Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31767 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31767 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 13/05/1959
avverso l’ordinanza del 03/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che conclude per il rigetto come da requisitoria in atti.
Udito il difensore,
l’avvocato COGNOME si riporta ai motivi di ricorso;
l’avvocato COGNOME illustra brevemente i motivi del ricorso depositato e ne chied l’accoglimento.
Ritenuto in fatto
1.E’ stata impugnata l’ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo, che ha rigettato l’istanz di cui all’art. 309 cod. proc. pen. presentata dalla difesa di COGNOME avver l’ordinanza di custodia cautelare carceraria emessa nei suoi confronti dal g.i.p. del medesimo
Tribunale, relativa al delitto di cui agli artt. 81 comma 2, 110, 629 commi 1 e 2, in relazion comma 3 n. 1 e n. 3 dell’art. 628 cod. pen., art. 416 bis.1 cod. pen., in concorso con COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME cl. 1988 ed in pregiudizio di COGNOME NOME; co l’aggravante del metodo mafioso e dell’aver agito con il fine di agevolare la cosca mafiosa d Cosa Nostra di Palermo, INDIRIZZO
2.11 ricorso per cassazione, a firma di difensore abilitato, consta di cinque motivi, di seg indicati a norma dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Il primo motivo ha lamentato la ricorrenza dei vizi sub art. 606 lett. b), c) ed e proc. pen., in quanto il giudice del riesame avrebbe erroneamente respinto l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal COGNOME, escusso a s.i.t. anziché in qua indagato di reato connesso in relazione agli indizi di reità emersi sin dall’inizio a suo caric particolare riferimento alla mancata restituzione di un prestito di 30.000 euro ricev nell’ambito di un rapporto negoziale illecito, da tale Luisi. COGNOME sarebbe semplicemente intervenuto per permettere a quest’ultimo, suo parente, di ottenere la somma dovuta dal COGNOME; quest’ultimo, inoltre, avrebbe dichiarato il falso in sede di sommarie informazi ed anche per tale motivo la sua posizione giudiziaria avrebbe dovuto essere diversamente valutata, anche con l’interruzione del verbale delle dichiarazioni e l’invito a nominare difensore.
2.2. Il secondo motivo ha richiamato i vizi di cui all’art. 606 lett. b) ed e) cod. pro poiché la condotta dell’indagato avrebbe dovuto, al più, ricondursi al reato di eserci arbitrario delle proprie ragioni di cui all’art. 392 cod. pen.; estraneo ad organizzazioni mafi egli sarebbe intervenuto solo per consentire al congiunto di soddisfare il proprio credito infatti COGNOME sarebbe riuscito ad ottenere la restituzione di 6500 euro senza che alcun vantagg sia derivato a COGNOME o ad altri componenti dell’associazione mafiosa. Lo stesso COGNOME, nei dialoghi intercettati, avrebbe ammesso di essere debitore di COGNOME
2.3. Il terzo motivo si è appuntato sui vizi dell’art. 606 lett. b), c) ed e) cod. pr perché l’ordinanza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto integrato il reato di estorsione. COGNOME avrebbe ammesso, nell’ambito delle conversazioni oggetto delle indagini, di dover rendere l’importo di 13.000 euro, circostanza che escluderebbe l’esistenza del reato ipotizzato.
2.4. Il quarto motivo si è soffermato sui vizi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. relazione alla ritenuta integrazione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. so profilo dell’utilizzo del c.d. metodo mafioso: nessuna emergenza proverebbe che COGNOME, a cui non è stato contestato il reato associativo, sapesse dell’appartenenza di COGNOME a clan mafioso, né che si sia rivolto a lui per godere del suo prestigio criminale.
2.5.11 quinto motivo ha dedotto i vizi di cui all’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. riguardo della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della custodia i carcere; il Tribunale avrebbe omesso di considerare taluni, importanti elementi indicati dal difesa, come l’età dell’indagato, quasi settantenne, o l’unicità del reato contestat
nell’ambito di una indagine molto più ampia e di notevole durata; sarebbe stata omessa un’appagante motivazione sul pericolo attuale di recidiva, in ragione della risalenza nel temp dei precedenti penali; non sarebbe stato correttamente spiegato perché COGNOME eventualmente beneficiato degli arresti domiciliari, con l’applicazione del bracciale elettronico, potrebbe delinquere ancora.
3.11 Procuratore generale presso la Corte di cassazione, dr. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1.Va premesso che l’ordinanza applicativa della misura e quella che decide sulla richiesta di riesame sono tra loro strettamente collegate e complementari, sicché la motivazione del tribunale del riesame integra e completa l’eventuale carenza di motivazione del provvedimento del primo giudice e, viceversa, la motivazione insufficiente del giudice del riesame può ritener integrata da quella del provvedimento impugnato, allorché in quest’ultimo siano state indicate le ragioni logico-giuridiche che, ai sensi degli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen., ne ha determinato l’emissione (cfr. per tutte Sez. U, n. 7 del 17/04/1996 Moni, Rv. 205257). Ne consegue l’infondatezza delle censure – ricorrenti, spesso in maniera incidentale, nello sviluppo dei motivi – volte a criticare il mero recepinnento della ordinanza genetica.
1.1. Occorre aggiungere che, per gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell’art. 273 cod. pro pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa ch contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente pro – non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tutt consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione d ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, COGNOME, Rv 256657). In questo quadro, qualora sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giu merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare ovvero ad escludere – la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllar congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto a canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultan
probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; conf.: Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828) senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultan delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199391; Sez. 1, 1496 del 11/03/1998, COGNOME, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215331). Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità deg riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, COGNOME, Rv. 210019).
2.Tracciato il solco esegetico da seguire nell’ambito del presente scrutinio, si deve osserva che, nella specie, il tessuto motivazionale dell’ordinanza impugnata risponde al modello argomentativo indicato e risulta immune da cadute di logicità.
3.11 primo motivo è generico e manifestamente infondato.
3.1.Mette conto richiamare, in proposito, il dictum delle Sezioni Unite di questa Corte, in virtù del quale in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al d riscontro di indici formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel regi delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento i dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (sez. U n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584; c anche, tra le altre, sez.5, n. 39498 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 282030; sez.6, n. 20098 del 19/04/2016, COGNOME, Rv. 267129). In altri termini, il controllo della Corte di cassazione non che operare sulla verità-fallacia dei principi empirici impiegati dalla pronunzia impugnata, c la rigorosa espunzione di valutazioni fondate su mere congetture, senza tuttavia che alla Corte sia consentito, da un lato, di fornire una propria rielaborazione del fatto o, dall’al estendersi a sostituire con proprie massime di esperienza il ragionamento posto a base della decisione impugnata.
Il Tribunale del riesame ha già vagliato la questione dell’utilizzabilità delle dichiarazioni r forma testimoniale dal COGNOME, persona offesa del reato di estorsione /ed ha in radice escluso che, al di là del dato formale della mancata iscrizione di costui nel registro d indagati, sia mai emersa ipotesi di reato a suo carico per comportamenti che abbiano dato causa alla situazione debitoria, neanche per connessione con quella provvisoriamente att al ricorrente. Avrebbe dovuto la difesa, in tale contesto, offrire al collegio gli elem consentire di verificare la legittimità della decisione, come più volte affer giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale non compete alla Corte di cassazi mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di i atti del procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di e
processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. U n. 39061 del 16/07/2009, COGNOME, Rv. 244328). La ragione di ricorso si è limitat invece, a riproporre generiche note di dissenso con la vaga citazione di una presunta “operazione illecita” di finanziamento alla quale COGNOME avrebbe partecipato, unitamente a tale “COGNOME“, nominativo inedito, ignoto alla ricostruzione dei fatti riportata nel provvedi genetico e alla motivazione dell’ordinanza impugnata, menzionato esclusivamente dalla persona offesa nell’ambito di dichiarazioni considerate, tuttavia, in parte non confacenti materiale indiziario assicurato al procedimento.
