L’Estensione del Giudicato Favorevole e l’Aggravante Mafiosa: La Cassazione Chiarisce
Il principio dell’estensione del giudicato favorevole, disciplinato dall’articolo 587 del codice di procedura penale, rappresenta una fondamentale garanzia di equità nel sistema processuale. Esso consente a un coimputato, che non ha impugnato una sentenza di condanna, di beneficiare degli effetti positivi di una decisione ottenuta da altri coimputati in un successivo grado di giudizio. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 39143 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti e le modalità di applicazione di tale principio, in particolare quando si discute dell’esclusione di un’aggravante.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in via definitiva per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con una pena di 12 anni di reclusione. Successivamente, egli presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere l’estensione del giudicato favorevole conseguito da alcuni suoi coimputati. A questi ultimi, infatti, la Corte di Appello aveva escluso l’applicazione dell’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa (prevista dall’art. 7 d.l. n. 151 del 1992).
Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sulla convinzione che l’esclusione dell’aggravante per gli altri coimputati fosse dovuta a ragioni puramente soggettive, legate alla loro personale condizione, e non a caratteristiche oggettive dell’associazione criminale. Di conseguenza, secondo il Tribunale, il beneficio non poteva essere esteso.
La Decisione della Corte di Cassazione: Annullamento con Rinvio
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del condannato, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando il caso a un nuovo giudizio. La decisione si fonda su un vizio di motivazione: il giudice dell’esecuzione non ha condotto un’adeguata verifica di fatto sulla posizione specifica del ricorrente.
La Cassazione ha evidenziato come il Tribunale abbia liquidato la questione in modo sbrigativo, senza analizzare nel merito le ragioni che avevano portato la Corte d’Appello a escludere l’aggravante per gli altri. Tale esclusione, infatti, non era basata su elementi strettamente personali, ma su una valutazione più complessa legata alla struttura stessa dell’organizzazione e al ruolo ricoperto dai singoli associati.
Le Motivazioni: la Necessità di un Accertamento Concreto nell’Estensione del Giudicato Favorevole
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra motivi soggettivi e oggettivi. La Corte d’Appello aveva spiegato che, all’interno dell’associazione dedita al narcotraffico, alcuni membri erano anche affiliati a un’organizzazione mafiosa (la Sacra Corona Unita), mentre altri ne erano estranei. Per questi ultimi, era difficile ipotizzare la conoscenza della finalità di agevolazione mafiosa, data la segretezza e l’autonomia dei gruppi.
Di conseguenza, l’esclusione dell’aggravante non dipendeva da una condizione personale (come l’incapacità di intendere e di volere), ma da una circostanza oggettiva legata al ruolo e al livello di conoscenza all’interno del sodalizio. Il giudice dell’esecuzione, pertanto, avrebbe dovuto verificare se la posizione del ricorrente (che si dichiarava un mero acquirente stabile) fosse analoga a quella dei coimputati che avevano ottenuto il beneficio. Negando l’estensione in modo apodittico, il Tribunale è incorso in una contraddizione e in un difetto di motivazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: il giudice dell’esecuzione, di fronte a un’istanza di estensione del giudicato favorevole, non può limitarsi a una valutazione astratta e formale. È tenuto a compiere un’indagine concreta e fattuale per stabilire se il richiedente si trovi nella stessa posizione di chi ha beneficiato della decisione più mite. L’ordinanza impugnata è stata annullata proprio perché scontava un ‘difetto motivazionale proprio sull’accertamento di fatto’. La decisione rafforza le garanzie difensive nella fase esecutiva, imponendo ai giudici un onere motivazionale più stringente per evitare disparità di trattamento ingiustificate tra coimputati.
Quando è possibile richiedere l’estensione di una sentenza favorevole ottenuta da un coimputato?
È possibile ai sensi dell’art. 587 c.p.p. quando la decisione favorevole ottenuta dal coimputato che ha impugnato si fonda su motivi che non sono esclusivamente personali, ma che riguardano anche la posizione di altri coimputati.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del giudice dell’esecuzione?
La Corte ha annullato l’ordinanza per difetto di motivazione. Il giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’istanza senza compiere un’adeguata verifica di fatto sulla posizione del ricorrente, qualificando erroneamente come ‘soggettivi’ i motivi che avevano portato all’esclusione dell’aggravante per i coimputati.
Cosa deve fare il giudice dell’esecuzione in casi simili?
Il giudice dell’esecuzione deve verificare in concreto la posizione del ricorrente e il suo ruolo all’interno del contesto criminale, confrontandola con quella dei coimputati che hanno già beneficiato della decisione favorevole. Solo dopo questo accertamento di fatto può stabilire se estendere o meno gli effetti della sentenza.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39143 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nato a Gallipoli il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 10/10/2023 del Tribunale di Lecce, visti gl atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 10 ottobre 2023 il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica e in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME, condannato ai sensi dell’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 alla pena di anni 12 di reclusione con sentenza irrevocabile in data 19 marzo 2016 per mancata proposizione dell’impugnazione, volta a ottenere ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen. l’estensione degli effet dell’impugnazione proposta dai coimputati, nella parte in cui aveva escluso l’aggravante dell’art. 7 d.l. n. 151 del 1992 in relazione al reato associativo de capo AH.
2. Il ricorrente denuncia la violazione di legge, di norme processuali e il vizio di motivazione perché non gli era stato esteso il giudicato relativo all’accertamento negativo dell’aggravante del metodo mafioso e dell’agevolazione mafiosa reso nei confronti dei coimputati nonostante la Corte di appello avesse escluso l’aggravante non per la condizione soggettiva dei coimputati ma per le caratteristiche oggettive dell’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.
Il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza del ricorrente volta a ottenere l’estensione del giudicato reso nei confronti dei coimputati relativo alla mancanza dell’aggravante dell’art. 7 d.l. n. 151 del 1992, in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 3 del 1990, perché ha stimato che l’accertamento irrevocabile riguardasse la condizione soggettiva degli imputati e non quella oggettiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
Tale motivazione è insufficiente, perché la Corte di appello di Lecce ha affermato che, nell’ambito dell’RAGIONE_SOCIALE per gli RAGIONE_SOCIALE del capo AH, ví era chi partecipava contestualmente all’RAGIONE_SOCIALE mafiosa dell’art. 416-bis cod. pen. e chi invece ne era escluso, per cui era necessario verificare se gli affiliati co ruoli esecutivi avessero tale tipo di conoscenza o se avessero comunque ignorato per colpa l’utilizzo del metodo mafioso per il raggiungimento degli scopi sociali: “l’esecuzione dei compiti affidatigli, infatti, non implicava né rendeva in qualche modo necessaria la comunicazione, esplicita o implicita, di informazioni non solo sui rapporti con l’organizzazione mafiosa ma anche sulle maggiori facilitazioni che detto rapporto comportava nell’accesso alle fonti di approvvigionamento che nello spaccio all’interno delle diverse piazze La descritta autonomia dei gruppi mafiosi di riferimento e la normale segretezza cui sono improntati i rapporti all’interno dell’organizzazione di tipo mafioso rende ancora più dìfficile ipotizzare che i componenti dei gruppi dediti al narcotraffico non inseriti anche nella SCU fossero messi a conoscenza della specifica finalità agevolatrice in favore di quest’ultima organizzazione perseguita con il pure accertato versamento nelle casse della SCU di parte degli introiti. Non può quindi ritenersi sussistente in capo agli associati estranei alla SCU la finalità d agevolazione dell’RAGIONE_SOCIALE mafiosa che essendo, peraltro un’aggravante di tipo soggettivo richiede che ogni singolo associato al gruppo dedito al narcotraffico abbia quanto meno fatto propria detta finalità” (così a pag. 110 della sentenza di appello).
E’ necessario pertanto che il Giudice dell’esecuzionè verifichi in concreto la posizíone del ricorrente e il suo ruolo anche in rapporto ai coimputati che abbíano goduto dell’esclusione dell’aggravante prima di stabilire se possa godere o meno
dell’effetto estensivo del giudicato. L’ordinanza sconta un difetto motivazionale proprio sull’accertamento di fatto. Il ricorrente ha allegato di essere stato ritenut associato dell’RAGIONE_SOCIALE perché stabile acquirente di droga, ma anche i sodali, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, nonostante fossero stabili acquirenti, avevano goduto dell’esclusione dell’aggravante della mafiosità. Di qui la contraddizione della decisione che ha apoditticamente negato l’estensione del beneficio al prevenuto. S’impone pertanto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Lecce in diversa persona fisica
Così deciso, il 5 marzo 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente