Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18155 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18155 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 18/05/1986
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/serri -ft -e le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma in composizione monocratica, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione, proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza resa in data 20 giugno 2024i con la quale lo stesso Tribunale rigettava la richiesta, formulata nell’interesse dello stesso, di declaratoria di estinzione della contravvenzione di cui all’art. 186 d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada) – per essersi i suddetto rifiutato di sottoporsi all’alcoltest previsto dal comma 7 del medesimo articolo – e della sanzione pecuniaria di cui al decreto penale di condanna emesso in data 23 aprile 2015, divenuto esecutivo il 22 aprile 2016.
Avverso tale ordinanza COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione, deducendo violazione degli artt. 101 cod. pen., 460 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Lamenta la difesa che il Giudice dell’esecuzione, pur riconoscendo la disomogeneità tra la contravvenzione di cui all’art. 18 , comma 7, Codice della strada, di cui al decreto penale, e il delitto previsto dall’art. 628 cod. pen commesso nel biennio dall’esecutività di detto decreto e in particolare il fatto che non sono accomunati dalla medesima indole né da altro, ha poi rigettato la richiesta di estinzione della prima. E ciò sulla base di una motivazione illogica e di un’errata interpretazione delle norme sopra indicate, secondo cui la reiterazione specifica (“della medesima indole”) richiesta ex art. 460, comma 5, cod. proc. pen., concernerebbe la sola reiterazione contravvenzionale e che il delitto commesso nel termine (di due anni nel caso di decreti penali di condanna per contravvenzioni) previsto dall’art. 460 cod. pen. sarebbe sempre ostativo all’estinzione del reato per cui il decreto penale risulta emesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto reiterativo, aspecifico e manifestamente infondato.
Invero, è principio consolidato che, ai fini della esclusione dell’estinzione del reato oggetto di decreto penale di condanna, la necessaria identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti si riferisce esclusivamente alle
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contravvenzioni e non anche ai delitti, sicché l’ulteriore delitto è sempre di ostacolo all’estinzione (si veda per tutte Sez. 3, n. 16875 del 10/03/2010, P.m.
in proc. COGNOME, Rv. 246981).
L’ordinanza impugnata, con un percorso motivazionale logico e coerente oltre che giuridicamente corretto, muove proprio dal testo dell’art. 460 cod. proc.
pen. antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 28 d. 1gs. 10 ottobre 2022, n.
150, che prevede che il reato di cui al decreto penale esecutivo è estinto se il condannato nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto,
ovvero di due anni quando il decreto concerne una contravvenzione, non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa specie, nonché
dalla consolidata giurisprudenza di legittimità che limita l’identità dell’indol richiesta dall’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., alla sola reiterazione
contravvenzionale. E, pertanto, conferma il rigetto della richiesta di estinzione della contravvenzione di cui al decreto penale divenuto esecutivo il 22 aprile
2016 disposto con l’ordinanza opposta, rilevando che in data 14 maggio 2017 e, quindi, nel biennio dall’esecutività di detto decreto NOME COGNOME risulta
avere commesso un delitto (rapina), giudicato con sentenza di applicazione della pena divenuta irrevocabile 1’8 giugno 2017, fatto questo ostativo alla possibilità di dichiarare estinto il reato di cui a detto decreto.
Di contro il ricorso reitera censure fondate sulla rilevanza della medesimezza dell’indole dei reati che il Tribunale aveva correttamente superato sulla base di conferente giurisprudenza di legittimità, espressamente citata nel provvedimento impugnato, con la quale il ricorrente non si confronta.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali e al pagamento di una somma che si ritiene equo determinare in euro tremila a favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle della Cassa delle
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