3.2. Manifestamente infondata è anche l’altra obiezione, in forza della quale la poliz giudiziaria, rilevata, nella loro evoluzione, la falsità delle informazioni fornite da RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto interromperne l’esame ai sensi dell’art. 63 primo comma cod. proc. pen. e rendere edotto l’interessato delle contingenti facoltà difensive, poiché il consolidat condivisibile, indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità è nel senso che dichiarazioni “indizianti” di cui all’art. 63, comma primo, cod. proc. pen. sono quelle rese da soggetto sentito come testimone o persona informata sui fatti che riveli circostanze da cu emerga una sua responsabilità penale per fatti pregressi, non invece quelle attraverso le quali il medesimo soggetto realizzi, con quelle dichiarazioni, il fatto tipico di una determinata f di reato, come ad esempio il favoreggiamento personale (sez. 3, n. 8634 del 18/09/2014, M., Rv. 262511; sez.2, n. 36284 del 09/07/2009, COGNOME e altri, Rv. 245597; sez.2, n. 35538 del 05/06/2008, COGNOME, Rv. 240657; sez. U n. 33583 del 26/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 264481).
4.11 secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente perché interdipendenti, si palesano a vario titolo generici, non consentiti in sede di legitti manifestamente infondati.
4.1.Per un verso, non si comprende come possa configurarsi, ab origine, un reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (tra l’altro “con violenza sulle cose”, perché la difesa ric ripetutamente l’applicabilità dell’art. 392 cod. pen.) quando il ricorrente medesimo, con il primo motivo, ha insistito nel definire “illecito” il rapporto negoziale posto a fondamento preteso diritto di credito che tale, non meglio precisato, “COGNOME” vanterebbe nei riguard COGNOME (“l’evidenza per la quale i fatti che legano la presunta po al correo COGNOME abbia natura illecita”, pag. 3 del ricorso), perché uno degli elementi costitutivi del modello legale de reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni risiede nell’astratta legittimità del dunque del diritto di credito, che deve essere tutelato dall’ordinamento giuridico ed esigere conseguenza che, ai fini del suo soddisfacimento, sia contemplata la esperibilità di all’autorità giudiziaria, poi non praticata (“chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da se medesimo, è punito…”). Se la causa negoziale è illecita, se si tratta di un negozio in frode alla legge o ispirato da m illeciti (artt. 1343-1345, 2034-2035 cod. civ.) la legge non consente di “ricorrere al giudice”
perché non prevede azione a salvaguardia del credito. E’ noto, ad esempio, che integra gli estremi del delitto di estorsione la minaccia o violenza finalizzata ad ottenere l’adempimento un’obbligazione naturale, come quella di un debito derivante dal gioco d’azzardo, per la quale non è data azione davanti al giudice (ex multis, sez.2, n. 7972 del 31/01/2013, COGNOME e altri, Rv. 254995).
