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Espulsione straniero: quando il giudice deve motivare

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna limitatamente alla mancata applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione straniero. Sebbene la misura non sia automatica, il giudice non può omettere di pronunciarsi su di essa se, nella stessa sentenza, ha affermato la pericolosità sociale dell’imputato. La Corte ha riscontrato una contraddizione insanabile tra l’aver evidenziato la pericolosità dei condannati e il silenzio sulla conseguente misura di sicurezza, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione sul punto.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Espulsione Straniero: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Motivazione in Presenza di Pericolosità Sociale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9934/2024) ha offerto un importante chiarimento sulla misura di sicurezza dell’espulsione straniero dal territorio dello Stato. La decisione si concentra sul rapporto tra la valutazione della pericolosità sociale del condannato e l’obbligo del giudice di motivare la mancata applicazione di tale misura. Se il giudice riconosce la pericolosità dell’imputato, non può semplicemente ignorare la questione dell’espulsione.

Il Caso in Esame

Il caso trae origine da una sentenza del G.u.p. del Tribunale di Bergamo, che condannava due cittadini stranieri a pene detentive significative (rispettivamente sei anni e sei mesi, e cinque anni e sei mesi) per una serie di gravi reati, tra cui furti aggravati e rapine pluriaggravate. Nonostante la gravità dei fatti e le pene inflitte, il giudice di primo grado non aveva disposto la misura di sicurezza dell’espulsione a pena espiata, prevista dall’art. 235 del Codice Penale.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione, lamentando proprio questa omissione. Secondo il ricorrente, il giudice, pur avendo evidenziato nella motivazione della sentenza elementi concreti che dimostravano la pericolosità sociale dei due imputati, non aveva poi applicato la misura di sicurezza conseguente.

L’espulsione straniero come misura di sicurezza

L’art. 235 del Codice Penale stabilisce che il giudice ordina l’espulsione dello straniero condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni. È fondamentale comprendere che questa non è una conseguenza automatica della condanna, ma una misura di sicurezza personale.

Come tutte le misure di sicurezza, la sua applicazione è subordinata a un requisito fondamentale: l’accertamento in concreto della pericolosità sociale del condannato. Il giudice deve valutare, sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 c.p., se esiste una probabilità concreta che la persona commetta nuovi reati in futuro.

Di norma, la giurisprudenza ritiene che se il giudice non applica l’espulsione, si debba presumere una valutazione implicita di assenza di pericolosità sociale. In altre parole, il silenzio del giudice equivale a un rigetto implicito della misura.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha stabilito un importante limite a questo principio generale. Ha chiarito che la presunzione di una valutazione implicita non può valere quando la stessa motivazione della sentenza contiene affermazioni che la contraddicono.

Nel caso specifico, il G.u.p. di Bergamo aveva esplicitamente sottolineato:

* La recidiva specifica e reiterata degli imputati.
* La loro “indole criminale perdurante”.
* Uno “spregiudicato istinto predatorio”.
* Il grave allarme sociale suscitato dalle loro condotte.

Queste affermazioni costituiscono una chiara e inequivocabile valutazione di pericolosità sociale. Di fronte a ciò, il silenzio del giudice sulla misura dell’espulsione non poteva più essere interpretato come un rigetto implicito, ma appariva come una palese contraddizione logica. Il giudice non può, da un lato, affermare che un soggetto è socialmente pericoloso e, dall’altro, omettere qualsiasi valutazione sulla misura di sicurezza prevista dalla legge proprio per fronteggiare tale pericolosità.

La Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che, in presenza di una esplicita affermazione di pericolosità sociale, il giudice ha l’onere di esprimersi anche sulla misura dell’espulsione. Può decidere di applicarla o di non applicarla, ma in entrambi i casi deve fornire una motivazione coerente con il resto della sentenza.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente alla statuizione relativa alla misura di sicurezza dell’espulsione. Ha disposto il rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, che dovrà effettuare una nuova valutazione sul punto, sanando la contraddizione rilevata. La condanna per i reati commessi è invece divenuta irrevocabile.

Questa decisione rafforza il principio di coerenza e logicità della motivazione delle sentenze. Un giudice non può affermare un presupposto (la pericolosità sociale) e poi ignorarne le conseguenze legali (la valutazione sulla misura di sicurezza). Per i cittadini stranieri condannati a pene superiori ai due anni, la valutazione sulla loro pericolosità diventa un passaggio cruciale che il giudice non può eludere, pena l’annullamento della sua decisione per vizio di motivazione.

Quando il giudice deve disporre l’espulsione di uno straniero come misura di sicurezza?
L’espulsione come misura di sicurezza viene ordinata dal giudice quando uno straniero è condannato alla reclusione per un periodo superiore a due anni e, contestualmente, viene accertata in concreto la sua pericolosità sociale, ossia la probabilità che commetta nuovi reati.

La mancata applicazione dell’espulsione deve essere sempre motivata?
Di norma no. Se il giudice non applica la misura, si presume che abbia implicitamente ritenuto non sussistente la pericolosità sociale. Tuttavia, come chiarito da questa sentenza, se nella motivazione il giudice afferma esplicitamente la pericolosità del condannato, allora deve anche spiegare perché decide di non applicare l’espulsione, altrimenti la sentenza è contraddittoria.

Cosa succede se una sentenza è contraddittoria sulla questione dell’espulsione?
Se la sentenza, da un lato, afferma la pericolosità sociale dell’imputato e, dall’altro, omette di pronunciarsi sulla misura di sicurezza dell’espulsione, può essere annullata dalla Corte di Cassazione su questo specifico punto. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice per una nuova valutazione che risolva la contraddizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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