Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25374 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a SONDRIO il 07/05/1963 NOME COGNOME nato a SONDRIO il 01/08/1979
avverso la sentenza del 23/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, letto il provvedimento impugnato e i ricorsi degli Avvocati NOME COGNOME E NOME COGNOME;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero nella persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME
lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME per la parte civile RAGIONE_SOCIALE
Ricorsi trattati con rito cartolare in camera di consiglio
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e COGNOME COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 23/01/2025, con cui è stata confermata nei confronti di entrambi la pena di giustizia loro inflitta con sentenza del Tribunale di Milano, in ordine al reato di cui all’art. 642 cod. pen. (capo 9 per il primo e capi 8 e 11 per il secondo), oltre alla condanna alle statuizioni civili disposte in favore delle parti civili Axa RAGIONE_SOCIALE.p.a. (capo 9) e RAGIONE_SOCIALE (capi 8 e 11).
Le difese affidano i ricorsi a diversi motivi che, ai sensi dell’art. 172 disp. att. cod. proc. pen., saranno trattati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Ricorso di NOME COGNOME.
3.1. Violazione degli artt. 192 cod. proc. pen. in combinato disposto con l’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Si lamenta l’assenza di capacità dimostrativa degli elementi in forza dei quali i giudici di merito erano pervenuti all’affermazione di responsabilità, evidenziandosene, anche con riguardo a quelli valorizzati dalla sentenza impugnata, l’assenza di decisività, la natura lacunosa e l’esistenza di letture alternative.
3.2. Violazione degli artt. 99, 101, 106, 167 e 168 cod. pen. e 125, comma 3 e 445 cod. proc. pen.
La censura investe la mancata declaratoria di prescrizione che la Corte di merito aveva escluso sul rilievo della sussistenza della recidiva, seppur riqualificata ai sensi del comma 2 dell’art. 99 cod. pen., nonostante l’estinzione dei precedenti reati, trattandosi di fatti per i quali era intervenuta sentenza di applicazione della pena per cui operava l’estinzione ex art. 445, comma 2, cod. proc. pen., per come anche dichiarato con ordinanze del Gip del tribunale di Sondrio del 20 gennaio 2023 e del 15 gennaio 2025.
3.3. Violazione dell’art. 168, comma 1, cod. pen.
Si lamenta che la Corte d’appello abbia erroneamente confermato la revoca della sospensione condizionale della pena disposta dal primo giudice, ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 1 cod. pen., con riferimento alla sentenza di applicazione pena del 5 marzo 2012 del Tribunale di Sondrio, tenuto conto che il reato oggetto della suddetta condanna era estinto, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., in forza dell’ordinanza adottata dal Gip del Tribunale di Sondrio del 20 gennaio 2023. Peraltro, si aggiunge che erroneo era, poi, il richiamo, da parte della sentenza impugnata (a differenza di quella di primo grado), “all’art. 168 c. 1 n. 2 c.p.” (v. pag. 8), in quanto richiede che l’imputato riporti condanna
per un reato commesso anteriormente, mentre nel caso in esame il reato oggetto di giudizio su cui si è fondata la revoca è successivo a quello in relazione al quale era stata concessa nel 2012 la sospensione condizionale.
3.4. Violazione dell’art. 62-bis cod. pen. in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche che la Corte di merito aveva fondato sull’assenza di elementi positivi facendo richiamo all’argomento, del tutto inconferente, costituito dall’assenza di “approcci” con la p.o. e non rilevando, invece, che il ricorrente, a differenza degli altri coimputati, non ha percepito alcunché in termini di ingiusto profitto.
4. Ricorso di COGNOME Umberto
4.1. Violazione degli artt. 642 cod. pen. e 192, 533, 546 e 605 cod. pen. e vizio di motivazione.
Si lamenta che l’affermazione di responsabilità si fondi sul richiamo ad esiti di altro procedimento in cui il ricorrente era stato riconosciuto autore di analoghe truffe, senza indicare, al di là della circostanza se l’imputato potesse o meno considerarsi amministratore di fatto della carrozzeria coinvolta nei fatti de qua, gli elementi di diretto coinvolgimento, del tutto silenti con riguardo al capo 11) e solo accennati ma non sufficienti con riferimento al capo 8). A sostegno della doglianza si cita anche un arresto di questa RAGIONE_SOCIALE. con cui è stata annullata la sentenza resa nel procedimento relativo al figlio del ricorrente in ordine a tre episodi di truffa analoghi a quelli dell’odierno giudizio, scaturito dall’originario procedimento innanzi all’autorità giudiziaria di Sondrio.
4.2. Violazione degli artt. 81, 133 e 642 cod. pen. e 192, 533, 546 e 604 cod. pen. e vizio di motivazione, in ordine alla quantificazione della pena, che si denuncia eccessiva rispetto quanto inflitto dal Gup del Tribunale di Sondrio in relazione a moltissimi episodi analoghi, posti in continuazione.
Il Pubblico ministero presso questa Corte, nella persona della Sostituta P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 21 maggio 2025, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di COGNOME Umberto e per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Corrado limitatamente alla revoca della sospensione condizionale della pena, con inammissibilità nel resto.
Con memoria del 5 giugno 2025, la difesa di COGNOME COGNOME nel replicare alle conclusioni della P.G., ha insistito per l’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso e si è “allineata” alle conclusioni del pubblico ministero con riguardo al terzo motivo.
Con nota di conclusioni del 3 giugno 2025, la parte civile RAGIONE_SOCIALE ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di Varisto Umberto, con condanna alla rifusione delle spese di lite, come da notula allegata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ricorso di COGNOME NOME.
Il secondo motivo di ricorso, avente carattere decisivo e assorbente delle altre doglianze sollevate, è fondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata (p. 8) risulta che la contestata recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., pur riqualificata in quella di cui all’art. 99, comma 2, cod. pen. in ragione dell’unificazione dei fatti di cui alle sentenze per cui l’imputato è stato in precedenza condannato, è stata ritenuta facendosi riferimento “ai reati per cui l’imputato è stato ritenuto in precedenza responsabile, di resistenza a p. u. e istigazione alla corruzione del 2012 e frode assicurativa del 2016” (così, pag. 8).
Ebbene, al riguardo, deve essere anzitutto precisato che, contrariamente a quanto indicato dalla Corte territoriale, non risulta valutabile ai fini della recidiva il reato di frode assicurativa del 2016, in quanto, lungi dall’essere compreso nell’elenco di quelli per i quali l’imputato si era “reso in precedenza responsabile” e condannato con sentenza irrevocabile, si tratta del fatto oggetto del presente giudizio e, dunque, non ancora coperto da giudicato.
Venendo, poi, più specificamente ai presupposti dell’aggravante qualificata, dal certificato penale datato 15/01/2025, in possesso della Corte di appello al momento della deliberazione della sentenza, risulta che i precedenti penali che hanno generato la recidiva ex art. 99, comma 2, cod. pen., sono:
sentenza di patteggiamento del Tribunale di Sondrio del 5 marzo 2012 (irr. il 20/04/2012) in ordine al delitto di resistenza a p.u., con pena di mesi 3 e giorni 10 di reclusione;
sentenza del Gup del Tribunale di Sondrio del 27/03/2014 (irrev. il 5/03/2015) con la quale è stata applicata all’imputato, ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 1 e mesi 3 giorni 10 di reclusione in ordine ai reati di istigazione alla corruzione e lesione personale continuata (non rileva, invece, ai fini della recidiva, l’ulteriore condanna a mesi 2 giorni 20 di arresto in ordine alle contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e rifiuto a sottoporsi all’alcool test).
Sempre dal certificato penale (v. anche sul punto atto di appello e successiva memoria della difesa del 15/01/2025 per l’udienza del 23/01/2025 della C.A.), si ricava che:
la pena inflitta con la seconda sentenza di patteggiamento è da intendersi in aggiunta e in continuazione con quella del 05/03/2012 del Tribunale di Sondrio;
che i delitti di istigazione alla corruzione e lesione personale oggetto della sentenza di applicazione pena del Gup del Tribunale di Sondrio del 27/03/2014
sono stati dichiarati estinti, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., con ordinanza dello stesso giudice (in funzione di giudice dell’esecuzione) del 20/01/2023 (mentre quelli contravvenzionali hanno trovato precedente estinzione a seguito dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità per come sancito da analoga ordinanza del Gip del 3/05/2017).
La difesa ha, altresì, allegato il provvedimento con cui il Gip del Tribunale di Sondrio in data 10/01/2025 ha esteso l’effetto estintivo ex art. 445, comma 2, cod. proc. pen., anche alla prima condanna del 2012. Tale provvedimento è stato unito alla memoria depositata dalla difesa per l’udienza del 23/01/2025 dinanzi alla Corte di appello.
In conclusione, dalle cadenze processuali risulta:
che, alla data di commissione dei reati oggetto del presente processo (29 settembre 2016), l’imputato non era immune da precedenti penali rilevanti agli effetti della contestazione della recidiva, seppur nella differente ipotesi di cui all’art. 99, comma 2, cod. pen.;
che, al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (2 aprile 2024), quei pregiudizi, dai quali dipendeva la persistenza e l’applicazione dell’aggravante, erano venuti meno poiché nelle more i reati oggetto delle condanne si erano ipso iure estinti, a prescindere dall’adozione del relativo provvedimento dichiarativo da parte del giudice dell’esecuzione (nel senso che l’estinzione opera ipso iure e non richiede neppure una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione, v. Sez. 3, n. 19954 del 21/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269765 – 01; Sez. 6, n. 6673 del 29/01/2016, COGNOME, Rv. 266120 – 01; Sez. 5, n. 20068 del 22/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263503 – 01; da ultimo v. Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282515 – 01);
A norma dell’art. 106, comma 2, cod. pen., la declaratoria di estinzione del reato, conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., comporta l’estinzione del reato e degli effetti penali anche ai fini della recidiva (Sez. 6, n. 6673 del 29/01/2016, COGNOME, Rv. 266119 – 01; Sez. 3, n. 7067 del 12/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254742 – 01).
q)
A tale effetto non può attribuirsi, per come ritenuto dalla Corte d’appello, natura “precaria”, stante la definitività e l’irreversibilità degli effetti che vanno riconosciuti all’istituto dell’estinzione del reato per il quale l’imputato abbia ottenuto l’accesso al patteggiannento, rito speciale che non ammette un successivo intervento giudiziale di revoca, non previsto né dall’art. 445 cod. proc. pen., né da altra disposizione di legge (Sez. 1, n. 5501 del 29/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268994, in motivazione).
Neppure il fatto che l’imputato abbia poi commesso nel quinquennio il reato
oggetto del presente procedimento assume rilievo ostativo ai fini del verificarsi dell’effetto estintivo ex art. 445, comma 2, cod. proc. pen. dei reati oggetto delle sentenze di patteggiamento, tenuto conto che la Corte di legittimità ha affermato che la commissione di un delitto nel termine di cinque anni comporta il rigetto della richiesta di estinzione del reato per il quale è intervenuta sentenza di patteggiamento solo se detta commissione sia stata accertata con decisione irrevocabile, ancorché pronunciata oltre il quinquennio (ex multis, Sez. 1, n. 28616 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281642 – 01).
Dall’esclusione della recidiva consegue:
che il reato, commesso il 29 settembre 2016, in assenza di sospensioni (pure riferibili al Covid, tenuto conto che il procedimento reca iscrizione 2021 e quello del Tribunale 2023), si è estinto per prescrizione il 29 marzo 2024, prima della sentenza di primo grado, deliberata il 2 aprile 2024;
la revoca delle statuizioni civili che sono state disposte dal primo giudice in favore della AXA RAGIONE_SOCIALE e della provvisionale immediatamente esecutiva di euro settemila, considerato che, a norma dell’art. 538, comma 1, cod. proc. pen., la condanna per la responsabilità civile presuppone la pronunciate di una sentenza di condanna prima del maturarsi della prescrizione.
Va escluso, poi, che in ragione del motivi di ricorso ricorra, con evidenza, un’ipotesi di proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il motivo dedotto in punto di affermazione della responsabilità del COGNOME appare ripetitivo rispetto alle deduzioni svolte in sede di appello e puntualmente confutate dalla Corte territoriale (p. 6 in part., ove anche il corretto rilievo, a chiusura del ragionamento indiziario, dell’assenza di una versione alternativa della vicenda rispetto a quella ricostruibile alla luce del complessivo compendio probatorio in atti).
Non può invero considerarsi idonea ad introdurre una spiegazione alternativa, in particolare, il rilievo che il COGNOME non avrebbe sporto denuncia per falsità ideologica del CAI, poiché il sinistro stradale sarebbe in realtà avvenuto, salvo lo “spacciarsi per un altro” dell’altro conducente; sicché l’incidente non sarebbe avvenuto con COGNOME NOME (implicato in altri sinistri, stando a p. 6 cit., donde l’interesse del ricorrente a svalutare tale indizio).
In realtà tale ipotesi pare prospettata per la prima volta in sede di legittimità (cfr. p. 6), oltre a non essere supportata da alcun dato di fatto, confluito nel processo ma non valutato dai giudici di merito: sul punto il ricorrente, invero, nulla afferma.
Né risulta errato in diritto valorizzare in virtù del disposto dell’art. 238-bis c.p.p., nella prospettiva della compiuta ricostruzione delle vicende delittuose oggetto del processo, il contesto complessivo in cui anche le stesse vanno inserite,
riveniente dalla sentenza irrevocabile del Gup di Sondrio sulla fattispecie associativa (p. 6 e 7, ove le precisazioni a sostegno della complicità del COGNOME in conformità all’unitarietà del fatto collettivo che connota la fattispecie concorsuale).
In conseguenza della declaratoria di prescrizione viene anche meno in radice la possibilità per il giudice del merito di revocare – ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 1 cod. pen. (e non n. 2 per come indicato dalla corte territoriale) le precedenti sospensioni condizionali della pena concesse sulle sentenze di patteggiamento del 2012 e del 2014.
E tanto, peraltro, a prescindere dalla fondatezza del motivo di ricorso, in quanto i giudici di merito non hanno tenuto conto, per come evidenziato nella requisitoria della P.G., del consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, dal quale l’odierno Collegio non ritiene di doversi discostare, a mente del quale: «La dichiarazione di estinzione del reato oggetto di sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., impedisce la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la medesima sentenza, anche se si accerti che nel quinquennio decorrente dalla data di irrevocabilità della stessa il soggetto abbia commesso ulteriore delitto» (Sez. 1, n. 26685 del 10/04/2019, PG c/ COGNOME, Rv. 276201; Sez. 1, n. 5501 del 29/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268994. Da ultimo, Sez. 2, n. 45880 del 30/1072024, Veronese, non mass.; con l’ulteriore precisazione che non rileva che la sentenza di condanna che ha accertato la commissione di tale reato sia passata in giudicato in epoca successiva al quinquennio, con rinvio a Sez. 5, n. 11759 del 22/11/2019, dep. 2020, Greco, Rv. 279015 – 01).
In conclusione, a seguito dell’accoglimento del ricorso, debbono annullarsi senza rinvio nei confronti del ricorrente sia la sentenza impugnata che quella di primo grado per essere il reato estinto per prescrizione, revocandosi, per l’effetto, le statuizioni civili disposte in favore dell’AXA Assicurazioni, nonché l’ordinanza con cui il giudice di merito ha revocato la pena sospesa concessa su sentenza del 5 marzo 2012 del Tribunale di Sondrio in composizione monocratica, irrevocabile il 20 aprile 2012.
Ricorso di COGNOME Umberto
Il ricorso appare inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
IL primo motivo pare generico e manifestamente infondato, atteso che la Corte territoriale la correttamente tratto prova dei delitti contestati al Varisto dalla sentenza irrevocabile del GUP Tribunale di Sondrio, relativa tra l’altro anche al medesimo ricorrente e concernente il sodalizio dedito alla consumazione di reati del medesimo tipo di quelli oggetti del processo sfociato nella sentenza in esame:
sentenza in base anche alla quale vengono correttamente ritenuti provati il ruolo del COGNOME quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE e “procacciatore di affari illeciti per la stessa” (p. 10 e 11 della sentenza impugnata, ove l’individuazione dei numerosi profili, comuni rispetto ai fatti e ai soggetti emergenti dal processo sub iudice, in relazione sia ai fatti oggetto della detta condanna irrevocabile e sia ai soggetti ivi coinvolti).
Tanto in conformità alla regola probatoria di cui all’art. 238 bis c.p.p., rispetto alla quale la Corte territoriale descrive anche gli atri elementi di prova che confermano l’attendibilità degli esiti probatori della sentenza irrevocabile nel processo ad quem.
In particolare, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, “Quanto all’oggetto della prova, si è affermato che “la sentenza definitiva resa in altro procedimento penale, acquisita ai sensi dell’art. 238-bis c.p.p., può essere utilizzata non soltanto in relazione al fatto storico dell’intervenuta condanna o assoluzione ma anche ai fini della prova dei fatti in essa accertati, ferma restando l’autonomia del giudice di valutarne i contenuti unitamente agli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio, in rapporto all’imputazione sulla quale è chiamato a pronunciarsi” (Cass. Sez. 2, n. 52589 del 6/7/2018″ (così Cassazione penale sez. I, 17/06/2022, n.36339).
Peraltro, la Corte territoriale si sofferma anche sul capo 11, per il quale vengono altresì richiamati gli elementi esposti nella conforme pronuncia di primo grado (p. 4 della decisione impugnata).
Né pare dirimente il riferimento ad altra sentenza, relativa peraltro a soggetto diverso dal ricorrente (COGNOME Alessandro), per inferire eventuale manifesta contraddittorietà che inficerebbe il ragionamento della Corte territoriale. Al riguardo si osserva che nel giudizio di legittimità non è deducibile la contraddittorietà della motivazione desunta dalla diversa valutazione operata in due distinti provvedimenti o dal contrasto con altre decisioni (Sez. 3, n. 15987 del 06/03/2013, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 255417; Sez. 6, n. 25703 del 23/05/2003, COGNOME, Rv. 226047 – 01) in quanto il vizio consistente nella contraddittorietà della motivazione è necessariamente interno al provvedimento e implica la ravvisabilità nel tessuto motivazionale dello stesso di enunciati contrastanti ed inconciliabili su punti decisivi, tali da compromettere la coerenza e la tenuta logico-giuridica dell’apparato giustificativo (Sez. 1, n. 5718 del 19/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259409 – 01; n. 53600 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME e altro, Rv. 271635 – 01).
2. Il secondo motivo, avente ad oggetto la congruità della pena anche a titolo di continuazione, appare estraneo alla cognizione della Corte, avuto riguardo all’assenza di manifeste illogicità delle argomentazioni a sostegno dell’esercizio
della discrezionalità in argomento.
3. In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del COGNOME Umberto al pagamento delle spese del procedimento, nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende, così equitativamente fissata in ragione dei profili di inammissibilità
rilevati.
4. Va, invece, rigettata la richiesta di condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di costituzione e lite avanzata dalla costituita parte civile Vittoria
RAGIONE_SOCIALE in quanto è principio consolidato che, nel giudizio di legittimità
celebrato nelle forme del rito camerale non partecipato di cui all’art. 611, comma
1, cod. proc. pen., la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali, nel caso in cui abbia
esplicato, attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura risarcitoria, fornendo un utile
contributo alla decisione (da ultimo, v. Sez. 4, n. 10022 del 06/02/2025, Altese,
Rv. 287766 – 01). Nel caso in esame, la parte civile si è limitata a depositare le
conclusioni e la nota spese.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio nei confronti di COGNOME COGNOME la sentenza impugnata e quella di primo grado (Tribunale di Milano 02/04/2024) perché il reato è estinto per prescrizione.
Revoca le statuizioni civili disposte nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e annulla senza rinvio la revoca della sospensione condizionale concessa con sentenza 5.3.2012 del Tribunale di Sondrio.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Respinge la richiesta della parte civile RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, 1’11 giugno 2025.