4.2. Se è vero, infatti, che i delitti di cui agli articoli 393 e 629 cod. pen. si distinguono essenzialmente in relazione all’elemento psicologico, perché, nel primo l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione ragionevole, anche se in ipotesi infondata, d esercitare un suo diritto giudizialmente azionabile; e nel secondo, invece, l’agente persegue conseguimento di un profitto nella consapevolezza di non averne diritto (Sez. U n. n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-02; Sez. 2, n. 56400 del 22/11/2018, COGNOME, Rv. 274256; Sez. 1, n. 6968 del 20/07/2017, dep. 2018, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 272285; Sez. 2, n. 1901 del 20/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268770; Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 ss.; Sez. 2, n. 46628 del 03/11/2015, COGNOME, Rv. 265214; Sez. 2, n. 44674 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265190; Sez. 2, n. 42734 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265410; Sez. 2, n. 23765 del 15/05/2015, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 264106; Sez. 2, n. 42940 del 25/09/2014, Conte, Rv. 260474; Sez. 2, n. 31224 del 25/06/2014, Comite, Rv. 259966; Sez. 2, n. 24292 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 259831; Sez. 2, n. 33870 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 260344; Sez. 2, n. 51433 del 04/12/2013, COGNOME, Rv. 257375; Sez. 2, n. 705 del 01/10/2013, dep. 2014, Traettino, Rv. 258071; Sez. 2, n. 22935 del 29/05/2012, Di COGNOME, Rv. 253192; Sez. 2, n. 16 12329 del 04/03/2010, COGNOME, Rv. 247228; Sez. 2, n. 9121 del 19/04/1996, Platania, Rv. 206204; Sez. 2, n. 6445 del 14/02/1989, COGNOME, Rv. 181179; Sez. 2, n. 5589 del 12/11/1982, dep. 1983, COGNOME, Rv. 159513), assume portata centrale, ai fini del discrimen tra le due fattispecie, che esista – o meno – una pretesa giuridica munita di azione, anche a prescindere dalla fondatezza “tecnica” della pretesa stessa. In altri termin come ricorda l’insegnamento del massimo organo nomofilattico di questa Corte (in parte motiva, sez. U COGNOME, cit., § 10.5.1), pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fon ovvero che il diritto oggetto dell’illegittima tutela privata sia realmente esistente, peraltro, trattarsi di una pretesa non del tutto arbitraria, ovvero del tutto sfornita possibile base legale (Sez. 5, n. 23923 del 16/05/2014, COGNOME, Rv. 260584; Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268362), poiché il soggetto attivo deve agire nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diri in ipotesi suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale avente, in astr apprezzabili possibilità di successo (Sez. 2, n. 24478 del 08/05/2017, Salute, Rv. 269967). Già sotto tale dirimente profilo il motivo di impugnazione, manifestamente infondato, dovrebbe essere ritenuto inammissibile. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.3.Per altro verso, la ragione di doglianza risulta affetta da genericità intrinseca, perché mantenere l’opacità espositiva della prima parte del ricorso, non consente alla Corte di cassazione di esercitare il proprio sindacato: non sono chiariti con il dovuto dettaglio i cont
dell’assunto credito, né le addotte intese contrattuali tra “COGNOME” e COGNOME, sotto all’iniziativa criminosa dell’indagato e dei suoi correi.
4.4.E da ultimo, come del resto già sottolineato dal Tribunale del riesame con argomentazione allineata al diritto vivente, con la quale il ricorrente ha omesso di confronta così da incorrere nel vulnus di genericità estrinseca, il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli c in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire a diversa ed ulteriore finalità (sez. U n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-03); ove “terzo” persegua vantaggi personali, diretti o indiretti, che esulino dal perimetro della rich del creditore, si consuma il reato di estorsione. Inoltre, in tema di esercizio arbitrario proprie ragioni, la pretesa arbitrariamente attuata dall’agente deve corrispondere esattamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non risultar qualsiasi modo più ampia, atteso che ciò che caratterizza il reato è la sostituzione de strumento di tutela pubblico con quello privato, operata dall’agente al fine di esercitare diritto, con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli possa competere giuridicamente (sez.6 n. 47672 del 04/10/2023, 0., Rv.285883; in motivazione, sez. U COGNOME, cit.).
