Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15857 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15857 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 1537/2025
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE di CAMPOBASSO nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a ROMA il 04/09/1978 avverso l’ordinanza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata e per l’effetto dichiararsi l’estinzione del reato.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo la Corte di Appello di Campobasso, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con la quale il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Campobasso aveva chiesto, ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., dichiararsi l’estinzione del reato con riferimento al decreto penale di condanna emesso dal G.i.p. del Tribunale di Campobasso in data 27 settembre 2014 e divenuto esecutivo in data 8 gennaio 2015 nei confronti di NOME COGNOME
A ragione della decisione osserva che Ł di ostacolo all’accoglimento dell’istanza la formulazione dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., introdotta dall’articolo 28 del d.lgs. n. 150 del 2022. La nuova disposizione richiede ai fini dell’estinzione del reato anche il pagamento della pena pecuniaria, nel caso di specie non avvenuto. Non può trovare applicazione neanche il disposto di cui all’art. 172 cod. pen.; Ł, infatti, trascorso un periodo di tempo inferiore a 10 anni dal giorno in cui la condanna Ł divenuta irrevocabile.
Ricorre il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Campobasso articolando un unico motivo con cui deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. b) e c), cod. proc. pen., violazione degli artt. 460, comma 5, cod. proc. pen. e 2 cod. pen.
Lamenta che il provvedimento ha erroneamente applicato la nuova disposizione nonostante i
fatti reato per cui Ł intervenuta condanna siano stati commessi nel 2014, quindi in epoca precedente alla sua entrata in vigore.
Trattandosi di norma non avente natura processuale ma sostanziale, poichØ ha introdotto nel sistema un’ulteriore causa di estinzione del reato, non trova applicazione il principio tempus regit actum bensì il principio del favor rei di cui all’art. 2, terzo comma, cod. pen.
D’altra parte, Ł pacifico approdo della giurisprudenza di legittimità che il divieto di retroattività opera non solo nei confronti di leggi che prevedono nuove incriminazioni ma anche nei confronti di quelle leggi che delineano un trattamento penale piø severo per un fatto già previsto come reato. Ne segue che la condizione dell’avvenuto pagamento della pena pecuniaria, introdotta dalla nuova norma come condizione per la produzione dell’effetto estensivo, può trovare applicazione esclusivamente per i reati commessi successivamente all’entrata in vigore del nuovo testo normativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
Il provvedimento impugnato ha risolto in base alla regola “tempus regit actum” la questione giuridica relativa al perimetro applicativo della nuova formulazione dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen. – introdotta dall’art. 28, comma 1, lett. b), n. 1) del d.lgs.10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma “Cartabia”) ed entrata in vigore il 30 dicembre 2022 – in forza della quale il reato oggetto del decreto penale di condanna divenuto esecutivo si estingue «nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni quando il decreto concerne una contravvenzione», così come previsto dal precedente testo, ma solo, per quanto qui rileva, «se il condannato ha pagato la pena pecuniaria»
La Corte distrettuale Ł pervenuta a tale opzione ermeneutica muovendo dalla premessa che la disposizione, in ragione della sedes materiae – il codice di procedura penale – abbia natura esclusivamente processuale a prescindere dal suo effettivo contenuto.
2. L’assunto Ł erroneo.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, sin da epoca risalente chiarito che l’istituto previsto dall’art. 460, comma 5, del codice di rito costituisce una vera e propria nuova causa di estinzione del reato, simile – anche se non pienamente equiparabile negli effetti – a quella, ad esempio, prevista dall’art. 167 cod. pen., seppure avente effetto premiale e dunque finalità deflattive (Sez. 1, n. 2907 del 14/01/2005, COGNOME, Rv. 230832 – 01; Sez. 3, n. 9898 del 24/01/2003, COGNOME, Rv. 224794 – 01; Sez. 5, n. 27988 del 20/05/2004, Makbule Rv. 228683 – 01).
Tale norma, in disparte degli aspetti processuali, ha, quindi, un contenuto che incide direttamente ed in modo determinante sulla sostanza del reato, condizionandone l’effetto principale, ovvero la concreta applicazione della sanzione, e incidendo sui restanti effetti penali.
Non vi Ł dubbio, pertanto, che essa ha un carattere prevalentemente sostanziale, con la conseguenza che il suo perimetro applicativo Ł determinato non dalla regola “tempus regit actum”, ma, in deroga al principio fissato dall’art. 11, comma 1, delle preleggi, dal principio, costituzionale e convenzionale, di irretroattività della legge piø sfavorevole in forza degli artt. 25, secondo comma, Cost. e 7 CEDU.
D’altra parte, che la nozione di disposizione piø favorevole (o piø sfavorevole) riguardi tutte le disposizioni penali che apportano modifiche, in melius o in peius, al complessivo trattamento riservato al reo, ivi comprese le cause di non punibilità, Ł stato di recente ribadito dalla
giurisprudenza di legittimità a proposito della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen.(Sez. 6, n. 7573 del 27/01/2023, COGNOME, Rv. 284241 – 02; Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594 – 01).
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che il carattere prevalente della disposizione in questione sia certamente quello di introdurre una causa di estinzione del reato, per cui deve considerarsi “norma sostanziale”, con la conseguenza dell’applicabilità del principio di irretroattività di ogni legge successiva sfavorevole al reo. Non Ł ostativa l’intervenuta esecutività del decreto penale di condanna perchØ, come già precisato, gli effetti della disposizione di cui all’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., incidendo sulla sanzione e sui restanti effetti penali della condanna,sono destinati a prodursi solo dopo la formazione del giudicato.
L’ordinanza impugnata deve pertanto, alla stregua dell’enunciato principio di diritto, essere annullata con rinvio al fine di verificare se nel caso di specie ricorrano le condizioni cui l’art. 460, comma 5 cod. proc. pen. subordina l’effetto estintivo, tenendo conto che tra le formulazioni della disposizione succedutesi nel tempo, a partire dell’epoca di consumazione del reato, deve essere applicata quella piø favorevole.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Campobasso.
Così deciso il 14/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME