Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8237 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8237 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato 1’11/11/1979
avverso l’ordinanza emessa il 20/09/2024 dal Giudice per le indagini prelimina del Tribunale di Parma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29 ottobre 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, pronunciandosi quale Giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso il 6 giugno 2024, con cui era stata respinta l’istanza di estinzione per decorso del tempo della pena pecuniaria di 18.000,00 euro, che gli era stata irrogata con sentenza dell’i luglio 2010, divenuta irrevocabile il 16 ottobre 2010.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 172 cod. pen., per non avere il Giudice dell’esecuzione ritenuto sussistente una causa ostativa all’estinzione della pena, rappresentata dall’iscrizione a ruolo della pretesa erariale, entro il quinquennio dalla irrevocabilità della sentenza di condanna che aveva inflitto la sanzione penale pecuniaria.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
In via preliminare, allo scopo di inquadrare il tema dell’individuazione dell’inizio dell’esecuzione della pena pecuniaria, sottoposto all’attenzione del Collegio, occorre muovere dal risalente e tuttora insuperato intervento regolatore delle Sezioni Unite, che, nel 1994, intervenivano sull’individuazione del dies a quo per il calcolo della prescrizione della pena, che storicamente costituisce il primo arresto organico sull’istituto in esame (Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, COGNOME, Rv. 196889 – 01).
In questa pronuncia delle Sezioni Unite, in particolare, si affermava il seguente principio di diritto: «In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, l’art. 172 cod. pen. individua il relativo “dies a quo” nel momento in cui la sentenza di condanna è divenuta “irrevocabile”, aggettivo, quest’ultimo, che indica la connotazione della sentenza richiesta dalla legge per la sua concreta utilizzazione come titolo esecutivo» (Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, COGNOME, cit.).
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Con tale intervento le Sezioni Unite ribadivano la necessità di differenziare, sul piano sistematico, l’irrevocabilità della sentenza con la sua eseguibilità, atteso che l’autorità di cosa giudicata non può essere scambiata con l’esecutorietà di una decisione, ben potendo esservi decisioni aventi autorità di cosa giudicata senza essere in tutto o in parte eseguibili.
Questa dicotomia effettuale, in generale, si verifica per tutte le sentenze irrevocabili di condanna, nel periodo di tempo intercorrente tra il momento in cui la decisione è stata pronunciata e quello della sua messa in esecuzione da parte dell’autorità giudiziaria; mentre, tale dicotomia si può verificare in conseguenza di espresse previsioni di legge, come nell’ipotesi delle sentenze di condanna a pena condizionalmente sospesa prevista dall’art. 163 cod. pen. ovvero nelle ipotesi di differimento dell’esecuzione della pena previste dagli artt. 146 e 147 cod. pen.
In altri termini, l’eseguibilità della sentenza di condanna deve essere posta in relazione alla formazione di un titolo esecutivo e alla possibilità giuridica di eseguire la decisione nei confronti di un determinato soggetto. Questa possibilità presuppone l’esecutorietà della pronunzia condannatoria, che è collegata all’irrevocabilità e all’eseguibilità della decisione, consentendo di fare decorrere da tale momento il dies a quo per il computo della prescrizione della pena previsto dall’art. 172, quarto comma, cod. pen.
Questi principi venivano ulteriormente ribaditi in alcune successive pronunzie, con cui questa Corte tornava ad affrontare il tema dell’individuazione del dies a quo del computo della prescrizione della pena, in linea con la decisione sopra citata. In tali pronunzie, in particolare, si affermava che il combinato disposto degli artt. 172 e 173 cod. pen. consente di individuare il dies a quo per l’estinzione della pena nel momento in cui la sentenza di condanna diventa esecutoria e che le cause impeditive del decorso del termine sono solo quelle riferibili all’esecuzione della decisione irrevocabile (tra le altre, Sez. 6, n. 44604 del 15/09/2015, dep. 2016, Wozniak, Rv. 265454 – 01; Sez. 6, n. 21627 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 259700 – 01).
In questa cornice, si inserisce la questione ermeneutica sollevata da NOME COGNOME per risolvere la quale non si può che ribadire la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui l’attivazione della procedura di recupero coattivo delle somme relative alla sanzione pecuniaria irrogata all’imputato – che trae origine dall’iscrizione a ruolo del credito pecuniario vantato nei confronti del condannato, relativo alla multa o all’ammenda che gli è stata irrogata – è sufficiente a impedire l’estinzione della pena.
La procedura di recupero coattivo, infatti, costituisce espressione della volontà punitiva dello Stato, il cui esercizio impedisce il decorso dei termini prescrizionali, a prescindere dalle vicende riguardanti l’effettiva acquisizione di quanto dovuto per effetto della condanna irrevocabile (tra le altre, Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020, COGNOME, Rv. 279453 – 01; Sez. 3, n. 17228 del 03/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269981 – 01).
L’attivazione della procedura di recupero coattivo del credito da parte dello Stato, dunque, costituisce un fatto impeditivo del termine di prescrizione, decorrente dalla data dell’esecutorietà della sentenza, concretizzando l’inizio dell’esecuzione penale ed esprimendo la volontà dello Stato di procedere all’attuazione del titolo esecutivo. Tutto questo corrisponde a quanto si verificava nel caso di specie, atteso che il termine previsto dall’art. 172, secondo comma, cod. pen. per l’estinzione della pena pecuniaria di 18.000,00 euro – irrogata ad NOME COGNOME con sentenza emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma I’l luglio 2010, divenuta irrevocabile il 16 ottobre 2010 – non risulta ancora interamente decorso, a seguito dell’iscrizione a ruolo del credito pecuniario vantato nei confronti del condannato.
Questa soluzione, a ben vedere, è coerente con la previsione dell’art. 227ter d.P.R. n. 115 del 2002, che disciplina la procedura di riscossione delle pene pecuniarie, prevedendo che, a cura dell’agente incaricato, siano notificate al debitore una comunicazione contenente l’intimazione a pagare l’importo dovuto per effetto della condanna irrevocabile e una contestuale cartella di pagamento, con avviso che, in caso contrario, si procederà all’esecuzione forzata nei confronti del condannato.
Ne discende che, una volta avvenuta l’iscrizione a ruolo del debito a carico del condannato, prima del decorso del termine di prescrizione e con il compimento degli atti funzionali alla riscossione delle somme, laddove l’obbligato non adempie nei termini prescritti, si deve ritenere che si sia sottratto volontariamente all’esecuzione della pena pecuniaria, impedendo – come nel caso di COGNOME – il decorso dei termini prescrizionali di cui agli artt. 172 e 173 cod. pen.
Sul punto, non si può che richiamare conclusivamente il seguente principio di diritto: «Ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento dell’inizio dell’esecuzione, non venendo in conto né il modo – coattivo o spontaneo – in cui tale inizio ha avuto luogo né le successive concrete tennpistiche dell’esecuzione medesima» (Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020, COGNOME, cit.).
Le considerazioni esposte impongono il rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21 gennaio 2025.