Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33670 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33670 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
UP – 17/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a San Cipriano D’Aversa il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia avverso la sentenza in data 14/3/2025 della Corte di Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non e stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14 marzo 2025 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza in data 9 luglio 2024 del Tribunale di Napoli Nord con la quale era stata affermata la penale responsabilità di NOME COGNOME in relazione al reato di concorso in estorsione continuata ed aggravata (artt. 81 cpv., 110, 629, in relazione all’art. 628, comma 3, nn. 1 e 3, e 416-bis.1 cod. pen.) commesso nel luglio 2023.
In estrema sintesi, si contesta all’imputato, anche in concorso con persone non identificate, di avere costretto con minaccia NOME COGNOME, titolare della società RAGIONE_SOCIALE, a versargli, in due rate, la somma complessiva di 8.000,00 euro. Reato aggravato dall’avere agito in piø persone riunite ed avvalendosi RAGIONE_SOCIALE condizioni previste dall’art. 416-bis.1 cod. pen. avendo espressamente gli estorsori prospettato la riconducibilità del loro agire al RAGIONE_SOCIALE (evocato con l’espressione ‘gli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) ed utilizzando in tal modo la forza di intimidazione tipica di tale RAGIONE_SOCIALE egemone sul territorio aversano ove l’attività delittuosa risulta posta in essere.
All’imputato risulta anche contestata e riconosciuta la recidiva reiterata e specifica.
Ricorre per RAGIONE_SOCIALEzione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione alla doglianza assolutoria di cui all’atto di appello, anche con particolare riguardo alla sussistenza in capo all’imputato dell’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice.
Rappresenta, in particolare, la difesa del ricorrente: a) che la persona offesa del reato il 28 luglio 2023 aveva individuato fotograficamente
NOME COGNOME come il soggetto con il quale aveva effettuato la trattativa estorsiva;
b) che gli altri due soggetti presenti all’incontro, poi indicati nel corso di una seconda individuazione fotografica compiuta in data 1 agosto 2023, erano rimasti silenti;
che vi sarebbe stato un travisamento della prova in relazione al riferimento agli ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (rilevante ai fini della circostanza aggravante contestata di cui all’art. 416bis.1 cod. pen.) in quanto vi sarebbe una discrasia nelle dichiarazioni tra le dichiarazioni di NOME COGNOME (dipendente del RAGIONE_SOCIALE e capo cantiere) il quale avrebbe avuto i primi contatti con gli estorsori e quelle del COGNOME che ha detto che fu il COGNOME a riferirgli di tale frase, circostanza invece negata dal COGNOME in sede dibattimentale il quale ha anche riferito che Ł stata solo una sua percezione quella di avere ricevuto RAGIONE_SOCIALE minacce da persone che provenivano da quell’area territoriale, situazione questa che avrebbe indotto i giudici di merito ad incorrere in un travisamento della prova allorquando hanno affermato che le dichiarazioni della persona offesa hanno trovato conforto nelle dichiarazioni del COGNOME e di NOME COGNOME;
che non Ł dato comprendere come il COGNOME avrebbe potuto confermare l’individuazione dei soggetti che ebbero ad agire non avendo mai partecipato alla trattativa;
che, contrariamente a quanto affermato dal COGNOME, il COGNOME ha detto di non avere mai incontrato il primo a Quarto in relazione ad un incontro finalizzato all’individuazione degli autori dell’azione delittuosa e ad intraprendere una trattativa con gli stessi, il che non dà riscontro alle dichiarazioni della persona offesa;
che in alcuna parte della motivazione Ł stato preso in considerazione il contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dell’imputato NOME qui ricorrente e, di conseguenza, che non Ł stato formulato alcun giudizio con riferimento alla non attendibilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dello stesso il quale ha ribadito la propria estraneità ai fatti.
Il tutto, secondo la difesa del ricorrente, porterebbe a concludere che i giudici del merito, nell’affermare la penale responsabilità dell’odierno ricorrente, sarebbero caduti in un vizio di travisamento RAGIONE_SOCIALE prove.
2.2. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 629, comma 2, in relazione all’art. 628, comma 3, nn. 1 e 3, cod. pen. e all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Contesta, innanzitutto, la difesa del ricorrente la sussistenza della circostanza aggravante RAGIONE_SOCIALE ‘piø persone riunite’ in relazione alla quale i giudici del merito non avrebbero motivato.
Passa, poi, la difesa del ricorrente a contestare la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3, cod. pen. osservando che non Ł stata accertata l’appartenenza dell’aRAGIONE_SOCIALE ad un sodalizio di tipo mafioso, con la conseguenza che la stessa non potrebbe estendersi al NOME ed a ciò si aggiunge che la mera presenza dello stesso in una RAGIONE_SOCIALE occasioni di incontro con la persona offesa non Ł sufficiente per ritenere provata la conoscenza dello stesso circa le condotte pregresse poste in essere dai correi e della relativa finalità. A ciò si aggiunge che il COGNOME, che ha ammesso di essere esponente del RAGIONE_SOCIALE camorristico de quo , non ha mai affermato che anche il COGNOME ne fosse parte.
Quanto, poi, alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., contestata sotto il profilo dell’uso del ‘metodo mafioso’, sostiene la difesa del ricorrente sia il difetto di motivazione sul punto, sia l’errata applicazione della stessa con particolare riguardo al profilo soggettivo che richiederebbe per la sua configurabilità il dolo intenzionale.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 62-bis cod. pen.
Si duole, al riguardo, la difesa del ricorrente del mancato riconoscimento all’imputato RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione ed afferma che ci si troverebbe in presenza di una carenza di motivazione sul punto ed aggiunge che la gravità del reato presa in considerazione dai giudici non Ł comunque di ostacolo al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE invocate circostanze soprattutto alla luce dell’atteggiamento collaborativo dell’imputato in aderenza al principio della correttezza processuale dato che lo stesso non si Ł sottratto all’esame ma ha offerto una ricostruzione alternativa della vicenda giudiziaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Deve, innanzitutto, premettersi che nel caso in esame ci si trova in presenza di sentenze di merito costituenti una cd. ‘doppia conforme’ e che ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Ciò doverosamente premesso, rileva il Collegio che la sentenza impugnata risulta congruamente motivata proprio sotto i profili dedotti da parte ricorrente. Inoltre, detta motivazione, non Ł certo apparente, nØ ‘manifestamente’ illogica e tantomeno contraddittoria.
Per contro deve osservarsi che parte ricorrente, riproponendo questioni già sottoposte ai Giudici di merito e dagli stessi debitamente decise, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
Al riguardo si Ł anche chiarito che in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, riportano
(come avvenuto nel caso di specie) meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori (in tal senso Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta, Rv. 263601).
Nel caso di specie, come sopra si Ł già avuto modo di osservare, poichØ con riguardo all’odierno ricorrente ci si trova in dinanzi ad una c.d. ‘doppia conforme” e cioŁ doppia pronuncia di eguale segno, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato Ł stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della motivazione del provvedimento di secondo grado.
A ciò si aggiunge che Ł sufficiente leggere le due sentenze di merito per evidenziare contrariamente a quanto sostenuto nella tesi difensiva che tenderebbe ad inquadrare il proprio assistito come un mero partecipe silente ad un incontro con la vittima dell’estorsione – il ruolo assolutamente primario rivestito dal NOME nella vicenda estorsiva.
Risulta, infatti, (v. pagg. 5 e 6 della sentenza del Tribunale e pag. 6 della sentenza di appello) che la persona offesa COGNOME ha affermato che fu proprio il COGNOME (da lui riconosciuto non solo fotograficamente ma anche in sede dibattimentale), in occasione di un incontro avvenuto presso un bar di Casal di Principe, ad avanzare la richiesta estorsiva all’imprenditore evocando l’appartenenza propria e dei suoi complici al RAGIONE_SOCIALE (‘siamo la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘).
Detta circostanza emerge persino dal verbale di sommarie informazioni del COGNOME in data 28 luglio 2023 (prodotto dalla difesa del ricorrente come allegato A al ricorso), il quale, allorquando procedette alla prima individuazione fotografica riconoscendo il COGNOME ha testualmente affermato: «E’ la persona con cui ho fatto la trattativa … Il soggetto che ho riconosciuto in foto era presente all’incontro che prima vi ho raccontato. Riepilogando: all’incontro erano tre. Il signore anziano che ha parlato e diciamo che mi ha formulato la richiesta estorsiva, l’individuo che ora ho riconosciuto in foto che Ł colui con il quale ho effettuato la trattativa … e il terzo soggetto che non ha proferito parola, anche Ł stato presente per tutto il tempo e ha ascoltato il tutto».
E’ sufficiente leggere con la dovuta attenzione detto passaggio (contenuto nell’atto prodotto dalla difesa del ricorrente) per rendersi conto che nessun travisamento della prova Ł riscontrabile nel caso in esame nel quale la persona offesa ab origine ha ben chiarito i ruoli dei tre soggetti che ebbe ad incontrare nel bar: quello con il quale fece la trattativa (individuato nel COGNOME che sul punto ha reso confessione circa la propria partecipazione all’azione delittuosa), quello diverso che ebbe a formulare l’iniziale richiesta estorsiva (l’odierno ricorrente NOME riconosciuto in altro album fotografico – oltre che in udienza – in un momento successivo) ed un terzo rimasto silente ancorchØ sempre presente.
A ciò si aggiungono alcune osservazioni.
Innanzitutto, diventa del tutto irrilevante il contrasto probatorio dedotto dalla difesa del ricorrente in relazione al confronto tra le dichiarazioni del COGNOME e quelle del COGNOME, questione comunque debitamente esaminata nella sentenza impugnata, ciò in quanto, indipendentemente dal fatto che coloro che si presentarono ad un primo incontro con il COGNOME abbiano o meno detto o lasciato intendere di essere del RAGIONE_SOCIALE ed abbiano agito con tono minaccioso (reale o semplicemente percepito), Ł un dato confermato dalla persona offesa che tale appartenenza fu ribadita dal COGNOME in occasione dell’incontro nel bar di Casal di Principe allorquando fu esplicitata la richiesta estorsiva (dal COGNOME) e fu intavolata la relativa trattativa (con il COGNOME).
In tale quadro si inserisce la conforme, positiva e motivata valutazione di attendibilità oggettiva e soggettiva RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del COGNOME operata dai Giudici di entrambi i gradi di merito che hanno sottolineato come la persona offesa, neppure costituitasi parte civile, fino al momento in cui fu esplicitata la richiesta estorsiva non conosceva nØ il COGNOME, nØ gli altri due coimputati, il che porta ad escludere che ci si trovi in presenza di accuse false o calunniose.
Sul punto Ł appena il caso di ricordare che «In tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni» (Sez. 2, n. 41505 del 24/09/2013, Terrusa, Rv. 257241).
A ciò si aggiunge, in conclusione, che neppure un travisamento del materiale probatorio rilevante al fine di ritenere viziata la sentenza impugnata Ł rilevabile nelle dichiarazioni del COGNOME e, tantomeno, in quelle del COGNOME il quale ultimo Ł stato – anche in questo caso con motivazione congrua e logica – ritenuto del tutto inaffidabile.
Manifestamente infondato Ł, poi, anche il secondo motivo di ricorso relativo alla configurabilità RAGIONE_SOCIALE contestate circostanze aggravanti.
Nulla quaestio , innanzitutto, in relazione alla circostanza aggravante RAGIONE_SOCIALE piø persone riunite atteso che Ł pacifico e incontestato che allorquando il NOME proferì la richiesta estorsiva ebbe ad agire in presenza degli altri due complici.
Altrettanto Ł a dirsi della circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3 n. 3, cod. pen. alla luce del fatto che il pluripregiudicato COGNOME ebbe ad agire in consapevole sinergia con il COGNOME, quest’ultimo condannato con plurime sentenze irrevocabili che hanno accertato la sua partecipazione ad associazione di tipo mafioso e, in particolare, al ‘RAGIONE_SOCIALE‘ proseguita, come evidenziato dal Tribunale, fino al momento della consumazione dei fatti di cui Ł processo.
In ogni caso, in relazione alla configurabilità di tale circostanza aggravante in capo al NOME non può che rilevarsi la carenza di interesse a coltivare tale motivo di ricorso interesse non esplicitato dalla difesa del ricorrente – atteso che, come si evince dalla sentenza del Tribunale (pag. 13) nella determinazione del trattamento sanzionatorio detta circostanza aggravante Ł rimasta priva di rilevanza alla luce dell’applicazione dell’art. 63, comma 4, cod. pen. soltanto con riferimento alla recidiva.
Quanto, infine, alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. risulta evidente la configurabilità oggettiva e soggettiva della stessa in capo al COGNOME il quale come detto – in occasione della richiesta estorsiva ebbe ad esplicitare alla persona offesa ‘siamo la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ così prospettando alla vittima la riconducibilità del proprio agire e di quello dei complici al RAGIONE_SOCIALE camorristico operante sul territorio del quale erano note l’egemonia e la forza di intimidazione.
Del resto, ai fini della configurabilità dell’aggravante del “metodo mafioso”, di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., Ł sufficiente, in un territorio in cui Ł radicata un’organizzazione mafiosa storica, che il soggetto aRAGIONE_SOCIALE si riferisca implicitamente al potere criminale della consorteria, in quanto tale potere Ł di per sØ noto alla collettività (Sez. 2, n. 34786 del 31/05/2023, Gabriele, Rv. 284950).
A ciò si aggiunge, per solo dovere di completezza che «In tema di estorsione, la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso non Ł esclusa dal fatto che la vittima RAGIONE_SOCIALE minacce abbia assunto un atteggiamento “dialettico” rispetto alle ingiuste richieste, ciò non determinando il venir meno della portata intimidatoria RAGIONE_SOCIALE stesse» (Fattispecie in cui la Corte ha valutato corretta la decisione con la quale si era escluso che la riduzione, da parte
della vittima, della somma da consegnare nell’immediato all’estorsore, che ne pretendeva una d’importo piø elevato, facesse venir meno la particolare e qualificata portata intimidatoria della richiesta estorsiva e, quindi, la sussistenza dell’aggravante). (Sez. 2, n. 6683 del 12/01/2023, Bloise, Rv. 284392).
Manifestamente infondato Ł, infine, anche il terzo motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento all’imputato RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche con evidenti conseguenze sul complessivo trattamento sanzionatorio irrogato allo stesso.
La Corte di appello (pag. 10), con motivazione congrua e logica, ha evidenziato che il mancato riconoscimento all’imputato RAGIONE_SOCIALE invocate circostanze attenuanti si giustifica con la gravità dei fatti commessi, dalle modalità di consumazione della condotta e dall’allarmante profilo criminale dell’imputato che annovera precedenti penali per numerosissimi e gravi reati, oltre che per l’assenza di elementi positivi di valutazione, come sotto quest’ultimo profilo già evidenziato dal Tribunale (pag. 13).
Nel ribadire che «Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioŁ tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una piø incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena (Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, Vernucci, Rv. 260054), ricorda il Collegio che «Nel motivare il diniego della concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche non Ł necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, sent. n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Ne consegue che nessun vizio risulta presente sul punto nella sentenza impugnata.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Così Ł deciso, 17/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME