Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19646 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME n. a Campi Salentina il 3/8/1983
NOME n. a S. Pietro Vernotico l’1/8/1981
NOME Mauro n. a Cagliari il 20/1/1967
Cenni Massimo n. a Rimini il 7/5/1977
avverso la sentenza della Corte di Assise di Appello di Bologna in data 19/9/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen.NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME i quali hanno illustrato i motivi, chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di Assise di Appello di Bologna confermava la decisione della Corte di Assise di Forlì che, in data 29/6/2023, aveva riconosciuto gli imputati colpevoli del delitto di tentata estorsione aggravata (capo 7), condannando ciascuno alla pena ritenuta di giustizia e pronunziando assoluzione in relazione agli ulteriori addebiti ascritti.
Hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori degli imputati, deducendo i seguenti motivi, enunziati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen.:
l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME
2.1 l’erronea applicazione della legge penale e il vizio cumulativo di motivazione in relazione alla responsabilità del COGNOME per il delitto di tentata estorsione con particolare riguardo alla condotta partecipativa dell’imputato.
Il difensore lamenta che la Corte territoriale non ha fornito adeguata risposta alle doglianze difensive in punto di concorso del prevenuto nel delitto ascrittogli sotto il profilo del contributo causale prestato alla consumazione dell’illecito. In particolare i giudici d’appello hanno ritenuto che l’imputato si fosse trattenuto nell’orto ove si svolsero i fatti per lo stesso tempo dei correi, travisando le dichiarazioni del ricorrente e discostandosi dalla ricostruzione effettuata dal primo giudice. Aggiunge, dopo aver richiamato vari arresti giurisprudenziali sul tema, che la sentenza impugnata non ha adempiuto all’obbligo motivazionale, omettendo di indicare quali fossero gli elementi dimostrativi della reale partecipazione del Solazzo alla condotta e la relativa rilevanza causale;
2.2 l’erronea applicazione della legge penale e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del delitto di tentata estorsione ai sensi dell’art. 393 cod.pen.
Il difensore, premesso che le emergenze dibattimentali hanno accertato l’esistenza di ragioni di credito del COGNOME nei confronti della p.o. COGNOME deduce che la Corte territoriale ha disatteso la richiesta di riqualificazione con motivazione contraddittoria e illogica sollevando arbitrariamente dei dubbi sulla liceità del credito in base ad elementi superflui,quali l’assenza della forma scritta in relazione al contratto di mutuo intercorso tra le parti e la mancata previsione di termini e modalità della restituzione della somma. Secondo il ricorrente la sentenza impugnata si è discostata dai principi enunziati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, attribuendo erroneamente all’imputato l’onere di provare la liceità dell’erogazione di danaro, nonostante gli esiti delle intercettazioni dimostrino in maniera inequivoca l’avvenuta dazione del danaro alla vittima a titolo di prestito e la legittimità della pretesa vantata.
L’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOME
La violazione dell’art. 521 cod.proc.pen. e connesso vizio della motivazione per mancata correlazione dell’imputazione con la sentenza di condanna.
Il difensore sostiene che la riqualificazione operata dal primo giudice della fattispecie originariamente contestata di cui all’art. 630 cod.pen. nel delitto di tentata estorsione aggravata dal numero delle persone abbia determinato un vulnus all’esercizio del diritto di difesa in ragione della disomogeneità tra l’originaria contestazione e il fatto ritenuto in sentenza. In particolare il giudice di primo grado ha affermato la sussistenza di un’aggravante mai contestata e rispetto alla quale il ricorrente non era stato posto in grado di chiedere l’ammissione di mezzi di prova o di effettuare più mirate valutazioni sulla strategia difensiva da adottare. La Corte territoriale ha rigettato l’eccezione difensiva con motivazione illogica e contraddittoria escludendo che possa nella specie configurarsi un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione nonostante il diverso avviso espresso in relazione a casi similari dalla giurisprudenza di legittimità;
3.1 l’erronea applicazione degli artt. 629 e 393 cod.pen. e connesso vizio della motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità.
Il difensore, dopo aver richiamato la pluralità delle fonti dalle quali emerge che la p.o. aveva ricevuto un prestito senza alcuna pattuizione di interessi, lamenta che i giudici d’appello hanno ritenuto dubbio il titolo giuridico della dazione senza considerare che non è emerso alcun elemento che deponga per una causale illecita e che ai fini dell’invocata riqualificazione non rileva né la forma scritta del contratto di mutuo né l’esatta individuazione delle modalità di restituzione del prestito, che pure emergono dal complesso intercettivo e che sono, comunque, rimesse all’autonomia contrattuale delle parti, e parimenti irrilevante deve reputarsi l’eventuale utilizzo illecito che la p.o. possa aver fatto delle somme mutuate;
3.2 la violazione dell’art. 629, comma 2 in relazione all’art. 628, comma 3 n. 1, cod.pen. e correlato vizio cumulativo della motivazione.
Il difensore deduce che l’aggravante delle più persone riunite non può essere ritenuta oggetto di contestazione in fatto in quanto non applicabile al delitto ex art. 630 cod.pen. originariamente rubricato in relazione al quale la pubblica accusa aveva, altresì, omesso di richiamare la circostanza di cui all’art. 112 cod.pen., nonostante il numero degli imputati. Aggiunge che la Corte territoriale ha sostanzialmente omesso di motivare sul punto, limitandosi al rilievo che l’imputazione descrive la contemporanea presenza di più persone durante l’azione criminosa sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che simile evidenza non è sufficiente a fondare la contestazione in fatto della circostanza e non ha tenuto conto che l’aggravante è ontologicamente differente dal concorso di persone e si riferisce esclusivamente alla fase esecutiva del reato, secondo i criteri enunziati da Sez. Unite COGNOME;
3.3 la violazione degli artt. 56, 69, 133 cod.pen. e il vizio di motivazione con riguardo all’omessa motivazione circa la riduzione effettuata a titolo di tentativo, il giudizio di bilanciamento e l’eccessività del trattamento sanzionatorio, profili oggetto di gravame in ordine ai quali la Corte di merito si è limitata a confermare la correttezza della determinazione della pena.
L’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME
4.Inosservanza dell’art. 521 cod.proc.pen. e correlato vizio di motivazione. Il motivo ha contenuti e sviluppo argomentativo del tutto sovrapponibili a quanto esposto nel par. sub 3 del coimputato Cenni che espressamente si richiama;
4.1 l’inosservanza degli artt. 629 e 393 cod.pen. e connesso vizio di motivazione. Le censure hanno contenuto identico a quelle formulate nell’interesse del ricorrente Cenni ed esposte nel par. 3.1 che espressamente si richiama. A pag. 14 con specifico riferimento alla posizione di COGNOME COGNOME il difensore deduce che la Corte di merito ha ritenuto il ricorrente mandante dell’azione delittuosa senza confrontarsi con i rilievi difensivi che segnalavano le emergenze processuali dalle quali risulta che l’COGNOME, non presente ai fatti, si mostrava stupito e incredulo al racconto dell’accaduto da parte del COGNOME. Aggiunge che non esiste prova del dolo concorsuale del ricorrente e rispetto a tale tema appaiono ininfluenti in quanto mero postfatto le iniziative ipotizzate per la riscossione del credito;
4.2 l’inosservanza dell’art. 629, comma 2 in relazione all’art. 628, comma 3 n. 1, cod.pen. e connesso vizio della motivazione. Anche detto motivo è compendiato da argomenti testualmente sovrapponibili a quelli articolati nell’interesse del Cenni sub. 3.2 con l’aggiunta (pag. 20) che il ricorrente non era pacificamente presente sul luogo dei fatti e la sentenza impugnata non ha svolto alcuna indagine sul coefficiente psicologico necessario alla estensione della circostanza al prevenuto;
4.3 la violazione degli artt. 56, 69, 133 cod.pen. con riguardo all’omessa motivazione sulla riduzione operata per il tentativo, al giudizio di bilanciamento e all’onerosità del trattamento sanzionatorio, in quanto la Corte di merito non ha considerato che al ricorrente è stata irrogata una pena sensibilmente superiore al minimo edittale, valorizzando il coinvolgimento nella fattispecie associativa in relazione alla quale è intervenuta sentenza assolutoria.
L’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME
5.Violazione dell’art. 521 cod.proc.pen. e connesso vizio della motivazione
5.1 Erronea applicazione degli artt. 629 e 393 cod.pen. e connesso vizio di motivazione
5.2 Erronea applicazione dell’art. 629, comma 2 in relazione all’art. 628, comma 3 n. 1, cod.pen. e connesso vizio di motivazione.
