Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19186 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19186 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME
NOME nato a MAZZARINO il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 12/01/2024 del TRIBUNALE DI CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inamrnissibilità dei ricorsi; udito il difensore AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO
NOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento qui impugnato il Tribunale di Caltanissetta confermava l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato ad NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di concorso in estorsione pluriaggravata, commesso in danno di NOME COGNOME.
Secondo il Tribunale, alla luce di molteplici elementi, è dimostrato che come contestato al capo 20) della imputazione provvisoria – NOME COGNOME e gli altri concorrenti nel reato, “forti della loro supremazia numerica e, soprattutto, dell’ausilio del capomafia NOME COGNOME, hanno ripetutamente invaso, per motivi di pascolo e coltivazione abusivi, i fondi del COGNOME ed esercitato nei riguardi dello stesso continue minacce e violenze, finalizzate a costringerlo a rimettere le querele via via presentate, nonché a rinunciare all’esercizio dello ius excludendi spettantegli in qualità di proprietario e possessore dei terreni in oggetto e, più in generale, ad ogni pretesa con riguardo ai fondi medesimi”.
Avverso l’ordinanza hanno proposto due distinti ricorsi i difensori di NOME COGNOME, chiedendone l’annullamento.
Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato dall’AVV_NOTAIO è articolato in sette motivi.
3.1. Violazione di legge (artt. 273 e 192 cod. proc. pen., art. 416-bis cod. pen.) e vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria.
Con i primi due motivi il difensore lamenta la violazione del principio del ne bis in idem e motivazione apparente sul punto, in quanto i fatti descritti nel capo 20) sono già stati contestati in altri procedimenti e, in particolare, in quell pendente davanti al Giudice di pace di Gela, nel quale la condotta ascritta a NOME è la medesima di quella descritta nella seconda parte del capo 20).
Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame da parte del Tribunale di vari atti prodotti dalla difesa, quali una sentenza di assoluzione del ricorrente e il verbale di dichiarazioni rese dalla persona offesa innanzi al Giudice di pace di Caltanissetta, indicativi del fatto che le condotte contestate sono riconducibili a “meri litigi tra confinanti”.
Il quarto e il quinto motivo prospettano un vizio della motivazione, mancante e contraddittoria, là dove non dà conto degli elementi sulla base dei quali si è ritenuto che il ricorrente avesse coltivato rapporti personali con i capomafia NOME COGNOME, dopo avere dato atto che i NOME non parteciparono all’incontro con NOME del 25 febbraio 2022.
Con gli ultimi due motivi si lamenta l’omessa considerazione di elementi prodotti dalla difesa al fine dell’applicazione, quanto meno, della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Il Tribunale, poi, non ha specificato quali sarebbero le occasioni prossime che si presenterebbero al ricorrente per commettere delitti della stessa specie.
Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato dall’AVV_NOTAIO denuncia la carenza e la contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza sotto tre diversi profili.
4.1. In primo luogo, è errata la qualificazione giuridica del fatto contestato: nell’atteggiamento di NOME nel corso delle sue conversazioni con NOME non è riscontrabile una volontà coercitiva; manca “qualsivoglia funzionalità delle condotte poste in essere dai COGNOME per l’ottenimento di un concreto risultato che li favorisse”.
4.2. In secondo luogo, l’estorsione sarebbe stata comunque tentata e non consumata, non avendo la persona offesa effettivamente tollerato il comportamento invasivo cui erano finalizzate le minacce e le lesioni subite.
4.3. Non è ravvisabile, infine, l’aggravante del metodo mafioso, poiché NOME ignorava la funzione di NOME COGNOME, circostanza chè, come quella indicata nel motivo precedente, avrebbe consentito una diversa valutazione della pericolosità della condotta degli indagati in ragione del principio di proporzionalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi generici, non consentiti o manifestamente infondati.
Dagli stessi atti indicati nel ricorso dell’AVV_NOTAIO risulta chiaro – come pur sinteticamente osservato nell’ordinanza impugnata – che essi si riferiscano a fatti distinti “che non assorbono il disvalore del diverso delitto di estorsione aggravata” (pag. 6), connotato dall’ingiusto profitto “derivante dal gratuito utilizzo dei terreni della persona offesa, con corrispondente danno per quest’ultima”.
In particolare, laddove fosse effettivamente pendente un procedimento per tentata violenza privata in relazione all’aggressione compiuta dal ricorrente in danno di NOMENOME sarà detto reato ad essere assorbito in quello di estorsione, che rispetto all’altro si connota per gli elementi costitutivi dell’ingiusto profitt del danno patrimoniale.
Quanto alla gravità indiziaria, va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266939-01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01).
Il controllo di logicità, dunque, «deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate» (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460-01; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01).
I ricorsi non hanno tenuto conto dei limiti del sindacato di legittimità e hanno nella sostanza proposto una lettura alternativa dei fatti, obliterando del tutto il contenuto di varie conversazioni intercettate, nella interpretazione datane dal G.i.p. e dal Tribunale, in questa sede insindacabile perché non illogica né irragionevole (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164).
Il Tribunale ha evidenziato che dalle dichiarazioni della persona offesa e dalle captazioni, riscontro alle stesse e in certi casi autonoma fonte probatoria, è emerso lo stretto collegamento tra l’incontro del 25 febbraio 2022 (del quale il ricorrente era informato) e le successive continue vessazioni esercitate dai COGNOME e dai COGNOME, culminate nell’aggressione fisica di NOME del 15 giugno 2022 ad opera di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Numerose conversazioni intercettate – ha osservato l’ordinanza impugnata dimostrano lo stato di prostrazione della vittima, terrorizzata a seguito delle minacce subite anche dal capomafia NOME COGNOME, che la stessa cercò di contrastare con numerose denunce alle forze dell’ordine e anche, a un certo punto, rivolgendosi all’ex reggente della locale famiglia mafiosa, vanamente perché COGNOME, costretto alla “resa finale”, dovette in più occasioni tollerare l’invasione dei propri terreni a fini di pascolo e coltivazione abusivi.
Alla luce della ricostruzione in fatto dei giudici di merito, incensurabile perché sorretta da una motivazione immune da illogicità o contraddittorietà, risulta corretta la definizione giuridica quale estorsione consumata, aggravata dalla circostanza del metodo mafioso, che riguarda una modalità dell’azione ed ha natura oggettiva, cosicché essa si trasmette a tutti i concorrenti nel reato ex
art. 118 cod. pen. (v. Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, COGNOME, Rv. 278734, in motivazione).
4. In ordine alle esigenze cautelari, la presunzione della loro sussistenza e quella di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, del codice di rito, detta presunzione, salvo prova contraria, fa ritenere sussistenti i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004; Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280452; Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450; Sez. 1, n. 24135 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276193).
La difesa non ha allegato fatti idonei a superare la doppia presunzione; il motivo sul punto delle esigenze cautelari, in entrambi i ricorsi, è del tutto generico.
Inoltre, secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (v., ad es., Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, Barletta, dep. 2021, Rv. 280566).
5. Alla inammissibilità delle impugnazioni proposte segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle sp-ese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24/04/2024.