Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2595 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2595 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Roma il 18/03/1963 COGNOME NOME, nato a Roma il 03/10/1968
avverso la sentenza del 20/02/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla requisitoria scritta e chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito per gli imputati l’avv. NOME COGNOME che ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/02/2024, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma in data 16/01/2019, dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 81,110 cod.pen. e 11 d.lgs 74/2000 contestato al capo a) dell’imputazione per essere lo stesso estinto al momento della pronuncia della sentenza di primo grado, revocando la confisca, le pene accessorie e le statuizioni civili (la sentenza di primo grado aveva assolto gli imputati dal reato di cui 81,110 cod.pen. e 11 d.lgs 74/2000 contestato al capo b) dell’imputazione “perché il fatto non sussiste” e li aveva dichiarati responsabili del reato di cui al capo a) dell’imputazione con le relative statuizioni in ordine alla pena, alla confisca ed al risarcimento del danno in favore della parte civile).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME, a mezzo dei difensori di fiducia, articolando entrambi un unico motivo di ricorso, con il quale deducono erronea applicazione dell’art. 11 d.lgs 74/2000, violazione della regola di giudizio di cui all’art. 1 cod.proc. pen ed omessa motivazione.
Argomentano che la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare l’insussistenza ictu °culi della condotta fraudolenta richiesta dall’art. 11 digs 74/2000, all’esito dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado in epoca antecedente al maturare della prescrizione; inoltre, la sentenza di appello era nulla per omessa motivazione in ordine alle richieste di assoluzione perché il fatto non sussiste formulate con gli atti di appello e con la memoria ex art. 129 cod.proc.pen. nell’interesse di COGNOME COGNOME NOME; la Corte di appello avrebbe dovuto assolvere i ricorrenti perché ictu ocu/i il fatto non sussiste o, quantomeno, spiegare le ragioni per le quali la richiesta della difesa non poteva essere accolta; nella sentenza di primo grado si dava atto che nell’atto costitutivo del trust risultava indicata l’esistenza degli avvisi di accertamento tributari con espressa menzione della cartella di pagamento notificata a NOME COGNOME COGNOME; tale atto, inoltre, era stato registrato all’Agenzia delle Entrate di Roma; non risultavano, pertanto, configurabili íctu ()cuti gli elementi essenziali del reato contestato e, cioè, il fine di sottarsi al pagamento delle imposte, la fraudolenza della condotta, l’idoneità a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione; era erronea, quindi, l’affermazione del Tribunale, secondo cui per configurare il reato di cui all’art. 11 d.lgs 74/2000 sarebbe stata sufficiente la circostanza che l’Erario,
a causa del trust notificatogli, avrebbe dovuto esperire l’azione revocatoria in luogo di soddisfarsi direttamente sui beni del contribuente; anche il conferimento delle quote societarie alla RAGIONE_SOCIALE, quote già intestate fiduciariamente alla Signora COGNOME rendeva tali quote assoggettabili alle pretese fiscali e comprovava che il trust non aveva finalità di sottrazione di beni all’esecuzione coattiva; i ricorrenti avevano indicato nell’atto di appello e nella richiesta ex art. 129 cod.proc.pen. le circostanze idonee ad escludere ictu ocu/i la sussistenza del fatto ed avevano interesse ad ottenere una formula di proscioglimento più ampia.
Chiedono, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste o non costituisce reato.
La difesa del ricorrente ha chiesto la trattazione orale dei ricorsi. Il PG ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen, nella quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e richiamando il dictum delle Sezioni Unite COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
Costituiscono ius receptum i seguenti principi di diritto: in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento; all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l’impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell’art. 530, comma secondo, cod. proc. pen; in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata ovvero una nullità di ordine generale in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244274-01).
Secondo il pacifico orientamento di questa Corte, inoltre, in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di declaratoria, da parte del Giudice di legittimità, di una più favorevole causa di proscioglimento ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod.proc.pen. comporta il controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione (così, tra le tante, Sez. 1, n. 35627 del 18/04/2012, P.G. in proc. COGNOME e altri, Rv. 253458; Sez. 6, n. 27944 del 12/06/2008, COGNOME, Rv. 240955; Sez. 1, n. 10216 del 05/02/2003, COGNOME, Rv. 223575; Sez. 4, n.9944 del 27/04/2000, Rv. 217255).
In effetti, gli elementi da cui poter evincere l’inesistenza del fatto, l irrilevanza penale di esso o la non commissione dello stesso da parte dell’imputato, devono risultare dal testo del provvedimento impugnato in modo assolutamente non contestabile, con la conseguenza che la valutazione richiesta alla Cassazione attiene più al concetto di constatazione che non a quello di apprezzamento ed è, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.
I principi affermati dalle SU RAGIONE_SOCIALE sono stati ribaditi dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 28954 del 2017, COGNOME, nella quale si è evidenziato che “le Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE hanno ribadito la prevalenza della causa di estinzione del reato, con la conseguenza che, in presenza di una causa di estinzione del reato, in sede di giudizio di legittimità è da escludere la rilevazione del vizio d motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe condurre all’annullamento con rinvio. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nell medesima situazione che gli impone l’obbligo della immediata declaratoria della causa di estinzione del reato: e ciò anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva». Muovendo dalla considerazione che per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., è richiesta l’evidenza della prova dell’innocenza dell’imputato, le Sezioni Unite hanno affermato, altresì, il principio secondo il quale, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile; così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu ocuii, che a quello di “apprezzamento” e
sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o approfondimento”.
Da ultimo, le Sezioni Unite, con la sentenza 27 settembre 2024, n. 36208 Calpitano, hanno ribadito il díctum della sentenza COGNOME e precisato che in ipotesi di sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, il g non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le consegu statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza del parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contradditt sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito. Nella specie, non ric l’ipotesi suddetta, in quanto le statuizioni civili sono state correttamente re in grado d’appello per essere la causa estintiva maturata prima della sentenz primo grado (cfr. Sez. U, n. 39614 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283670).
Tanto osservato, deve rilevarsi che, nella specie, le doglianze dedotte ricorrenti propongono una serie di censure che non sembrano tenere conto che la sentenza ha dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, co conseguenza che il proscioglimento nel merito può derivare solo dall’evidenz dell’innocenza dell’imputato, così come richiesto dall’art. 129 comma 2 cod.pro pen., evidenza che i giudici d’appello hanno implicitamente escluso, richiamand in premessa la sentenza di primo grado e le risultanze istruttorie, documenta dichiarative, poste dal primo giudice a fondamento dell’affermazione d responsabilità.
Con il motivo articolato è stato dedotto, in sostanza, il vizio di motivaz della sentenza impugnata in ordine alle richieste di assoluzione e l’err valutazione delle prove da parte del giudice di primo grado e, quindi, l’err valutazione della sussistenza sia dell’elemento oggettivo che dell’eleme soggettivo del reato contestato.
Va ribadito che in presenza di una causa di estinzione del reato non so rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata momento che il rinvio, da un lato, determinerebbe comunque per il giudice l’obbligo di dichiarare immediatamente la prescrizione, dall’altro, sar incompatibile con l’obbligo dell’immediata dedaratoria di proscioglimento.
Per quanto concerne le critiche relative alla ritenuta configurabilità del di cui all’art. 11 d.lgs 74/2000, deve rilevarsi che si tratta di cens prescindono dalla prospettiva imposta dall’art. 129 comma 2 cod.proc.pen. i quanto dirette a sollecitare la rivalutazione del compendio probatorio, pera parziale, (si pongono in rilievo in ricorso alcune prove documentali dichiarazioni rese dagli imputati in sede di esame dibattimentale), rivalutazi
istruttoria, non solo preclusa in sede di legittimità ma incompatibile con la s valutazione di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi” e no “apprezzamento” che deve sorreggere l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell’art. 616 cod. p pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella a pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del Ammende.
Così deciso il 28/11/2024