Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15796 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15796 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Messina il 13 febbraio 1967;
avverso la sentenza n. 2652/2023 del Tribunale di Messina del 18 dicembre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore ge Dott., NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato contestato.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Messina, con sentenza pronunziata in data 18 dicembre 2023, ha dichiarato NOME Giuseppe non punibile in ordine al reato a lui contestato – avente ad oggetto la -sua oníessa vigilanza, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, sull’avvenuta corretta redazione, in occasione della realizzazione di taluni lavori edili che erano in corso di oper per conto della predetta società, del PSC e del fascicolo dell’opera – avend rilevato ia speciale tenuità dei fatto ai sensi deii’art. 131-bis cod. pen.
Ha interposto appello avverso la predetta sentenza il COGNOME con atto del 3 aprile 2024 a firma del difensore fiduciario, avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo di impuanazione con il quale ha lamentato che non fosse stata dichiarata la sua assoluzione dalla imputazione contestatagli avendo egli, in data 24 gennaio 2019, cioè il giorno immediatamente successivo al primo accesso ispettivo, depositato la documentazione obbligatoria ai fini della sanatoria dal reato a lui contestato.
Ha aggiunto il ricorrente come egli si fosse, altresì, obbligato a pagamento, ai sensi dell’art. 21 del dlgs n. 758 del 1994, di un quarto del somma massima dovuta a titolo di sanzione pecuniaria, incombente da lui eseguito sebbene oltre il termine di legge; circostanza questa che, tuttavia non sarebbe ostativa alla estinzione del reato contestato.
Essendo stato rimesso, con ordinanza del 3 maggio 2024, alla Corte di cassazione il ricorso del COGNOME dalla Corte di appello di Messina – trattando di Sellt.ellL.cl 11011 cippeNddiie, essendo essa di plubeiuyiiiiicitiu e t CidliVd a tedi() punito con pena alternativa – il medesimo, dopo che la trattazione del giudizio era stata attribuita alla Settima Sezione penale di questa Corte sulla scor della ritenuta carenza in capo al difensore del COGNOME della abilitazione patrocinio di fronte aiie giurisdizioni superiori, è stato restituito alla Sezione penale, essendo risultato che l’avv. NOME COGNOME, difensore del COGNOME, è regolarmente iscritto all’Albo dei difensori abilitati a patroci di fronte alla giurisdizioni superiori.
Alla udienza del 10 gennaio 2025 il processo è stato, pertanto, deciso così come segue.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato sicché lo stesso deve essere dichiarato inammissibile.
Osserva, infatti, il Collegio, per intanto, che è corretta la decisione del Corte di appello di rimettere il ricorso, originariamente qualificato come atto d appello, alla Corte di cassazione, atteso che – trattandosi di impugnazione avente ad oggetto una sentenza con la quale è stato definito il procedimento penale a carico di COGNOME Giuseppe con la dichiarazione di proscioglimento nei suoi confronti ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., stante la ritenuta partico tenuità del fatto – la gravata sentenza emessa dal Tribunale di Messina, tenuto conto del combinato disposto degli artt. 131-bis cod. pen. (il quale prevede, a determinate condizioni, la esclusione della punibilità di talun condotte costituenti reato), 530, comma 1, (il quale disciplina, fra le ipote per le quali deve essere pronunziata la assoluzione del prevenuto, quella della non punibilità per ragioni diverse dalle seguenti: dalla insussistenza del fatt dal non avere commesso il fatto l’imputato; dal non costituire esso reato; dal non essere esso previsto dalla legge come reato; dalla non imputabilità dell’autore di esso; fra tali diverse ragioni vi è, pertanto, anche la ipotesi non punibilità per la particolare tenuità del fatto) e 593, comma 3, cod. proc pen. (il quale prevede, in linea di principio, la non appellabilità delle sente di proscioglimento relative a reati puniti con la pena pecuniaria o, come nel caso di interessa, con quella alternativa), non è appellabile, di tal che, pe principio di conservazione degli atti giuridici ed in particolare, per ciò attiene agli atti processuali, in ossequio al cosiddetto favor írnpugnationis, il gravame proposto dalla difesa del COGNOME doveva essere convertito, visto l’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., in ricorso per cassazione.
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Giova ricordare che al prevenuto è stata contestata l’omessa vigilanza in tema di normativa volta a reprimere le violazioni delle disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sui luoghi di lavoro – su corretto adempimento degli obblighi gravanti, ai sensi dell’art. 91, comma 1 del dlgs n. 81 del 2008, sul coordinatore per la progettazione delle opere i corso di esecuzione nell’interesse della società della quale il COGNOME er legale rappresentante.
Ora. è ben vero che, come questa Corte ha avuto più volte occasione di precisare, gli illeciti previsti dalla normativa invocata in sede di redazione capo di imputazione a carico dell’odierno ricorrente sono suscettibili d estinzione laddove – secondo la previsione di cui all’art. 24 del dlgs n. 758 d 1994, norma preesistente a quella oggetto di contestazione ma non per questo ora inapplicabile, data l’ampio spettro applicativo del citato tes
normativo (riferito, secondo quanto previsto dall’art. 19 dello stesso, ai “rea in materia di sicurezza ed igiene del lavoro puniti con pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda”; si veda, infatti, nel senso di cui dianzi: Corte cassazione, Sezione III penale, 27 ottobre 2011, n. 38942, 251323) – il contravventore adempia alle prescrizioni impartitegli dall’organo di vigilanza nel termine che gli è stato a tale fine fissato e provvede al pagamento delle somme di danaro previste dall’art. 21, comma 2, del citato dlgs n. 758 del 1994 (id est: provvede a pagare, nel termine di trenta giorni – decorrente dal momento della ammissione a tale incombente disposta dall’organo di vigilanza – una somma pari ad un quarto del massimo della ammenda prevista per la contravvenzione commessa), ma deve precisarsi che per la realizzazione del descritto effetto estintivo è necessario non solo che il contravventore elimini la violazione contestata secondo le modalità prescritte dall’organo di vigilanza, ma è anche necessario che egli provveda, come detto entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’ammissione al beneficio, al pagamento, secondo le forme proprie dell’oblazione, della sanzione amministrativa nelle forme e nella misura, dianzi illustrata, conseguendo alla violazione anche di una sola di siffatte prescrizioni l’impedimento alla realizzazione dell’effet estintivo proprio, appunto, di tale forma peculiare di oblazione (si veda, a riguardo: Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 novembre 2019, n. 46462, rv 277228; Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 giugno 2016, n. 24418, rv 267105).
Va, ancora, segnalato come non sia pertinente il richiamo che il ricorrente ha operato alla sentenza n. 19 dei 1998 dea Corte costituzionale, è, infatti, ben vero che in tale sentenza si sollecita il giudicante a rite attivabile il meccanismo oblativo anche nel caso in cui il contravventore abbia provveduto alla sostanziale regolarizzazione delle violazioni sebbene in maniera indipendente dai contenuto delle prescrizioni emanate ciaii’organo di vigilanza, ma una tale discrezionalità applicativa, si rileva, è riferita alla tematica concernente la regolarizzazione delle violazioni e non anche a quella connessa al pagamento della somma a titolb di sanzione amministrativa.
In tale senso, oltre all’argomento logico riferito al richiamo – qual fattore idoneo a consentire un differimento del termine per eseguire gli incombenti necessari ai fini della estinzione del reato – alla congruità d termine, sia pur dilatato, nel quale detti incombenti sono stati comunque eseguiti (riferimento che non avrebbe senso in relazione ad una obbligazione di pagamento di una somma di danaro, la quale, non postulando difficoltà tecniche in sede di esecuzione, è sempre suscettibile di essere materialmente
eseguita entro il termine dato), milita anche il dato letterale contenuto ne comma 3 dell’art. 24 del dlgs n. 758 del 1994 nel quale la possibilità d
esorbitare rispetto al tempo indicato nella prescrizione è riservato all condotta di “adempimento” la quale appare, dal punto di vista lessicale,
direttamente correlata alla espressione “…adempie alla prescrizione impartita…” e non alla espressione “…provvede al pagamento previsto…”,
dovendosi, pertanto, ritenere che il margine di valutazione discrezionale che il citato comma
.
3 dell’art. 24 del dlgs n. 758 del 1994 riserva all’organo giudicante è esclusivamente riferito alle modalità, anche temporali, di
eliminazione delle violazioni e non anche al rispetto del termine entro il quale deve intervenire il pagamento della sanzione amministrativa parametrata ad
un quarto del massimo della ammenda.
Poiché nel caso ora in esame è lo stesso ricorrente che dichiara che il versamento della somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa non è
avvenuto nel prescritto termine di trenta giorni dall’avvenuta ammissione al godimento del beneficio in questione, a ciò consegue la inammissibilità, stante la manifesta infondatezza del motivo di impugnazione articolato sulla erronea applicazione normativa in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nel non dichiarare l’estinzione del reato per effetto del meccanismo oblativo di cui agli artt. 21 e 24 del dlgs n. 758 del 1994, del presente ricorso.
Esso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e, di conseguenza, visto l’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente