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Espulsione straniero: quando la motivazione è nulla

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento limitatamente alla misura di sicurezza dell’espulsione straniero. La decisione si fonda sulla totale assenza di motivazione da parte del giudice di merito riguardo alla pericolosità sociale dei condannati, un presupposto indispensabile per l’applicazione di tale misura. La Corte ha ribadito che il mero riferimento alla norma di legge non è sufficiente a giustificare un provvedimento così incisivo.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero: la Cassazione esige una Motivazione Concreta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15498 del 2025, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure di sicurezza: l’espulsione straniero non può essere una conseguenza automatica della condanna. Il giudice deve sempre fornire una motivazione concreta e specifica sulla pericolosità sociale dell’individuo. La pronuncia analizza i limiti dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento e chiarisce perché la misura dell’espulsione richieda un vaglio più rigoroso rispetto alla pena concordata tra le parti.

I Fatti del Caso

Due cittadini stranieri venivano condannati dal GIP del Tribunale di Fermo a seguito di un accordo di patteggiamento per un reato legato agli stupefacenti, riqualificato come fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90). La pena detentiva veniva convertita in una pena pecuniaria. Oltre alla sanzione penale, il giudice disponeva, ai sensi dell’art. 86 del medesimo decreto, l’espulsione di entrambi dal territorio nazionale come misura di sicurezza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa presentava ricorso per cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Violazione di legge sull’espulsione: Si contestava la totale assenza di motivazione riguardo alla pericolosità sociale degli imputati, presupposto necessario per l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione.
2. Erronea qualificazione giuridica: Si lamentava che il giudice avesse recepito la qualificazione del reato come ‘fatto lieve’ senza una valutazione autonoma e d’ufficio, come invece la legge richiederebbe.

La Decisione della Suprema Corte sull’Espulsione Straniero

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo e rigettato il secondo, operando una netta distinzione tra gli aspetti della sentenza coperti dall’accordo e quelli che restano nella piena discrezionalità del giudice.

Per quanto riguarda la qualificazione giuridica, i giudici hanno dichiarato il motivo inammissibile. Hanno ricordato che, a seguito delle recenti riforme (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), la sentenza di patteggiamento può essere impugnata per erronea qualificazione del fatto solo in caso di ‘errore manifesto’, ovvero quando la qualificazione appare palesemente e immediatamente illogica rispetto all’imputazione. Nel caso di specie, la doglianza era generica e non evidenziava un errore così palese.

Al contrario, il ricorso relativo all’espulsione straniero è stato ritenuto fondato. La Corte ha sottolineato che la misura di sicurezza non rientra nell’accordo di patteggiamento. Pertanto, la sua applicazione può essere contestata in Cassazione secondo le regole ordinarie (art. 606 c.p.p.), senza le limitazioni previste per le sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni della Cassazione

Il cuore della decisione risiede nell’obbligo di motivazione. La sentenza impugnata si limitava a disporre l’espulsione con la formula: «ex art. 86 T.U. 309/90 dispone l’espulsione dal T.N.». Secondo la Cassazione, questa è una motivazione apparente, se non del tutto assente.

La Corte ha ribadito che l’applicazione di una misura di sicurezza come l’espulsione deve necessariamente fondarsi su un giudizio concreto sulla pericolosità sociale della persona. Il giudice è tenuto a valutare elementi specifici legati alla condotta, alla gravità del reato e alla personalità dell’imputato per stabilire se esista un rischio concreto di reiterazione di reati. Il semplice rinvio alla norma di legge non soddisfa questo requisito e rende il provvedimento illegittimo. La Corte ha quindi annullato la sentenza su questo punto, rinviando il caso al GIP per una nuova valutazione che tenga conto di questi principi.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale: le misure di sicurezza, anche quando accessorie a una condanna per patteggiamento, non sono mai automatiche. La decisione sull’espulsione straniero richiede un’attenta e individualizzata valutazione della pericolosità sociale, che deve emergere chiaramente dalla motivazione del provvedimento. Per gli operatori del diritto, ciò significa che è sempre possibile e doveroso contestare un’espulsione disposta senza un’adeguata giustificazione fattuale e giuridica, garantendo così che una misura così afflittiva sia applicata solo quando strettamente necessario e nel pieno rispetto della legge.

È possibile impugnare una misura di sicurezza come l’espulsione straniero applicata in una sentenza di patteggiamento?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che la misura di sicurezza non fa parte dell’accordo tra le parti e, pertanto, la sua applicazione può essere impugnata con ricorso per cassazione deducendo i vizi previsti dall’art. 606 cod. proc. pen., senza le limitazioni previste per le sentenze di patteggiamento.

Quale requisito è indispensabile per poter disporre l’espulsione di uno straniero come misura di sicurezza?
È indispensabile una motivazione concreta sul presupposto della pericolosità sociale della persona. Il giudice deve valutare specifici elementi fattuali e giuridici e non può limitarsi a un mero riferimento alla norma di legge, altrimenti il provvedimento è illegittimo per difetto di motivazione.

In un patteggiamento, si può contestare in Cassazione la qualificazione giuridica del reato?
Sì, ma solo in casi limitati. L’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. consente l’impugnazione per erronea qualificazione giuridica solo quando l’errore è ‘manifesto’, ovvero palesemente eccentrico rispetto all’imputazione e rilevabile con immediatezza, senza margini di opinabilità. Una doglianza generica è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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