Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7254 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7254 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 01/04/1986
avverso l’ordinanza del 04/09/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo il Tribunale di sorveglianza di Ancona – investito dell’opposizione ai sensi dell’art. 16, comma 6, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – ha confermato l’anteriore decreto del Magistrato di sorveglianza, che aveva ordinato l’espulsione dallo Stato di Bledar Kaca, a titolo di sanzione alternativa alla detenzione.
Il condannato ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 16 d.lgs. n. 286 del 1998.
Preliminarmente eccepisce nullità processuale, conseguente all’omessa notificazione del decreto di espulsione – emesso il 22 maggio 2024 e notificato all’interessato il 28 maggio 2024 – ai suoi difensori di fiducia, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME nonostante entrambi risultassero già nominati dal detenuto, rispettivamente il 14 dicembre 2023 ed il 9 gennaio 2024, nel procedimento di esecuzione della pena con dichiarazione resa presso l’Ufficio matricola della Casa circondariale di Ancona.
Ricorda la difesa del ricorrente che è il comma 6 dell’art. 16 cit. a prescrivere la notificazione del decreto di espulsione al difensore di fiducia dello straniero se già nominato nella fase esecutiva della pena. Se è intervenuta tale nomina, non deve procedersi alla nomina di un difensore di ufficio come erroneamente disposto dal Tribunale di sorveglianza di Ancona.
‘It(/lAA<C4 La violazione della vprocessuale de qua ha comportato una palese compromissione del diritto di difesa rilevante ex art. 178 lett. c) cod. proc. pen. perché ha fatto venir meno la legittimazione dei difensori di fiducia a proporre opposizione al decreto di espulsione, che per tale ragione è stata dichiarata inammissibile, e li ha costretti a munirsi di un nuovo mandato difensivo per il procedimento di espulsione in virtù del quale hanno dovuto depositare un nuovo atto di opposizione.
2.2. Con il secondo motivo deduce mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
Evidenzia che il Tribunale di sorveglianza ha fondato la sua decisione sulla pericolosità del condannato e sul bilanciamento di quest'ultima con la sua situazione familiare.
In tal modo, l'espulsione prevista dall'art. 16 d.lgs. n. 286 del 1998 è stata considerata alla stregua di una misura di sicurezza.
Secondo la normativa di riferimento, essa, invece, è una misura amministrativa, che, in quanto tale, può essere applicata una volta verificata la sussistenza di specifici presupposti previsti dalla normativa di riferimento: – pena residua da scontare inferiore ai due anni di reclusione; – assenza di condanne per reati ostativi; – insussistenza delle ipotesi previste dall'art 19 e dall'art. 13, comma 2-bis ,d.lgs. n. 286 del 1998.
Nell'ambito del giudizio, anziché la pericolosità, doveva, pertanto, essere valutata la peculiare condizione di Kaca, il quale, come documentato dalla difesa, non solo non ha più alcun legame con il Paese di origine / ma fa parte di un nucleo familiare che vive stabilmente in Italia da molti anni ed è composto da persone perfettamente integrate nel tessuto sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Nessuna nullità è ravvisabile rispetto alla notificazione del decreto di espulsione, che è stata ritualmente eseguita a beneficio del difensore di ufficio essendo l'interessato, all'atto della notificazione, privo di difensore di fiducia.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati in precedenza nominati dall'odierno ricorrente difensori di fiducia per la fase esecutiva, ma una nomina del genere non poteva essere presa in considerazione ai fini della notificazione in esame, in quanto essa, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, non spiega effetti nel procedimento di sorveglianza (salvo che si tratti di procedimento avviato per l'eventuale concessione delle misure alternative, a seguito della sospensione del titolo ai sensi dell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen.: da ultimo, Sez. 1, n. 25859 del 03/05/2011, Dulja, Rv. 250718-01).
In ogni caso, la dedotta nullità si è sanata a norma dell'art. 183, comma 2, cod. proc. pen., avendo i difensori di fiducia, una volta nominati, presentato tempestiva opposizione così raggiungendo lo scopo per cui era prevista la notifica omessa.
2. Il secondo motivo è infondato.
2.1. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l'espulsione dello straniero non appartenente all'Unione europea, identificato, irregolare, il quale sia stato condannato e si trovi detenuto in esecuzione di pena, anche residua, non superiore a due anni per reati non ostativi, prevista dall'art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, ha, come correttamente osservato dal ricorrente, natura sostanzialmente amministrativa e costituisce una misura alternativa alla detenzione atipica, della quale è obbligatoria l'adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge (Sez. 1, n. 50871 del 25/05/2018, COGNOME; Sez. 1, n. 6814 del 09/07/2015, dep. 2016, Nakai; Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, dep. 29/12/2010, COGNOME, Rv. 249175-01).
A fondamento dell'istituto vi è l'esigenza di ridurre la popolazione carceraria. Per tale ragione ne è esclusa l'applicazione a quanti, in relazione alla pena da espiare, si trovino già sottoposti a una misura alternativa in senso proprio, o al regime di arresti domiciliari esecutivi di cui all'art. 656, comma 10, cod. proc. pen., mentre non è di ostacolo la sola applicazione dei benefici del lavoro esterno e dei permessi premio (Sez. 1, n. 5171 del 29/09/2015, dep. 2016, Meta, Rv. 26621801; Sez. 1, n. 44143 del 16/02/2016, NOME COGNOME Rv. 268290-01).
Finalità dell'espulsione prevista dall'art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 è quella di agevolare la fuoriuscita dal circuito penitenziario e l'immediato rimpatrio dei condannati comunque non reintegrabili nella comunità nazionale, perché sprovvisti di titolo per rimanervi, già non avviati a percorsi proficui di risocializzazione e per i quali non sussistano prevalenti esigenze di asilo, umanitarie ovvero di tutela della loro persona o delle loro relazioni familiari (Sez. 1, n. 9425 del 18/02/2019, G., Rv. 274885-01; Sez. 1, n. 915 del 17/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278065-01).
2.2. All'istituto in esame è pacificamente applicabile il principio giurisprudenziale secondo cui il giudice penale italiano, nel disporre l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, quale che ne sia la base legale, debba sempre verificare che l'allontanamento non comporti una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare, procedendo all'esame comparativo della condizione dell'interessato al riguardo, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall'art. 133 cod. pen., tra cui la sua capacità a delinquere, in una prospettiva di bilanciamento tra l'interesse generale alla sicurezza sociale e l'interesse del singolo alla protezione della sua sfera domestica, pur nel caso in cui gli altri componenti del nucleo non siano cittadini italiani (Sez. 4, n. 50379 del 25/11/2014, COGNOME, Rv. 261378-01, specificamente riferita all'espulsione quale misura di sicurezza; in termini, Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 271257-01; Sez. 3, n. 10749 del 07/02/2023, Jahaj, Rv. 284317-01).
D'altra parte, l'art. 16 d.lgs. n. 286 del 1998 al comma 9, richiama espressamente l'art. 19 d.lgs. del medesimo testo normativo che prevede alcune specifiche ipotesi preclusive all'espulsione che tuttavia sono state sempre considerate dalla giurisprudenza di legittimità come non tassative, ma suscettibili sia d'interpretazione internamente estensiva (Sez. 1, n. 44182 del 27/06/2016, Zagoudi, Rv. 268038-01, che al coniugio parifica la convivenza more uxorio; in termini, Sez. 1, n. 16385 del 15/03/2019, COGNOME Rv. 276184-01), sia d'integrazione analogica alla luce dei principi della Costituzione e attraverso l'analisi delle fonti sovranazionali (Trattati e diritto derivato dell'Unione europea, Carta di Nizza, CEDU).
In quest'ultima prospettiva si comprende perché ancor prima che la fattispecie trovasse esplicito riconoscimento nel comma 2, lett. d-bis, dell'art. 19, cit., introdotto dal d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. dalla legge 10 dicembre 2018, n. 132, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che l'espulsione di cui all'art. 16 d.lgs. n. 286 del 1998. non poteva essere eseguita qualora da ciò derivasse un irreparabile pregiudizio per la salute dell'individuo, e fosse dunque messo a rischio il diritto garantito dall'art. 32 della Carta (Sez. 1, n. 38041 del 26/05/2017,
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COGNOME Rv. 270975-01; in termini, Sez. 1, n. 16383 del 15/03/2019, NOME COGNOME Rv. 275245-01; Sez. 1, n. 41949 del 04/04/2018, S., Rv. 273973-01, ribadita da Sez. 1, n. 39783 del 21/09/2021, Aguguo, Rv. 282147-01).
2.3. Di recente l’art. 7, comma 1, d.l. 10 marzo 2023, n. 20, conv. dalla legge 5 maggio 2023, n. 50 ha riscritto il testo dell’art. 19, comma 1.1, d.lgs. n. 286 del 1998, tra l’altro abrogando il suo terzo e quarto periodo.
Come precisato nella sentenza di questa Sezione n. 43082 del 07/11/2024, COGNOME Rv. 287150 – 01, anche dopo le citate modifiche normative l’espulsione dello straniero a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, prevista dall’art. 16, comma 5, stesso d.lgs., non può essere disposta, al pari di ogni altra forma di espulsione di natura penale, quando tale misura si risolva in un’ingerenza nella vita privata e familiare dell’interessato, vietata dall’art. 8 della Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
La sentenza da ultima citata, anche valorizzando le affermazioni contenute nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione in legge (A.S. 591, XI legislatura), ha condivisibilmente osservato che:
«l’abrogazione non riveste il significato di scongiurare l’applicazione di norme e principi di valore sovraordinato – che, come osservato, avevano cittadinanza nell’ordinamento a prescindere dalla formale vigenza delle norme soppresse – e quindi di limitare l’incondizionata osservanza, nel diritto interno, degli obblighi nascenti dall’art. 8 CEDU. Tale conclusione è avvalorata dal quadro d’insieme che la disciplina legislativa in tema d’immigrazione restituisce, tuttora, all’interprete. Il comma 1.1 dell’art. 19 d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte superstite dopo l’intervento abrogativo, continua a vietare il respingimento, l’espulsione o l’estradizione di una persona verso altro Stato, “qualora ricorrano gli obblighi di cui all’articolo 5, comma 6» del medesimo d.lgs. (nel testo risultante dal d.l. n. 130 del 2020, conv. dalla legge n. 173 del 2020), che sono gli obblighi “costituzionali o internazionali dello Stato italiano”. Tra questi ultimi risaltano, come si notava, gli obblighi di conformazione ai precetti della Convenzione EDU, le cui norme funzionano notoriamente da parametro interposto ai fini dello stesso sindacato di conformità dell’ordinamento interno alla Carta repubblicana … L’interprete dovrà, d’ora innanzi, fare diretto riferimento ai criteri – largamente sovrapponibili, ma soggetti alla flessibile mediazione giudiziale – elaborati dalla giurisprudenza sovranazionale, già richiamati e fatti propri dagli arresti di questa Corte di legittimità. Non è inutile allora ribadire che, secondo la Corte di Strasburgo, se l’art. 8 della Convenzione non prevede un diritto assoluto di non espulsione per nessuna categoria di stranieri, esistono circostanze in cui l’espulsione medesima si dimostra non necessaria in una società democratica e non proporzionata al legittimo obiettivo perseguito, comportando così la violazione
di tale disposizione (Beldjoudi c. Francia, n. 12083/86, 26 marzo 1992; Amrollahi c. Danimarca, n. 56811/00, 11 luglio 2002; Yilmaz c. Germania, n. 52853/99, 17 aprile 2003; Keles c. Germania, n. 32231/02, 27 ottobre 2005). Ed è altresì importante ricordare che tra i criteri, considerati dalla Corte EDU pertinenti per valutare se una misura di espulsione sia lecita rispetto al parametro convenzionale, vanno annoverati, tra l’altro (Boultif c. Svizzera, n. 54273/00, 2 agosto 2001, § 48), la natura e la gravità del reato commesso dal richiedente, la durata del soggiorno del richiedente nel Paese dal quale deve essere espulso, la situazione familiare del richiedente, la gravità delle difficoltà che il richiedente potrebbe incontrare nel paese verso cui deve essere espulso. »
2.4. L’ordinanza impugnata ha fatto buon governo dei principi sin qui ricordati.
Il Tribunale, con ampia ed articolata motivazione, ha apprezzato l’esigenza di di fronteggiare adeguatamente la capacità a delinquere del destinatario dell’espulsione – desunta dalla pluralità di procedimenti penali pendenti a suo carico per fatti commessi in epoca recente, dalla mancata ammissione alle misure alternative, dalla perdurante condizione d’irreperibilità – più pregnante e comunque prevalente rispetto all’esigenza di tutelare la sua situazione familiare e le condizioni di salute in assenza di pericolo alla sua incolumità in caso di ritorno nel Paese di origine. Al riguardo, ha evidenziato, con argomentazioni prive di incongruenze ed anzi plausibili, che COGNOME non convive con familiari residenti in Italia, la madre e le sorelle, non versa in condizioni di salute precarie e non ha allegato circostanze rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale.
Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato. Segue la condanna del ricorrente/’al pagamento delle spese processuali. ·-·
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma 14 gennaio 2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente