Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29534 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29534 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
PU – 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso di NOME NOMECOGNOME nato ad Ascoli Piceno il 05/10/1958, avverso la sentenza in data 29/04/2024 della Corte di appello di Ancona, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alle conclusioni già rassegnate dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME per l’udienza del 27 febbraio 2025, chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente alla confisca e l’inammissibilità del ricorso nel resto;
letta per l’imputato la memoria dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 29 aprile 2024 la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza in data 17 marzo 2022 del G.u.p. del Tribunale di Ascoli Piceno, ha assolto NOME COGNOME dai reati dei capi 2) e 4) perchØ il fatto non Ł previsto dalla legge come reato, ha dichiarato di non doversi procedere per il reato del capo 1 b) perchØ estinto per prescrizione e ha rideterminato la pena per il residuo reato dell’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 relativo all’anno 2012 (capo 1c) e all’anno 2013 (capo 1d).
L’imputato eccepisce con i primi tre motivi di ricorso la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’accertamento di responsabilità dei fatti ascrittigli, lamenta con il quarto motivo l’errato calcolo della prescrizione e con il quinto l’omesso ricalcolo dell’entità della confisca in seguito alla prescrizione del reato di cui al capo 1b). Nella memoria il
ricorrente ribadisce le sue ragioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato limitatamente alla confisca, mentre Ł manifestamente infondato nel resto.
E’ residuata a carico di NOME COGNOME in qualità di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE con sede in Bulgaria, la condanna per il reato dell’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 consistente nell’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi ai fini dell’evasione delle imposte per gli anni 2012 e 2013. Il Tribunale ha esaurientemente spiegato nella sentenza di primo grado il meccanismo della esterovestizione, essendo emerso dalle indagini della Guardia di finanza che la società aveva solo sede formale in Bulgaria perchØ, di fatto, il centro decisionale era in Italia presso la residenza anagrafica e/o il domicilio del ricorrente. La Corte di appello, all’esito del riesame del compendio probatorio, ha motivatamente confermato la sentenza di primo grado.
Il primo motivo di ricorso censura la tecnica redazionale della sentenza di appello, ridotta a pochi e apodittici assunti che non spiegavano le prove della esterovestizione. La censura Ł manifestamente infondata. Le motivazioni delle due sentenze si integrano a vicenda e possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (si veda tra le piø recenti, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01), ricorrendo un caso di cosiddetta “doppia conforme” per cui la sentenza di appello si salda, nella sua struttura argomentativa, con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove. La relatio Ł infatti ammessa quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664 – 01 e piø recentemente Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 274252 – 01). Si aggiunge anche che nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicchØ debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01).
Per contro, il ricorrente quando deduce il travisamento della prova deve allegare con compiutezza l’atto travisato, trattandosi di un ulteriore criterio di valutazione della contraddittorietà estrinseca della motivazione il cui esame nel giudizio di legittimità riguarda lo specifico atto e non il fatto nella sua interezza (tra le piø recenti, Sez. 1, n. 39486 del 23/05/2023, Salerno, Rv. 285368-01 e Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911 01). Nel travisamento della prova, infatti, la cognizione del giudice di legittimità Ł limitata alla
verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di GLYPHprova (tra le piø recenti, Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01). Il ricorrente non si Ł attenuto a tali criteri nel secondo motivo, ove ha insistito sulla rilevanza di alcuni profili formali, iscrizione della società nel registro delle imprese bulgaro, utilizzo di conti correnti presso istituti bancari bulgari, luoghi di stoccaggio della merce in Bulgaria, e sulla irrilevanza della commercializzazione in Italia di prodotti destinati al mercato estero, senza confrontarsi con le sentenze impugnate. Il motivo Ł fattuale e rivalutativo. I Giudici di merito hanno accertato, sulla base delle indagini della Guardia di finanza e sulla base della consulenza del perito, che l’COGNOME, il quale risiedeva stabilmente ad Ascoli Piceno, disponeva nel suo domicilio italiano di tutta la documentazione cartacea e in formato elettronico, meglio specificata nella sentenza di primo grado a pag. 3-5, relativa alle attività d’impresa in Bulgaria che invece aveva lì solo un recapito presso la sede di altra società. Era emerso in particolare che la società aveva acquistato generi alimentari dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, aveva ceduto beni non imponibili IVA a un operatore francese che, a sua volta, aveva ceduto la medesima merce a imprese nazionali aventi sede in Campania, e che, nonostante gli apparenti trasferimenti, la merce era rimasta in realtà sempre in Italia oppure era solo transitata temporaneamente in Slovenia presso un deposito. La RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano denunciato che alcuni lotti di produzione destinati al mercato estero che avevano venduto alla società bulgara dell’RAGIONE_SOCIALE erano stati commercializzati in Italia a prezzi inferiori a quelli stabiliti nel mercato italiano, sfruttando il meccanismo dell’esenzione IVA prevista per le merci destinate al mercato estero. Il Tribunale ha osservato che l’accensione dei conti all’estero non era decisiva, potendosi gestire telematicamente, mentre il perito aveva potuto verificare che il volume degli acquisti era superiore a quello delle vendite, sebbene non risultassero delle rimanenze finali, il che significava che la merce era venduta senza fattura; mancava inoltre la documentazione relativa al trasporto, il che era sintomatico del fatto che la merce rimaneva sul territorio italiano; non era possibile verificare, in mancanza di idonea documentazione, quanta merce uscisse per essere stoccata nel deposito sloveno e ritornasse poi in Italia.
Inconsistente Ł il terzo motivo con cui ha lamentato che non erano state espunte dai conteggi le fatture relative alle operazioni intracomunitarie effettive per le quali vi era stata la prova dell’incasso, per cui non era stata raggiunta la prova del superamento della soglia di euro 50.000. Il ricorrente non si Ł confrontato con la motivazione delle sentenze secondo cui la documentazione di tali operazioni era per lo piø inaffidabile e non ha confutato i risultati della perizia con una consulenza di parte. La prospettazione difensiva Ł quindi generica. Nel giudizio di legittimità, l’accertamento peritale può essere oggetto di esame critico da parte del giudice solo nei limiti del cosiddetto travisamento della prova, che sussiste nel caso di assunzione di una prova inesistente o quando il risultato probatorio sia diverso da quello reale in termini di “evidente incontestabilità” (tra le piø recenti, Sez. 1, n. 51171 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 274478 – 01), ipotesi nella specie non riscontrata.
Il quarto motivo riguarda l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Trattasi di doglianza già formulata in sede di appello a cui la Corte territoriale ha già dato convincente risposta, sia in ordine alla sussistenza dei presupposti per la sospensione della prescrizione a seguito di istanza difensiva, come risultante dal verbale d’udienza – il rinvio dell’udienza del 28 gennaio 2020 Ł avvenuto su richiesta del difensore che aveva chiesto termine per depositare una memoria di replica alla perizia nØ vale in senso contrario
ipotizzare in termini congetturali che in assenza di tale richiesta il Giudice avrebbe rinviato per la discussione -, sia per quanto riguarda il computo dei termini di prescrizione a seguito della modifica della normativa in tema ai sensi dell’art 17 d. lgs. n. 74 del 2000 – termine di prescrizione che Ł pari ad anni 10 -, così che si deve ritenere che, al momento della pronuncia della sentenza impugnata, i capi per cui Ł intervenuta condanna 1c) e 1d) non erano prescritti. Infatti, al termine di prescrizione di dieci anni vanno aggiunti 273 giorni di sospensione, determinati da richiesta del difensore, di cui 259 per il rinvio dal 28 gennaio al 23 ottobre 2020 e 14 per il rinvio dal 25 novembre al 9 dicembre 2021, con la conseguenza che la prescrizione del reato del capo 1c) si Ł maturata al 28 settembre 2024 e quella per il reato del capo 1d) al 29 settembre 2025, in entrambi i casi dopo la deliberazione della sentenza di appello in data 29 aprile 2024.
E’ fondato il quinto motivo perchØ la confisca ha avuto a oggetto anche il profitto collegato ai fatti prescritti. L’art 578bis cod. proc. pen., che consente in caso di estinzione del reato al giudice d’appello di disporre la confisca, Ł norma sostanziale introdotta dall’art. 6, comma 1, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, entrata in vigore in epoca successiva alla commissione dei fatti contestati (Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01). S’impone, pertanto, annullamento con rinvio della sentenza impugnata per la rideterminazione dell’ammontare del sequestro per equivalente rispetto ai fatti per cui Ł intervenuto accertamento definitivo di responsabilità, ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen., stante l’inammissibilità nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Così deciso, il 10 aprile 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME