Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16431 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16431 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 07/03/1967
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza dell’il. settembre 2024, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato il giudizio reso in primo grado nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 615 ter, secondo comma, n. 1), cod. pen. Secondo l’editto accusatorio, l’imputato, in qualità di dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE, si introduceva ripetutamente nel sistema informatico, utilizzando le proprie credenziali ed effettuando, per ragioni non legate a esigenze di servizio, ripetute interrogazioni e visualizzazioni di estratti contributivi di oltre 5.000 lavoratori.
Il giudice di primo grado, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in regime d’equivalenza rispetto alle contestate aggravanti (l’aver commesso il fatto in qualità di incaricato di pubblico servizio e la recidiva semplice), ritenuto il vincolo della continuazione e applicata la diminuente per il rito, condannava l’imputato alla pena di anni due di reclusione e al risarcimento del danno a favore della parte civile I.n.p.s. Nel confermare, come anticipato, la decisione di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto corretto il giudizio d’equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e “la” circostanza aggravante, non meglio specificata.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite dell’Avv. NOME COGNOME affidando le censure ad un unico, articolato motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’intero capo concernente il trattamento sanzionatorio. La relativa determinazione sarebbe avvenuta 1) in carenza di qualsivoglia motivazione circa il rilevante discostamento dal minimo edittale; l’omissione motivazionale è tanto più grave ove si consideri il non irrisorio aumento -di un anno- per la continuazione 2) ritenendo sussistente la recidiva sulla base di un unico precedente per il reato di lesioni, accertato con decreto penale di condanna irrevocabile nell’anno 2012, e pertanto estinto ipso iure, anche in relazione agli effetti penali, nel 2017; la recidiva è stata inoltre ritenuta in assenza di motivazione circa l’effettiva pericolosità del ricorrente; 3) negando il beneficio della sospensione condizionale della pena sulla base dell’erroneo riferimento alla precedente condanna con decreto penale del 14 novembre 2011, esecutivo in data 21 febbraio 2012, con conseguente violazione degli artt. 163 cod. pen. e 460, comma 5, del codice di rito; con motivazione illogica, inoltre, i giudici di merito hanno denegato il detto beneficio, pur concedendo le circostanze attenuanti generiche.
Sono state trasmesse: a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso b) memoria nell’interesse della parte civile I.n.p.s., con allegato recante
nomina dell’Avv. NOME COGNOME in cui si chiede la conferma delle statuizioni civili di condanna; la difesa, in vista della “impugnazione su questioni attinenti al solo trattamento sanzionatorio”, non ha concluso sul punto e non ha presentato note spese”; c) memoria nell’interesse dell’imputato in replica alle conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale.
Considerato in diritto
Il ricorso è, in parte, infondato, per le ragioni indicate al par. 1.1, e fondato nei limiti evidenziati al par. 1.2.
1.1 Vanno disattese, in quanto infondate, le doglianze che insistono sul discostamento, asseritamente eccessivo e immotivato, dal minimo edittale, e sull’aumento – del pari, in tesi difensiva, sproporzionato – per la continuazione. Tali eccezioni non rivestono alcun pregio, ove si consideri, da un lato, che la pena detentiva prevista dall’art. 615 ter, secondo comma, n. 1), cod. pen. è di anni da uno a cinque di reclusione e, dall’altro, che la pena base individuata dai giudici del merito nel caso di specie è stata determinata in anni due di reclusione. Ora, premesso che la Corte territoriale ha reso adeguate ragioni circa la pena base e il discostamento dal minimo edittale, rimarcando il dato dei numerosissimi accessi abusivi al sistema informatico effettuati dall’imputato e, quindi, la pervicacia mostrata nel perseverare sistematicamente nell’ascritta condotta illecita, deve anche puntualizzarsi (v. Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288) che la media edittale deve essere calcolata non già dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato, così ottenuto, al minimo. Ne consegue 1) che la media edittale, nel caso in scrutinio, è di anni tre 2) che la pena base – fissata, come ricordato, in anni due – è ben inferiore alla media edittale e 3) che la motivazione è affatto esente dalla dedotta censura, atteso il principio secondo cui soltanto l’irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932).
Posta la congruità della motivazione circa la pena base, anche l’aumento – di anni uno di reclusione – per la continuazione risulta sufficientemente giustificato, atteso il riferimento, comunque operato dalla Corte d’appello, al “grande numero di violazioni” – con condotte seriali peraltro omogenee (sul punto, v. Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279770 – 01) – compiute dal ricorrente nell’accedere abusivamente alle banche dati (v. Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021,
COGNOME, Rv. 282269 – 01, in motivazione, laddove ha sottolineato «ciò che attraverso la motivazione deve essere assicurato: che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen.; che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; che sia stato rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati»).
1.2. Riveste pregio, invece, l’eccezione che insiste sull’erronea affermazione della Corte d’appello, secondo la quale “l’esistenza di precedente condanna alla pena di mesi uno di reclusione (sostituita con 7.500, 00 euro di multa), con decreto penale in data 14 novembre 2011, divenuto esecutivo il 21 febbraio 2012, e con sospensione della pena”, osterebbe alla concessione dei benefici di legge e, quindi dell’invocata sospensione condizionale della pena. Da tale erronea statuizione sono state fatte derivare illegittime conseguenze in tema di recidiva e del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen.
Come correttamente osservato dal ricorrente, la corretta applicazione, al caso di specie, dell’art. 460, comma 5, del codice di rito (nel testo vigente all’epoca dei fatti e del quale si deve fare applicazione, alla luce della natura sostanziale della previsione) – secondo cui il reato è estinto, se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena – avrebbe imposto alla Corte di valutare l’estinzione del reato di lesioni per cui era intervenuta condanna col citato decreto penale di condanna, con conseguente esclusione della recidiva ai sensi, appunto, dell’art. 460, comma 5, del codice di rito, e dell’art. 160, secondo comma, cod. pen. (sul punto, cfr. Sez. 6, n. 6673 del 29/01/2016, COGNOME, Rv. 266119 – 01, Sez. 3, n. 7067 del 12/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254742 – 01, entrambe relative a una fattispecie in tema di patteggiamento, ma con principio estensibile al caso di specie, secondo cui la declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 cod. proc. pen. comporta l’esclusione degli effetti penali anche ai fini della recidiva).
Peraltro, come già accennato nel “ritenuto in fatto”, se nella motivazione dell’impugnata sentenza il giudizio di bilanciamento è operato tra circostanze attenuanti generiche e la “contestata aggravante”, in quella di primo grado si indicano le “contestate aggravanti” quale oggetto di bilanciamento con le concesse circostanze attenuanti generiche. Sicché, impregiudicato l’effetto estintivo, conseguente all’applicazione dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., ai fini della recidiva, permane incertezza sul numero di circostanze aggravanti (l’una essendo
•
secondo comma, n. 1, dell’aver commesso il fatto quella prevista dall’art. 615
ter, in qualità di incaricato di pubblico servizio, l’altra, appunto, la contestata recidiva
per il reato di lesioni del 2011) effettivamente ritenute dai giudici di merito
Quanto al denegato beneficio della sospensione condizionale della pena, indiscusso quanto statuito nell’ultima parte dell’art. 460, comma 5, del codice di
rito, sarà il giudice del rinvio a dover valutare, nel pieno esercizio della propria discrezionalità interpretativa e congruamente ancorando il proprio giudizio ai
parametri di cui all’art. 164 cod. pen., l’eventuale concedibilità del suddetto beneficio.
2. Ne consegue l’annullamento con rinvio della gravata sentenza, in quanto la recidiva è stata illegittimamente ritenuta, con conseguente necessità di
riformulazione del giudizio di bilanciamento tra circostanze di opposto segno, nonché di rimeditare il giudizio in tema di beneficio della sospensione condizionale
della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 21/03/2025
Il consigliere estensore
Il presidente