Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 603 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 603 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata il 10/12/1954 a Villa San Giovanni avverso l’ordinanza 06/04/2023 del Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori dell’indagata, Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso riportandosi ai motivi di ricorso e insistendo per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei
confronti di NOME COGNOME per avere concorso nella realizzazione dei reati di estorsione ai danni dei commercianti locali NOME COGNOME e NOME COGNOME, aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen. (capi 11 e 23), per il profilo del ricorso al metodo mafioso e della finalità agevolativa della cosca COGNOME, articolazione della ‘ndrangheta operante nel territorio di Gioia Tauro.
Gli esiti investigativi risultanti dall’esame delle conversazioni intercettate compendiati nelle informative di polizia giudiziaria, consentivano di ricostruire il quadro relativo ai due episodi estorsivi descritti nei capi di imputazione.
Con riguardo al capo 11) si contesta all’indagata di avere concorso con NOME COGNOME (commissionandone la fornitura tramite sua moglie NOME COGNOME, sodale della cosca e uomo di fiducia factotum del boss NOME COGNOME cl. 45, marito della COGNOME, nella condotta estorsiva perpetrata dal primo ai danni del commerciante COGNOME. Questi era stato costretto mediante minacce indirette a fornire gratuitamente materiale termoidraulico per l’appartamento della COGNOME. Il compendio indiziario si fonda sugli esiti dell’attività di captazione delle numerose e inequivoc:he comunicazioni telefoniche intercorse nel gennaio-febbraio 2021 fra l’idraulico COGNOME, Messineo, gli altri sodali COGNOME e COGNOME e, da ultimo, fra questi e COGNOME, dal cui contenuto, analiticamente trascritto in motivazione, emerge con chiarezza che, nel territorio di Gioia Tauro, Messineo era riconosciuto come rappresentante degli interessi del capo della cosca COGNOME dai commercianti locali, i quali non potevano rifiutarsi di assecondarne le illecite pretese di fornitura gratuita dei materiali richiesti. Sicché il reato era connotato dal metodo e dall’agevolazione mafiosi, siccome realizzato da soggetti appartenenti o vicini alla cosca COGNOME per segnarne l’egemonia e il controllo delle attività economiche nel territorio, avvalendosi della forza intimidatrice della stessa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto al capo 23), la principale fonte di gravità indiziaria dell’estorsione ai danni del commerciante COGNOME, costretto con minacce indirette da Messineo (incaricato della duplice fornitura tramite sua moglie NOME COGNOME) a procurare gratuitamente alla Martino diversi quintali di legna per l’abitazione, era costituita dall’inequivoco tenore delle conversazioni telefoniche captate nel novembre – dicembre 2020 fra NOME COGNOME e NOME COGNOME e nel febbraio 2021 fra Messineo e Romagnosi, riportate in motivazione. Anche in tal caso la illecita pretesa estorsiva della Martino, mandante della richiesta e beneficiaria della merce acquistata a titolo gratuito, era connotata dal metodo e dall’agevolazione mafiosi, siccome realizzata da soggetti appartenenti o vicini alla cosca COGNOME, per segnarne, con la spendita del nome della famiglia, l’egemonia e il controllo delle attività economiche nel territorio, avvalendosi della forza intimidatrice della stessa.
Circa le esigenze cautelari, a fronte della presunzione di sussistenza del pericolo di recidivanza nell’attività di vessazione degli imprenditori locali, vitti di sistematici e ripetuti episodi di estorsione cd. “ambientale” per la forza intimidatrice della famiglia ‘ndranghetista, il Tribunale riteneva adeguata la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Avverso detta ordinanza ricorrono per cassazione i difensori dell’indagata denunziando, con formalmente distinti ma sovrapponibili ricorsi, la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto al profilo della gravità indiziaria, co riguardo a entrambi gli episodi estorsivi, rispetto ai quali si sostiene, attravers la dettagliata rivisitazione dei dialoghi captati, che l’indagata, indicata come committente e destinataria della merce, fosse viceversa estranea (oltre che alle conversazioni intercettate) all’eventuale illecita condotta posta in essere da Messineo o da altri nei confronti dei commercianti.
Anche con riguardo alle esigenze cautelari, giustificate dal Tribunale in ragione della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., farebbe difetto il rilievo della concretezza e attualità delle stesse, dati sui quali no stata fornita alcuna motivazione.
Sono stati depositati in data 3 novembre 2023 “motivi nuovi” con i quali, oltre a rappresentare gli esiti di impugnazioni riguardanti congiunti della ricorrente, nonché del coindagato NOMECOGNOME si ribadiscono le doglianze già proposte in ordine a entrambi gli episodi estorsivi oggetto di contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono per un verso aspecifici e per ali:ro verso infondati. Invero, il percorso argomentativo espresso nel provvedimento del riesame risulta immune da censure, dal momento che il Tribunale si è confrontato con tutte le doglianze sollevate dalla Difesa operando una congrua valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Il primo (articolato nelle censure relative ai singoli episodi) motivo di entrambi i ricorsi investe, per il profilo della violazione di legge e del vizio d motivazione, il giudizio di gravità del quadro indiziario in ordine ai due reati d estorsione: difetterebbe il riscontro probatorio dell’effettiva partecipazione concorsuale agli episodi estorsivi da parte dell’indagata.
Deve essere richiamato il principio di diritto espresso reiteratamente da questa Corte, secondo cui, allorché sia denunciato il vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). Sicché va qualificato come inammissibile il motivo che si risolva nella denunzia di non aver preso in esame alcuni o tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituendo una censura d merito della decisione tesa a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
Contrariamente a quanto sostenuto, cioè che la motivazione della decisione del Tribunale non avrebbe preso in esame i rilievi difensivi posti in quella sede, si rileva che i giudici del riesame hanno dedotto i gravi indizi di colpevolezza soprattutto dalle operazioni di captazione telefonica, riportandone gli stralci più significativi e valorizzando analiticamente il tenore delle concludenti, decisive, per taluni versi auto ed etero-accusatorie dichiarazioni rese nel corso di conversazioni oggetto di intercettazione dai vari sodali della consorteria criminale, in particolare da COGNOME, notoriamente uomo di fiducia e factotum di NOME COGNOME. 45, capo della omonima famiglia ‘ndranghetista di Gioia Tauro. Da esse emerge con chiarezza che entrambi i commercianti, COGNOME e COGNOME, sono stati costretti con minacce indirette da COGNOME (incaricato dalla Martino della duplice fornitura tramite sua moglie NOME COGNOME) a procurare gratuitamente alla Martino materiali termoidraulici il primo e partite di legna il secondo, attraverso la spendita del nome della famiglia mafiosa COGNOME.
A fronte dell’evidenza di tali emergenze processuali, appare agevole rilevare come le censure difensive risultino apodittiche e prive di effettiva consistenza e, quindi, inidonee a confutare l’inequivoca e corretta lettura dei dialoghi intercettati in ordine alla partecipazione dell’indagata, nella veste di committente e beneficiaria degli acquisti della merce, quale concorrente delle illecite pretese estorsive, materialmente eseguite da Messineo e altri sociali, ai danni dei commercianti locali.
Preso atto della ricostruzione esaustiva e lineare offerta da entrambi i giudici del merito cautelare circa la specifica posizione dell’indagata, la quale si limita a prospettare sostanzialmente una inammissibile rivisitazione fattuale da parte della Cassazione degli elementi posti a fondamento dell’ordinanza impugnata, va
ribadito il principio di diritto per il quale la lettura dei dialoghi capt l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, che, se – come nel caso in esame – risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Cass., Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Anche con riguardo al motivo concernente la contestazione dell’aggravante mafiosa dei delitti l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato risulta coerente con il quadro normativo di riferimento, nell’interpretazione ripetutamente offerta dalla Corte di legittimità (da ultimo, Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734), circa la consistenza dell’aggravante nella specifica forma della consapevole finalità agevolativa e del metodo mafioso. Il Tribunale ha infatti congruamente evidenziato, alla stregua del descritto quadro indiziario, che la condotta criminosa relativa agli episodi estorsivi fosse prioritariamente finalizzata a ribadire la persistente caratura degli interessi della cosca COGNOME di appartenenza, così delineandosi con chiarezza i caratteri del contributo agevolatore; parimenti il metodo mafioso è stato ritenuto evincibile dalle indirette ma efficaci modalità intimidatorie della condotta tenuta da figure di elevato e notorio spessore criminale – come Messineo – nel territorio di riferimento.
Generico risulta infine il motivo in ordine alla censurata sussistenza delle esigenze cautelari. Il Tribunale del riesame, attenendosi al dato normativo dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. che configura una presunzione relativa di pericolosità sociale, ha osservato come le reiterate condotte accertate in termini di gravità indiziaria erano significative del pericolo di reiterazione di episodi di cd estorsione “ambientale”: giudizio fattuale e di merito, questo, congruamente motivato e perciò insindacabile in sede di legittimità.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processual Così deciso il 09/11/2023