Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9934 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9934 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI BRESCIA
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA NOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/09/2023 del G.u.p. del Tribunale di Bergamo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia annullata con rinvio;
lette la memoria e conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME e NOME, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, sia rigettato;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 07/09/2023, emessa in esito a giudizio abbreviato, il G.u.p. del Tribunale di Bergamo condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME alle pene, rispettivamente, di sei anni e sei mesi di reclusione ed € 4.000,00 di
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multa lo Zambout e di cinque anni e sei mesi di reclusione ed C 2.000,00 di multa l’COGNOME.
Ciò per questi reati. Lo COGNOME per: a) furto aggravato di cui al capo A) dell’imputazione; b) furto con strappo pluriaggravato di cui al capo B) dell’imputazione; c) rapina pluriaggravata e lesioni aggravate in concorso di cui al capo D) dell’imputazione; d) rapina pluriaggravata in concorso (con NOME NOME) di cui al capo E) dell’imputazione; e) rapina aggravata in concorso (sempre con NOME NOME) di cui al capo F) dell’imputazione. L’NOME per questi ultimi due reati di rapina di cui ai capi E) e F) dell’imputazione commessi in concorso con lo Zambout.
Avverso l’indicata sentenza del 07/09/2023 del G.u.p. del Tribunale di Bergamo, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Brescia, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., la violazione dell’art. 235 cod. pen. per non avere il G.u.p. del Tribunale di Bergamo applicato la misura di sicurezza dell’espulsione dei due imputati stranieri dal territorio dello Stato a pena espiata, nonostante lo stesso G.u.p. avesse evidenziato, nella propria sentenza, elementi che comprovavano la pericolosità sociale dei suddetti due imputati e nonostante ulteriori elementi che deponevano in tale senso emergessero dalle indagini preliminari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo è fondato.
Viene qui in rilievo il disposto dell’art. 235 cod. pen. a norma del cui primo comma il giudice ordina l’espulsione dello straniero ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente a uno Stato membro dell’Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente a uno Stato membro dell’Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.
In ragione di tale norma, si deve dare per assodato che questa espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore ai due anni, costituisce una misura di sicurezza personale. Essa trova quindi la sua disciplina generale negli artt. 199 e seguenti cod. pen., con la conseguenza che può essere disposta soltanto se il giudice di merito, con congrua e logica motivazione, accerti, alla luce dei criteri dettati dall’art. 133 cod pen. (richiamati dall’art. 203, secondo comma, cod. pen.), la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, la quale si può manifestare principalmente con la reiterazione dei fatti criminosi (Sez. 4, n. 15447 del 14/03/2012, Nnake, Rv. 253507-01).
Costituisce, sostanzialmente, un corollario di tale principio, l’indirizzo ermeneutico della Corte di cassazione secondo cui, poiché detta espulsione costituisce una misura di sicurezza applicabile dal giudice solo nel caso in cui abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale, nell’ipotesi in cui la misura non venga applicata con la sentenza di condanna, si deve ritenere implicita la valutazione negativa in ordine alla pericolosità del condannato (Sez. 2, n. 16400 del 17/02/2021, NOME, Rv. 281123-01; Sez. 2, n. 39359 del 20/07/2016, Adna, Rv. 268303).
Questo indirizzo – che in linea di principio è da condividere e, quindi, da ribadire – si fonda sulla considerazione che la misura di sicurezza personale di cui si tratta non presenta alcun profilo di automatica obbligatorietà, essendo rimessa, al pari delle altre misure di sicurezza, a cui afferisce il regime giuridico stabilito via generale dall’art. 202 cod. pen., alla discrezionalità del giudice di merito, i quale la applica ogni volta che abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale.
La natura in tal senso facoltativa della misura prevista dall’art. 235 cod. pen. trova conferma nella lettera della norma, differente da quella che disciplina altri casi di espulsione, in particolare quello di cui all’art. 86 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (il quale prescrive, in modo più stringente, che la misura «deve» essere disposta ogni volta in cui si riconosca la pericolosità sociale del condannato).
Si ritiene, perciò, che questa speciale configurazione obbligatoria imponga che sia comunque esplicitata la valutazione in ordine alla pericolosità sociale (anche sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale n. 58 del 1995), con l’effetto che essa, pur se negativa, con la conseguente mancata applicazione della misura, deve essere comunque espressa.
Viceversa, la natura facoltativa della misura regolata dall’art. 235 cod. pen. non comporta, in linea di principio, uno specifico onere di esplicitazione della valutazione negativa in ordine alla pericolosità, in quanto siffatta valutazione si può considerare implicita ogni qual volta la misura non venga applicata.
4. Tuttavia, come è stato affermato, in modo condivisibile, da Sez. 1, n. 51161 del 09/05/2018, COGNOME, Rv. 274652-01 (e come è stato successivamente confermato da Sez. 1, n. 18901 del 21/03/2019, Hu, Rv. 276186-01), la possibilità logico-giuridica di desumere in via implicita la valutazione dell’assenza di pericolosità sociale determinativa della mancata applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione – dovendo risultare comunque consequenziale al tessuto argomentativo su cui il giudice del merito ha fondato la sua decisione – non si può più riproporre in modo meccanicistico quando la motivazione resa in concreto, mentre non affronta affatto il tema dell’applicazione o no della misura di sicurezza dell’espulsione, comunque esplicita l’evenienza di elementi di pronunciata
pericolosità sociale annessi alla sfera del condannato, in guisa tale da contrastare l’inferenza suddetta.
Ciò è quanto si è verificato nel caso di specie, in cui il G.u.p. del Tribunale di Bergamo: da un lato, è rimasto silente in punto di applicazione della misura di sicurezza; dall’altro lato ha, nel contempo, sottolineato la non trascurabile pericolosità sociale dei due imputati.
Si deve infatti rilevare, a quest’ultimo proposto, come il suddetto G.u.p. abbia affermato: che «Ma recidiva va ritenuta per entrambi, tenuto anche conto della natura dei precedenti contestati, nonché dell’indole criminale dei predetti, perdurante» (pag. 14 della sentenza impugnata); «lo spregiudicato istinto predatorio manifestato dai malfattori, in danno di soggetti finanche maggiormente vulnerabili ed in totale spregio delle regole della collettività. Il modus operandi posto in essere dai malviventi, unitamente al grave allarme sociale suscitato da condotte poste spesso ai danni di soggetti che utilizzano i mezzi pubblici, inducendo la collettività a temere di effettuare spostamenti sugli stessi» (pag. 15 della sentenza impugnata).
Per tale ragione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla statuizione relativa alla misura di sicurezza dell’espulsione, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Brescia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla misura di sicurezza dell’espulsione e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Brescia. Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità degli imputati.
Così deciso il 15/02/2024.