputati si presentavano co riscossori per conto di altri soggetti, per cui “gli imputati lasciano intend solo di essere in contatto con siffatti ambienti criminali, ma di godere pre essi del credito riconosciuto agli affiliati”),
Quanto al capo D), ferme restando le considerazioni sopra esposte, la Cort di appello ha correttamente ritenuto integrata l’aggravante di cui all’art. 416cod. pen. sulla base del prospettato intervento della DIA con il coinvolgiment
5 Gm
COGNOME nelle vicende inerenti il procedimento di prevenzione attuato nei s confronti, ritenendo che il taglio delle piante di COGNOME minacciato da COGNOME inserisse in un’ottica di controllo del territorio tipico delle modalità mafiose; di motivazione di merito sulla quale non è ammesso sindacato nella presente sede
1.5 Relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche, l sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivaz fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata i cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
Deve infatti ricordarsi che in tema di attenuanti generiche, posto ch ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al gi un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione previs dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tant fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolez detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì d dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di esclude giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è proprio la suindicata nneritevolezza che necessita, quando se ne affer l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elem che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trat sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatame motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica ric dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò co tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli el sui quali la richiesta stessa si fonda (così, ex plurimis, Sez.1, Sentenza n. del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986 – 01)
Nel caso in esame il ricorrente non ha indicato alcun motivo per il qu sarebbe meritevole del beneficio, con conseguente manifesta infondatezza de motivo.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME COGNOME deve essere dichia inammissibile.
2.1 Per quanto riguarda i primi tre motivi di ricorso, si richiama quanto esposto a proposito del coimputato COGNOME NOMECOGNOME aggiungendo la considerazione che la tesi secondo cui egli era stato incaricato da COGNOME di riscuotere il credito
dietro la promessa di un compenso, che quindi non avrebbe danneggiato la persona offesa ma inciso solo sul credito di COGNOME, non comporta che lo st debba rispondere del reato di cui all’art. 393 cod. pen. anziché di quello pr dall’art. 629 cod. pen.: infatti, in ordine al contenuto della pretesa, va che, quanto al concorso dei terzi nei fatti, le Sezioni Unite hanno precisato concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con vi o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna divers ulteriore finalità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027 – 03); chiamat chiarire in motivazione il suddetto concetto si è affermato come:” giurisprudenza di questa Corte ha tradizionalmente affermato che, per configura il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in luogo di quello di est nel caso in cui la condotta tipica sia posta in essere da un terzo a tutel diritto altrui, occorre che il terzo abbia commesso il fatto al solo fine di e il preteso diritto per conto del suo effettivo titolare, dal quale abbia incarico di attivarsi, e non perché spinto anche da un fine di profitto pr ravvisabile ad esempio nella promessa o nel conseguimento di un compenso per sé, anche se di natura non patrimoniale (Sez. 2, n. 11282 del 2/10/1985, Confo Rv. 171209); qualora il terzo agente – seppure inizialmente inserito in un rapp inquadrabile ex art. 110 cod. pen. nella previsione dell’art. 393 stesso co inizi ad agire in piena autonomia per il perseguimento dei propri interessi, ritenersi che tale condotta integri gli estremi del concorso nel reato di est ex artt. 110 e 629 cod. pen. (Sez. 2, n. 8836 del 05/02/1991, COGNOME, Rv. 1881 Sez. 2, n. 4681 del 21/03/1997, Russo, Rv. 207595; Sez. 5, n. 29015 d 12/07/2002, COGNOME, Rv. 222292; Sez. 5, n. 22003 del 07/03/2013, COGNOME, Rv 255651). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Questo orientamento va condiviso e ribadito. Due sono i punti di partenza d questa ulteriore disamina, necessariamente costituiti dai principi in preced affermati: – il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura proprio non esclusivo; – il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragi minaccia o violenza alle persone e quello di estorsione si differenziano tra l relazione all’elemento psicologico. Di conseguenza, se, ai fini della distinzio i reati de quibus, alla partecipazione al reato di terzi concorrenti non credito (abbiano, o meno, posto in essere la condotta tipica) non è possibile attri rilievo decisivo, risulta, al contrario, determinante il fatto che i terzi event concorrenti ad adiuvandum del preteso creditore abbiano, o meno, perseguito (anche o soltanto) un interesse proprio. Ove ciò sia accaduto, i terzi (ed il
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creditore) risponderanno di concorso in estorsione; in caso contrario, ove ci concorrenti nel reato abbiano perseguito proprio e soltanto l’interess creditore, nei limiti in cui esso sarebbe stato in astratto giudizialmente tut tutti risponderanno di concorso in esercizio arbitrario delle proprie rag (questo passo della motivazione è stato riportato anche dalla Corte di appel pag.21 della sentenza impugnata).
2.2 Quanto alla richiesta di riqualificazione del fatto alla luce della se della Corte Costituzionale n. 120 del 15 giugno 2023, come noto, è stata dichiar “l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 del codice penale, nella parte i prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’a ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti entità”; pertanto, parametro per l’applicazione della diminuente prevista n soltanto la lieve entità del danno, ma devono essere considerate anche “i mez le modalità e le circostanze dell’azione”; nel caso in esame, sono state po essere nei confronti della persona offesa una minaccia (“gli avrebbero rotto i d e una violenza (“lo schiaffo al volto”) per cui è da escludere che le mod dell’azione possano portare ad un giudizio di lieve entità del fatto.
Appare comunque preliminare la considerazione che “in tema di impugnazioni, non è deducibile con ricorso per cassazione l’omessa motivazione del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell’attenuante d lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte 120 del 2023, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione d conclusioni” (Sez.2, n. 19543 del 27/03/2024, G, Rv. 286536); non risultando ch vi sia stata una richiesta in tal senso nel corso del giudizio di appello, i risulta inammissibile.
2.3 Per quanto riguarda il reato di cui al capo I), la Corte di appello ha esposto ampia motivazione a pag.26 della sentenza impugnata e, con riguardo alle censure del ricorrente, se ne deve rilevare la natura meramente fattua quanto con esse il ricorrente propone, peraltro genericamente, una me rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in questa sede, stant preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazion risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merit considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quel
reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289).
Relativamente alla eccezione sulla domanda suggestiva, è stata correttamente richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ” tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggesti non comporta né l’inutilizzabilità né la nullità della deposizione, non es prevista una tale sanzione dall’art. 499, comma 3, cod. proc. pen., né potend stessa essere desunta dalle previsioni contenute nell’art. 178 cod. proc. pe motivazione, la Corte ha peraltro precisato che la domanda suggestiva pu compromettere la genuinità della dichiarazione ove abbia inciso sul risultato d prova in maniera da rendere il materiale raccolto globalmente inidoneo ad esse valutato).” (Sez.3 n. 49993 del 16/09/2019, R., Rv. 277399)
2.4 Quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed all dosimetria della pena, la Corte di appello ha fornito congrua motivazione a p 28 della sentenza impugnata; né si può dire che vi sia stata una dup valutazione degli stessi elementi, posto che, a fronte del diniego del benefici onere del ricorrente indicare quali erano gli elementi che avrebbero dovuto port alla soluzione contraria (come sopra precisato), ma nulla è stato dedott riguardo, con conseguente manifesta infondatezza del motivo per genericità; l Corte di appello ha anche motivato i singoli aumenti per la continuazione (ve pag.28).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME deve essere dichiar inammissibile.
3.1 Relativamente ai primi due motivi, si ribadisce quanto sopra esposto proposito degli analoghi motivi proposti nell’interesse di COGNOME NOME, l’ulteriore considerazione, per quanto riguarda l’eccepito ruolo marginal COGNOME, che la Corte di appello ha evidenziato la sua partecipazione al pr incontro con la persona offesa COGNOME nel corso del quale proprio COGNOME era possesso del carteggio relativo ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ponendo quindi come soggetto indispensabile per l’esecuzione dell’estorsione; ed era s proprio COGNOME a prospettare a COGNOME l’intervento di soggetti calabresi, dalle dei quali gli imputati non sarebbero stato in grado di proteggerlo, integrando condotta la sussistenza della contestata aggravante di cui all’art. 416-bis. pen.
3.2 Per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche anche in questo caso non viene indicato alcun motivo per il quale il ricorr sarebbe meritevole del beneficio; inoltre, la giurisprudenza di questa Cor
costante nel sostenere che in tema di recidiva facoltativa, è richiesta al g una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza stessa e che tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, anche argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costitu significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato; nel caso esame, la Corte di appello ha fornito congrua ed esaustiva motivazione a pagi 37 della sentenza impugnata; nessuna contraddizione vi è, infine, nel fatto ch posizione di NOME sia stata considerata accessoria a quella di COGNOME motivazione in base alla quale la Corte di appello ha deciso di ridurre la inflitta in primo grado.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dich inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condan al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di col nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore de Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; il ricorrente COGNOME Aldo deve inoltre es condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile NOME COGNOME in virtù del principio della soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, COGNOME NOME alla rifusione delle spese di rappresentanza difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME c liquida in complessivi euro 4.500,00 oltre accessori di legge
Così deciso il 22/11/2024