Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5068 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5068 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOZZOLO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chi l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano – in funzione di gi dell’esecuzione – ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME, volta ad ottene declaratoria di estinzione, ai sensi dell’art. 167 cod. pen., dei reati ex artt. 2, 4 e ottobre 1967, n. 895, 612 comma secondo e 697 cod. pen., 23 commi terzo e quarto legge 18 aprile 1975, n. 110, per i quali venne condannato ad anni uno e mesi undici di reclusione ( pena sospesa e non menzione ed euro 2.100,00 di multa, con sentenza della medesima Corte di appello del 14 marzo 2016 (passata in giudicato il 12 maggio 2017). La decisione reiettiva fonda sul rilievo che, dal certificato del casellario giudiziale unito all’incarto processua come – in data 16 luglio 2017 e, dunque, entro il quinquennio dalla irrevocabilità della conda suddetta – COGNOME abbia commesso altro delitto per cui ha riportato condanna, emessa dal Giudice di Pace di Milano in data 2 maggio 2022 (passata in giudicato in data 17 ottobre 2022 definitività questa che è intervenuta, peraltro, prima della presentazione dell’istanza ex ar cod. pen. sopraindicata.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, deducendo due motivi di ricorso, che vengono di seguito riassunti entro i strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione di legge ex art. 606, comma 1, l b) cod. proc. pen., quanto alla erronea applicazione della disciplina complessivamente desumibi dalle norme di cui agli artt. 167 e 168 cod. pen., in relazione all’art. 27 Cost. La Corte ha di valutare come il motivo ritenuto ostativo alla declaratoria di estinzione del reato, condanna divenuta irrevocabile per un reato commesso nel quinquennio, non possa essere valutato come tale, trattandosi di condanna a pena pecuniaria che – a norma dell’art. 168 c pen. – non consentirebbe la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena. Di con un’interpretazione sistematica della disciplina della sospensione condizionale della p dovrebbe condurre alla irrilevanza, ai fini dell’accoglimento dell’istanza presentata, condanna a pena solo pecuniaria. La difesa prospetta, comunque, questione di legittimit costituzionale dell’art. 167 cod. pen., nella parte in cui non prevede che una condanna, ancor irrevocabile, per un fatto commesso nel quinquennio, ma che non sarebbe motivo di revoca della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 168 cod. pen., n.G.R. debba svolgere funzio ostativa alla declaratoria di estinzione del reato.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, le b) cod. proc. pen., rilevandosi violazione di legge in relazione all’art. 111 Cost. La Corte ha il generale principio del contraddittorio, in quanto la questione attinente all’irrevocabi sentenza emessa dal Giudice di Pace di Milano – e la correlata circostanza che ciò costitui ostacolo, all’accoglimento dell’istanza ex art. 167 cod. pen. – sono state sollevate dal g d’ufficio in sede decisoria, ma mai sottoposte al contraddittorio processuale.
Il Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso, risultando fondat assorbente il primo motivo dì ricorso. Invero, benché la lettera delVart. 167 cod. pen. f riferimento alla commissione di un reato entro il quinquennio, decorrente dal passaggio giudicato della precedente condanna e non al tipo di pena cui l’imputato venga condannato un’interpretazione sistematica della disciplina della sospensione condizionale della pena propendere per la non rilevanza di una condanna a pena solo pecuniaria, ancorché il fatto s stato commesso nel termine stabilito dalla legge, ai fini della declaratoria di estinzione de
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Quanto al preliminare inquadramento normativo, giova ricordare come, in tema di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, l’art. 168 cod. pen. – nella formulazione originaria, cristallizzata nel r.d. 19 ottobre 1930, n. 1398 (Approvazione del definitivo del Codice Penale) e in vigore dal 01/07/1031 – prevedesse testualmente quant segue: «La sospensione condizionale della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stab il condannato: 1) commetta un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, o n adempia gli obblighi impostigli; 2) riporti un’altra condanna per un delitto anterio commesso. Qualora il condannato riporti un’altra condanna per una contravvenzione della stessa indole, anteriormente commessa, il giudice, tenuto conto dell’indole e della gravità di essa revocare l’ordine di sospensione condizionale della pena». Tale norma era contenutísticamente sovrapponibile – nonché perfettamente raccordata, sotto il profilo funzionale – alla regola de in materia di estinzione del reato, dall’art. 167 primo comma cod. pen., ai sensi del quale nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione d stessa indole, e adempie gli obblighi impostigli, il reato è estinto>>. La disciplina cod quindi, postulava semplicemente la commissione GLYPH entro i termini stabiliti dalla legge pe l’esperimento della prova – di un delitto (ai fini della revoca della sospensione ex art. 1 pen.), ovvero la non commissione dello stesso (perché potesse dichiararsi positivament conclusa la prova e, consequenzialmente, estinto il reato).
2.1. L’art. 168 primo comma cod. pen. è stato però novellato, ad opera dell’art. 13, pr comma, decreto legge 11 aprile 1974, n. 99, convertito con modificazioni dalla legge 11 apr 1974, n. 99 ed ha così assunto la seguente, attuale veste: «Salva la disposizione dell’ul comma dell’art. 164, la sospensione condizionale della pena è revoc:ata di diritto qualora, termini stabiliti, il condannato: 1) commetta un delitto ovvero una contravvenzione della st indole, per cui venga inflitta una pena detentiva, o non adempia agli obblighi impostigli; 2) un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’art. 163». Tale modifica ha inevitabi
fatto venire meno l’amalgama precedentemente esistente fra le due norme regolatrici, rispettivamente, del fenomeno della estinzione del reato ex art. 167 cod. pen., per effetto mancata commissione di un fatto delittuoso (indipendentemente dalla tipologia di pena inflit e, invece, della revoca del beneficio della sospensione condizionale, in conseguenza del commissione di un fatto delittuoso entro il prescritto termine di legge (in relazione al q necessaria, secondo la veste attuale della norma, la realizzazione di un fatto delittuoso dal scaturisca l’irrogazione di pena detentiva).
2.2. Già all’indomani di tale modifica normativa, la giurisprudenza dì legittimit interrogata sugli effetti della novella, oltre che sulle connesse problematiche, inerenti al di coordinamento ormai esistente, fra le succitate norme. Con principio risalente, ma m rivisitato, questa Corte ha dunque ritenuto che: «Poiché allo spirare del termine previsto legge, deve aversi o la decadenza e revoca del benefici della sospensione condizionale della pena, o l’ estinzione del reato e l’art 168 cod. pen., nuova formulazione sancita dal DL 11 aprile 1974 n 99, subordina la decadenza e la revoca del beneficio in parola alla commissione di un delitto o di una contravvenzione della stessa in per cui venga inflitta una pena detentiva o all’inadempimento da parte dell’imputato di uno d obblighi imposti, ovvero ad un’altra condanna subita dallo stesso per delitto anteriorm commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’art 163 cod. pen., la commissione nel termine predetto di delitti puniti sola pena pecuniaria non osta all’estinzione del reato.” (Sez. 2, n. 1255 del 07/11/1 Maffey, Rv. 131468). Trattasi di un principio che questo Collegio condivide pienamente e al qua intende dare continuità.
2.3. Deve anzitutto porsi una netta linea di demarcazione teorica, fra i concet “analogia” e di “interpretazione estensiva”. A quest’ultima può farsi ricorso, infatti, allo il perimetro applicativo di una determinata figura tipica – a causa di una necessità di logico, semantico, ovvero in virtù di una sostanziale equivalenza, risc:ontrabile nei dati em – venga esteso ad un caso, che, sebbene non rientri nell’ambito previsionale, secondo la rigoro veste testuale dello schema normativo, si possa reputare ricompreso nella sfera applicativa de fattispecie stessa; operazione di “ricongiunzione”, che può esser compiuta all’esito di modalità di ricollegamento ideale, del caso stesso alle intenzioni del Legislatore e, quind ratio della norma, secondo il dettato dell’art. 12 delle Disposizioni della legge in genera cosiddette preleggi. L’interpretazione estensiva, pertanto, non incorre nelle limitazioni all’art. 14 delle medesime Preleggi: essa non dilata il contenuto effettivo della prev incriminatrice, bensì scongiura la possibilità che fattispecie, ad essa soggette, r ingiustamente immuni dalla disciplina precettiva e sanzionatoria, a causa di un immotivato lim fissato da mere espressioni letterali. Dovere specifico dell’interprete è, infatti, quello di la norma in maniera anche più estesa, rispetto al mero dato testuale, così da far coincider portata della norma stessa con il pensiero e la volontà del Legislatore (sul punto, si pot
vedere le risalenti, ma mai rivisitate, Sez. 5, n. 3297 del 08/01/1980, Riva, Rv. 144606 e 4, n. 11380 del 27/04/1990, COGNOME, Rv. 185084).
Diverso è il percorso concettuale che conduce ad una applicazione analogica. In tal caso l’interprete perviene alla soluzione di casi non espressamente e specificamente tipizzati d legge, ricorrendo all’applicazione della disciplina che governa casi simili, così realizza analogia legis, o che possa essere ricavata attraverso una lettura coordinata dei principi genera dell’ordinamento, così concretizzandosi la cd. analogia iuris. Il nostro sistema conosce il divieto di applicazione analogica delle norme penali, dettato dal succitato art. 14 delle P in virtù del quale le leggi penali e quelle che fanno eccezione ai principi generali non si ap oltre i casi e i tempi in esse considerati (ostacolo, del resto, ribadito – sebbene non con forza didascalica – ma con pari efficacia, sia a livello codicistico dall’art. 1 cod. pen, ove che “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”, sia in sede di Carta costituzionale si rifletta che il divieto in questione è, di fatto, espressione del primato in materia penale alle altre fonti del diritto, della legge formale, presidiato dall’art. 25 Cost.). Il divie esplica effetti non soltanto nel campo strettamente attinente alla conformazione dei paradigmi normativi, estendendosi ad ampio raggio anche a istituti incidenti sulla punibilità, sul imputabilità e sulla colpevolezza. L’ambito applicativo del divieto di analogia in campo pen però, non deve essere inteso in maniera rigida, in modo da sancirne una indiscriminat applicazione, sia essa in bonam che in malam partem; la ratio della regola ermeneutica fissata dall’art. 14 delle Preleggi, infatti, non può che risiedere nella volontà legislativa di a tutela alle libertà individuali, a fronte di limitazioni non preventivamente tipizzate e, inibire possibili arbitri ad opera del giudice. Deve ritenersi conforme ai principi di d reggono il vigente ordinamento, allora, l’applicazione analogica in bonam partem delle norme atte a esplicare effetti favorevoli in caso all’interessato, sia esso imputato, oppure cond (sulla applicabilità esclusivamente in malam partem del divieto di applicazione per analogia, si vedano, fra tante Sez. 6, n. 42309 del 6/10/2016, Ciemente, Rv. 268461; Sez. 6, n. 29145 de 08/07/2015, COGNOME, Rv. 264103; Sez. 1, n. 8752 del 26/02/2004, COGNOME, Rv. 226898; Sez. 1, n. 30206 del 17/07/2003, COGNOME, Rv. 226002 e Sez. 1, n. 2213 del 23/05/1996, Rv. 204918). Restano invece escluse quelle norme alle quali già il Legislatore ha attribu una veste di straordinarietà, definendole, appunto nell’art. 14 delle Preleggi, quali eccezio Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.4. La Corte, in conclusione, ribadisce il principio di diritto secondo il quale periodo di tempo stabilito dalla legge – devono alternativamente realizzarsi i fenomeni d revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, o dell’estinzione del reato coerenza con la attuale veste dell’art. 168 cod. pelli. (che subordina la revoca del sud beneficio alla commissione di un delitto, oppure di una contravvenzione della stessa indole, cui venga inflitta una pena detentiva), l’art. 167 cod. pen. deve essere letto nel senso c commissione, entro il termine di legge predetto, di delitti puniti con la sola pena pecuniari
possa essere ritenuta ostativa alla declaratoria di estinzione del reato, per positi del periodo di sospensione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere a annullamento dell’ordinanza impugnata e trasmissione degli atti, per nuovo giudizio, di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2023.