I sopradetti motivi sono di tenore identico a quelli svolti nell’interesse del coimputato Cenni ed esposti nei par. sub 3,3.1,3.2 che espressamente si richiamano.
5.3 Violazione degli artt. 56,69, 133 con riguardo all’omessa motivazione sulla riduzione per il tentativo, all’erroneo giudizio di bilanciamento e all’eccessività del trattamento sanzionatorio che per il COGNOME si è discostato dal minimo sulla base del coinvolgimento in fattispecie ulteriori dalle quali l’imputato è stato, tuttavia, assolto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Osserva il Collegio che assume rilievo preliminare lo scrutinio delle censure relative alla sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite formulato dalla comune difesa dei ricorrenti COGNOME e COGNOME ed estensibile in ragione delle connotazioni della circostanza anche all’imputato COGNOME.
Il difensore lamenta la violazione di legge sotto un duplice profilo deducendo, da un lato, il difetto di correlazione per avere il primo giudice, con valutazione condivisa dalla Corte territoriale, operato la derubricazione dell’originario delitto ex art. 630 cod.pen. nella fattispecie di tentata estorsione aggravata dal numero delle persone in assenza di idonea contestazione della circostanza; dall’altro, con complementari argomenti, l’omessa valutazione in ordine alla sussistenza degli estremi costitutivi dell’aggravante.
1.1 Le doglianze sono infondate. Il capo 7 nell’originaria formulazione ascriveva agli odierni prevenuti e ad altri separatamente giudicati di aver privato della libertà personale la p.o. NOME allo scopo di conseguire un ingiusto profitto quale prezzo della liberazione, quantificabile in euro 160mila, del quale lo stesso era asseritamente loro debitore. La Corte di Assise di Forlì, dato atto che la p.o., accompagnata coattivamente ed escussa ai sensi dell’art. 210 cod.proc.pen., si era avvalsa della facoltà di non rispondere, riteneva provata alla luce delle fonti captative e dichiarative acquisite esclusivamente la residuale ipotesi di tentata estorsione aggravata in ordine alla quale pronunziava condanna. Riteneva, in particolare, sussistente l’aggravante delle più persone riunite ed operava il giudizio di bilanciamento della stessa con le attenuanti generiche nel senso dell’equivalenza.
La Corte territoriale, investita del gravame difensivo sul punto, reputava ‘ritualmente contestata in fatto’ la circostanza in esame in quanto ‘l’imputazione contiene la chiara descrizione della condotta aggravatrice correlata alla contemporanea presenza di più persone durante l’ actio criminis ‘, aggiungendo che l’incolpazione chiama a rispondere ‘del fatto rubricato sub 7 più persone e nella descrizione della condotta postul(a) il contributo di esse alla consumazione del pestaggio’ (pag. 34).
1.2 La valutazione della Corte territoriale che ha escluso l’immutazione, ritenendo contestata in fatto l’aggravante delle più persone riunite, non presta il fianco a censura giacché la sentenza impugnata ha correttamente valorizzato la descrizione della condotta
materiale sub 7 nella parte in cui individua gli autori materiali del pestaggio in danno della p.o., soddisfacendo detta evocazione il requisito della simultanea presenza, nota alla vittima, di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia, in adesione ai principi dettati da Sez. U. Alberti n. 21837 del 29/3/2012,Rv.25251801).
Questa Corte ha affermato in relazione alla specifica circostanza seppur con riguardo alla fattispecie di lesioni personali volontarie che deve ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza l’aggravante delle più persone riunite nel caso in cui il capo d’imputazione, pur non menzionando l’art. 585, primo comma, cod. pen., rappresenti la simultanea presenza di almeno due soggetti nel luogo e al momento di realizzazione della condotta violenta (Sez. 5, n. 22120 del 28/04/2022, Lo, Rv. 283218 – 01)
Infatti, l’aggravante delle più persone riunite ha natura oggettiva in quanto concerne le modalità dell’azione (Sez. 2, n. 46221 del 08/11/2023, COGNOME, Rv. 285443-01; n. 36926 del 04/07/2018, Rv. 273521-01) e la giurisprudenza di legittimità ritiene con orientamento costante che non viola il principio di correlazione tra l’imputazione e la sentenza la contestazione in fatto di circostanze aggravanti integrate da comportamenti materiali oggettivamente determinati, che non richiedono alcun apprezzamento valutativo da parte del giudice, e la cui esplicitazione descrittiva è tale da consentire all’imputato l’adeguato esercizio del diritto di difesa ( in tal senso, Sez. 3, n. 28483 del 10/09/2020, D., Rv. 280013 – 02; in senso conforme, Sez. 2, n. 15999 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279335-01; Sez. 5, n. 46979 del 11/11/2024 Rv. 287325 – 01).
Deve aggiungersi che la riqualificazione, anche circostanziale, ha avuto ad oggetto l’originaria fattispecie complessa dell’art. 630 cod.pen., che ab origine incorporava in sé gli elementi costitutivi del delitto di estorsione sicché, attesa la concreta enunciazione della condotta violenta e coercitiva attuata da una pluralità di autori materiali nei confronti della vittima, non può dubitarsi della prevedibilità in concreto della sussunzione dell’illecito nel paradigma dell’art. 629, comma 2, cod.pen. (Sez. 2, n. 1378 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME Rv. 261861 – 01)
2. Le doglianze della difesa del COGNOME relative al difetto di motivazione circa la partecipazione del ricorrente all’illecito sono manifestamente infondate. La Corte territoriale ha esaminato i rilievi difensivi sul punto disattendendoli con congrua motivazione (pag. 24 e segg.), evidenziando che il pestaggio ai danni della vittima ebbe inizio a bordo dell’autovettura sulla quale il ricorrente viaggiava unitamente ai correi COGNOME e COGNOME e che lo stesso si trattenne anche nell’orto dove la condotta violenta proseguì ad opera dei predetti, allontanandosi, infine, per andare a prelevare l’amico COGNOME. I giudici d’appello hanno chiarito, condividendo la valutazione già espressa dal primo giudice (pag. 27), che le fonti
intercettive e dichiarative scrutinate attestano la partecipazione del COGNOME all’azione delittuosa quantomeno in termini di rafforzamento del proposito criminoso dei coimputati, rassegnando una motivazione logicamente resistente alle obiezioni difensive con la quale il difensore non si rapporta in termini di specificità censoria, sollecitando un diverso apprezzamento delle risultanze processuali in questa sede precluso.
2.1 Rileva, inoltre, la Corte che appaiono manifestamente infondate le censure in punto di dolo partecipativo del ricorrente COGNOME alla luce del compendio scrutinato e correttamente apprezzato dai giudici d’appello, che hanno dato conto con adeguata motivazione della sussistenza dei requisiti d’ordine materiale e psicologico della fattispecie a giudizio.
Con riguardo alla posizione del ricorrente COGNOME che pacificamente non fu presente alla materiale esecuzione dell’aggressione in danno della vittima, e del COGNOME che, pur presente, rivendica di non aver preso parte all’esercizio della violenza, deve ulteriormente rammentarsi che l’aggravante delle più persone riunite in ragione del suo carattere oggettivo si comunica ai correi, anche non presenti nel luogo di consumazione del reato, se siano stati consapevoli che il reato stesso sarebbe stato consumato da più persone riunite, ovvero se abbiano ignorato per colpa tale circostanza (Sez. 2, n. 46221 del 08/11/2023, COGNOME, Rv. 285443-01; n. 36926 del 04/07/2018, Rv. 273521-01).
Nella specie il COGNOME, alla stregua della ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito, fu presente alla condotta violenta congiuntamente attuata dal COGNOME e dal COGNOME, avendone diretta e immediata consapevolezza per un significativo lasso temporale, contribuendo a rafforzare la determinazione criminosa dei coimputati. Questa Corte ha al riguardo affermato che la postulata simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia deve estrinsecarsi o nella diretta attuazione della condotta coercitiva strumentale ovvero, nel caso di mera presenza di uno dei complici all’esercizio della violenza o della minaccia, la stessa deve poter essere interpretata alla stregua di un rafforzamento delle medesime (Sez. 2, n. 40860 del 20/09/2022, COGNOME, Rv. 284041 – 01; Sez. 2, n. 21988 del 30/01/2019, COGNOME, Rv. 276116 – 01), evenienza verificatasi nella specie, alla luce dell’incensurabile apprezzamento dei giudici territoriali.
3.1 Con riguardo all’COGNOME deve osservarsi che gli esiti delle intercettazioni appaiono dimostrativi di una condivisa preordinazione del reato poiché il COGNOME, subito dopo il pestaggio e a condotta costrittiva ancora in corso (‘…lo stiamo portando in campagna, NOME..l’ha sfiancato proprio di mazzate. Proprio male,male..si è fatto’) ragguagliava il coimputato sull’accaduto e i due convenivano un incontro per la stessa sera, non appena l’COGNOME stesso avesse raggiunto Bologna con l’aereo, incontro che effettivamente si tenne con la partecipazione di tutti i ricorrenti. Le emergenze processuali richiamate dalla Corte
territoriale e, in particolare, i chiari contenuti delle conversazioni intercettate escludono, dunque, che il prevenuto fosse incolpevolmente ignaro delle modalità esecutive del pestaggio e dei fini per tal via perseguiti sicché deve ritenersi, ai sensi dell’art. 59 cod.pen., correttamente applicata nei suoi confronti l’aggravante ex art. 628, comma 3 n. 1, cod.pen. (in fattispecie analoga, Sez. 2, n. 31199 del 19/06/2014, Posteraro, Rv. 259987 – 01).
4. Le censure in punto di qualificazione giuridica della condotta ai sensi del delitto di estorsione piuttosto che di ragion fattasi sono infondate. Contrariamente a quanto assume la difesa dei prevenuti, deve convenirsi con i giudici territoriali in ordine alla ‘opacità’ delle ragioni di credito vantate dal COGNOME nei confronti della vittima e alla non esatta rispondenza della somma mutuata, indicata dal COGNOME stesso in centomila euro e dalla p.o. in centosessantamila euro. A tanto deve aggiungersi che l’applicazione dei principi enunziati dalle Sez. U. COGNOME impone di escludere la riconducibilità dei fatti nell’alveo del delitto ex art. 393 cod.pen. anche in ragione delle modalità plurisoggettive di esercizio della asserita pretesa.
4.1 La giurisprudenza di legittimità ha autorevolmente precisato in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni che la pretesa arbitrariamente attuata dall’agente deve corrispondere esattamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non risultare in qualsiasi modo più ampia, atteso che ciò che caratterizza il reato è la sostituzione dello strumento di tutela pubblico con quello privato, operata dall’agente al fine di esercitare un diritto, con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli possa competere giuridicamente (Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020,COGNOME e altri, Rv. 280027-01, in motivazione; Sez. 6, n. 47672 del 04/10/2023, Rv. 285883-03; Sez. 2, n. 46288 del 28/6/2016, Rv. 268362-01). Inoltre, il già richiamato arresto nomofilattico ha chiarito che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio e il concorso del terzo è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa e ulteriore finalità. Nella specie, posto che il preteso credito, di ignota causale e conseguente dubbia azionabilità, farebbe esclusivamente capo al COGNOME, i ricorrenti non hanno spiegato le ragioni del loro coinvolgimento nell’esazione e le risultanze processuali, per come illustrate dalle conformi sentenze di merito, denotano un fitto reticolo di cointeressenze rispetto al coattivo adempimento della vittima che mina in radice la possibilità di ricondurre la vicenda alla più lieve fattispecie di cui all’art. 393 cod.pen.
5. Le sovrapponibili censure in punto di trattamento sanzionatorio avanzate dalla difesa dei ricorrenti COGNOME, COGNOME sono destituite di fondamento. Infatti, la Corte di merito ha disatteso i rilievi difensivi evidenziando l’adeguatezza del trattamento sanzionatorio irrogato, determinato dal primo giudice muovendo, per COGNOME, da una pena base pari al
minimo edittale, ridotta nella misura di un terzo per il tentativo mentre per gli imputati NOME e COGNOME in ragione del diverso e più grave apporto all’esecuzione dell’illecito, la pena base è stata determinata in misura superiore al minimo sebbene nella fascia bassa della forbice edittale, con riduzione in pari misura ex art. 56 cod.pen. V’è da aggiungere che la determinazione della riduzione per il tentativo appare incensurabile in quanto rispondente alla concreta, avanzata progressione dell’azione criminosa e parimenti il giudizio di bilanciamento, frutto di un ponderato e insindacabile esercizio di adeguamento della pena in concreto irrogata.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere rigettati in ragione della complessiva infondatezza delle censure proposte con conseguente condanna dei proponenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 9 Maggio 2025