Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29861 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29861 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 09/07/1949
avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del Tribunale del Riesame di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udite le conclusioni del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 febbraio 2025, depositata in data 31 marzo 2025, il Tribunale di Palermo, sezione del Riesame, ha parzialmente riformato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino emessa in data 28 gennaio 2025 nei confronti di NOME COGNOME sostituendo la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari per il reato di cui agli artt. 56, 629 comma secondo in relazione all’art. 628 comma terzo n.1, 416bis.1 cod. pen. (capo 15):
per avere compiuto, in concorso con COGNOME NOME, un tentativo di estorsione in danno di NOME per costringerlo pagare in favore di COGNOME NOME una ingente somma asseritamente dovuta ad una società
amministrata da Sansone e sottoposta a sequestro di prevenzione o in alternativa a trasferirgli un immobile a tacitazione del medesimo credito.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nei motivi qui di seguito enunciati.
2.1. Con il primo e il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla gravità indiziaria in relazione al capo contestato.
Lamenta il ricorrente che il ruolo assegnatogli nella condotta estorsiva è insussistente dal momento che l’indagato si è limitato a svolgere la sua attività professionale di architetto durante la realizzazione dell’immobile per conto della società RAGIONE_SOCIALE riconducibile a NOME COGNOME
Secondo l’ordinanza impugnata la sua presenza avrebbe rafforzato la minaccia rivolta da NOME COGNOME nei confronti di COGNOME nel corso della riunione del 2 febbraio 2024, evocando la figura del padre NOME COGNOME detenuto; ad avviso della difesa, tuttavia, la semplice presenza non rappresenta un contributo agevolatore che possa assumere la soglia della rilevanza penale.
Egualmente a dirsi per la intercettazione che lo vede coinvolto e nel corso della quale egli si limita a fornire indicazioni di natura tecnica sul lavoro svolto.
2.2. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen.
Insufficiente e illogica la motivazione dell’ordinanza che ravvisa la sussistenza della circostanza aggravante nella semplice evocazione della figura di NOME COGNOME di per sé in grado di intimorire la persona offesa.
Né può ritenersi sussistente l’ulteriore ipotesi della circostanza aggravante richiamata, e cioè quella del fine agevolativo di Cosa Nostra, perché si tratta di una vicenda tra privati, priva di rilievo per il gruppo criminale.
Peraltro, il riferimento alla persona di NOME COGNOME era necessario dal momento che la realizzazione dell’immobile e la locazione erano state realizzate proprio da COGNOME NOME.
2.3. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge avuto riguardo alle esigenze cautelari.
Il richiamo al pericolo di inquinamento probatorio e al pericolo di reiterazione criminosa risulta sorretto da una motivazione apparente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
Va premesso che, in tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza non sono altro che “una prova allo stato degli atti”, valutata dal giudice allorché la formazione del materiale probatorio è ancora in itinere e non è stato sottoposto al vaglio del contraddittorio dibattimentale ed è precisamente questo aspetto dinamico e non la loro differente capacità dimostrativa a contraddistinguerli rispetto alla prova idonea a giustificare la pronuncia di condanna (Sez.1, n. 19867 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232601).
Il primo e il secondo motivo in punto di sussistenza della gravità indiziaria risultano manifestamente infondati.
Con riferimento al reato di tentativo di estorsione aggravata l’ordinanza, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, risulta basata su valutazioni di fatto immuni da vizi di natura logica e come tali insindacabili in sede di legittimità.
Il Tribunale sottolinea, secondo una logica ricostruzione in fatto della condotta, che l’intervento di Pace nella vicenda non si è limitato in modo asettico alla mera individuazione tecnica dell’entità e del valore delle prestazioni eseguite dalla società RAGIONE_SOCIALE. Il Pace si è piuttosto inserito con ripetuti incontri (2 febbraio e 12 marzo) a fornire un consapevole supporto alla minaccia di Sansone, come del resto confermato dalla conversazione successivamente intercorsa tra Pace e Sansone dopo l’allontanamento di NOME allorquando il primo suggeriva al secondo le modalità con cui poter rimanere per sempre ad occupare l’immobile.
Sulla specifica condotta il motivo offre una rivalutazione e ricostruzione alternativa dei fatti rispetto a come ricostruiti nell’ordinanza impugnata.
Il motivo insiste poi nel proporre una generica rilettura del contenuto delle intercettazioni, omettendo di confrontarsi con il principio per cui è possibile, in sede di legittimità, prospettare un’interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n.6722 del 21/11/2017, COGNOME Rv. 272558; in senso conforme. n. 38915 del 2007 rv. 237994, n. 11189 del 2012 rv. 252190, n. 7465 del 2013 rv. 259516)
Alla luce di siffatta ricostruzione risulta infondato il terzo motivo e, pertanto, adeguatamente giustificata la giuridica sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. sicuramente dal punto di vista del metodo.
Manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso.
L’ordinanza impugnata, richiamando espressamente la presunzione di sussistenza di esigenze cautelari, motiva esaurientemente in ordine agli elementi che fondano la sussistenza delle esigenze cautelari quali:
-il pericolo di inquinamento probatorio inteso come condizionamento sulla persona offesa;
–
le concrete modalità con cui si è sviluppata la condotta.
Siffatti elementi sono interpretati correttamente dall’ordinanza impugnata, quali espressione di attualità e concretezza del pericolo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025