Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12199 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN SEVERINO MARCHE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/11/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di NOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG PASQUALE SERRAO D’AQUINO, che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Ancona rigettava l’istanza avanzata da NOME COGNOME per ottenere la declaratoria di estinzione della pena pecuniaria a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova, concesso al condannato dal suddetto Tribunale in relazione alla pena inflittagli con sentenza resa in data 22 giugno 2015 dalla Corte di appello di Ancona.
A ragione della decisione, il Tribunale, effettuata la ricognizione della situazione economico-patrimoniale dell’istante, escludeva che questi versasse in condizioni economiche disagiate, avuto anche riguardo all’importo della pena da estinguere (euro 11.000,00).
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, affidandosi a due motivi.
2.1. Con il primo, denuncia la mancata applicazione dell’art. 47 Ord. pen., assumendo che l’esito positivo dell’affidamento in prova determinerebbe, di per sé, anche l’estinzione della pena pecuniaria.
2.2. Con il secondo, deduce violazione di legge e carenza di motivazione in relazione all’art. 47, comma 12, Ord. pen., avendo il Tribunale di sorveglianza offerto una esposizione errata, dipendente da insufficiente attività istruttoria, sulle condizioni economico-patrimoniali del ricorrente, che lo aveva condotto a escludere che costui versasse in condizioni “disagiate” sotto quel profilo.
Pur essendo intestatario di porzioni di immobili, COGNOME si era, infatti, trovato a dover affrontare una separazione, a causa della quale aveva ceduto alla moglie e a ciascun figlio tutto il suo patrimonio immobiliare, sicché egli era rimasto nella disponibilità del solo reddito da lavoro, tuttavia insufficiente a far fronte all esigenze quotidiane e, di conseguenza, ad una possibile rateizzazione delle spese di giustizia e della relativa pena pecuniaria.
Aveva trascurato il giudice a quo gli obblighi di mantenimento dei quattro figli, che incidevano sensibilmente sulla sua retribuzione mensile di euro 1.325,00/1.500,00.
Quanto alle tre autovetture menzionate nell’ordinanza impugnata, una apparteneva al figlio maggiore, la seconda era detenuta dalla moglie e la terza gli serviva per i suoi spostamenti di lavoro.
In definitiva, detraendo le somme corrisposte alla moglie e ai figli per il loro mantenimento ed escludendo dal patrimonio i beni ceduti ai predetti familiari, appariva evidente che il pagamento della somma relativa alla pena pecuniaria avrebbe determinato uno “squilibrio” economico del soggetto tenuto all’obbligazione e del c.d. “bilancio domestico”, anche perché il Tribunale avrebbe dovuto tener conto delle spese di giustizia cui era stato condannato dalla Corte di
appello, ammontanti ad euro 100.000,00.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Giova premettere che, ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria conseguente all’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, il requisito delle disagiate condizioni economiche posto dall’art. 47, comma 12, Ord. pen. ricorre non soltanto a fronte di situazioni di totale impossidenza, ma tutte le volte in cui la realizzazione coattiva della sanzione pecuniaria non ancora riscossa possa compromettere seriamente le esigenze vitali dell’affidato e l’equilibrio del bilancio domestico, sì da minarne le stesse aspettative di reinserimento sociale (Sez. 1, n. 7615 del 04/04/2018, dep. 2019, La Rosa, Rv. 276397).
È, dunque, richiesta una valutazione comparativa e complessiva, che raffronti l’entità della sanzione ai mezzi reddituali e patrimoniali disponibili e che sia volta a rinvenire un punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze statuali del recupero del credito per la pena pecuniaria e del recupero sociale del reo, non apparendo accettabile che la certezza del primo venga ad influire, per la incidenza determinante della riscossione su condizioni di equilibrio reddituale assai precarie, sulla realistica aspettativa del secondo (Sez. 1, n. 22636 del 13/05/2010, Greco, Rv. 247422).
Ciò premesso, va detto che, diversamente da quanto prospettato nel primo motivo di ricorso, perciò palesemente infondato, è solo la pena detentiva che si estingue quale effetto necessitato dell’esito positivo del periodo di prova in affidamento, mentre la pena pecuniaria “può” essere dichiarata estinta solo “qualora l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche” (per tutte, Sez. 1, n. 16658 del 26/03/2015, Pashialliu, Rv. 263327); possibilità, fra l’altro, concessa dal legislatore solo a partire dall’entrata in vigore del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito dalla I. 21 febbraio 2006, n. 49.
Il secondo motivo si sviluppa, poi, esclusivamente sul piano del fatto e contrappone alla puntuale esposizione del Tribunale di sorveglianza – che ha descritto la situazione economico-patrimoniale del ricorrente elencando proprietà immobiliari (tredici, due sole delle quali oggetto di donazione da parte sua in favore di congiunti conviventi), titolarità di quote societarie, redditi percepiti da lavoro da immobili e proprietà di autovetture – una tutt’affatto diversa situazione, asseritamente dipendente dalla separazione dalla moglie, che è stata, però, meramente rappresentata senza alcun supporto di natura documentale atto a
giustificarla, e, dunque, in aperta violazione del principio di autosufficienz ricorso (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419).
Da tanto consegue la declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione, con la condanna ex lege del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, al versamento di un’ulteriore somma in favore del Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanoa il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2023.