Orbene, come perspicuamente illustrato dal provvedimento incidentale impugnato, l’attuale ricorrente ha operato, per sua stessa ammissione, in qualità di “terzo” rispetto a colui congiunto – che vanterebbe un diritto di credito nei riguardi di COGNOME e per ottenere quest’ultimo la dazione di somme di denaro destinate quantomeno in parte ai componenti del “gruppo” mafioso di Putano, che si sono concretamente interessati a fare pressione sul presunto debitore, pacificamente estranei a qualsiasi legame contrattuale con la vittima. Sono plurimi ed eloquenti i passaggi del provvedimento impugnato – in conformità agli elementi predicati nell’ordinanza coercitiva – che univocamente depongono in tale direzione: in particolare, da pag.4, viene riportato l’intellegibile compendio intercettivo che desc l’iniziativa del COGNOME, che si è rivolto a COGNOME, soggetto di carisma e spessore crimina gravemente indiziato di far parte di un’organizzazione mafiosa, per recuperare il credito de parente; l’attivazione del COGNOME, finalizzata, con esito positivo, ad ottenere da COGNOME somma di denaro superiore a quella dell’assunto debito, in parte destinata alla cosca che aveva concesso l'”autorizzazione” ad operare, con atti d’intimidazione diretta e di indiscutibile vale “simbolica”, evocatrice di eccezionale portata minatoria e potenzialità di sottomissione; la p spregiudicatezza del ricorrente, pienamente cognito della personalità degli intermediari e degl obbiettivi da perseguire, che ha comunicato a COGNOME di aver brutalmente malmenato la vittima per costringerla a versare la cifra richiesta.
Non rileva, dunque, ai fini del presente scrutinio de libertate, che COGNOME fosse convinto dell’esistenza del credito – solo eventualmente confinato, come detto, al rapporto obbligator tra COGNOME e l’impalpabile “COGNOME” – né, ovviamente, che COGNOME abbia riconosciuto essere debitore di 13.000 euro, circostanza neutra rispetto al thema decidendum della liceità
della pretesa e, soprattutto, dell’insussistenza di un diritto, in capo ai “terzi l’ordinamento garantisse protezione giurisdizionale.
5.11 quarto motivo è inammissibile per carenza di interesse e, in ogni caso, manifestamente infondato.
5.1. Il ricorrente denuncia presunti vizi di violazione di legge e di motivazione a riguardo d aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. nella limitata declinazione dell’utilizzo d metodo mafioso, ma non si confronta con il dato testuale dell’incolpazione provvisoria e, soprattutto, con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che si è soffermata (pag.10) sull’integrazione dell’aggravante anche sub specie dell’agevolazione mafiosa. E’ costante orientamento di legittimità, a cui il collegio intende dare continuità, che in te impugnazioni avverso misure cautelari personali, ove sia contestata l’aggravante di cui all’ar 7 del D.L. n. 152 del 13 maggio 1991 (ora art. 416 bis.1 cod. pen., n.d.r.), nella dupl accezione del metodo e dell’agevolazione mafiosa, non sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere in cassazione ove contesti una sola delle articolazioni della circostanza, non derivand dall’eventuale accoglimento del ricorso alcuna concreta utilità (sez.6, n. 550 del 31/10/2018 COGNOME Rv.274936, che cita il precedente di sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013, Fabricino, Rv. 258502; recentemente, per il principio espresso, sez.5, n. 29382 del 23/07/2025, Stagno, attualmente n.m.).
5.2. In disparte l’efficacia tranciante di quanto testè ricordato, è comunque appena il caso osservare che i connotati di “mafiosità” della condotta realizzata dall’indagato con il contri – da lui richiesto – di soggetti appartenente al sodalizio criminale sono così evidenti integrare un caso scolastico di avvalimento delle condizioni descritte dall’art. 416 bis cod. p (ex multis, sez.1, n. 12882 del 17/12/2007, COGNOME, Rv. 239846).
6.11 quinto motivo è generico, non consentito in sede di legittimità e manifestamente infondato.
6.1. Osserva questa Corte che, contrariamente a quanto assunto dal difensore, non ricorre significativo iato temporale tra la vicenda per la quale è stata applicata la misura cautel (estorsione in concorso continuata, pluriaggravata anche a norma dell’art. 416 bis.1 cod. pen., reiterata fino al 14 settembre 2023) e la data di emissione di quest’ultima, anche a vol trascurare che la distanza temporale tra la data della commissione del reato e quella del provvedimento coercitivo non riveste rilievo cruciale ove il titolo cautelare riguardi i accompagnati dalla presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., che incorpora i caratteri dell’attualità e specificità del pericolo (sez. 2, n. 6952 del 25/01/2022, Ferr 282766); e nei confronti del COGNOME è stata ritenuta, come contestata nell’editto accusatori provvisorio, la recidiva specifica (pag. 26 ordinanza cautelare). Le critiche relative all’at del pericolo di recidiva sono dunque astratte e, in ogni caso, non appaganti, posto che i Tribunale, pur facendo leva sulla “doppia” presunzione relativa di cui all’art. 275 comma 3
seconda parte, cod. proc. pen., di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura di maggior rigore – che mantiene comunque, in linea di principio, “peso” significativo ha in concreto apprezzato, con enunciati non illogici, sottratti a censure di competenza de giudice di legittimità “la gravità dei fatti, essendo l’attività delinquenziale stata posta in esse in un contesto contiguo all’associazione mafiosa, nonché le modalità delle condotte poste in essere dall’indagato (caratterizzate da intimidazione e violenza fisica) e la personalità de stesso, desumibile dai suoi molteplici precedenti penali (cfr. certificato del casel giudiziale), circostanza indicativa dell’attitudine di questi alla commissione di azioni crimin Anche in una prospettiva attenta a contemperare la tutela dei valori costituzionali con presunzione di pericolosità “marcatamente relativa” che caratterizza i reati di cui all’art. comma 3, seconda parte, cod. proc. pen., tra i quali figurano quelli aggravati dalla circostan di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. (sez.5, n. 1525 del 06/12/2023, COGNOME, Rv. 285808 rimangono sterili, pertanto, le note di dissenso agitate con l’impugnazione, volte ad opporr alternativi parametri di modulazione del quadro esigenziale, come l’età avanzata o la dedotta risalenza dei pregiudizi penali, perché comunque d’impatto insufficiente a neutralizzare il p ampio e altrimenti circostanziato corredo espositivo dell’ordinanza oggetto del ricorso.
6.2.11 Tribunale del riesame ha dato conto, da ultimo, delle ragioni che non autorizzano a stimare idoneo il ricorso ai meccanismi elettronici di vigilanza in regime di arresti domicilia linea con le direttrici di sez. U n. 20769 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266651), i q permettono di monitorare la presenza dell’indagato nel perimetro entro il quale gli è consentit di muoversi, ma non generano inibizione alcuna rispetto alle altre prescrizioni proprie del misura domiciliare, con particolare riferimento alla segnalazione della violazione “del divieto di comunicazione con soggetti diversi dai conviventi”. Anche a tal riguardo le censure difensive, che lamentano una sorta di interpretazione “abrogatrice” della facoltà di ordinare l’adozione meccanismi di controllo a distanza del detenuto, si rivelano profondamente inconsistenti, dal momento che l’imposizione di limiti o divieti alle facoltà dell’imputato di comunicare persone diverse da quelle che con lui coabitano o lo assistono non è immanente agli arresti domiciliari, ma costituisce restrizione eventualmente aggiuntiva, soggetta alla discrezionali del giudice nella regolazione dello strumento coercitivo (art. 284 comma 3 cod. proc. pen.). Ove disposta quest’ultima, ben può il giudice, legittimamente, vigilare a che non ne siano pregiudicate le finalità dall’adozione di altri, diversi provvedimenti previsti dalla dis dell’istituto.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del ri conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.
8.Deve essere dato mandato alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. pr pen..
Così deciso in Roma, 05/09/2025 7