Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37776 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37776 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Catanzaro;
nei confronti di:
COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 530/25 del Tribunale di Catanzaro del 28 marzo 2025;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
letta, altresì, la memoria redatta nell’interesse dell’imputato dall’AVV_NOTAIO, del foro di Roma, con la quale si è chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
k. COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 28 marzo 2025 il Tribunale di Catanzaro ha assolto COGNOME NOME dal reato a lui contestato, avente ad oggetto la violazione dell’art. 159, comma 2, lettera c), del dlgs n. 81 del 2008, per avere lo stesso, in qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, omesso di ottemperare a talune prescrizioni previste in materia di sicurezza sul lavoro, con !a formula della insussistenza del fatto.
Il Tribunale, avendo dato atto della circostanza che la imputazione a carico del prevenuto era scaturita dal una visita ispettiva avvenuta in data 17 settembre 2021, in esito alla quale erano state riscontrate le omissioni contestate al COGNOME nel capo di imputazione, osservava che – avendo il teste appartenente all’Ispettorato del Lavoro dato atto che, in occasione di una successiva verifica, effettuata in data 28 settembre 2021, aveva potuto riscontrare che il contravventore aveva ottemperato alle prescrizioni impartitegli in occasione della precedente visita ispettiva – di tal che le situazioni di rischio precedentemente rilevate erano state eliminate – doveva concludersi che da parte dell’imputato “non vi era (…) alcuna volontà di porsi in contrasto con il dettato normativo”; pertanto disponeva, quale “logica ed inevitabile” conclusione, la assoluzione dell’imputato.
Avverso detta sentenza interponeva ricorso per cassazione la Procura AVV_NOTAIO di Catanzaro, lamentando la violazione di legge; in particolare la parte ricorrente rilevava che, ai sensi dell’art. 24, comma 1 del dlgs n. 758 del 1994, la causa di estinzione dei reati contravvenzionali previsti in materia di igiene e sicurezza del lavoro è applicabile nelle ipotesi in cui non solo il datore di lavoro abbia provveduto ad eliminare nel termine a lui prescritto le violazioni in precedenza riscontrate ma è necessario che egli provveda, altresì, nel successivo termine di 30 giorni, al pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione amministrativa.
Cosa, quest’ultima, della quale non vi era traccia in sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto,
Osserva, infatti, il Collegio – premesso l’oggetto della imputazione mossa al prevenuto, concernente la violazione di talune disposizioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, le quali trovano, a livello sanzionatorio le rispettive discipline agli artt. 159, comma 2, lettera c), e 87, comma 2, lettera
c), del dlgs n. 81 del 2008 – che per siffatte violazione è previsto un peculiare regime di estinzione del relativo reato, regolato dall’art. 24 del dlgs n. 758 del 1994.
Esso si realizza attraverso due fasi; una prima prevede l’adempimento delle prescrizioni che l’organo di vigilanza, il quale abbia riscontrato la sussistenza delle violazioni alla normativa in materia di igiene e Sicurezza sul lavoro, impartisce al datore di lavoro onde rimuovere le condizioni di illegalità nelle quali sì svolgono le attività lavorative oggetto di indagine ispettiva; una seconda, successiva all’eventuale positivo riscontro dell’adempimento da parte del datore di lavoro delle prescrizioni a lui imposte, avente ad oggetto il tempestivo pagamento da parte del datore di lavoro della somma da lui dovuta a titolo di oblazione amministrativa in misura pari ad un quarto della somma prevista quali limite massimo della ammenda comminata per la violazione commessa (al riguardo si vedano, per tutte: Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 novembre 2029, n. 46462, rv 277278; Corte di cassazione, Sezione III penale, 13 giugno 2016, n. 24418, rv 267105).
Nel caso che interessa il Tribunale di Catanzaro, operando una singolare commistione fra rimozione delle irregolarità riscontrate (e, pertanto, è ragionevole credere, adempimento delle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza), fattore costituente uno degli elementi della complessa fattispecie che potrebbe condurre, ove perfezionata, alla estinzione degli illeciti contestati, e sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ha ritenuto di mandare assolto il COGNOME – peraltro con la formula, apparentemente non congrua, della insussistenza del fatto (laddove la pretesa carenza della volizione dell’imputato, incidendo sull’elemento soggettivo del reato, avrebbe, semmai, potuto condurre ad una assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”) – in quanto, adempiendo alle prescrizioni, egli aveva dimostrato di non avere “alcuna volontà di porsi in contrasto con il dettato normativo”.
Siffatta scelta, osserva la Corte, è sotto più profili in contrasto con una corretta attività di amministrazione della giustizia.
Lo è, intanto, perché parrebbe sottintendere una concezione dell’elemento soggettivo che deve animare, ai fini della sussistenza del reato, la condotta posta in essere caratterizzata non dalla volontà del fatto, inteso nel suo aspetto strettamente fenomenico, ma come volontà (e pertanto, consapevolezza) di violare una norma preesistente al fatto, requisito, quello della consapevolezza della antigiuridicità della condotta, che, invece, non è
richiesto dal nostro vigente sistema penale, tanto più nella materia contravvenzionale.
Inoltre con la decisione impugnata il Tribunale di Catanzaro fa dipendere la possibile elisione della sussistenza del fatto di reato – da intendersi, invece, quanto al caso di specie, già pienamente perfezionato allorché è stata posta in essere dal COGNOME la condotta, avente carattere omissivo, da cui dipende l’esistenza del reato, avere cioè omesso di apprestare le cautele doverose per salvaguardia della integrità fisica dei propri dipendenti – da condotte successive al perfezionamento dello stesso che nulla hanno a che vedere con la completezza morfologica delle fattispecie contravvenzionali attribuite all’imputato.
Lo è, altresì, in quanto fa derivare effetti giuridici liberatori per il prevenuto dal anche solo adempimento delle prescrizione a lui imposte, del tutto disinteressandosi del fatto che la fattispecie estintiva del reato, la quale prevede altresì, come detto, come fattore decisivo al pari della eliminazione delle condizioni di illegalità, il pagamento di determinate somme a titolo di oblazione amministrativa, si sia o meno completata in tutte le sue parti.
Siffatti vizi, minando la legittimità della sentenza impugnata, ne impongono l’annullamento con rinvio; questo deve essere operato trattandosi di annullamento di sentenza non suscettibile di essere gravata di appello da parte del Pm – verso lo stesso Tribunale di Catanzaro che ha emesso il provvedimento annullato, il quale deciderà in diversa composizione personale.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro in diversa composizione fisica.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
COGNOME
Il Presidente